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Come va con il gas?

Russia waiting for US sanctions

Ricordare il passato per cercare di capire cosa succede oggi con il gas.

Bisogna tornare a Obama, con Biden vice presidente, la cui amministrazione ha sempre osteggiato il Nord Stream 2, il secondo tubo del gasdotto russo-tedesco nel mar Baltico, voluto dalla Merkel, a sostegno dell’industria tedesca, e dai russi, che avrebbero investito in Germania nelle infrastrutture.

Salta tutto con l’invasione dell’Ucraina e la promessa di Biden di distruggere il tubo se la Russia avesse invaso.

La conferenza stampa era premonitrice.

In passato, l’Ucraina spillava il gas dal tubo,che le passava attraverso per alimentare gli europei, e gli stessi europei avevano sempre dovuto pagare le bollette russe all’Ucraina per non restare al freddo.

La prima amministrazione Trump, i suoi rapporti con Putin, e la manutenzione, programmata o meno, delle centrali nucleari francesi aveva fatto intravedere il ritorno dell’utilizzo del gas russo, poi tramontato con l’amministrazione Biden.

Il risultato, pessimo per gli europei, è che il prezzo del gas é raddoppiato, lo comprano essenzialmente liquefatto ed è di provenienza russa e americana in quanto il GNL non ha una “bandiera” specifica, ma è di chi lo compra.

Quindi ottimo risultato per gli americani, che era quello che volevano, che per i russi, che non devono passare più per l’Ucraina. Peccato per il gasdotto che comunque può sempre essere riattivato come il Nord stream se arriverà la pace.

Per capire quale potrebbe essere il futuro del mercato del gas, un rapporto dell’OIES del 2014 analizzava le alternative europee di approvvigionamento e criticava il fatto che si valutano sempre le opzioni europee e non quelle dei russi che, essendo i padroni del gas, sono molto più “elastiche“.

Il rapporto concludeva che la reciproca dipendenza presentava più vantaggi che svantaggi, anche perché l’Europa non sarebbe mai in grado di diversificare le fonti energetiche.

Il rapporto indicava,al 2030, un fabbisogno aggiuntivo di 100/200 miliardi di m3/anno e un prezzo – 20 €/MWh – che i russi saranno sempre in grado di garantire.

Oggi costa il doppio dopo essere costato, durante la crisi, dieci volte tanto.

Il commercio globale annuo di GNL raddoppierà al 2030: 700 miliardi di m3.

Passati nove anni dal rapporto, e con le sanzioni in essere ai russi, l’Europa dipende oggi dal gas americano pagandolo doppio di quanto lo pagava ai russi.

La Polonia non riceve più gas dai russi e noi riceviamo sempre meno gas dall’Africa e quello che arriva dall’Algeria è in parte russo.

In evidenza

Privatizzazioni e concessioni

Come sarebbe andata lo anticipava il prof. Ponti, già nel 2004, parlando di autostrade.

L’anno successivo, Report affrontò il tema degli strumenti di misura e, nello specifico, dei contatori di energia elettrica, alimentando il dubbio che non fossero strumenti legali e che quindi solo Enel, che li aveva realizzati e installati, avrebbe potuto controllarne il corretto funzionamento.

Ad oggi, i contatori si troverebbero nella stessa situazione degli Autovelox, sui quali peraltro è intervenuto il Ministero dell’Interno senza alcuna competenza in materia.

Tornando al 2005, nonostante la confisca da parte dell’Ufficio Metrico di Milano di centinaia di contatori, con segnalazione al Prefetto, nessuno intervenne, anche perché il vice-ministro del MISE dell’epoca negò i fatti in un’audizione alla Camera.

Nella puntata di Report, la dirigente del MISE liquida l’intervistatrice affermando che “le domande erano capziose e che le sue risposte sarebbero potute andare contro gli interessi dello Stato”.

Recentemente la concessione a edistribuzione è stata rinnovata per altri vent’anni e quanto edistribuzione pagherà allo Stato verrà addebitato ai consumatori, come l’AD di Enel e il presidente di Arera hanno confermato.

Enel misura così, ancora oggi, quasi tutta l’energia elettrica del paese e sta sostituendo decine di milioni di contatori, istallati nei primi anni 2000 – e successivamente “salvati” con un decreto ad hoc del 2007 – con il nuovo contatore “di seconda generazione” del quale non si sa nulla.

In completa autonomia, e senza alcun controllo di terzi, Enel misurerà così la bolletta elettrica nazionale, producendo inoltre il 37,5% della domanda.

Il caso di edistribuzione è analogo a quello di Autostrade, con le bollette paghiamo tariffe invece di pedaggi.

Tariffe che consentono a edistribuzione un margine operativo lordo di 5 miliardi di euro nel 2024, confermando un trattamento particolarmente generoso da parte del regolatore, mentre l’Antitrust dorme. Stesso discorso vale per Terna, che ha la concessione del trasporto dell’energia elettrica in alta tensione.

E’ dagli anni ’60, che il governo di turno nazionalizza, privatizza, liberalizza, tutela o libera il consumatore italiano che paga le bollette più care inEuropa.

Il criterio è sempre lo stesso: privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite, e purtroppo, nel caso del ponte di Genova, anche perdita di vite umane.

La liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica è la più grande bufala propinata agli italiani da venticinque anni e una qualsiasi bolletta ne è la prova evidente.

La fede pubblica delle transazioni commerciali, che era e resta di responsabilità del MISE, è andata a farsi benedire diciotto anni fa, quando gli uffici provinciali metrici sono stati soppressi e gli ispettori sono passati alle dipendenze delle CCIAA, in palese conflitto d’interesse con quei compiti di tutela chiamati ad assicurare per legge.

Il decreto Bersani, che intendeva liberalizzare il settore, prevedeva la creazione di venti aree di distribuzione, che avrebbero creato sì una vera concorrenza, cosa che invece non si è mai realizzata.

Così come non si è mai realizzato l’umbundling, cioè la netta separazione verticale tra le attività di produzione, distribuzione e vendita.

Una vera liberalizzazione avrebbe dovuto comportare l’annullamento del contributo derivante dall’attività monopolistica di distribuzione, nei risultati complessivi di Enel.

In evidenza

Il futuro degli oneri di sistema

Il referendum di www.aept.it chiede di eliminare gli oneri generali di sistema (OGS) delle bollette, primo passo di una necessaria riforma del sistema elettrico, cancellando i privilegi delle società parastatali monopolistiche e gli interessi di società private, ridistribuendo risorse a industrie e famiglie.

Se il referendum non avrà successo tutto resterà come prima e dopo aver sottratto ai consumatori 375 miliardi di euro negli ultimi 25 anni,  senza che il costo delle bollette venisse neppure scalfito.

Chi obbietta che il referendum è incostituzionale non sa che gli OGS non sono tasse, tanto è vero che sono soggetti al pagamento dell’IVA.

Se gli oneri di sistema verranno mantenuti, il consumatore dovrà pagare:

  • nuova energia rinnovabile fotovoltaica, sui campi o meno, a 70 €/MWh di incentivo, venduto poi al prezzo del gas;
  • nuova energia rinnovabile on-shore a 91 €/MWh, venduto poi al prezzo del gas;
  • gli accumuli di energia elettrica: batterie cinesi per evitare i blackout per qualche ora
  • energia rinnovabile “producibile” ma anche non “prodotta” per decisione di Terna a garanzia della sicurezza del sistema, per centinaia di GW di nuove installazioni quando la richiesta giornaliera massima è di 50 GW;
  • energia rinnovabile eolica offshore a 185 €/MWh quando nel mar del nord, dove c’è tre volte più vento che in Italia, stanno cancellando i progetti;
  • il costo del rinnovo delle concessioni di reti di distribuzione e di bacini idroelettrici.
  • Il costo della dismissione delle centrali a carbone, se Enel deciderà di vendere  le sue centrali a carbone.
  • ETS2 come vuole l’europa per l’efficienza energetica

L’aggravio per il consumatore viene valutato in poco meno di 100 €/MWh quando l’attuale prezzo all’ingrosso è di 110.

Senza tener conto del costo delle nuove centrali nucleari che si deciderà di costruire.

Il referendum è l’ultima occasione per ridurre il costo della bolletta allineandolo a quello degli altri paesi europei.

Oggi il petrolio vale 74 $/barile (10 più della settimana scorsa) e il gas a 38€/MWh. E i francesi ci tengono accesi vendendoci 50 TWh/anno

 

 

 

In evidenza

I costi dell’energia

L’allarme creatosi nel paese per il prezzo dell’energia elettrica, per qualunque categoria di consumatori, è evidente.  

Le risorse finanziarie, messe puntualmente a disposizione dalle bollette, finiscono nelle disponibilità di soggetti incapaci a garantire l’efficienza e la sicurezza delle reti.

I numerosi blackout degli ultimi giorni lo confermano, ma il caldo non è la sola causa dei disservizi in tutto il paese.

La causa principale è la mancanza di manutenzione, di consolidamento e di messa in sicurezza delle reti di distribuzione.

Un esempio sono i trasformatori in apirolio, che non si producono dagli anni ‘90, ma che vengono ancora utilizzati dai distributori e da Terna.

Altro esempio sono le decine di milioni di contatori, parte dei quali si trova nella medesima situazione degli autovelox, non essendo mai stati omologati, e l’altra opera in condizioni tutt’altro che trasparenti.

In compenso, da anni edistribuzione, che in concessione distribuisce quasi tutta l’energia elettrica del paese, presenta bilanci trionfali.

Quello del 2024 indica ricavi per 9,281 miliardi di euro, costi per 4,272 miliardi, un MOL di 5,009 miliardi, e un consolidato di 3,549.

Ma e’ corretto che a una società che presta da 25 anni per concessione pubblica un servizio pubblico – peraltro “vigilato” nei costi da ARERA e che avrebbe il compito di tutelare anche i consumatori – sia di fatto permesso di consolidare un MOL di 5 miliardi senza che, da anni, ARERA pubblichi i dati sulla qualità del servizio?

Sempre nel 2024, il gestore della rete in alta tensione – Terna SPA – a fronte di ricavi per 3,680 miliardi di euro, consolidava un utile netto di 1,061 miliardi.

E cosa dire di CSEA – cassa per i servizi energetici e ambientali – che dovrebbe limitarsi a distribuire agli aventi diritto quanto incassato dalle bollette con gli oneri generali di sistema – chiude ogni anno con rilevantissime giacenze, come i 4,523 miliardi di euro del 2024?

Se sommiamo il tutto, solo nel 2024 arriviamo a 9,133 miliardi di euro.

Ma non è finita!

Proprio in queste ore leggiamo che ARERA avrebbe scoperto i “trucchi” utilizzati dai produttori per gonfiare i prezzi riducendo, e magari cartellando, la capacità di produzione: costo presunto di 5 miliardi di euro nel biennio 23-24.

Sconcertante anche che la notizia arrivi con anni di ritardo e proprio con il collegio ARERA a fine mandato.

Come è sorprendente che, a breve, il consiglio di Arera verrà sostituito da soli personaggi politici senza neppure un tecnico super partes ( proposta agli Stati Generali dell’energia di Forza Italia)

Se sommiamo,per prudenza, solo la metà dei 5 miliardi ai 9,133 miliardi conteggiati, arriviamo a 11,633 miliardi di euro + IVA.

Ai quali devono essere aggiunti gli 11,221 miliardi di euro prelevati dalle bollette con la voce “Oneri generali di Sistema” + IVA.

Quindi, se al totale di 22,854 miliardi aggiungiamo l’IVA, stimabile in 3,885 miliardi, chiudiamo con una somma provvisoria di 26,739 miliardi di euro, prelevati dalla bollette.

E 27 miliardi di euro fanno 105 euro/ MWh, all’ingrosso mentre, al dettaglio, il prezzo medio europeo è di 0,255 €/kWh e quello italiano di 0,360.

In questa situazione servono a poco le rassicurazioni e le promesse del governo: sono solo parole a difesa di un “sistema” che si autoalimenta da anni con i soldi dei consumatori, gestiti in modo tutt’altro che trasparente nel silenzio più profondo dei media, che dal sistema sono mantenuti.

In dieci anni (2013 – 2023) il costo dell’energia elettrica in Italia è cresciuto del 327% mentre il reddito medio è cresciuto dell’11%.

Nel 2013 il prezzo del petrolio era stabile a 105 $/barile e il tasso di cambio euro/dollaro a 1,319 mentre nel 2023 il barile stava a 90 $ e il tasso di cambio euro/dollaro a 0,942.

Cosa è successo al nostro, tanto “monitorato” sistema elettrico?

É una domanda lecita dal momento che nel 2000 gli attori del mercato non erano di certo sull’orlo del fallimento e riuscivano a garantire che l’energia elettrica arrivasse con continuità nelle case degli italiani.

Forse il sistema energetico ha scelto, e puntato tutto sulla finanza (con l’AD di Terna che promette già gli utili del prossimo anno) ma si tratta di un servizio pubblico essenziale, che i consumatori pagano puntualmente e che pretendono che funzioni.

 

 

In evidenza

Perché il referendum

Il referendum che chiede di eliminare gli oneri di sistema dalle bollette verrà ufficialmente presentato a Terni venerdì prossimo.

Il mio intervento sulla qualità delle informazioni date ai consumatori.

Il referendum è il primo di una serie di iniziative di AEPT che mirano a sensibilizzare i consumatori sul mercato elettrico, quanto spendono con la bolletta e dove finiscono le risorse raccolte con le bollette.

Le domande sono:

  • quanto consumate?
  • quanto pesano sul vostro bilancio familiare i consumi energetici?
  • avete visto le bollette calare negli ultimi anni?

E, nello specifico:

  • Sapete quanto pagate ogni anno per gli oneri di sistema?
  • Dove finiscono, o dove sono finiti nel tempo, i soldi degli oneri?
  • quali sono, o sono stati i benefici degli oneri per i consumatori?

Per Arera – l’autorità per l’energia – l’utente domestico tipo consuma  2700 kWh all’anno e su questo consumo pubblica trimestralmente le variazioni per gli utenti “vulnerabili”.

  • Siete vulnerabili? Vi ritrovate col consumo? Non vi dice nulla?

Le bollette sono in continuo aumento: quando cala la voce “materia prima” ci accorgiamo degli altissimi costi fissi – tra i quali gli oneri – e quando aumenta anche la materia prima le bollette esplodono.

Tutti gridano, si fanno commissioni parlamentari ma non succede nulla.

L’informazione ai consumatori è scarsa perché paradossalmente sembra proprio che Arera abbia deciso così. Se non lo convinci, confondilo ulteriormente e così nessuno legge i contratti prima di firmarli.

L’unico documento resta così la bolletta, che però pochi capiscono.

Ma serve a qualcosa la bolletta ? Forse a consumare di meno e quindi magari a risparmiare?

La bolletta mostra letture di consumi diversi che nessuno confronta con quelle del contatore. Ci sono utenti che neppure sanno dove si trova il proprio contatore.

Risparmiare? Nessuno ha detto alla signora Maria che non serve fare la lavatrice di notte perché tanto l’energia costa uguale di giorno e di notte, anzi forse meno di giorno.

La bolletta sembra l’auto-celebrazione di Arera, imposta ai fornitori a spese dei consumatori: più complicata è più la pagano oltre a non capirla.

Ci sono 700 fornitori tra cui cani sciolti e le bollette sono tutte diverse.

Una bolletta dovrebbe indicare  il prodotto di una quantità per il prezzo unitario. E lo prevede anche la legge!

Criterio irreperibile in una bolletta italiana. Nel blog le bollette europee.

I due fattori della bolletta essendo:

  1. la quantità ( quanto consumi?) > la risposta degli è “ non ne ho la più pallida idea” oppure “spendo un tot al mese (?) Il contatore non l’ho mai letto!

Il consiglio invece è di tenere sotto controllo i contatori, sapendo che:

  •  L’energia elettrica viene misurata con strumenti mai omologati, oppure da strumenti utilizzati illegalmente;
  • buona parte dei contatori si trova nella medesima situazione degli autovelox. Gli altri sono omologati ma funzionano illegalmente.
  • Il gas viene conteggiato e fatturato in standard metri cubi, un unità di misura scientifica mentre in tutta Europa si paga in kWh.

  2) il prezzo 

pochi dividono il totale degli euro della bolletta per i kWh, o i metri cubi di gas, per avere un’idea di quanto pagano. Così il prezzo di un kWh può variare dai 25 cents a più del doppio e quello del gas da 1€ a 4€.

E questo perché solo in  italia, e nonostante quanto chieda l’Europa, luce e gas non sono prodotti venduti a misura, ma sono parte della fornitura di un servizio e quindi:

  • Esposizione di prezzi e voci diverse, per giustificare il servizio, e
  • un servizio é assoggettato a IVA, ed ecco un bel 22% in più! Andate a vedere sul blog le bollette europee per vedere quanta IVA pagano!

Ma torniamo agli oneri generali di sistema: 375 miliardi in venticinque anni hanno finanziato di tutto ed è assolutamente impossibile ricostruire la lista dei beneficiati:

  • specifiche categorie di produttori di energia elettrica;
  • specifiche categorie di consumatori di energia elettrica;
  • Fornitori di energia elettrica per quelli che non pagano le bollette;
  • I bonus stanziati in pompa magna dal governo;
  • I fornitori “minori” anche quelli che, nel frattempo, sono falliti;
  • società come Alitalia,Ilva,Alcoa
  • le FFSS “per i regimi tariffari speciali per il servizio ferroviario universale e merci”
  • le società che si occupano di dismissione dal nucleare.

Se non passerà il referendum e gli oneri non verranno definitivamente eliminati alle bollette, il futuro sarà ancora più drammatico.

Oltre alla nuova potenza rinnovabile – FV sui campi agricoli o meno, eolica a terra o in mare – stanno installando gli accumuli, batterie cinesi che dovrebbero evitare di farci restare al buio.

Poi  pagheremo anche l’energia rinnovabile “potenziale” quella cioè  che avrebbe potuto essere prodotta ma che, a discrezione di terna e a salvaguardia della sicurezza del sistema, non potrà esserlo perché l’impianto verrà staccato.

Ecco perché c’è la coda di quelli che vogliono installare eolico offshore incassando 185 €/MWh quando nel mar del nord, dove c’è molto più vento che da noi, stanno cancellando i progetti.

Poi ci sono le concessioni se Enel “sara costretta a fare le gare” o se la stessa venderà al GSE le centrali a carbone.

Il confronto con le bollette europee ci riporta al 2005 quando il codice di consumo escludeva specificatamente luce e gas.

E infatti sono passati sei anni e l’Italia non ha ancora recepito la direttiva EU 944 del 2019 che impone trasparenza dei prezzi.

Una “mission impossible” per come Arera ha strutturato le bollette, considerando i consumatori italiani degli autentici imbecilli che prima hanno bisogno di essere   “tutelati” poi “tutelati gradualmente” e poi finalmente imbecilli veri perché   “vulnerabili”.

Ma va anche detto che al consumatore italiano, geneticamente pigro, piace sentirsi tutelato e vulnerabile!

Il consumatore italiano non sa chi vende, non sa chi distribuisce, non sa chi chiamare se c’è puzza di gas o il contatore è rotto e non legge nulla.

La risposta che gli viene data è “non si preoccupi,tanto leggiamo lo stesso da remoto”. E così nessuno sa cos’altro fanno “da remoto”.

Se volete sapere chi misura l’energia elettrica in italia leggete la relazione annuale di Arera: le tabelle pubblicate sono molto chiare e il monopolista storico viene chiamato con il suo nome, mentre in pubblico diventa “incumbent” se no si offende.

Basta vedere i rapporti finanziari delle società para statali che fanno utili spaziali, che sono pagati a RAB, negoziati opportunamente con Arera, che poi la stessa Arera spalma adeguatamente nel tempo….mai tutto in una volta se no i consumatori si accorgono.

Tutti gridano ma non succede niente, e da qui l’idea del referendum non fosse altro per denunciare ancora che in Italia il principio è “più consumi meno spendi” come mostra questa bolletta di una seconda casa a Milano: 3 kW, 260 kWh = 50 cents/kWh. Guardate bene quanto paga di oneri e il trasporto, ogni due mesi con un consumo da sopravvivenza 260 kWh in due mesi.

 


Siccome neppure una bolletta, peraltro abbastanza semplice da leggere come questa, viene letta e capita, ecco il comparatore di offerte, pagato a provvigione, che raccoglie i dati sensibili dei consumatori.

Le liste dei consumatori, che hanno scelto il telefono o Internet per farsi valutare la bolletta, sono in vendita su Facebook.

Il consumatore, sempre pigro o che non capisce, delega così a terzi la gestione dei propri soldi senza rendersi mai conto della situazione.

Della situazione approfittano così più di 700 fornitori che lavorano su una parte marginale del mercato concessa dall’ incombente che detta le regole

Non esiste un albo dei fornitori e il “turismo” energetico riprenderà in forza di recenti delibere di Arera. Turismo energetico inteso nell’ aprire e chiudere contratti lasciando i puffi.

Ma anche questi “buchi” vengono ripianati dagli oneri di sistema,e quindi perché preoccuparsi?

E quando finiranno le telefonate che riceviamo ogni giorno, che ci offrono prezzi incomprensibili turlupinando gli “invulnerabili”?

Chiedetevi chi le ha permesse, chi ha permesso che i contratti di fornitura potessero essere conclusi al telefono o con un clic sul PC!

E poi chiedetevi quanti sono i consumatori domestici poveri in Italia.

Quanti sono i POD o i PDR dove vengono emesse bollette con consumo stimato (sempre maggiore del reale) oppure a consumo zero o consumo falso solo per giustificare le altre voci?

Perché c’è una voce di trasporto per kWh inesistenti con accise e IVA?

Se venissero analizzati questi numeri avremmo la giustificazione del perché le bollette sono le più care d’Europa e quindi l’unica soluzione resta quella di riformare il mercato totalmente, che peraltro si scontra con interessi che sono di tutti meno che dei consumatori.

Chi produce rinnovabile incassa gli incentivi e non paga gli oneri? Più saranno quelli che si staccheranno e più pagheranno quelli che non lo fanno?

Per non parlare di trasporto e distribuzione in mano a società controllate dal governo e partecipate dai cinesi, in monopolio con RAB e utili da capogiro. 5 miliardi di euro solo edistribuzione (enel).

La richiesta  di togliere gli oneri di sistema dalle bollette e pagarle un quarto di meno, è sacrosanta e il governo Draghi ha creato un precedente importante dimostrando che si può fare e, solo in quella occasione, i consumatori se ne sono accorti e hanno apprezzato.

Se alla fine della campagna referendaria avremo comunque smosso le acque sarà stato comunque un successo.

 

 #referendumbollette

http://www.aept.eu

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“Dequalificare” un contatore?

A cosa è a chi servono?

Il periodo di prescrizione è stato ridotto da cinque a due anni.

Significa che, se il distributore non effettua le letture nei tempi imposti da Arera, ha due anni di tempo per chiedere il conguaglio.

I consumatori possono quindi aspettare anche due anni prima di ricevere una bolletta.

Qualcuno tenta ancora il colpo, confidando nelle impreparazione del consumatore, utilizzando le società di recupero del credito.

A pag.21 del documento di consultazione, ARERA “dequalifica gli smart meters” che sono molto meno smart di quanto volevano farci credere.

I consumatori invece pagano puntualmente, con ogni bolletta, il servizio “gestione del contatore”, e quindi anche la lettura dei contatori dovrebbe essere puntuale.

Invece le bollette addebitano consumi stimati che, ovviamente, risultano essere sempre maggiori di quelli effettivi. 

E quand’anche il consumatore, ligio alle istruzioni della bolletta, comunica l’auto-lettura, il fornitore attende per mesi che il distributore lo confermi e, nel frattempo, continua a fatturare consumi stimati.

Il bollettone di conguaglio arriva quando il distributore finalmente si degna di leggere il contatore.

Quando trova, e succede spesso, qualcosa che, secondo il suo inappellabile giudizio non va, ricostruisce unilateralmente lo storico dei consumi elencando letture, presunte o meno, che risalgono magari a otto anni prima.

Con il bollettone arriva di solito anche la proposta di dilazionare il pagamento in rate, cosa che tutti accettano senza sapere che i contratti impongono al distributore di leggere il contatore a scadenze precise e se queste non vengono rispettate vanno contestate.

Sempre attenta ai diritti del consumatore, Arera ha così “inventato” il tentativo di lettura che avviene quasi sempre in periodi festivi, o magari il 15 agosto di otto anni prima, tanto non c’è nessuno che può contestare.

Quando poi il consumatore decide di cambiare fornitore é il delirio: il fornitore subentrante chiede al distributore di leggere il contatore, quello non lo fa e così, per mesi, arrivano bollette sia del vecchio che del nuovo fornitore, che a sua volta fattura consumi stimati.

É tutto questo accade perché nei contratti di fornitura non é prevista una lettura contestuale di inizio contratto: il vero scandalo tutto italiano.

Invece di ridurre il periodo di prescrizione, sarebbe stato molto più utile limitare drasticamente il numero delle bollette di acconto ( una all’anno) imponendo ai distributori di rendere il servizio per il quale sono profumatamente pagati.

Con il provvedimento si procrastina invece una situazione scandalosa, aggravata dal fatto che, con i nuovi contatori, la lettura dovrebbe essere effettuata in tempo reale, il che ovviamente non é vero, in attesa che i contatori siano tutti attrezzati mentre, con la delibera, si concedono due anni per non farlo.

Ma come mai i fornitori possono attendere anni per fatturare ingenti partite economiche che restano in sospensione di accisa e imposte ai danni dello Stato? 

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Le inutili delibere dell’Antitrust

Cosa é cambiato in sei anni? Dopo una multa, il ricorso al TAR etc.

Nulla!

“Svuotare la maggior tutela prima che arrivi l’Autorità”, “accelerare la migrazione” dal mercato tutelato al mercato libero “in attesa che si definisca il quadro normativo-regolatorio” sulla fine dei prezzi tutelati su cui incombe un rischio aste, “l’obiettivo da raggiungere è far migrare i 21 milioni di clienti” dal mercato tutelato di Enel ( SEN) al mercato libero (Enel Energia).

Secondo il Garante, Enel ha perseguito la finalità di favorire la migrazione dalla tutela al libero in “modo abusivo”, sfruttando informazioni non accessibili ai concorrenti laddove “avrebbe viceversa potuto legittimamente attuare azioni commerciali lecite alla luce della disciplina antitrust, quali la proposizione di offerte economiche convenienti alla generalità dell’utenza, individuata mediante liste disponibili sul mercato, e quindi anche per i competitors”.

Nella delibera l’Antitrust rileva “profonde interessenze” e “osmosi informativa” tra le società di vendita in maggior tutela (Servizio Elettrico Nazionale – SEN) e sul mercato libero (Enel Energia), che afferiscono entrambe alla struttura Mercato Italia Enel. SEN, si legge ancora, svolge attività commerciali per conto di Enel Energia in virtù di un contratto di servizio, con un certo numero di dipendenti che svolge attività per conto di entrambe le società, in funzioni condivise.

Il Garante fa notare come tale vicinanza si sia acuita con la riorganizzazione effettuata nel 2014 dall’attuale vertice, che ha fatto scalare in basso di due livelli organizzativi la separazione operativa tra le due attività. Una circostanza indicata come problematica, negli anni passati, dalla stessa funzione antitrust Enel, che in una mail del 2016 al Mercato Italia, giudicava “evidente che abbassando il livello organizzativo al quale si effettua la separazione fra i due mercati, aumenta il rischio che la stessa organizzazione possa essere considerata come non adeguata”, incrementando il “numero delle persone che hanno simultaneo accesso ad entrambe le banche dati peraltro con mansioni sempre più operative”.

Centrale è il passaggio della fine dei prezzi tutelati,prevista ora a luglio 2020.

E’ in vista di questo passaggio – in particolare per limitarne i potenziali impatti negativi, ad esempio in termini di riduzione forzata delle quote di mercato tramite cessione all’asta di pacchetti di clienti – che, secondo l’Autorità, le società del gruppo hanno messo in atto le condotte censurate.

Secondo l’Antitrust è emersa “piena evidenza” della “volontà strategica del gruppo di neutralizzare il più possibile gli effetti di una simile
eventualità (le aste, ndr)”. Un incentivo per Enel a cercare di accelerare la migrazione dei propri clienti dal tutelato al libero, prosegue il Garante, è stato il rischio “di perdere i clienti nella propria customer base a esito di un processo pubblicamente definito di riallocazione della clientela in maggior tutela, ovvero di poterli acquisire, nel caso di aggiudicazione delle aste competitive, con una marginalità non in anticipo prevedibile, ma in ogni caso ragionevolmente inferiore a quella ottenibile anticipando il processo di acquisizione a mercato libero”.

Invece dell’asta, si legge nella delibera, in vista del 2020 la preferenza di Enel è per il modello “simil-gas”, ossia il passaggio dei clienti ex tutelati alla società di mercato libero del fornitore in tutela dopo un avviso in bolletta che li avverta della scadenza dei prezzi tutelati e della possibilità di cambiare fornitore.

Al tempo stesso, si legge ancora, comprendendo la potenziale problematicità di una tale soluzione che avvantaggerebbe gli incumbent (molti nuovi entranti da tempo sostengono infatti la messa all’asta), in questi anni Enel aveva valutato anche cessioni volontarie di pacchetti di clienti con o senza ramo d’azienda annesso o, ancora, l’ipotesi di un’offerta a prezzo fisso particolarmente vantaggiosa per clienti ex
tutelati, per mantenerli nel gruppo e fare da ponte verso il modello “simil-gas”.

Negli impegni Enel aveva promesso di non usare più le c.d. “anagrafiche privacy”, liste di clienti in maggior tutela compilate tramite la raccolta del consenso dei clienti SEN alla condivisione con società del gruppo. Liste definite infatti “strategiche” per l’acquisizione di clienti liberi in un documento dell’area Mercato Italia di Enel.

Le contestazioni dall’Antitrust ruotano appunto intorno alla fornitura di tali liste da SEN a EE (e non ai concorrenti, per i quali è previsto un consenso separato da parte dei clienti) e al loro utilizzo da parte della stessa EE per la proposta di offerte libere, in particolare la c.d. “Sempre Con Te” a prezzo fisso, pensata proprio in vista della fine dei prezzi tutelati con l’obiettivo di mantenere ‘in casa’ il maggior numero possibile di clienti.

Il Garante non ha invece censurato altre pratiche di Enel relative all’organizzazione delle attività all’interno dei punti fisici sul territorio e a presunte politiche di winback praticate in particolare verso l’operatore concorrente Green Network.

“Ampie sono le evidenze – scrive l’Agcm – in merito all’esistenza di un costante scambio di informazioni tra Areti e AE (Acea Energia ndr), che ha dato luogo all’utilizzo, nell’ambito dei piani strategici di AE, di dati sull’esatta consistenza numerica della base clienti dei principali venditori di energia allacciati alla rete distributiva di Areti e, quindi, concorrenti di AE. Queste informazioni, che hanno determinato una trasparenza sull’evoluzione delle dinamiche di mercato a solo vantaggio delle Parti (gruppo Acea ndr) nella fase delicatissima di programmata cessazione del SMT (servizio di maggior tutela ndr), sono state, infatti, sistematicamente utilizzate da AE nella pianificazione della propria strategia commerciale focalizzata sul c.d. “svuotamento”, a proprio vantaggio, della base clienti servita in maggior tutela”.

L’Antitrust ricostruisce da un lato come con gli aggiornamenti dei sistemi informatici Acea degli ultimi anni sia stata creata una piattaforma condivisa tra AE e Areti, con una funzione che tiene traccia tra le altre cose dei profili di buon o cattivo pagatore dei singoli clienti.

Dall’altro evidenzia una “gestione sostanzialmente unitaria da parte di AE delle attività di esercente il SMT e di venditore sul ML”, con le informazioni da trasmettere alla Capogruppo per la predisposizione di documenti di rendicontazione dell’attività di vendita “gestite dalle stesse persone e con documenti unici” e la “possibilità di accessi promiscui al data base dei clienti serviti in regime di maggior tutela”.

I database con i clienti così profilati venivano messi a disposizione anche delle agenzie di vendita esterne, i cui operatori erano tra le altre cose incaricati di usarle per effettuare check creditizi sui potenziali clienti prima di inserire le proposte di contratto nel sistema.

 

In evidenza

Grafici illusori, fuorvianti e premonitori

ILLUSORI perché trasmettono la falsa idea che le ore “a prezzo zero” possano aumentare proporzionalmente all’installazione di potenza fotovoltaica, che però ha sempre bisogno del backup termico.

FUORVIANTI perché “il prezzo zero” non è quello per il consumatore ma per il produttore. Il margine di contribuzione per il produttore di FV , in quelle ore, è di 30€/MWh. Sono gli incentivi che paghiamo con la bolletta, sotto la voce oneri di sistema.

Siccome il mercato si basa sostanzialmente sul margine di contribuzione degli impianti a gas, ecco che solo in quelle ore i produttori di FV incassano 30 €/MWh mentre per le altre incassano la media giornaliera dei prezzi orari che é tre volte tanto.

Per il consumatore non cambia assolutamente nulla perché paga le bollette in base al PUN mensile, che è una media semplice dei prezzi giornalieri, e le ore “a prezzo zero” si manifestano solamente nei giorni festivi.

Il grafico conferma solamente che con bassissima domanda – e il primo maggio ci sta – l’energia rinnovabile è dominante ma quando il sole non c’è , é il gas a fare il prezzo.

É evidente che, se per un mese intero, giorno e notte, avessimo una situazione come dalle 11 alle 17 del 1 maggio, allora il prezzo medio sarebbe di 30€/MWh, ma ovviamente è solo fantasia.

PREMONITORI di situazioni critiche non diverse da quella spagnola, con il rischio, meno remoto di quanto si pensi, di restare al buio. Più saranno le ore “a prezzo zero” e più aumenteranno i rischi, specialmente se continuerà a fare freddo e non accenderemo i condizionatori.

Il grafico è palesemente a favore di quelli che spingono per installare più rinnovabili a prescindere, non importa dove. Il sole è gratis e quindi l’importante è istallare tanto poi pagano gli incentivi delle bollette, oltre a tutti i costi per ribilanciare la rete.

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Solo in Italia

Perché le bollette italiane fatturano la prestazione di un servizio e non il solo prodotto “energia elettrica“?

Perché paghiamo IVA su voci che nulla hanno a che vedere con il kWh che consumiamo?

Perché, dopo sei anni, non è stata ancora recepita la Direttiva UE 944 del 2019?

Nonostante la direttiva sia cristallina e affronti proprio i problemi che assillano il consumatore italiano, sia di energia elettrica che di gas – dove peraltro il criterio di fatturazione è illegale – tutto tace e nessuno fa nulla.

Alcuni passaggi della direttiva

Forse la ragione del ritardo è il Codice di consumo , un decreto legislativo che risale al 2005 che equipara la fornitura di energia elettrica alla prestazione di un servizio.

L’IVA del 22% , applicata indistintamente non solo alla componente energia ma agli oneri di sistema, che nulla hanno a che vedere con essa, oltre che alle accise, non esiste in nessun’altra bolletta europea.

L’unico responsabile delle situazione è il regolatore – Arera – che ha permesso, e permette, enormi ricarichi trasformando le bollette in documenti incomprensibili che confondono il consumatore al quale viene richiesto, per es., un pagamento anche con consumo nullo.

Una datata risposta di enel sull’argomento ad un lettore del blog.

In evidenza

Referendum

Il 25 marzo l’ “associazione energia per tutti ha presentato alla Cassazione una proposta referendaria per eliminare gli oneri di sistema dalle bollette dell’energia elettrica.

Cosa siano, perché e da quanto tempo li paghiamo e quanto valgono gli oneri di sistema lo capirete visitando il sito dell’associazione www.aept.it.

Comunque, per farsi un’idea di cosa stiamo parlando, basta prendere una bolletta, individuare la voce  oneri di sistema, che è ben specificata, e verificare quanti soldi tiriamo fuori in un anno.

Per noi, clienti finali gli oneri di sistema sono solo soldi ma per i beneficiati sono sussidi, che in vent’anni ci sono costati 200 miliardi di euro e, se non voteremo SI, nei prossimi dieci ce ne costeranno altri 100.

Sono rendite garantite in primis dai fornitori, che si assumono l’onere e il rischio di chi non paga la bolletta e, in secondo luogo garantite dai clienti finali che non vogliono farsi tagliare la luce.

Sono soldi che non c’entrano con i kWh che consumiamo.

Con quei soldi abbiamo sovvenzionato, o ancora sovvenzioniamo:

  • specifiche categorie di produttori di energia elettrica;
  • specifiche categorie di consumatori di energia elettrica;
  • Fornitori di energia elettrica, per conto dei consumatori morosi, cioè quelli che non possono, o non vogliono pagare la bolletta;
  • I bonus stanziati dal governo;
  • I fornitori “minori” anche quelli che, nel frattempo, sono fallite;
  • società nel frattempo fallite o decotte come Alitalia,Ilva,Alcoa
  • le Ferrovie dello Stato “per i regimi tariffari speciali per il servizio ferroviario universale e merci”
  • le società che si occupano di dismissione dal nucleare, a 40 anni dal referendum, oltre ai comuni con centrali nucleari dismesse.

La lista ventennale dei beneficiati è lunga e la ricostruzione di come i soldi siano stati distribuiti a pioggia impossibile, a meno di studiare centinaia di delibere di Arera o verificare i conti del GSE, della CSEA.

C’è qualcun’altro che ha problemi? Ci sono le bollette, un vero e proprio bancomat con il particolare, odioso, che gli oneri di sistema colpiscono i più deboli, cioè quelli che consumano meno.

Il ricambio, nel tempo, dei diversi sussidi avviene in sordina.

Quando termineranno i primi incentivi alle rinnovabili degli anni 2000, dovremo pagare le centrali di accumulo, l’energy release 2.0 e il FER X oltre alla mancata produzione degli impianti rinnovabili se la rete non è in grado di dispacciare l’energia che potrebbero teoricamente produrre!

Ovviamente il nuovo nucleare, se si farà, verrà finanziato dalle bollette.

Ogni anno assistiamo agli inutili tentativi di ridurre il costo delle bollette; si incolpa il prezzo del gas ma invece è il sistema che, da venticinque anni, non funziona e va cambiato.

La prova, evidente, è che le bollette non sono mai calate e anzi restano sempre, e di molto, le più care d’Europa.

L’unico modo per dare una scossa al sistema, del quale gli oneri sono la droga, é votare SI al prossimo referendum.

I voti verranno raccolti a partire da metà giugno.

#associazioneenergiapertutti

 

In evidenza

Perché l’energia elettrica è così cara?

Il mercato del gas:una tragedia!

Sono passati due anni da questo post, ma non succede nulla.

Tante parole, molte sciocchezze ma il nulla é cosmico!

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Il mercato a “prezzo marginale” dell’energia elettrica funziona così: in un grande magazzino scegliamo calze, mutande, camicie, maglioni che costano dai 15 ai 50€ e, alla fine, ci piace un cappotto da 1000€.

Alla cassa ci fanno pagare tutti i pezzi a 1000€, anche le mutande!

Da un anno paghiamo l’energia elettrica come se fosse prodotta tutta con il gas. L’energia idroelettrica, per esempio, la paghiamo dieci volte il prezzo marginale centrali idrauliche.

Il governo dei “ migliori” non si é accorto di cosa stava succedendo, già ad ottobre del 2021, e tra “le bollette che sarebbero calate a marzo“ di Cingolani e “ la pace o condizionatori” di Draghi, nessuno ha fatto nulla.

Ci sono voluti mesi e il recupero disperato con la tassa sugli extra-profitti, dai risultati piuttosto deludenti o aver tolto gli oneri di sistema dalle bollette.

Nel dubbio, Enel ha chiesto al governo 16 miliardi di finanziamento, il 70% garantito dallo stato, forse proprio per pagare parte della tassa, nel caso fosse costretta.

Per avere un’idea di quanto sia costata l’estrema disattenzione del governo dei “migliori”, facciamo quattro conti, partendo dal 2021:

Gli speculatori entrano in azione in estate quando i “migliori” sono già in vacanza.

Il PUN di dicembre è quattro volte e mezzo quello di gennaio, mancano ancora due mesi alla guerra ma il governo ci mette solo qualche pezza.

Ad agosto, quindi molto prima della guerra, il PUN a 112 €/MWh, quasi il doppio di gennaio e a settembre l’indice con scadenza marzo esplodeva.

Noi non sappiamo a quale prezzo sia stata venduta l’energia elettrica non prodotta con il gas, ma sappiamo che vale poco meno della metà di tutta quella prodotta in Italia.

Sicuramente é stata venduta ad un prezzo inferiore al massimo prezzo pagato dal mercato ed é stata acquistata per prima, perchè cosi funziona.

Nulla dovrebbe essere cambiato dopo la crisi russa. Quindi tutto fa supporre che i produttori del 46 % del totale ( percentuale esatta del non prodotto con il gas ) per correttezza avrebbero dovuto continuare a offrire a 112, il prezzo di agosto.

Con la guerra il PUN prende il volo, raggiungendo punte di 441 a luglio, 543 ad agosto e 430 settembre, con una media da giugno a settembre di 421, mandando al collasso il sistema industriale.

Oggi possiamo indicarlo prudenzialmente a 350 €/MWh.

Tentando una valutazione su base annua e sapendo che, grosso modo, il consumo annuo in Italia é di 300 miliardi di kWh e stimando un PUN medio annuale di 350€ /MWh €, il 46% di 300 miliardi equivale a 138 miliardi di kWh e cioé 138 milioni di MWh.

138 milioni MWh moltiplicati per 238 € – cioè la differenza tra 350 € e 112€ – fanno 33 miliardi di euro, ed è una valutazione per difetto perché partiamo da agosto ‘21.

Un governo davvero migliore avrebbe dovuto accorgersi molto prima che, senza il gas russo, bisognava correggere e che l’emergenza stava arricchendo la banda dei “cassieri“( quelli del cappotto) che hanno sempre avuto la possibilità di “coprirsi” con gli acquisti a termine di gas.

Invece di tentare voli pindarici sul CAP del prezzo del gas, a livello europeo, tentativi che sono destinati a fallire, bastava disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, ma forse i “cassieri” erano contrari.

Con il risultato che non é stato fatto nulla, se non rincorrere la crisi su fronti sbagliati e cioè cercando il gas all’estero e aiutare il popolo dei consumatori a pagare i “cassieri”.

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Oneri di sistema: l’ultimo spenga la luce

La componente A3 é la voce dominante degli “oneri di sistema” delle bollette.

Oneri che nel 2016 ci costavano 16,5 miliardi di euro.

Qui il dettaglio del 2016, e in figura trend aggiornato.

Una visita alla bolletta ci permetterà di individuarli.

Soldi che, prevalentemente, finiscono nelle tasche di chi produce energia rinnovabile, prevalentemente fotovoltaica, in forza ad una serie di incentivazioni – i cinque conti energia, emessi dal 2005 al 2011, con durata di 25 anni.

I conti energia erano basati sull’ipotesi, rivelatasi poi errata, che il consumo di energia elettrica sarebbe aumentato costantemente negli anni.

Con la scusa “ce lo chiede l’Europa” i furbi hanno cavalcato l’onda facendo pagare tutto ai consumatori con il benestare di governi compiacenti, o poco previdenti

Del disastro incombente si accorse il governo Monti che, nel 2012, fissò un limite annuo all’incentivazione di nuovi impianti, ma il danno ormai era fatto e ancora oggi, e per i prossimi dieci anni sarà tutto a carico delle bollette.

Ma il futuro è ancora più nero per i consumatori perché, anche senza incentivi, saranno sempre di più quelli che si staccheranno dalla rete, producendosi l’energia.

E più saranno quelli che si staccano dalla rete, non pagando più gli oneri, più aumenterà la quota A3 per quelli che non lo faranno.

Nessun governo vuole affrontare il problema anche perché gli aventi diritto agli incentivi sono in buona parte fondi stranieri, legalmente inattaccabili, che in Italia fanno una montagna di soldi portandoseli in Lussemburgo esentasse.

Senza correzioni la situazione è destinata a peggiorare specialmente per chi consuma meno. Stesso ragionamento per il gas naturale: utilizzarlo solamente per cucinare, o anche solo per produrre acqua sanitaria, costa quattro volte di più che per scaldarsi.

La parte fissa della bolletta, per i consumi più bassi, sta diventando sempre più pesante ma noi consumatori avremo la possibilità, votando SI al referendum, di non pagare più gli “oneri di sistema”.

#associazioneenergiapertutti

#referendum oneri di sistema

 

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Oneri di sistema: coprite i buchi!

Altri esempi di come venivano utilizzati i fondi raccolti con la voce “oneri di sistema” delle bollette.

Voce che il referendum promosso da http://www.aept.it chiede al popolo di eliminare.

Una porcata risale ai tempi di Alitalia, altra beneficiata dai consumatori.

Cosa c’entrava Alitalia con le bollette?

Nulla, come non c’entrano le FFSS, ma siccome le bollette sono bancomat,e i soldi ci sono, tanto vale prenderli, magari per pagare i bonus ai manager della decotta compagnia di bandiera!

Il prestito di 900 milioni ad Alitalia – previsto dal decreto Crescita del 2019 – veniva “garantito” dalle bollette: erano soldi destinati a pagare i produttori di energia rinnovabile ed erano già stati incassati dal GSE.

E siccome, non si sa perché, erano ancora lì tanto valeva utilizzarli per il baraccone volante.

Succhiare soldi ai consumatori di energia elettrica è una costante attività dei vari governi : lo aveva fatto Renzi per ILVA e Gentiloni continua con Alitalia.

Ricordiamo allora la vicenda di Alcoa.

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La legge 129/2010, conosciuta come decreto  “Salva Alcoa”, fece esplodere il settore del fotovoltaico in Italia che peraltro continuiamo a sovvenzionare dopo 15 anni, per una decina di miliardi all’anno a prezzi folli.

Il “salva Alcoa” estendeva gli incentivi del “secondo conto energia” che erano più generosi di quelli del terzo, che sarebbe entrato in vigore nel 2011.

Il decreto dava la possibilità anche agli impianti allacciati alla rete entro il 30 giugno del 2011 di accedere alle tariffe del secondo conto energia, purché la comunicazione di fine lavori venisse inviata al GSE entro il 31 dicembre 2010.

Il decreto di fatto prorogava, fino al 30 giugno 2011, il periodo di operatività del secondo conto energia, destinato inizialmente ad esaurirsi nel 2010, per effetto dell’entrata in vigore del terzo.

Il decreto prevedeva inoltre misure urgenti per garantire il potenziamento e la sicurezza dell’energia elettrica in Sicilia e Sardegna e fu ribattezzato “salva Alcoa” proprio perché affrontava anche la questione della multinazionale americana che, a quel tempo, minacciava la chiusura dello stabilimento in Sardegna, per il costo, troppo elevato, dell’energia elettrica.

Così, dopo un decennio, scopriamo che, per rendere profittevole il piano industriale di Alcoa, il costo dell’energia per la stessa era meno della metà di quello di mercato.

In questa situazione Arera non può fare altro che segnalare, a Governo e Parlamento, l’impatto devastante sulle bollette, mettendo in ulteriore difficoltà proprio quelli che consumano meno.

Con i continui salvataggi, gli oneri di sistema, che valgono 15 miliardi di euro all’anno, non potranno mai ridursi ma solo inesorabilmente aumentare. Basta fare quattro conti sui BESS, gli accumuli. Chi pensate pagherà?

#referendumoneridisistema

#associazioneenergiapertutti

 

 

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Oneri di sistema: se questo è un regolatore

In una audizione alla commissione d’inchiesta sui diritti dei consumatori ( febbraio 2022) il presidente Besseghini ha presentato una memoria.

A pag. 62 così si legge:

….socializzare importi rilevanti corrispondenti ad insoluti all’interno della medesima catena

Curioso come venga utilizzato il verbo “socializzare” visto che in questo caso significa che chi paga paga anche per quelli che non pagano. Vi sembra giusto?

Arera non può spingersi a tanto!

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Oneri di sistema: referendum

Se la Corte di Cassazione lo approverà, votando SI al prossimo referendum, i cittadini taglieranno le bollette del 25% cancellando la voce “oneri di sistema”.

Il referendum è proposto dall’associazione “energia per tutti” che ha depositato il quesito la settimana scorsa. Il sito sarà disponibile a breve.

Gli oneri di sistema nascono nel 1999, con il c.d. decreto Bersani, solamente per sostenere i costi di Enel per la dismissione delle centrali nucleari, spente nel 1990 a seguito dal referendum del 1987, e di alcuni istituti di ricerca deficitari.

Nel 1992 Enel, che ancora le possiede,viene privatizzata.

Il decreto Bersani stabiliva che Sogin si sarebbe occupata del “nucleare” e che i relativi costi, peraltro indeterminati, e tuttora indeterminabili, sarebbero stati coperti dagli “oneri di sistema”.

Gli oneri vennero aggiunti al corrispettivo del trasporto dell’energia elettrica ma il decreto fece di più: diede ampia delega all’autorità per l’energia e del gas, oggi Arera, di scaricare nelle bollette ulteriori balzelli.

Dal 1999, l’allora Autorità per l’energia e il gas, oggi Arera, ha spalmato nelle bollette degli italiani, oneri per miliardi di euro all’anno, per i più svariati motivi, anche i più improbabili che, con la fornitura di energia elettrica, non hanno nulla a che fare.

Una lista, in continua evoluzione, degli scopi benefici degli oneri di sistema:

  1. gestione del nucleare, spento da un referendum popolare di 40 anni fa
  2. specifiche categorie di produttori privati di energia elettrica;
  3. aziende decotte, pubbliche e private, per bypassare gli aiuti di Stato;
  4. agevolazioni tariffarie per il settore ferroviario;
  5. i morosi: quelli che non possono e/o non vogliono pagare le bollette;
  6. istituti di ricerca non autosufficienti;
  7. far pagare meno l’energia alle aziende energivore per aumentarne le vendite;
  8. gli squilibri dei sistemi di perequazione dei costi di trasporto;
  9. la compensazione delle imprese elettriche minori perché guadagnano poco;
  10. per recuperare qualità del servizio elettrico: che siccome fa schifo va incentivato;
  11. promuovere l’efficienza energetica negli usi finali: caldaie, cucine, lampadine…
  12. le compensazioni agli enti locali che ospitano impianti nucleari;
  13. ribilanciare le reti elettriche, sbilanciate dalle rinnovabili, incentivate al pt.2
  14. rifondere i produttori di energia rinnovabile che devono tenere gli impianti fermi.

Degli oneri di sistema i consumatori sanno poco, tranne che sono una voce specifica della bolletta. Se ne sono accorti solo recentemente, quando il governo Draghi li ha sospesi e la bolletta è diventata improvvisamente più leggera.

Ma come si fa a lasciare senza soldi un sistema così perfetto?

Una sentenza del 2019 stabilisce che Arera, l’autorità per l’energia, non può imporre il pagamento degli oneri di sistema ai fornitori di energia elettrica e quindi ci si chiede perché i fornitori  continuino ad addebitarli in bolletta. Perché i consumatori continuino a pagarli e perché la gestione di miliardi di euro è tutt’altro che trasparente.

L’emendamento al DL Semplificazioni del 2021, il c.d. emendamento Crippa, prevede la “rideterminazione delle modalità di riscossione degli oneri generali di sistema, avvalendosi di un soggetto terzo che possegga caratteristiche di terzietà e indipendenza, le partite finanziarie relative agli oneri, possano essere destinate alla Cassa per i servizi energetici e ambientali senza entrare nella disponibilità dei venditori”.

Sono passati quattro anni ma il soggetto terzo non c’è e la trasparenza neppure.

Istituire una “centrale unica di incasso era un’idea febbraio 2020 quando si pensava di affidarla all’Acquirente Unico dopo che nel luglio 2019, Elettricità Futura, Energia Libera, Utilitalia e Aiget avevano presentato una proposta simile.

In attesa di sviluppi, che sembra nessuno voglia, cosa possono fare i consumatori che continuano a pagare le bollette tra le più care del mondo? Cosa possono fare quelli che meno consumano e più pagano?

Le associazioni dei consumatori, non possono promuovere azioni collettive perché il Codice di Consumo le esclude, ma le forniture di gas e di energia elettrica sono servizi pubblici essenziali e quindi, se le contestazioni sono mosse correttamente, le forniture non possono essere sospese.

I governi continuano a procrastinare l’entrata in vigore definitiva del mercato libero, con la scusa che i consumatori adesso sono diventati vulnerabili, mentre le società di vendita sono 800, a dimostrazione che per una parte del mercato è un vero affare.

#oneridisistema

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Oneri di sistema e le truffe secretate

Gli “oneri di sistema” si pagano con le bollette dal 1999, anno dal decreto Bersani.

Nati per compensare Enel per le centrali nucleari dismesse dal referendum, negli anni sono diventati un bengodi per i beneficiari che hanno chiesto ai governi di turno di partecipare alla festa finanziata dalle bollette.

Una rara slide di Arera, della già catastrofica situazione di dieci anni fa.

L’utilizzo di questa immensa quantità di denaro è un atto di fede, tutti pagano, nessuno chiede e, come vedremo, nessuno controlla. Ovviamente qualcuno ne approfitta e ha tutto il tempo per farla franca.

Una delibera dell’Autorità per l’energia – ARERA – mostra come non funziona il sistema:

un produttore di energia elettrica assimilata alle rinnovabili” – che risulta ancora oggi incentivata con un decreto del 1992 – immette in rete più energia di quella contrattata col GSE incassando più di quanto avrebbe diritto.

La truffa va avanti per anni, non interviene la magistratura ma l’indagine viene invece affidata da ARERA, il regolatore, al GSE, il potenziale truffato.

Conflitto d’interessi a parte, ARERA delibera il recupero amministrativo di quanto indebitamente incassato dal produttore, ma non è chiaro perché:

  • siano necessari dieci anni per chiedere la restituzione dei soldi, ammesso che possano essere ancora recuperati;
  • nessuno ha mai controllato;
  • se ne occupino ARERA, il GSE, la Guardia di Finanza e non la Magistratura;
  • l’Allegato A della delibera, con i dettagli della convenzione tra GSE e produttore e su quanto indebitamente incassato, non viene reso pubblico, “perché contiene dati e informazioni commercialmente sensibili”

I dati sono sensibili per chi ha fatto il furbo e ha rubato, e non per il consumatore che l’ha riempito di soldi?

Da pag.165, la relazione annuale di ARERA enumerava gli interventi ispettivi effettuati.

Non erano tanti 258 controlli, tenuto conto delle cifre in ballo, come erano insignificanti le poche decine di milioni di euro recuperati, su oltre tredici miliardi versati.

E dieci anni fa i produttori di energia fotovoltaica erano solo un terzo degli attuali!

Ci si chiede quanti siano quelli che hanno fatto e continuano a fare i furbi e quando c’è ne accorgeremo?

Eppure un metodo ci sarebbe: confrontare l’energia verde prodotta (rapporti di Terna), o solamente dichiarata verde, con quella venduta.

E se, per esempio si scoprisse che l’energia elettrica venduta è il doppio di quella prodotta? E che magari ci sono i furbi che pure ci speculano!

La situazione aggiornata è questa

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Il grande fratello contatore

Prosegue la sostituzione dei contatori di energia elettrica.

Prodotti da Enel sono utilizzati da quasi tutti i distributori nazionali.

edistribuzione, di proprietà di Enel, li installa in quasi tutto il territorio nazionale in forza della concessione che dovrebbe scadere nel 2030, ma che verrà molto probabilmente prorogata per altri vent’anni.

Oltre al problema della gestione da remoto dei contatori, che il ministero competente non ha mai affrontato, c’è quello della privacy: all’atto della sostituzione, infatti, nessuno chiede all’utente di dare il consenso al trattamento dei dati del suo consumo.

Ed è pacifico che i dati sono del consumatore, perché li paga con la bolletta e perché sono diretta conseguenza delle sue abitudini. Senza il suo consenso, non possono girare.

Invece sanno già tutto come spiegava Bortoni, ex presidente di Arera,già nel 2015.

Eppure il consenso per la privacy ci viene richiesto, sempre più spesso, per ogni tipo di acquisto o di servizio, ma per i dati del nostro consumo, che valgono miliardi, no.

Ce lo chiede il fornitore, quando firmiamo un contratto, e infatti lo ritroviamo in bolletta, ma per i servizi del distributore, cioè un terzo che neppure conosciamo, e che possiamo chiamare solo in emergenza, che viene in casa e ci installa un aggeggio attraverso il quale, da remoto, saprà tutto di noi, nulla!

Non è dato a sapere cosa i nuovi contatori siano in grado di elaborare, perché i protocolli di comunicazione sono di proprietà dei distributori che, per legge, possono fare solo operazioni “ammissibili”.

E se le operazioni non sono ammissibili chi lo viene a sapere?

Sappiamo che se un utente è moroso gli abbassano la potenza da remoto ma non è provato che non lo facciano anche se l’utente paga!

Comunque, con il nuovo contatore, chi misurerà l’energia con i nuovi contatori conoscerà le nostre abitudini: se siamo dei buoni pagatori, se siamo fuori casa durante il giorno, quando facciamo il bucato o se passiamo il weekend fuori città.

Ecco perché non dare il consenso è fondamentale! E se qualcuno poi rileva i nostri dati commette un reato.

Reati all’ordine del giorno per i milioni di utenti che si sono già fatti sostituire il contatore, e i cui dati sono mercanteggiati anche i rete e su Facebook, merce di scambio tra distributori e fornitori che, guarda caso, fanno parte della stessa famiglia.

Evidente la possibilità, per chi distribuisce e misura energia, di girare i dati a chi magari la produce o la vende per “profilare” commercialmente il consumatore.

Sull’argomento, andrebbe letto con attenzione il parere del gruppo di lavoro 29 della UE per la protezione dei dati che così conclude:

“Il parere ha evidenziato che i contatori intelligenti offrono molte nuove possibilità di trattamento dei dati e di erogazione dei servizi ai consumatori. A prescindere dal tipo trattamento, sia esso simile a quello già esistente o senza precedenti, il responsabile del trattamento deve essere chiaramente individuato e deve conoscere gli obblighi connessi alla legislazione sulla protezione dei dati, anche in fatto di tutela della vita privata fin dalla progettazione, sicurezza e diritti degli interessati. Gli interessati devono essere debitamente informati sulle modalità di trattamento dei loro dati e devono essere a conoscenza delle differenze fondamentali che tale trattamento comporta, in modo che quando esprimono il loro consenso questo possa essere ritenuto valido”.

Esattamente il contrario di quanto sta succedendo in Italia: il consumatore italiano non viene avvertito che i suoi consumi sono dati personali, che verranno trasmessi a sistemi remoti senza indicare il livello di protezione sulla garanzia del dato trasmesso, e che verranno gestiti da terzi.

Non chiedendogli di firmare il consenso non dovrà neppure comunicargli il nominativo del responsabile del trattamento dei dati.

In attesa del pronunciamento del Garante, al quale dovrà necessariamente essere richiesto il parere, la sostituzione va rifiutata, con salvezza del diritto di rivolgersi allo stesso per le sostituzione già effettuate, in flagrante violazione dei suddetti diritti e con ogni consequenzialità.

 

 

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Oneri di sistema

“ In Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo” (G.Prezzolini)

Il governo Draghi tolse provvisoriamente gli “oneri di sistema” dalle bollette e i consumatori, specialmente quelli che avevano difficoltà a pagarle, se ne accorsero, eccome!

Domani verrà depositata una richiesta di referendum il cui quesito, nella sostanza, è :

“  Volete voi che sia abrogata nel comma 11 dell’art. 3 del d. lgs. n. 79 (G.U. n. 75 del 31 marzo 1999), che istituisce degli oneri parafiscali detti   “oneri generali di sistema” decisi in sede politica per aiutare aziende ed imprese, la seguente frase “L’Autorità per l’energia elettrica e il gas provvede al conseguente adeguamento del corrispettivo di cui al comma 10”, che autorizza non correttamente l’Autorità ad aggiungere senza alcuna giustificazione i suddetti oneri nel corrispettivo pagato dai consumatori per il trasporto dell’energia, previsto dal comma 10, aggravando impropriamente l’importo delle bollette pagate dalle famiglie e dalle imprese?

Il quesito è basato su leggi e sentenze che stabiliscono che gli “oneri di sistema” non sono riferibili alla fornitura di energia elettrica e perciò non possono essere richiesti ai consumatori, tramite le bollette.

Nello specifico, il quesito referendario chiede di abrogare un passaggio del c.d. decreto Bersani che, nel 1999, autorizzava, e tuttora autorizza, il regolatore – oggi Arera – ad aumentare il corrispettivo del trasporto dell’energia, ponendo a carico delle bollette gli “oneri generali del sistema elettrico” introdotti dallo stesso decreto.

Oneri che non avevano, e non hanno alcuna attinenza con i costi di trasporto dell’energia.

Nel 1999, gli oneri furono “creati”, per sostenere i costi della dismissione delle centrali nucleari, di proprietà dell’Enel – ente privato dal 1992 – oltre a quelli per sostenere istituti di ricerca, bisognosi di fondi.

Il primo “balzello” da un miliardo di euro, fu addossato ingiustamente ai consumatori, invece che essere socializzati su tutta la cittadinanza, visto il risultato del referendum sul nucleare.

Negli ultimi ventisei anni, i vari governi, con gli oneri di sistema, hanno sovvenzionato imprese decotte, come Ilva, Alitalia etc. piuttosto che imprese private energivore oltre che specifiche categorie di produttori privati di energia elettrica, che nulla hanno a che vedere con il servizio elettrico.

L’entità degli oneri nella bolletta può essere facilmente verificata da chi legge, essendo una voce specifica della stessa; voce che, in alcuni periodi, ne ha rappresentato il 50% del valore.

Il Consiglio di Stato, la Corte di Cassazione, la Corte dei conti, quella dell’Unione Europea, oltre a una legge del Parlamento del 2021, hanno già confermato che gli oneri non devono essere inseriti tra i costi effettivi del servizio elettrico prestato ai consumatori.

È del tutto iniquo ritenere che famiglie e imprese, contrariamente a quanto stabilito dal diritto costituzionale, vengano chiamate, con i loro consumi a finanziare soggetti che operano in attività consolidanti redditi, anche molto elevati.

Il quesito referendario non chiede l’abrogazione degli oneri generali di sistema, ma ne sollecita lo spostamento della riscossione dal consumatore al cittadino contribuente.

Questo il tendenziale del costo degli oneri di sistema negli anni.

 

 

In evidenza

Chiamo i Carabinieri!

“L’Arma dei Carabinieri ed Enel ancora più vicine per la prevenzione e il contrasto all’illegalità, la tutela dell’ambiente e del territorio….la protezione dell’ambiente e delle risorse naturali, la lotta ai cambiamenti climatici e il contributo per uno sviluppo economico sostenibile. Particolare attenzione sarà dedicata alla tutela alla sicurezza e continuità operativa delle reti e delle infrastrutture elettriche, alla protezione del personale preposto alla loro gestione e al patrimonio aziendale.”

Il comunicato stampa è del novembre 2021, gestione Starace.

Il contrasto all’illegalità compete ai Carabinieri, mentre Enel è una società privata che produce, distribuisce e vende energia elettrica.

Non si occupa di tutela ambientale, del territorio e delle risorse naturali mentre sono di sua specifica competenza “la sicurezza e la continuità operativa delle reti e delle infrastrutture“.

Trattasi di linee di distribuzione di energia elettrica in bassa e media tensione che i consumatori pagano con le bollette.

Quindi, se i Carabinieri collaboreranno con Enel, il consumatore dovrà pagare anche i Carabinieri oppure la Convenzione prevede che i servizi dei Carabinieri sia a titolo gratuito?

Il rischio é che il “guardi che se non fa il bravo chiamo i carabinieri” valga alla fine più per Enel che per il normale cittadino/consumatore, che invece si sente rispondere, sempre più spesso, “abbiamo tutte le pattuglie impegnate“.

Alcuni lettori del blog hanno già segnalato simili comportamenti e una sorprendente solerzia dei Carabinieri a intervenire, per poi andarsene senza neppure verbalizzare l’ intervento.

L’intervento dovrebbe infatti risolversi sempre con la redazione del verbale: definire il soggetto che ha telefonato, luogo, data, ora e del motivo della richiesta, e una sommaria descrizione dei fatti accertati.

E’ il caso, ricorrente, del consumatore che rifiuta la sostituzione del vecchio contatore con quello di nuovo tipo, utilizzato peraltro illegalmente dal distributore.

Se “tutela della continuità operativa delle reti” significa anche imporre i contatori, con la minacciosa presenza dei Carabinieri, c’è il sospetto che a trarne vantaggio sia la società proprietaria del contatore.

La forma di collaborazione, tra una società privata e un corpo militare dello Stato, dovrebbe essere legittimata da un provvedimento amministrativo.

Non esistono precedenti perché è come se il distributore venisse investito di un potere ispettivo, e di generico controllo sul territorio, sconosciuto nelle proprie finalità societarie.

Una situazione allarmante perché le reti, sempre più intelligenti e ricche di dati sensibili dei cittadini, sarebbero controllate dal monopolista della distribuzione elettrica.

In evidenza

TTF gas – furto legalizzato

Perché paghiamo il gas con il TTF

TTF – Title Transfer Facility – è un indice, trattato alla borsa olandese controllata dalla speculazione. Lo so che detto così suona male ma il TTF non è il prezzo del gas che gira nei tubi o viaggia per nave, ma di quello virtuale, tipo bitgas!

La piattaforma, creata da Gasunie, considerata un tempo la vera università del gas in quanto esperto operatore della trasmissione, è stata poi venduta alla borsa privata americana – Ice (IntercontinentalExchange) – che tra l’altro possiede anche l’indice NYSE.

I principali azionisti sono: Vanguard, Black Rock, State Street, Capital Research, Morgan Stanley, Geode e Lazard.

In sostanza, i prezzi dell’indice sono decisi a tavolino dagli speculatori e, in base a quell’indice, noi restiamo possiamo restare accesi e al caldo!

Ma il TTF ha anche un altro limite: il volume degli scambi rappresenta solo il 10% del totale e quindi, sono per il 90% ricoperture o scommesse finanziarie.

Non esserci accorti per tempo che affidarsi al TTF, tra la guerra in Ucraina e il gas russo che veniva a mancare, é stato devastante. Ma tant’è, siamo in mano ai norvegesi che hanno il gas e vogliono così.

Abbiamo importato GNL dagli americani, strapagandolo rispetto a quanto lo pagano là, e abbiamo riempito gli stoccaggi ( Mario Draghi con il suo “whatever it takes”) che ci sono costati 4,4 miliardi di euro.

Senza guerre, con i russi era andata bene per anni, anche se non si è mai saputo quanto gas girasse nei tubi, in forza degli ultrariservati contratti takeorpay,

Questo l’andamento dell’indice!

La brillante idea di affidarsi il TTF venne a Paolo Scaroni, AD dell’ENI nel 2012.

Al governo in quell’anno c’erano i tecnici di Mario Monti, e quando ci sono i tecnici bisogna stare attenti!

L’inverno precedente era stato molto complicato: a febbraio non arrivava il gas russo, faceva molto freddo e gli stoccaggi erano vuoti, come dichiarò lo stesso Scaroni.

I tecnici al governo, che di gas e di energia elettrica capivano poco o nulla, (al Mise c’era Corrado Passera) andarono nel panico e fecero riaccendere anche le vecchie centrali termiche a olio combustibile, che rimasero a disposizione, anche senza produrre, fino al luglio successivo, per la gioia dei consumatori che se le ritrovarono in bolletta.

Il comunicato che segue é del 10 ottobre 2012

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ROMA ( Reuters ) – L’Eni sta valutando l’eventualità di non rinnovare i contratti di approvvigionamento “take or pay” divenuti troppo onerosi, ma considerando il tema della sicurezza nazionale nell’approvvigionamento ha avviato su questo dossier un confronto con il governo e l’Autorità per l’energia.

Lo ha detto l’Ad della società Paolo Scaroni nel corso di una audizione in commissione Industria del Senato.

“Possiamo come Eni tentare di non rinnovare i contratti take or pay e risolvere quelli ancora in vigore perché divenuti eccessivamente onerosi.

Avremmo un netto miglioramento della nostra performance sia economica sia finanziaria abdicando al ruolo di fornitore di ultima istanza che ci viene attribuito per ragioni storiche”, ha detto Scaroni nel corso della sua introduzione all’audizione.

Per take or pay si intente la clausola inclusa nei contratti di acquisto di gas naturale in base alla quale l’acquirente è tenuto a corrispondere comunque, interamente o parzialmente, il prezzo di una quantità minima di gas prevista dal contratto, anche nell’eventualità che non la ritiri.

L’Ad ha proseguito che “oppure potremmo rinegoziare i contratti di lungo termine ma in questo caso la componente di sicurezza di approvvigionamento dovrebbe essere valorizzata. L’Eni ha già avviato un confronto sul tema con il ministero dell’Economia, il ministero dello sviluppo e l’Autorità per l’energia e il gas”.

Scaroni ha detto che i contratti in scadenza sono quelli con Norvegia e Olanda mentre quelli che si stanno rinegoziando sono con Russia e Algeria.

L’Ad ha precisato che “sono contratti nati negli anni 80 e oggi vorrei cercare di cancellarli”, ma in questo modo “si priverebbe il Paese della sicurezza nell’approvvigionamento”.

“Il capacity payment è quello che riconosce il valore alla sicurezza dell’approvvigionamento e quindi quello potrebbe essere una risposta. Possono essercene delle altre. Io credo che ci chiariremo le idee nei prossimi mesi proprio in questo dialogo con i ministeri e l’Autorità”, ha spiegato Scaroni.

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Alcune osservazioni:

1) che i contratti con i russi fossero diventati “troppo onerosi” lo sapeva solo ENI, e lo credettero i tecnici, senza poter controllare, perché i contratti erano e restano segreti!

3) non é mai stato chiaro se il “troppo oneroso“ si riferisca all’ENI o all’Italia.

Ambiguità confermata dalla questua di gas dello scorso anno del governo Draghi in giro per il mondo, con i ministri sempre al traino di ENI;

2) Le condizioni dei contratti take-or-pay sono appunto segrete ma si ipotizza che il prezzo del gas sia, in qualche modo, legato a prezzo del petrolio, molto più stabile di un indice come il TTF;

4) le forniture di gas russo sono sempre state essenziali per la sicurezza nazionale. Lo erano nel 2012, lo sono rimaste dopo l’invasione della Crimea nel 2014 e anche durante l’invasione dell’Ucraina. I contratti quindi erano e restano validi, ma chi può verificarlo?

5) nel 2012, cioè 12 anni dopo il decreto Letta – liberalizzazione del mercato del gas – ENI restava il fornitore “storico” di ultima istanza al quale competeva la sicurezza nazionale che Scaroni, voleva maggiormente valorizzata per riempire gli stoccaggi;

6) la Russia ha avuto quasi un anno per prefinanziarsi la guerra in Ucraina con il TTF (vedi grafico) mentre norvegesi e olandesi, sponsor del TTF, diventavano ricchi come i sauditi;

7) la domanda attuale di gas é crollata anche perché la speculazione sul TTF é per ora sospesa e ha lasciato il posto al mercato del gas “fisico”, che sembra non volere più nessuno. Il TTF vale comunque il doppio dell’estate 2021.

In evidenza

Le perdite di rete (ee)

Senza neppure sapere cosa siano, l’utente paga le “perdite di rete”, finite nei meandri della bolletta.

Non lo sa perché non legge i contratti, non sa quanto consuma e non capisce le offerte che gli fanno e quindi i fornitori lo fregano.

In passato, le perdite di rete venivano esplicitate in bolletta e ora fanno parte della “quota materia prima energia” e le paghiamo allo stesso prezzo dell’energia che consumiamo.

In questo modo paghiamo così l’inefficienza cronica di quelli che distribuiscono energia elettrica.

Il consumatore domestico tipo – quello che secondo Arera consuma 2.700 kWh all’anno – paga, da più di quindici anni, il 10 % in più di quanto consuma, quindi 270 kWh per circa 110/120 €/anno.

Sorprende che si paghino anche le altre voci della bolletta come gli oneri di sistema, le tasse e l’IVA anche sulle perdite di rete, cioè su qualcosa che non si utilizza.

Le perdite di rete sono state decise da Arera, dopo che la stessa Arera ha chiesto il parere proprio a quelli che trasportano e distribuiscono energia elettrica.

Cosí che le perdite siano vere o meno non interessano a nessuno, visto che tutti le pagano!

Il gioco sembra semplice: ARERA chiede, sempre agli addetti, “quanta energia è stata prodotta e quanta é stata venduta”.

Questi rispondono e la differenza finisce “convenzionalmente” in bolletta.

Compresi, ovviamente, i furti di energia che così restano, non solo impuniti per anni ma già pagati.

La prova che le perdite di rete vengano stabilite arbitrariamente potrebbe risiedere nel fatto che, nonostante il consumo in Italia si sia considerevolmente ridotto negli ultimi anni, le perdite di rete sono rimaste le stesse.

Il consumatore italiano è una garanzia: paga l’energia rinnovabile, che sbilancia la rete, paga il ri-bilanciamento della rete stessa, paga le linee di trasmissione e paga le perdite di rete.

Quando firmate un contratto di fornitura, la voce “perdite di rete” é uno dei trucchi per fregarvi e dovete accertarvi che il prezzo le includa se no l’offerta che vi stanno facendo risulta falsamente più a buon mercato.

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Il traffico illecito dei dati sensibili

Quanto valgono i vostri dati al mercato nero

Pochi leggono le bollette e i contratti prima di firmarli, molti non conoscono la differenza tra fornitore, che emette la bolletta, e distributore, che ci fa arrivare luce e gas a casa, dove li misura con i contatori.

I nuovi contatori, che ci stanno installando da anni, possono essere letti e gestiti dai distributori “da remoto”, cioè attraverso i tasti di un computer.

Non si sa cosa i distributori possano effettivamente fare “da remoto” perché i protocolli di comunicazione non sono pubblici.

Quindi potrebbe anche darsi che il sistema “operatore-contatore” venga utilizzato in modo non ammissibile per es. stabilendo da remoto il nostro consumo.

Infatti, se ad utente moroso viene ridotta la potenza, perché non farlo anche con quelli che la bolletta la pagano? Sarebbe truffa, ma chi potrebbe provarla?

Quali siano i dati raccolti dai contatori é un altro mistero; prova ne è che, quando ci sostituiscono il contatore, utilizzano accessori di lettura e di comando non omologati.

Comunque, con quanta facilità firmiamo la clausola della privacy ad ogni acquisto? O concludiamo al telefono contratti di luce e gas, senza neppure sapere quanto consumiamo? Oppure leggiamo al telefono, a sconosciuti, le nostre bollette senza renderci conto di regalare dati sensibili? Firmiamo polizze assicurative senza leggerle e magari cestiniamo le modifiche unilaterali di contratto di fornitura di luce e gas?

Quei dati finiscono in rete e i tabulati vengono offerti anche su Facebook.

É grazie a quelle informazioni che poi riceveremo tutte quelle telefonate!

E in effetti, con i nuovi contatori potrebbero sapere tutto di noi: le nostre abitudini di consumo, quando siamo in vacanza, quante ore al giorno siamo in casa, se siamo dei buoni pagatori, e magari il nostro numero di telefono e l’IBAN.

E poi chi garantisce la sicurezza del dato che viene trasmesso?

Meglio perlomeno tenerci stretti i numeri di POD (per la luce) e di PDR (per il gas).

Con quei numeri possono millantare contratti non richiesti. Digitare quei numeri sui siti dei comparatori di offerte in rete può essere pericoloso.

Quei dati valgono centinaia di euro perché il mercato di luce e gas è un mercato di offerta, e i dati dei consumatori sono oro.

Così i distributori raccolgono i dati e li passano poi ai venditori, che sono spesso società collegate sotto lo stesso ombrello e che risultano ovviamente avvantaggiati.

Siccome i contatori nascevano anche per utilità dell’utente, ho provato la procedura per verificare i miei consumi sul SII – Sistema Informativo Integrato.

Ci si accede solo con l’identità digitale, ma pochi sanno cos’è e non possono perdere ore per farlo. Dopo uno slalom tra sms e password, ho potuto verificare i consumi solo di una di tre utenze a me intestate, delle altre due il sistema dice che non ci sono i dati.

In effetti, se non c’è un contatore di ultima generazione, l’utente non vede proprio nulla. Per il gas, dicono, ci vorranno anni anche se il nuovo contatore lo paghiamo da quando lo installano.

La nuova piattaforma è stata predisposta da Acquirente Unico, società pubblica che garantisce la fornitura di energia elettrica ai clienti del mercato tutelato.

In base ai dati Arera, il venduto di Enel supera l’80%, stessa percentuale dell’energia elettrica distribuita da edistribuzione, di intera proprietà di Enel. Sui nuovi contatori c’è il logo Enel, e quindi, in futuro, saremo tutti più liberi di comprare energia da Enel.

Le altre centinaia di venditori si limiteranno a mercanteggiare i nostri dati.

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La caccia agli ultimi polli

Scegliere tra mercato libero e tutelato

Dopo decenni di tira e molla,sembra concludersi la telenovela del libero/tutelato.

Metà delle famiglie italiane, circa dieci milioni di utenti, preferisce rimanere “tutelata” perché non ha alcuna idea di quanto consuma e a malapena sa quanto spende.

Il consumatore italiano non solo è ricco ma é anche pigro: non legge i contatori, non verifica le bollette e sentirsi dire che è “tutelato” lo affascina.

Ma se l’anno scorso avesse dedicato un paio d’ore al problema, e avesse scelto il mercato libero, magari un prezzo fisso, avrebbe risparmiato un bel mucchio di quattrini.

Il mercato tutelato rassicura perché nel libero ci sono più di mille fornitori, tra luce e gas, non tutti sono corretti e non esiste un albo.

Nel caso sceglieste il mercato libero dovrete leggere e capire, riga per riga, il contratto se no é meglio lasciar stare. Potreste avere delle brutte sorprese perché ci sono fornitori molto più aggressivi che professionali, specialmente con i consumatori più deboli!

Dopo avervi asfissiati al telefono, verranno di persona chiedendovi di poter esaminare insieme una bolletta:“con noi risparmierà, firmi qua…. non la sto truffando… avrà tempo per pensarci e, se cambierà idea, quando le telefoneranno, potrà dire di no”.

Il pollo firma senza leggere e, quando gli telefonano, si è già dimenticato tutto, dovrebbe dire di no e invece risponde con una serie di si alla cieca.

Magari la prima telefonata l’ha ricevuta il nonno e nessuno in casa sa nulla.

Comunque tutti i metodi per fregarlo sono buoni.

Chi propone al pollo “uno sconto del 20% sui primi 200 kWh consumati nel mese”.

In questo caso, il pollo non si chiede neppure quanti kWh consuma, né rispetto a quale prezzo si basa lo sconto

L’idea dello sconto lo affascina e firma, firma e firma moduli, tanti!

Magari non si rende conto, tra i vari documenti, di firmare anche una polizza assicurativa, che non copre nulla e serve solo al cacciatore di polli per rifarsi dello sconto offerto.

Solo dopo, il pollo scopre che spende il doppio di prima perché consuma più dei kWh scontati e i kWh eccedenti li paga salatissimi.

Poi ci sono i cacciatori di polli che raccontano la favola dell’energia verde al 100% senza avvisare il pollo che già paga l’energia verde,per legge, con la voce “oneri di sistema” della bolletta.

I cacciatori più creativi propongono lo sconto del 100% sulla quota energia del primo mese: bastano quattro conti per capire che lo sconto equivale a due caffè e che non giustifica il cambio di fornitore.

Ma il pollo gode all’idea del 100% di sconto sul nulla e firma.

In TV lo sconto è di 50€: non dicono su cosa, ma i polli saranno milioni.

Preparatevi per tempo oppure credete ai sondaggi di Nomisma Energia, secondo i quali solo sei consumatori su cento dichiarano di non capire nulla!

Auguri!

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Consumare informati

Consigli pratici

Qualche consiglio pratico visto che la maggiore risorsa energetica di questo paese è il risparmio (P.S.)

  1. Sapere quanto consumate, in kWh e m3 di gas. Leggete i contatori!
  2. Confrontare i numeri dei contatori con quelli delle bollette.
  3. Limitare la potenza contrattuale: a una famiglia di quattro persone basta una potenza di 3 kW utilizzando un elettrodomestico e a pieno carico.
  4. Non cambiare fornitore senza capire tutte le condizioni che vi vengono offerte. Evitare fornitori non referenziati.
  5. Non comunicare mai al telefono, o compilare moduli sulle piattaforme internet con i dati sensibili delle vostre forniture che sono il numero di POD per la luce e il PDR per il gas.
  6. Annullare l’addebito diretto in banca perché solo in questo modo sarete costretti a capire quanto consumate e quanto pagate.
  7. Dopo avere verificato le bollette, dovete pagarle nei termini perché i morosi verranno “staccati” per primi.
  8. Dovete verificare tutti i termostati di casa, dal boiler dell’acqua calda al frigorifero e alle valvole termostatiche dei termosifoni.
  9. Se usate il gas solo per cucinare, sostituitelo con piastre a induzione.
  10. Usate lampade a led e spegnete tutti gli apparecchi elettronici in stand-by, dal televisore allo stereo, dai computers alla Wi-Fi etc.
  11. Cambiate tutti i vecchi elettrodomestici energivori con i nuovi A++, utilizzare programmi eco sui nuovi e a pieno carico
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Contratti mercato libero

La crisi ucraina ha disorientato i mercati energetici europei, e quello italiano in particolare, alle prese con il passaggio al mercato libero da quello tutelato.

Cosa implica il passaggio al mercato libero?

Al di là del prezzo di vendita, di energia elettrica o di gas, il contratto di “mercato libero” non è più “tutelato” dalle clausole specifiche, che venivano imposte ai fornitori da Arera.

In sostanza i rapporti fornitore/cliente vengono lasciati alla libera contrattazione delle parti,che avranno come riferimento unico il Codice Civile.

Totalmente ignorato nei contratti, e non se ne conosce la ragione, il c.d. Codice di Consumo, cioè il Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206

Le nuove condizioni richiedono quindi che i consumatori siano in grado di reperire, e di comprendere tutte le informazioni, economiche e legali, prima di sottoscrivere un nuovo contratto.

E, siccome in Italia i contratti di luce e gas vengono sottoscritti quasi sempre senza capirli, e nel peggiore dei casi, senza neppure leggerli, ecco che 800 (!) fornitori, molti dei quali senza scrupoli, ne possono approfittare.

Già da un paio di mesi, ai clienti di mercato libero del gas, stanno arrivando le bollette relative ai consumi dei primi mesi freddi, quando cioè si comincia ad utilizzare il riscaldamento.

In migliaia di casi, segnalati in Liguria, le bollette del gas sembrano impazzite e il costo del riscaldamento raddoppiato, se non triplicato.

E questo non solo perché  governo ha deciso di:

1) ristabilire i due scaglioni originali dell’IVA – 10% applicato ai primi 480 m³ e il 22% sul restante –

2) rimettere gli oneri generali di sistema e

3) ridurre l’ISEE che dá diritto al bonus sociale.

La crisi del 2022 aveva fatto esplodere il prezzo all’ingrosso del gas  – da 20 a 300 €/MWh – e i fornitori, dopo aver realizzato cospicui extra profitti, tanto da costringere il governo Draghi a tassarli, hanno pensato di replicarli, offrendo prezzi fissi “abnormi” per due anni, con pesanti conseguenze per i consumatori.

I clienti di mercato libero devono necessariamente tenere sotto controllo le bollette e, in particolare, le scadenze indicate sulle bollette.

Curiosamente, è molto subdolamente, le scadenze sono distinte: una é del contratto, quasi sempre a tempo indeterminato, e l’altra è relativa alle condizioni economiche.

Nel 2023, ai clienti di mercato libero, a cui scadevano le condizioni commerciali, i fornitori hanno proposto modifiche di prezzo che restavano comunque soggette all’accettazione del cliente.

Le proposte, infatti, sarebbero state inviate mesi prima della scadenza delle condizioni economiche , ma  senza una prova di essere state realmente spedite, né tantomeno ricevute, non occorrendo una raccomandata.

Ammesso quindi che siano state regolarmente spedite, e ammesso anche che l’utente non le abbia, volutamente, o inavvertitamente cestinate, le proposte prevedevano prezzi fissi con durata di 24 mesi.

Le proposte spedite prima dell’estate 2023  non hanno avuto alcun effetto sulle prime bollette estive, quando il consumo di gas è nullo mentre il bubbone sta scoppiando ora, quando vengono fatturati i consumi dei primi mesi freddi.

Questo é un esempio dove il prezzo del gas é scandaloso.

Analizzando casi di tutto il territorio nazionale, si scopre così che il costo del riscaldamento a gas è raddoppiato, quando non triplicato, e non sono neppure possibili azioni correttive a meno di dare disdetta e pagare le eventuali relative penali, tipiche nei casi di prezzo fisso.

Quindi, mentre a fine anno il governo discuteva se prorogare o meno il mercato tutelato, i fornitori del libero mercato si erano già abbondantemente “coperti” da eventuali oscillazioni  del mercato internazionale.

Un mercato che paga oggi il gas all’ingrosso dieci volte meno che al dettaglio. Che poi è la stessa cosa che hanno fatto a Bruxelles stabilendo un price cap di 180 €/MWh quando oggi è a 25.

Il consiglio resta quello di prendere assolutamente coscienza dei propri consumi perché, in questa situazione, solo consumando meno si può risparmiare.

Dovrete inoltre verificare tutte le informazioni, reperibili su ogni bolletta, in merito alle letture dei contatori, al prezzo della materia prima e delle spese accessorie con particolare attenzione alle date di scadenza.

Il legislatore dovrebbe invece dedicarsi ad informare la popolazione dei consumatori e spiegare come si sia potuti arrivare ad una bolletta così complicata in totale spregio di quanto previsto all’art. 13 del Codice di consumo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In evidenza

Razionare si deve!

Dovremmo consumare di meno perché, come diceva Scaroni, la nostra unica risorsa energetica è il risparmio.

Siamo stati costretti a farlo dopo la guerra in Ucraina perché il prezzo del gas era esploso.

Ma non c’è stata alcuna campagna di sensibilizzazione.

Sono proseguite invece le martellanti e torbide proposte commerciali.

Eppure dovremmo “darci una regolata” memori di quanto avvenne, per ben due volte, negli anni ‘70, lasciandoci con il culo per terra.

Non so quali piani di emergenza siano stati nel frattempo predisposti. Ma l’unica cosa che ricordo è che nel 2012, quando c’è stato veramente bisogno di gas, gli stoccaggi erano vuoti. Con Mario Monti al governo fu una catastrofe.

In Germania, per risparmiare, spengono le luci dei negozi nelle notte invernali, razionano il gas e premiano il minor consumo di energia elettrica.

A Milano, invece, i negozi tengono sempre le porte aperte, raffreddando e riscaldando le strade a seconda della stagione. E questo in barba a un preciso divieto dell’ineffabile sindaco.

In Francia ha sempre funzionato il criterio del “non consumare in quei giorni”. Sono gli stessi francesi, che ci permettiamo di criticare nonostante ci forniscano il 15% dell’energia elettrica che produciamo.

Metodo semplice ed efficace: sono previsti 22 giorni di picco in un anno, durante i quali l’energia costa un patrimonio.

Gli utenti, preventivamente informati, diminuiranno volontariamente il consumo, risparmiando e aiutando il sistema.

Non posso credere che quei capolavori di tecnologia, come i nuovi contatori dell’Enel, non permettano una simile operazione.

Ma forse non occorre perché da noi l’energia elettrica costa sempre un patrimonio, h24/365.

In evidenza

Autovelox

Commento alla Disposizione del Ministero dell’Interno Prot. 0000995 del 23.01.2025

avente ad Oggetto: Ordinanza n. 10505/2024 della Corte di Cassazione, Sez. II – Violazione dell’art.142 del Codice della Strada e preventiva omologazione delle apparecchiature di rilevamento della velocità.

 L’atto che mi accingo a commentare, diretto alle: Prefetture – UTG, Commissariati di Governo per le Province Trento – Bolzano, alla Presidenza della Regione Autonoma Valle d’Aosta e per conoscenza al: Gabinetto del Ministro, al Dipartimento della Pubblica Sicurezza Direzione Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato e Servizio Polizia Stradale, costituisce un vero e proprio Atto di disposizione che il Dicastero emanante trasmette agli Uffici destinatari al fine di “… volersi attenere alle indicazioni fornite dall’Avvocatura Generale in merito ad eventuali gravami, in modo da rappresentare uniformemente le ragioni questo Dicastero”.

Nella disposizione succitata, il Min. dell’Interno, in premessa afferma: “Con le recenti pronunce, la n. 10505 del maggio 2024 e le nn. 20492 e 20913 del luglio 2024 la Corte di Cassazione si è espressa al riguardo e ha ritenuto che i termini “approvazione” ed “omologazione” non siano equiparabili, sottolineando come solo l’omologazione renda legittimi gli accertamenti effettuati tramite autovelox e richiamando, a tal proposito, proprio il disposto dell’art. 142, comma 6, del D.lgs. 285/1992 (Nuovo Codice della Strada n.d.r.).

Giova rammentare il contenuto dell’art. 142, comma 6 del C.d.S., il quale recita: “Per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento”.

A pag. 6/8 dell’Ordinanza 10505 del 18.04.2024 della Corte di Cassazione, si legge: “L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che – pur essendo amministrativa (come l’approvazione) – ha anche natura necessariamente tecnica e tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato, requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento stesso, a cui pone riguardo la norma generale di cui al comma 6 dell’art. 142 c.d.s. (funzionalità che, peraltro, a fronte di contestazioni del contravventore, deve essere comprovata dalla P.A. dalla quale dipende l’organo accertatore, secondo l’ormai univoca giurisprudenza di questa Corte: cfr, da ultimo, Cass. N. 14597/2021).

La suddetta statuizione rientra sia nell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, e che nel vigente ordinamento, vale la regola secondo cui chi esercita un’azione – qual’ è ad esempio la contestazione di un illecito amministrativo – ha l’obbligo di dimostrane le ragioni che ne sono a fondamento. Nel caso di violazione ai limiti di velocità su quel determinato tratto di strada,la prova si concretizza nelle “risultanze di apparecchiature debitamente omologate”. Ragion per cui, se l’autovelox dovesse risultare sprovvisto di “debita omologazione” ciò finisce per rendere nullo il verbale d’accertamento e di contestazione. In via incidentale è appena il caso di affermare che, allo stato, tutti gli autovelox sono privi della “debita omologazione”.

Sempre in relazione all’Ordinanza in questione, la stessa afferma che : “Oltretutto, anche recentemente, e stato precisato che in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocità, il giudice e tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate, puntualizzandosi – si badi – che detta prova non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità né la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità e sulla stessa affidabilità dello strumento di rilevazione elettronica è ricavabile dal verbale di accertamento (cfr. Cass. n. 3335/2024)”.

Per altro, lo stesso MIT con nota n.U.008176 dell’11.11.2020 ha affermato “L’equivalenza sostanziale tra le procedure di omologazione e quelle di approvazione dei dispositivi e sistemi di regolazione e controllo della circolazione stradale e conseguente validità dei sistemi approvati e omologati per il loro utilizzo ai fini sanzionatori”. 

La Corte di Cassazione, cui il suddetto atto era stato esibito, sempre con riferimento all’ordinanza in parola, ribatte che: “Naturalmente non possono a vere un’influenza sui piano interpretativo – a fronte di una chiara ermeneusi basata sulle fonti normative primarie – le circolari ministerlall evocate dal ricorrente, le quail sembrerebbero avallare una possibile equipollenza tra omologazione ed approvazione, basata, però, su un approccio che, per l’appunto, non trova supporto nelle suddette fontl primarie e che, in quanto tali, non possono derogare da fonti secondarie o da circolari di carattere amministrativo”.

Tornando all’atto del Ministero dell’Interno, quest’ultimo riferisce di avere chiesto un parere all’Avvocatura Generale dello Stato, in ordine alla sostanziale identità” tra l’approvazione e omologazione delle citate apparecchiature. Quest’ultima, “dopo attenta lettura della documentazione, ha prospettato, con parere espresso in data 18 dicembre 2024, la sostanziale piena omogeneità ed identità tra le procedure tecnico – amministrative che sono alla base alla base dell’omologazione che dell’approvazione, divergendo queste esclusivamente ai sensi dell’art. 192, commi 2 e 1, del regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della Strada per un dato meramente formale”.

La suddetta nota termina con la seguente formulazione: “Nel trasmettere, al riguardo, al fine di assicurare l’omogenea difesa dell’Amministrazione in giudizio, un modello di “memoria” condiviso con il cennato Organo di difesa erariale, con allegato prototipo di decreto di omologazione, si confida nella consueta e fattiva collaborazione di codesti Uffici nella delicata materia”.

E’ appena il caso di osservare come il testo del parere 18.12.2024 dell’Avvocatura Generale dello Stato, in forza del quale il Min. dell’Interno ha diramato agli Enti destinatari l’atto di disposizione all’oggetto generalizzato, non è stato reso pubblico. Per altro ilsuddetto pare sembra rientrare nella categoria dei pareri “facoltativi”: quindi privi del carattere “obbligatorio” e/o “vincolante”.

La questione così posta, pone delicati problemi giuridici anche di carattere costituzionale. E’ da premettere che, seppur perfettamente plausibile la richiesta di parere ad un Organo Consultivo dello Stato qual è quello dell’Avvocatura Generale dello Stato, pur sempre di parere si tratta: rimanendo intatta la responsabilità degli Organi destinatari del prefato atto di disposizione in ordine alla sua concreta esecuzione.

Tale responsabilità è rafforzata da costante orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, la quale con plurime Ordinanze ha chiaramente declinato la sostanziale differenza tra il provvedimento amministrativo dell’“approvazione” e quello dell’ ”omologazione” siccome richiesto dalla Legge che, per il principio enunciato nel rango delle fonti del Diritto, non può certo caducare dinnanzi ad una Circolare e men che meno ad un parere, seppur promanante dall’Avvocatura Generale dello Stato, non può incidere sul carattere imperativo di una Legge o altro atto avente forza.

La vigente Costituzione, tra i vari princìpi è ordinata sulla base della separazione dei Poteri: in virtù della quale ogni funzione dello Stato (legislativa, amministrativa e giudiziaria) deve essere esercitata da Organi diversi (Parlamento, Governo, Magistratura), ciascuno dotato di proprio potere di decisione ed esercitato senza interferenze e, comunque, nel pieno rispetto delle relative attribuzioni conferite dall’ordinamento. 

La Corte di Cassazione è Organo di giurisdizione di ultima istanza e pertanto decisioni di un Organo del potere esecutivo adottate in contrasto con Ordinanze plurime della Cassazione, conosciute pure come giurisprudenza costante dell’Organo da cui promanano, integrano una vera e propria responsabilità che è fonte di danno risarcibile a carico dell’Amministrazione procedente che, pur a conoscenza dei pronunciamenti costanti, ha comunque agito in difformità al comando di Legge: sul quale il massimo Organo di giurisdizione si è già costantemente espresso in modo motivato e secundunm legem.

Rimane, da ultimo, inquietante il fatto che sia pur se a distanza di 32 anni dall’entrata in vigore del C.d.S., ancora il MIT indugi dall’emanare il provvedimento dal quale verrebbero ad originarsi le “omologazioni” previste per Legge: di questo, dall’interlocuzione con l’Avvocatura Generale dello Stato, non vi è menzione.

 

Cesate, 3 febbraio 2025                                                                               

                                                                                                     Referente Nazionale Metrologia legale del

Comitato Tecnico Scientifico del Centro Tutela Legale e di Migliore Tutela

Cav. Claudio Capozza

In evidenza

Di chi è il gas?

Di chi é il gas dei gasdotti?

TAP, come tutti gli altri gasdotti, é un tubo che trasporta gas di proprietà di terzi.

Tutti i gasdotti trasportano gas per conto di terzi e le clausole delle transazioni sono note solo a quelli che li sottoscrivono.

Sono segrete!

Inoltre, nessuno può dire quanto gas, di quello che arriva, si ferma in Italia anche perché, con la legge n. 96 del 20.11.2009, l’Italia ha sottratto alla metrologia legale i sistemi di misura del gas installati all’ingresso e all’uscita del paese.

È ciò“al fine di semplificare gli scambi del gas”.

La legge é pacificamente lesiva della Direttiva 2004/22/CE del 31 marzo 2004.

Infrazione comunitaria a parte, il risultato é che l’Italia non possiede il dato legale della movimentazione del gas naturale, in entrata e uscita.

Quanto é valido, quindi, il dato trasmesso dagli importatori all’Agenzia delle dogane?

I soci di TAP sono: BP (20%), SOCAR (20%), SNAM (20%), Fluxys (19%), ENAGAS (16%), AXPO (5%) e la portata teorica totale annua del tubo é di 11 miliardi di m3.

La quota di Snam, ammesso che Snam riservi il gas all’Italia, sarebbe di un paio di miliardi di m3.

Quindi non conosciamo il volume del gas che entra ma, in compenso, il prezzo sembrerebbe molto elevato, come pubblica il sole24ore di oggi.

Un prezzo talmente alto che sembra ampiamente giustificare i viaggi della speranza del “governo dei migliori” in Azerbaijan.

Basta fare una divisione per capire che qualcuno ci marcia,e parecchio!

Altro problema: perché in Europa il gas si negozia e si misura in €/MWh, un’unità di misura legale e, quando viene venduto in Italia, si misura in standard metri cubi (smc), un unità di misura che legale non é? In base a quale legge?

In base all’allegato A della Delibera ARG/gas 155/08 di ARERA, il gas non viene misurato in metri cubi, come previsto dalla Direttiva comunitaria in materia di unitá di misura, ma in Smc (Standard metri cubi).

Sulle bollette lo Smc è definito come “unità di fatturazione” ma l’unità di fatturazione non é l’euro?

Comunque, siccome la Direttiva sulle unità di misura legali non prevede lo Standard metro cubo, il suo uso è illegale e titolo per l’applicazione di una sanzione.

In un settore strategico, come quello dell’energia prodotta essenzialmente con il gas, il dato delle quantità movimentate non é legale e invece di mettere a posto la faccenda, che potrebbe nascondere volumi di gas non indifferenti, andiamo ad elemosinare gas all’estero?

Claudio Capozza – Edoardo Beltrame

In evidenza

Il canone RAI

Il canone in bolletta

Da dieci anni le bollette dell’energia elettrica ci addebitano il canone della RAI.

Nel 2024 fanno 7 euro al mese, per dieci mesi, da gennaio a ottobre; ora il governo sta pensando di ri-aumentarlo

Il canone è dovuto solamente per l’abitazione di residenza; i non residenti non lo devono pagare, dichiarandolo al proprio fornitore, quando firmano il contratto.

Va verificato che, ad ogni bolletta, il canone venga addebitato e le bollette devono essere conservate per dieci anni, prova che lo avete pagato.

Ma se il fornitore li riceve e non li paga cosa succede?

Una volta incassato, il vostro fornitore deve versarli, per vostro conto, all’Agenzia delle Entrate, segnalando sia il numero di POD della vostra utenza, presso la vostra residenza, che il codice fiscale.

Numerosi lettori segnalano di aver ricevuto una comunicazione dell’Agenzia con la richiesta di pagamento, a distanza di anni.

Per evitare simili sorprese, dovreste verificare prima di tutto che il canone vi sia stato correttamente addebitato.

La confusione é tale che qualche fornitore se lo dimentica, per far diventare la sua offerta più “competitiva”.

La brillante idea di scaricare il canone RAI in bolletta venne al governo Renzi  nel dicembre del 2015 e l’Autorità dell’Energia si limitò a disquisizioni teoriche.

Da tempo cercavano gli “abusivi” ma il risultato, al di là dell’impatto mediatico, fu scadente con notevoli problemi nella messa a punto della procedura.

Dopo il ricevimento, da parte dei consumatori, delle comunicazioni dell’Agenzia, seguiranno le cartelle esattoriali con la richiesta di pagamento per ogni anno.

Il consumatore dovrà quindi dimostrare di aver pagato il canone ammesso, ovviamente, che il suo fornitore glielo abbia addebitato con la bolletta e poi lo abbia regolarmente “girato” all’Agenzia delle Entrate

Siccome sono pochi quelli che verificano le bollette, se non c’è stato addebito, la richiesta dell’Agenzia é quindi corretta.

Ma anche se l’utente ha pagato, il consumatore deve sperare che il fornitore abbia fatto il suo dovere e tra le centinaia di sconosciuti fornitori che operano nel mercato, ci saranno sicuramente quelli che non l’hanno fatto.

Se poi il consumatore ha cambiato fornitore o magari, nel tempo, più fornitori, il controllo sarà ancora più complicato. 

Stesso problema se su quel POD è subentrato un altro utente.

Le ultime proposte di subentro pubblicizzano “il canone RAI ve lo paghiamo noi “,e magari, dopo tre anni, scoprirete che non era vero.

#canonerai

 

 

 

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Sono contatori o sono radio?

Per sostituire il contatore di energia elettrica, il distributore locale minaccia un avvocato di Catania di far intervenire i Carabinieri.

Si ripete così quanto già accaduto in Liguria e in Irpinia tanto da chiedersi se i Carabinieri sono a servizio di Enel.

A Catania l’utente diffida l’addetto dall’effettuare qualsiasi operazione presso un domicilio privato mentre edistribuzione (il distributore locale) trasmette, su richiesta,una dichiarazione di conformità.

Il documento però si riferisce a generiche apparecchiature di telecomunicazione e non ai contatori di energia elettrica.

La conformità metrologica deve necessariamente e unicamente riferirsi al decreto legislativo n° 22/2007, che recepisce la direttiva europea MID sugli strumenti di misura.

La marcatura CE, seguita dalla M e dall’anno di verifica, sono le uniche prove che si tratta di uno strumento di misura omologato.

La conformità alla normativa europea CE 0051 è inutile e fuorviante!

Il MISE, cui compete la metrologia legale, non ha mai confermato la legalità dei sistemi di misurazione di energia elettrica e, in particolare, se il contatore possa essere gestito o modificato da sistemi di controllo remoti.

Numerose interrogazioni e audizioni parlamentari non hanno portato a nulla.

Per Arera, alla quale non compete la metrologia legale, ma è stata coinvolta in questa commedia, il contatore è una radio!

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Controllo consumo gas (utenze industriali)

Come tenere sotto controllo il consumo di gas PMI

PDR – misuratori con calibro G >100 (160 m3/h)

Numero del PDR: intestazione del contratto,fornitore e distributore

Condizioni contrattuali: tariffe, scadenze e rinnovi

Controllo legale di ogni gruppo di misura:

  1. Dati di targa del misuratore > foto
  2. Dati di targa del convertitore associato al misuratore > foto
  3. Validità metrologica del misuratore
  4. Validità metrologica del convertitore > bollo verde di verifica
  5. Libretto d’impianto (https://www.arera.it/allegati/operatori/gas/istruzioni_atdg.pdf)
  6. Verbali d’installazione di tutti gli strumenti e successivi interventi
  7. Verbali di verificazione biennale del convertitore
  8. Comunicazioni con fornitore e/o distributore

Controlli tecnici:

  • Congruità del misuratore con utilizzo del gas a valle
  • Congruità impiantistica del gruppo di misura (foto)
  • Pressione di alimentazione (contrattuale ed effettiva) > manometro
  • Controllo verso del flusso in alimentazione
  • Lettura dato del volume sul misuratore
  • Lettura dati del convertitore
  • Allineamento misuratore/convertitore
  • Coerenza con i volumi addebitati con le bollette
  • Controllo consumo specifico e consumo storico

Registrazione settimanale delle seguenti letture:

  1. volume indicato dal contatore (m3);
  2. volume base – Vb – indicato dal display del convertitore (sm3);
  3. volume misurato – Vm – indicato dal convertitore (m3);
  4. pressione indicata dal convertitore (mbar).
  5. Pressione alimentazione su manometro addizionale

Anomalie tecniche ricorrenti, cause di errate misurazioni:

  • Macroscopici difetti impiantistici (foto)
  • Misuratori che sovramisurano perché non adatti
  • Misuratori obsoleti o difettosi non controllati
  • Mancata trasmissione dei dati di consumo > consumi stimati
  • Disallineamento contatore/convertitore
  • Macroscopici errori di lettura in fase di sostituzione
  • Vigilanza zero se non su segnalazione e manco quella
  • Responsabilità errate tra MISE e ARERA
  • Passaggi di proprietà impianti senza verifiche tecniche

 

 

 

 

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Misurare meglio il gas

Alla canna del gas

Ci voleva la guerra per ricordarci quanto dipendevamo dal gas russo.

Siccome era sempre disponibile, ci arrivava con i tubi dalla Russia, era anche a buon mercato, abbiamo lasciato il nostro gas sotto terra. E le piattaforme abbandonate in Adriatico lo provano.

Il governo ( dei migliori e della crisi ) è andato a cercarlo in giro per il mondo, convinto di trovarne nel giro di pochi mesi.

Per fortuna non ha fatto freddo e il gas russo è stato sostituito da quello (dicono) proveniente da altri paesi; abbiamo pagato qualche bolletta “da infarto” e adesso aspettiamo gli eventi.

Ma proprio perché c’è meno gas sarebbe opportuno mettere un po’ d’ordine nella filiera della sua misurazione.

Le anomalie nella filiera della misurazione del gas in Italia sono tre: unità di misura,potere calorifico e sistemi di misurazione.

1) Le bollette fatturano Sm3 – standard metri cubi. Lo Sm3 non è un’unità di misura legale. L’unità di misura legale è il m3. Il gas all’ingrosso si paga in MWh. In tutta Europa le bollette addebitano kWh. In Italia lo Sm3 viene definito sulle bollette “unità di fatturazione”.

L’unitá di fatturazione é l’euro, e la bolletta non é regolare.

2) Il PCS – potere calorifico superiore – del gas viene stabilito da Snam Rete Gas che lo trasporta in monopolio. SNAM è controllata da CDP della quale lo Stato è azionista di riferimento

3) I sistemi di misurazione del gas, installati all’arrivo dei gasdotti in Italia, sono stati sottratti ai controlli della Metrologa Legale. L’inchiesta della Procura di Milano del 2008 é stata bloccata da un decreto, poi convertito in legge, che non ha risolto il problema. La legge risulta palesemente in contrasto con la Direttiva 2004/22/CE, recepita in Italia nel 2007.

Le anomalie risalgono al 1997 e la responsabilità é sempre stata del ministero, che ora si chiama MASE.

Quanto gas non misurato, e quindi non contabilizzato, circola in Italia?

Claudio Capozza – Edoardo Beltrame

Agosto 2022

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Unità di misura all’italiana

A chi fa comodo la doppia misurazione?

Poco meno quanto?

La crisi energetica ci ha insegnato che il gas viene negoziato in MWh (megawattora) in base al TTF , un indice della borsa di Amsterdam, predisposto dagli speculatori su una quota di mercato minima.

E questo rappresenta la prima anomalia: non c’ènulla di fisico, come l’indice Brent per il petrolio, ma è tutto virtuale!

Quando il gas si mette a girare in Italia, l’unità di misura cambia: con la bolletta ci addebitano smc (standard metri cubi).

Lo standard metro cubo é un’unità di misura scientifica che, essendo mai stata legalizzata, non potrebbe essere utilizzata nelle transazioni commerciali che, per legge, esigono strumenti legali e unità di misura legali.

In tutta Europa il gas si paga in kWh, in Italia no.

Le unità di misura legali sono il kWh e il metro cubo.

In Italia il consumatore viene preso in giro con sei decimali dopo la virgola, possibili solo in un laboratorio.

Ma le anomalie non finiscono qui: anche i sistemi di misura che rilevano il consumo di gas non sono mai stati omologati. Sono omologati solamente alcuni componenti dei sistemi di misura ma non il sistema completo,quello che garantisce la misurazione.

Di solito siamo attenti alla pompa di benzina, al contatore in casa, alla bilancia del salumiere ma per la misurazione del gas accettiamo una farsa che dura da decenni.

Quante centinaia di milioni di metri cubi ballano con questo torbido sistema di misura? E a vantaggio di chi?

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Incendi? Tutti zitti, parla l’esperto!

C’è un nuovo “esperto” alla Stampa che ha sentenziato così: «I roghi californiani (sono) uno dei sintomi più evidenti che la crisi climatica che ci attanaglia non accenna certo a placarsi».


L’esperto dice «crisi climatica» che è la stessa espressione che hanno adottato a The Guardian, i cui i giornalisti sono tenuti a scrivere «emergenza climatica», «crisi climatica» o «collasso climatico» mentre, al posto di «riscaldamento globale», dovrebbero scrivere «arroventamento globale».


Il titolo della Stampa riporta «Il clima malato piega la California». Un po’ poco.

In compenso ecco altre due sentenze dell’esperto: «E’ facile prevedere che un’era del fuoco è vicina», «Il punto reale è perché gli incendi stanno periodicamente flagellando regioni così diverse del globo con una frequenza sconosciuta in passato».

(E qui forse ha ragione Gianrico Carofiglio, che, in un saggio per Einaudi, ha citato un’analisi statunitense su 28mila pronostici a opera di 284 «esperti» in dieci anni, e notava, l’analisi, che «le previsioni più scadenti venivano dai soggetti più famosi e più spesso presenti sui mezzi di informazione»).

L’esperto della Stampa si chiama Mario Tozzi, e sulla sua celebrità e mediaticità, nostro limite, non sapremo esprimerci: ma qualche verifica su quanto scrive si potrebbe azzardare.

Sul fatto che gli incendi siano tra gli esempi ricorrenti in chi cerca un collegamento tra eventi meteorologici e riscaldamento globale, per cominciare, non ci sono dubbi.

Sull’«era del fuoco», che sarebbe «vicina», possiamo solo dire che la distanza è tra 1,4 e 2,3 milioni di anni, ma guardando al passato: per il futuro non sappiamo.

Sul fatto che gli incendi starebbero «flagellando regioni così diverse del globo con una frequenza sconosciuta in passato» possiamo solo dire che è falso: dal 1870 a oggi gli incendi sono nettamente calati in tutto il Pianeta, come è stato scoperto grazie all’esame degli strati sedimentari di carbone sparsi su sei continenti e che coprono l’arco di due millenni.

La ragione è banale: l’uomo ha smesso di ardere la legna e ha iniziato a bruciare i combustibili.

Si chiama transizione pirica.

L’esperto della Stampa cita dei fantomatici aumenti di incendi in varie zone del mondo, ma sono falsi: avrebbe ragione se parlassimo del solo Canada, che nel 2023 ha visto andare a fuoco il più alto numero di aree mai registrato prima; i media ne hanno dato ampio spazio.

Non hanno invece dato spazio, perché così funziona, al fatto che negli Stati Uniti, sempre nel 2023, si è registrato il più basso numero di aree bruciate dall’inizio di questo secolo.

Va da sé che a contare è la tendenza globale, certo: è per questo che la Nasa, per capirne di più, dal 2001 ha fatto orbitare dei satelliti attorno alla Terra identificando gli incendi di ogni dimensione.

Risultato: dal 2001 al 2015 (lo studio è del 2017) i roghi su scala globale sono diminuiti in maniera significativa.

Il 2022, l’ultimo anno con informazioni complete, è stato quello coi valori più bassi in assoluto: la superficie terrestre divorata dal fuoco si è ridotta dal 3,2 al 2,2 per cento.

Ignari delle opinioni di Mario Tozzi, i satelliti Nasa hanno registrato che negli ultimi 18 anni c’è stato un calo del 25 per cento delle aree bruciate: sono diminuite di oltre 1.300.000 chilometri quadrati, passando da 4,9 milioni di chilometri quadrati (nella prima parte del secolo scorso) agli attuali 3,6 milioni.

Nell’articolo dell’esperto, infine, si dice poi che gli Stati Uniti hanno le più alte emissioni di gas serra pro capite al mondo (a noi risulta che in Australia siano più alte, ma chi se ne frega) e non poteva mancare un finalone contro Trump, «un presidente che vorrebbe trivellare anche il Polo Nord».

Informiamo che al Polo Nord sono già presenti 599 siti di estrazione di gas e petrolio.

Non è che l’esperto, forse, intendesse la Groenlandia?

Nel caso c’è Kvanefjeld, il sito più ricco di terre rare di tutto il globo, elementi fondamentali per la transizione energetica globale perché trovano impiego, tra l’altro, nelle auto elettriche e nelle turbine eoliche.


Bene: il partito di sinistra Inuit Ataqatigiit, nel 2021, ha deciso di chiudere il giacimento di Kvanefjeld.

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“Intelligenti” per chi?

I primi misuratori elettronici di energia elettrica vennero imposti da Enel nei primi anni 2000.

Sostituivano quelli a rotella, che peraltro continuano a girare senza problemi.

Erano progettati e fabbricati dalla stessa Enel, e solo Enel sapeva quanto fossero intelligenti.

Con il risultato che lo sarebbero stati molto di per i distributori di energia elettrica,dei quali Enel era e resta il capofila.

I contatori non furono mai omologati e i problemi legali di questi strumenti sono trattati qui.

All’atto pratico, i misuratori non sono neppure semplici da consultare: spesso, alla loro installazione, pur essendo obbligatorio per legge, non viene rilasciato alcun libretto di istruzioni e così il consumatore non può verificare il proprio consumo, che é l’unica informazione utile per risparmiare.

Azionando il tasto del contatore, l’utente attiva un menù che indica tutta una serie di dati, perlopiù incomprensibili.

Ma risulta impossibile, per esempio, conoscere il consumo di un determinato giorno o settimana.

Con l’introduzione di questo tipo di misuratore viene meno il principio di contraddittorio: nella cessione di beni venduti a “quantità” (kWh) questa deve poter essere apprezzata, contestualmente, da venditore e compratore.

Se acquisto frutta, pane, carburante é così ma se per l’energia elettrica no.

Se, per esempio, l’utente volesse controllare i consumi di energia del giorno 27/9/2024, dovrebbe piazzarsi davanti al contatore alle ore 23:59:59 del giorno prima, premere il tasto, scorrere il menu sino al valore A1 e, dopo averlo annotarlo, ripetere l’operazione per A2 e A3. Alle ore 23:59:59 del 27/9/2024: ripetere le tre letture e poi calcolare la differenza.

Una follia ripensando alla mitica rotellina che girava e azionava le tamburelle.

Questa la legge:

“A prescindere dal fatto che sia possibile o meno leggere a distanza uno strumento di misura destinato alla misurazione di servizi forniti da imprese di pubblica utilità, esso deve comunque essere dotato di un visualizzatore metrologicamente controllato, facilmente accessibile al consumatore senza alcun ausilio. La lettura di tale visualizzatore è il risultato della misurazione che costituisce la base su cui è calcolato il prezzo da corrispondere.”

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Oneri di sistema: referendum!

“Con le bollette dell’energia elettrica, oltre ai servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), ai servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore) e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi.
Negli ultimi anni, gli oneri generali di sistema hanno rappresentato una quota crescente e sempre più significativa della spesa totale annua di energia elettrica degli utenti finali.Gli oneri generali sono applicati come maggiorazione della tariffa di distribuzione, (quindi all’interno dei servizi di rete), in maniera differenziata per tipologia di utenza.”

A3 é solo una delle componenti degli oneri di sistema.

Le bollette come bancomat: raccolgono soldi che non nulla hanno a che vedere con l’energia che acquistiamo.

Comprino temporaneamente i buchi di Alitalia, Ilva, Alcoa, o di operatori elettrici falliti, come Gala o GreenNetwork, solo per citarne alcuni, e poi si perdono.

Le industrie “energivore” pagano l’energia elettrica troppo cara? Ci pensano le bollette!

Volete installare un impianto fotovoltaico? Ci pensano le bollette!

I treni costano troppo cari? Ci pensano le bollette!

C’è il furbo che la bolletta non la paga, nessun problema, ci pensano pensano le bollette!

Istituti di ricerca deficitari? Ci pensano le bollette!

Verificate quanto pagate gli “oneri di sistema” ad ogni bolletta e poi moltiplicate per le decine di milioni di utenze!

Continuano a ripeterci che gli oneri di sistema sono imposizioni parafiscali. Che dovrebbero essere pagati da tutti i cittadini, e non solamente dai consumatori, che invece ci pagano sopra pure tasse e IVA.

Le origini degli oneri di sistema sono trattate in un altro post di questo blog.

Il metodo d’imposizione resta lo stesso: governo e parlamento decidono e incaricano Arera di spalmare il tutto nelle bollette.

Per anni fila tutto liscio ma quando la voce “materia prima” esplode, la bolletta esplode e il governo è costretto a sospendere le altre voci!

Lo ha fatto Draghi ma era solo temporaneo.

Arrivano così conti stratosferici ma nessuno protesta anche perché, al di fuori di chi incassa, nessuno sa come girano i soldi.

Gli oneri vengono incassati dal distributore,che li gira al GSE e poi si perdono nei meandri di un sistema tutt’altro che trasparente.

Il consumatore paga gli oneri ma non ha mai visto le bollette scendere!

É la stessa situazione della benzina con la differenza che della macchina puoi anche fare a meno, ma della luce in casa no.

È il futuro é tutt’altro che roseo!

All’orizzonte abbiamo infatti i sistemi di accumulo, necessari, ci raccontano, a immagazzinare l’energia rinnovabile che nessuno consuma, quella stessa energia che già incentiviamo con i conti energia di venti anni fa.

Le rinnovabili sbilanciano la rete? Nessun problema, ci pensano di nuovo le bollette, che incentivano i produttori di energia da fossile perché tengano a disposizione le centrali pronte a produrre. Solo pronte a produrre a costi stratosferici.

Poi ci sono le reti da rimettere a posto. Enel, che ha ancora il monopolio della distribuzione, annuncia 17 miliardi d’investimenti che alla fine saranno pagati dalle bollette.

Stessa cifra,17 miliardi Terna!

Come sia stato possibile piazzare le rinnovabili al sud quando la domanda é al nord é difficile da spiegare se non perché c’erano gli incentivi.

Così adesso, dopo vent’anni, ci pensa Terna a sbottigliare il sud con nuovi elettrodotti pagati sempre dalle bollette.

Passando per gli eolici, offshore o onshore, sarà un disastro per il consumatore italiano che guarda impotente la competitività dei partner europei

In una memoria di Arera, presentata alla commissione d’inchiesta della Camera sui diritti del consumatore, è scritto:

Inoltre, la catena di esazione di tali componenti, che passa attraverso le società di vendita, comporta la presenza di rischi di controparte di complessa gestione, che hanno portato all’esigenza di socializzare importi rilevanti corrispondenti ad insoluti all’interno della medesima catena. Ciò in particolare alla luce delle sentenze della giustizia amministrativa, che hanno limitato la responsabilità delle società di vendita in relazione al versamento degli oneri in caso di insoluti del cliente finale”

Socializzare oneri para-fiscali, derivanti dalla morosità di quelli che non pagano le bollette, sulla platea di quelli la pagano non é equo e senz’altro non rientra nelle competenze di Arera.

In attesa che qualcuno si svegli, l’unica soluzione è il referendum!

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Quanto gas entra in Italia?

Sicuri di quanto gas arriva in Italia?

Valido dal 1/1/2022 il nuovo

TESTO INTEGRATO DELLE ATTIVITÁ DI VENDITA AL DETTAGLIO DI GAS NATURALE E GAS DIVERSI DA GAS NATURALE DISTRIBUITI A MEZZO DI RETI URBANE (TIVG).

emesso da ARERA come ennesima variante – al momento sono 103 – di una delibera del 2009. La prima pagina è imbarazzante oltre che scandalosa!

Arera, istituita per regolare il mercato, lascia alcuni “buchi” che solo il MASE – Ministero dell’ Ambiente e della Sicurezza Energetica – può correggere.

Il dato di misura non è più quello che leggiamo sul contatore – valore legale univoco della quantità della res che paghiamo – ma il risultato di una nuova attività, la “validazione”.

In Metrologia legale, che dipende dal ministero, il dato di misura è il risultato di un’operazione effettuata con uno strumento di misura legale e, siccome per uno strumento legale vale la presunzione che lo stesso strumento possegga tutti i requisiti richiesti dalla legge, l’attività di validazione é inutile.

Le bollette del gas esprimono il volume di gas fornito in Smc – acronimo di Standard metri cubi – e non in metri cubi come invece la legge prevede.

Prima di ricercare nuovo gas in giro per il mondo, sarebbe opportuno verificare, quanto gas entra e esce dal nostro paese.

La legge 166 del 20 novembre 2009, con il fine di “consentire la semplificazione degli scambi”, ha sottratto all’obbligo di controllo i sistemi di misurazione installati presso gli arrivi dei gasdotti dall’estero. Sistemi che non sono riconosciuti dalla Direttiva 2004/22/CE con rischio di denuncia d’infrazione.

Sarà facile, per le società che il governo vuole perseguire per gli extra-profitti difendersi dicendo che la misurazione non viene effettuata legalmente e che quindi non è possibile definire legalmente il volume di gas importato.

In evidenza

Breve storia dell’energia (1): nazionalizzazione, referendum e tangenti

Nel 1962, in pieno boom economico, i politici capiscono che l’energia elettrica sarà un grande affare per un paese energivoro come l’Italia e, su richiesta dei socialisti, Fanfani la nazionalizza, creando ENEL – Ente nazionale per l’energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche – che rileva, strapagandole, tutte le imprese elettriche nazionali.

Fino ad allora, l’energia elettrica era prodotta, e distribuita, da aziende di piccole dimensioni, sparse sul territorio, in qualche modo collegate e controllate da poche aziende più grandi.

Enel rileva anche tre centrali nucleari – delle 52 operanti nel mondo – oltre a quelle  a carbone e numerose idroelettriche.

Le industrie elettromeccaniche lavorano su licenza, prevalentemente americana, per produrre i componenti delle centrali che Enel costruirà negli anni ’70.

Nel 1973, la prima crisi petrolifera, confermerà che il programma nucleare, che prevedeva la costruzione delle centrali di Caorso, Montalto di Castro e Trino Vercellese, era non solo corretto ma anche particolarmente lungimirante.

Il piano energetico nazionale del 1975 consente a Enel di proseguire gli studi sull’energia nucleare e di ottenere l’autorizzazione a costruire nuove centrali.

Nel 1979 la seconda crisi petrolifera giunge in piena crisi economica e i consumi crollano.

Enel non costruisce più centrali e le industrie elettromeccaniche, che lavoravano prevalentemente per Enel, con commesse peraltro molto remunerative, si espandono all’estero con il GIE.

Nel 1983 arriva finalmente, con parecchio ritardo, il gas algerino.

I comuni ottengono contributi per distribuirlo e acquisiscono il controllo del territorio, erogando servizi energetici.

il business dell’acqua va ai democristiani mentre il gas ai socialisti

Sono gli anni delle lottizzazioni e delle prime grandi tangenti, con la benedizione del CDA dell’Enel, rappresentanza diretta del pentapartito al governo.

Dobbiamo a quel periodo buona parte dell’attuale debito pubblico.

Ma tutti sono responsabili e quindi nessuno è responsabile, proclama Craxi in Parlamento.

Nel 1986, dopo l’incidente di Chernobyl, con un referendum dall’esito scontato, ma senza che venisse spiegato al popolo quanti soldi sarebbe costata le rinuncia, termina l’esperienza nucleare italiana; vengono chiusi la centrale di Caorso, che ha prodotto poco o niente, e i cantieri di Montalto di Castro e Trino Vercellese.

Tutti gli investimenti dell’industria elettromeccanica vanno perduti, ma i costi per lo smantellamento del nucleare finiscono in bolletta: li stiamo pagando oggi e li pagheremo per sempre.

Le centrali termoelettriche vengono convertite a gas, il cui prezzo è legato a quello del petrolio, con la differenza che il gas dovrà essere pagato a russi, algerini e libici, anche se non lo si utilizza.

I primi vagiti ambientali denunciano i fumi delle centrali a carbone e anche i costosi sistemi di trattamento dei fumi verranno spartiti a suon di tangenti.

Nel 1992, a trent’anni dalla sua costituzione, ENEL diventa una società per azioni e, passando per tangentopoli, si cambia gioco: arrivano gli incentivi.

(continua..)

#dodobeltrame

In evidenza

I tedeschi premiano il risparmio

I tedeschi hanno fatto sempre sul serio

Il governo tedesco ha deciso, da più di un anno , di aiutare le industrie e i consumatori con un piano di emergenza da duecento miliardi di euro.

Per un decennio, mentre noi spendevamo, i tedeschi accumulavano surplus commerciali che, stando alle regole UE, avrebbero dovuto restituire, ma nessuno insisteva più di tanto, perché c’era la Merkel.

Il nuovo piano tedesco è semplice: se consumi meno energia ti premio!

Da noi, non solo non se ne parla ma si continua invece ad installare potenza senza tenere conto della domanda.

Siccome tutto viene messo a carico delle bollette perché premiare chi consuma meno?

Meglio staccare l’energia se il sistema va in crisi.

In evidenza

La “soap opera” dei contatori

I contatori? Non si sa cosa sono!

Bisognerebbe capire cosa sia andato storto nel processo di liberalizzazione del mercato elettrico, invece di sentirsi dire da ventiquattro anni che deve essere completato. Il decreto Bersani del 1999 é diventato legge nel 2007.

Ad esempio, i contatori sono fabbricati da Enel, sono gestiti da Enel e misurano energia elettrica, prodotta da Enel e distribuita da Enel, concessionaria della distribuzione nazionale fino al 2030.

Anche se i nomi degli attori cambiano, la commedia resta sempre la stessa: dopo 15 anni c’è ancora il mercato tutelato, controllato da SEN, che è di nuovo Enel.

Una ventennale “soap opera” come la definì Davide Crippa, quando era ancora all’opposizione, prima di diventare sottosegretario del MISE del governo Conte 2.

Crippa pubblicó questo interessante intervento sulla piattaforma del M5S, che poi venne cancellato per finire nel dimenticatoio, assieme allo stesso Crippa.

Recuperato il post e premesso che:

  • la metrologia legale – che tutela la fede pubblica nelle transazioni commerciali che utilizzano strumenti di misura – compete unicamente al Ministero dello Sviluppo Economico;
  • prosegue la sostituzione di decine di milioni di contatori;
  • la sostituzione viene imposta ai consumatori in forza a delibere di Arera ma in assenza di pronunciamenti del MISE;
  • i misuratori, una volta installati, diventano parte integrante di un sistema che permette ai distributori di “gestirli” illegalmente da remoto;
  • il sistema, inteso come misuratore in campo, più la struttura della sua gestione da remoto, predisposta presso i centri operativi dei distributori, non è mai stato legalizzato dal MISE;
  • la gestione da remoto dei misuratori è espressamente vietata dal D.Lgs. 22.2.2007, n.22: non è ammesso cioè modificare da remoto le variabili metrologiche che concorrono alla formazione del dato di consumo;
  • lo stesso D.Lgs stabilisce che l’unico dato legalmente valido della transazione è quello che si forma sul posto e non quello letto da remoto.

Non si comprende perché i consumatori debbano pagare sistemi di misurazione non trasparenti e quantità di energia elettrica misurate dagli stessi.

Per come è stato predisposto, il sistema é molto più utile ai distributori che ai consumatori: i nuovi contatori dovrebbero facilitare i consumatori nella rilevazione dei propri consumi, e invece molto complicati e, proprio per questa ragione, non conformi alla legge.

Gestendoli da remoto, i distributori potranno raccogliere e utilizzare una notevole serie di dati sensibili, mettendoli a disposizione delle società di vendita collegate.

Alla sostituzione dei contatori, infatti, non viene richiesto alcun assenso per la privacy e sul mercato nero dei dati un contratto residenziale – gas e luce – vale un migliaio di €.

Tenuto conto che la quasi totalità dei contatori è fabbricata da Enel, e che milioni di clienti dovranno passare da SEN al mercato libero, la posizione dominante del gruppo non potrà, in questo modo, che rafforzarsi.

In evidenza

Contatore spento

Il contatore sembra morto e non si rianima neppure premendo il pulsante.

Oppure i numeri del display sono illeggibili.

I contatori “intelligenti di prima generazione” – che riportano ancora il logo Enel – sono diventati obsoleti, nonostante non siano mai stati omologati.

Non essendo omologati non è possibile sapere se misurano correttamente perché non esistono procedure legali di prova.

Come le bilance del salumiere, i contatori misurano soldi ma se non riusciamo a leggerli, come possiamo essere certi che poi le bollette ci addebitino una quantità corretta di energia elettrica?

Quando il consumatore reclama, gli viene risposto così:

È scontato che il display ha il compito di rendere visibile il risultato dell’attività di misura che è esattamente quello che alla fine vuole vedere consumatore.

Il visualizzatore deve segnare e la sua “illeggibilità”, quale ne sia la causa, dovrebbe determinare l’immediato “fuori uso” del contatore.

Cioè il distributore, che con ogni bolletta paghiamo profumatamente, dovrebbe essere il primo ad accorgersene, ricevendo un segnale di allarme da questo autentico gioiello di tecnologia ma invece non succede nulla.

Ma il contatore è talmente intelligente che non mostra nulla ma continua a lavorare e viene letto da remoto.

Confermano così gli addetti del distributore.

Ma le letture da remoto non hanno alcun valore legale.

La prova in contraddittorio tra le parti, prevista dall’art. 5, comma 2 del D.M. 21.4.2017, n.93 deve essere richiesta alla C.C.I.A.A. competente per territorio.

La stessa prova deve essere gestita da un Organismo abilitato e alla presenza di un Ispettore metrico.

Inoltre la prova deve essere eseguita sul contatore “stand alone “ cioè tolto dalla rete elettrica, che non lo deve influenzare.

Alla prova, hanno facoltà di presenziare le Parti interessate alla misurazione, anche a mezzo di propri assistenti nominati allo scopo.

Dopo la teoria,la pratica: se il contatore ė spento non pagate avvertendo comunque il vostro fornitore.

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Ricariche e blackout

Una colonna = un condominio

Le colonne di ricarica spuntano come funghi ma, con l’arrivo del caldo, i milanesi si preparano ai blackout.

In attesa delle indicazioni del regolatore, il remunerativo business delle stazioni di ricarica prosegue con grande soddisfazione di venditori e distributori.

Per dare nuova potenza elettrica, che per la ricarica delle macchine è tanta, bisogna modificare la rete di distribuzione proprio per evitare disagi a quelli che l’auto elettrica non hanno.

Si installa ,cioè, una colonna di ricarica della potenza di un condominio di cinquanta appartamenti solo dopo aver capito come influenzerà il sistema elettrico della zona.

Se non lo si fa bene, anche quest’anno avremo i blackout e non sarà solo colpa del caldo.

Ma chi paga la connessione delle stazioni di ricarica alla rete di distribuzione? Non sarebbe stato meglio rinnovare la rete prima di installare le stazioni di ricarica? Qual’è il criterio del loro posizionamento? È vero che chiunque può chiederne l’installazione?

Le ricariche sono di tipo diverso, il suolo è pubblico e il suo utilizzo dovrebbe essere regolato. E non si sa ancora come viene effettuata la misurazione.

Questo succede a Milano ma nel resto del paese si segue lo stesso non-criterio?

Nel dubbio i distributori si sono cautelati!

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Conguagli non dovuti

“In caso di contestazione, l’onere della prova dei consumi effettivi é a carico del fornitore, che deve periodicamente rilevare il consumo”.

Un giudice di pace annulla un bolletta di conguaglio “per mancanza di prova del credito“.

Le bollette di conguaglio sono come le cartelle delle tasse: in alcuni casi sono esorbitanti e sono sempre difficili da capire.

Restano un problema anche con i nuovi contatori elettronici che si guastano più di quelli vecchi, con il risultato che spesso il dato di consumo si perde per strada.

Le bollette di conguaglio nascono perché il distributore, un soggetto pressoché sconosciuto al consumatore e con il quale il consumatore non ha alcun rapporto contrattuale diretto:

  1. decide di sostituire il contatore e così si accorge che il precedente misurava male, sempre,ovviamente, a favore del consumatore;
  2. su richiesta dello stesso consumatore, verifica il funzionamento del misuratore;
  3. si accorge, per caso, e quando finalmente effettua una lettura fisica, che il misuratore era male impostato, magari da anni.
  4. nel caso di subentro.

Se il distributore legge il nuovo contatore – da remoto – si accorge del guasto dopo mesi, o anche anni, ma la cosa non lo preoccupa più di tanto perchè, nel frattempo, l’utente continua a pagare consumi stimati che, non é un caso, sono sempre maggiori di quelli reali con i risultato che tutti ci guadagnano, meno il consumatore

La sostituzione del contatore é un operazione molto delicata alla quale il consumatore dovrebbe assolutamente partecipare apponendo la sua firma al verbale d’intervento.

Per Arera, invece, la presenza dell’utente non é necessaria e la verbalizzazione dei dati risulta unilaterale e quindi soggettiva.

Il caso di un utente salentino, al quale arriva una bolletta di conguaglio “in conseguenza della sostituzione del contatore” ci fa capire che ogni tanto la giustizia prevale.

Il Giudice di Pace accoglie la domanda di accertamento negativo del credito annullando, di fatto, la fattura di conguaglio e ribadendo il principio secondo il quale l’onere della prova dei consumi rimane a carico dell’azienda che ha l’onere di effettuare periodicamente il rilevamento effettivo del consumo.

Il fornitore – la società che emette le bollette – deve far effettuare, periodicamente al distributore, il rilevamento effettivo del consumo per verificare gli eventuali conguagli per consumi superiori a quelli preventivati o di eventuali crediti dell’utente, per aver pagato consumi superiori a quelli effettivi.

Onere che la società erogatrice – cioè il fornitore – deve svolgere al fine di permettere all’utente un controllo sui consumi effettivi, e tale consumo effettivo dell’energia può essere calcolato solo mediante la lettura del contatore.

Ne consegue l’importanza basilare del contatore al fine della quantificazione del corrispettivo contrattuale. 

Nel caso in esame, e per ammissione del fornitore, il contatore non trasmetteva al centro operativo del distributore il dato di consumo.

A seguito delle contestazioni dell’utente, che riguardavano il periodo 2013 – 2014 nel quale il deducente aveva pagato regolarmente tutte le fatture pervenutegli, la società elettrica aveva provveduto ad un ricalcolo, ritenendo dovuto l’importo di 1.300€.

Per il Giudice di Pace spetta al fornitore provare la corrispondenza tra quanto registrato dal contatore e gli effettivi consumi.

E in tal senso osserva che «in ossequio al condiviso principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi, ai fini della ripartizione dell’onere probatorio gravante sulle parti, che costituisce onere del somministrante offrire la prova del corretto funzionamento del contatore e dell’affidabilità dei valori registrati (cfr. Cass. Civ. 2008, n. 18231 e Cass. Civ. 2004 n. 10313) mentre, laddove tale onere è stato assolto, costituisce onere dell’utente quello di allegare e provare le circostanze che univocamente lo portano a presumere che è avvenuta un’utilizzazione esterna nel periodo al quale gli addebiti si riferiscono.

La bolletta elettrica esibita dal fornitore è atto unilaterale di natura contabile non dissimile dalla fattura (Cass., 947/1986), che costituisce “prova delle registrazioni riportate e validamente emessa solo se l’utente non le contesta“(Cass., 8901/1997).

A ciò aggiungasi che la fattura riportante il dettaglio dei consumi o scheda di riepilogo esibita dal fornitore non è sottoscritta da alcuno né, in alcun modo, provata la provenienza di chi l’ha formato e su quali dati è basato.

Nel caso di contestazione dei consumi, come nella fattispecie, la bolletta elettrica perde qualsiasi efficacia probatoria e il fornitore ha l’onere di fornire la dimostrazione della corrispondenza delle registrazioni del contatore ai consumi effettivi dell’utente.

A ciò aggiungasi che la parte convenuta non ha dato prova certa a partire da quando il contatore non ha più comunicato l’autolettura ovvero manca la prova certa del momento iniziale relativo al difetto manifestato dallo strumento di misura, nonché la prova che il fornitore, accertata la mancanza di autolettura è intervenuta subito per verificare il funzionamento o meno del contatore.

A comprova poi che i conteggi effettuati dal fornitore non erano corretti lo si rileva anche dalla circostanza che il fornitore non ha esibito in giudizio la stima dettagliata della ricostruzione e della metodologia di stima utilizzata, prima dell’eventuale sostituzione del contatore e successivamente alla sostituzione.

In buona sostanza, nella fattispecie, il consumatore nulla deve alla società di fornitura dell’energia elettrica che dev’essere anche condannata alle spese di lite.

Morale: vi stanno sostituendo il contatore,se non siete presenti e non verbalizzate la lettura del contatore vecchio, siete già fregati!

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Non paghi? Stacco tutto!

Meglio prepararsi

Stanno per riaccendere i riscaldamenti e sono in molti a rischiare di restare senza gas.

Meglio quindi verificare i contratti che possono venire risolti anche così.

Sono circa una settantina,su 250, che non saranno in grado di sostenere le condizioni di un mercato ormai fuori controllo.

Per reperire gas, ad un prezzo anche dieci volte superiore rispetto a quello di un anno fa, dovrebbero emettere garanzie bancarie, che non possono emettere, e assumersi il rischio di non essere poi pagate dai clienti finali.

Per primi verranno staccati i “cattivi” pagatori, come per es. i condomìni, che passeranno alla FUI, fornitura di ultima istanza.

Un mercato, quello della “salvaguardia”, che dovrà presto essere finanziato perché non è stata previsto, né capitalizzato per un’economia di guerra.

D’altro canto la “liberalizzazione all’italiana” ha creato centinaia di fornitori, che agiscono senza alcun controllo e senza un albo, lasciando i consumatori in balia di società senza scrupoli, destinate ora a sparire.

Dopo la tempesta ne resteranno una trentina, come negli altri paesi europei.

I sopravvissuti chiederanno pagamenti anticipati e garanzie che si aggiungeranno alla quota della materia prima: per i clienti finali, i condomìni, la spesa del riscaldamento potrebbe anche triplicare.

E questo solo per scaldarci!

Le industrie avevano già capito in luglio quale sarebbe stato il loro destino!

I più bravi CFO si erano coperti con prodotti derivati per il 2022, ma non per il 2023.

Salvo qualche pezza messa dal governo, mentre a Berlino sono già cominciati i razionamenti, continuiamo a bearci sulle percentuali di riempimento degli stoccaggi senza spiegare ai cittadini che se dovesse fare freddo, senza il gas russo, arriveremo a malapena a fine anno.

L’anno termico inizia infatti il 1° ottobre, ed entro il 12 settembre i distributori di gas dovevano prenotare la capacità di trasporto a Snam. Ma circa un terzo, dei 70 miliardi di metri cubi che l’Italia mediamente consuma in un anno, sono ancora senza contratto.

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Uncle Sam on Nord Stream

September 2015

“Why would you support Ukraine with one hand and strangle it with the other” Deputy Assistant Secretary for Energy Diplomacy, Robin Dunnigan, told a conference of policymakers. “Cutting off all gas transit through Ukraine would deprive it of $2.2 billion in annual revenue”.

According to Dunningan,the Nord Stream 2 pipeline, born to boost Russian gas supplies to Germany, shell deprive Ukraine in transit fees and runs counter to the EU’s goal of reducing its energy reliance on Russia.

Russia’s Gazprom sends today 55 billion cubic meters per year to Germany, across the Baltic via the Nord Stream 1, and with the new project shall double this capacity. Gazprom sends also a large volume of gas to EU via Ukraine but is willing to bypass this route, via a new pipeline through Turkey.

Gazprom recently formed up a consortium with E.ON , BASF/Wintershall, OMV, ENGIE and Royal Dutch Shell for the Nord Stream-2 with a cost of 10 billion euros.

While the EU and USA have imposed sanctions on Russia, because of its annexation of Crimea and its support to the separatist rebels, energy ties between Moscow and Europe get stronger.Russia provides around one third of the EU’s energy needs.

According to Dunningan: “North Stream-2 actually threatens not only Ukraine’s survivability and their resources, but it is a risk to fuel diversification in Europe, especially southeastern Europe”.

Dunningan should not forget that the gas bill of Ukraine, for billions of dollars every year, is paid by Europe. The only way for Europe to guarantee the passage of the gas through Ukraine. Furthermore the american shale gas will not be competitive in Europe.

The gas war has just started and the winter shall roll the dices.

February 2022

Mr. Biden’s ideas just before Russia entered Ucraina

https://t.co/DSU3ODbcf3

September 2022

The pipeline is over!

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L’esplosione del prezzo del gas

Le due bollette, dello stesso utente, sono relative allo stesso periodo dell’anno: prima bolletta del 2021 e prima bolletta del 2022.

L’utente ha consumato 100 metri cubi in meno e ha pagato 322 € in più.

Il prezzo unitario lordo del gas passa da 0,61 €/Smc a 1,48€/Smc con un aumento di due volte e mezza, nonostante gli interventi del governo: una riduzione di 2/3 degli oneri di sistema, e una diminuzione di imposte e IVA.

I media dovrebbero dare così le notizie: aumenti in periodi omogenei!

Tra tre mesi arriverà il conguaglio del riscaldamento e rifaremo i conti su quello!

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I nuovi contatori del gas

I contatori del gas andrebbero sostituiti dopo un certo numero di anni di funzionamento, in base alla precisione di misurazione, rilevata a campione.

E’ il metodo seguito da molti paesi europei oltre ad essere il più logico.

In Italia invece, anche se firmato dal ministro, non venne mai pubblicato in G.U. il decreto attuativo di una legge del 1991, senza il quale i contatori del gas possono, legalmente, funzionare in eterno.

Nel 2008, sollecitata dall’inchiesta della Procura di Milano sul gas – che aveva scoperto contatori di sessanta anni – l’Autorità per l’energia segnalò, a Governo e Parlamento, gravi problemi di metrologia legale – tuttora aperti – e , senza aver ottenuto risposte, impose i contatori di tipo elettronico.

Incurante del fatto che la metrologia legale non fosse di propria competenza – i sistemi di misurazione del gas, cosi come imposti dall’autorità, non sono mai stati legalizzati e lo standard metro cubo non è un’unità di misura legale.

L’Autorità impose un programma di adeguamento dei contatori esistenti collegandoli ai convertitori di volume, che potevano trasmettere il dato di consumo.Ma alcuni contatori erano talmente malridotti e obsoleti che il dato non era per niente affidabile, e inaffidabile sarebbe stato trasmesso.

Tutti i PDR ( punto di riconsegna del gas) ne sarebbero stati interessati: prima quelli industriali e commerciali e poi le utenze domestiche.

Se, per i consumi industriali e commerciali, l’intervento poteva anche essere giustificato, tenuto conto del volume del gas in gioco, la sostituzione di decine di milioni di contatori domestici sembrò subito una forzatura, giustificata solamente dal fatto che i nuovi contatori sarebbero stati pagati dai consumatori.

Le società di distribuzione del gas, invece, avrebbero lucrato sui contatori e risparmiato sulle letture manuali.

Siamo arrivati all’ultima fase del programma a ci stanno sostituendo i contatori domestici; in Italia già paghiamo il gas più caro in Europa e il nuovo contatore ci costerà decine di euro in più all’anno, per i prossimi quindici.

Ai distributori costa solo 50/60€, possono ammortizzarlo al 130% e ottenere un premio ( pagato dai consumatori) se il programma di sostituzione, opportunamente concordato con Arera, viene mantenuto.

Ammortizzare un contatore in meno di un anno, e farselo pagare ogni anno per i successivi quindici, è già un ottimo affare, meglio però spremere i fabbricanti, comparsi dal nulla e disposti a tutto pur di vendere, con le tipiche gare al ribasso bandite dai distributori.

Così, qualità e funzionalità di milioni di contatori, sono pessime: molti presentano evidenti difetti di misurazione – definite, da chi li gestisce, “anomalie metrologiche” – e i due terzi dei dati di consumo teletrasmessi vanno persi, con il risultato che le bollette ci fatturano i consumi stimati.

Cioè tutto come prima con l’aggravante che il consumatore paga un contatore complicato e che non gli serve, oltre ad un servizio di misurazione inesistente, a unico vantaggio dei distributori che rimandano qualsiasi intervento sulle reti di distribuzione, anche quelle malandate, a beneficio delle sostituzioni.

Il consiglio é di rifiutarne la sostituzione, anche perché i contatori sono potenzialmente pericolosi, specialmente se installati all’interno delle abitazioni: c’è una valvola interna al contatore che può essere aperta o chiusa da remoto, che non va bene, e le batterie al litio potrebbero incendiarli.

Alla proposta di sostituzione, sarà sufficiente richiamare la delibera di Arera che dichiara che il progetto è ancora in alto mare.

Gli utenti, ai quali fosse già stato sostituito, dovranno continuare a comunicare l’autolettura per evitare sorprese.

Energia 2025

1. Global consensus on the energy transition frayed

A breakdown in negotiations at COP30 in November illustrated the increasing challenges of sustaining collective global climate action.

This reflects diverging agendas of the two largest players: the US and China. The Trump administration pivoted the US sharply towards lower energy costs & industrial-policy protectionism. In contrast China continued to pursue low carbon tech scale and export dominance, flooding global markets with low-cost solar, batteries and EVs.

Europe remained committed to the transition, but national approaches diverged. Germany slowed and re-profiled parts of its RES rollout; France doubled down on its nuclear-centred strategy; the Netherlands scaled back offshore wind and hydrogen ambitions; and the UK reoriented policy toward energy security and affordability, pulling back on aspects of its decarbonisation ambitions.

2. RES capture prices tumbled

Increased solar and wind penetration, more frequent negative prices and tighter interconnector constraints all weighed on capture rates, particularly for merchant solar portfolios. This was a pan-European trend in 2025, but particularly pronounced in markets with higher solar penetration e.g. Germany (see Chart 1) & Spain.

Chart 1: Solar capture rates in Germany

Source: Timera Energy, EPEX

The result was a sharp repricing of merchant RES risk, renewed interest in hybrid RES-plus-storage structures, and a stronger focus on PPA floors and downside protection.

3. Spanish power blackouts exposed a European flex crunch

2025’s Spanish blackouts provided a stark illustration of what happens when you push RES penetration hard without a matching investment in flexibility. A combination of high wind and solar output, low thermal availability, weak hydro conditions and transmission bottlenecks led to major loss of load events.

The issue was system stability, not renewables per se: inertial support, ramping capability and backup capacity were inadequate given the volatility of net load.

The episode sharpened focus across Europe on the value of thermal flexibility, storage and demand response, and on how to design capacity and ancillary service markets that incentivise these.

4. LNG investment surged despite a looming supply wave

Coming into 2025 there was already a clear market concern as to the huge LNG supply wave coming online across the next 5 years. Instead of slowing, liquefaction investment accelerated as shown in Chart 2.

Chart 2: Incremental LNG supply FIDs in 2025

Source: Timera Energy

More than 60 mtpa of new LNG capacity was sanctioned in 2025, well above market expectations. Buyers in Asia, the Middle East and parts of Europe locked in long-term offtake. The result is an even fatter supply bulge on the horizon – but also a more complex set of optionality and exposure management dynamics for portfolio players to manage.

5. Orsted collapses as RES deployment hits headwinds

Renewables were supposed to be the ‘easy’ part of the transition story. 2025 challenged that assumption.

Germany’s decision to scale back and re-profile RES targets signalled a more cautious approach, driven by grid constraints, permitting delays and mounting concerns around power prices and competitiveness. At the same time, offshore wind ran into a storm of cost inflation, supply-chain stress and higher financing costs.

The implosion of parts of Ørsted’s offshore wind pipeline became emblematic of the sector’s difficulties. Other big players such as RWE, Iberdrola & Vattenfall also pulled back on capital deployment into RES.

The structural RES investment drivers remain intact, but 2025 underlined that policy ambition alone is not enough – capital discipline, grid build-out and credible support frameworks matter just as much.

6. Henry Hub pushing higher… as Brent weakened

The front of the Henry Hub (HH) futures curve has been flirting with the 5 $/mmbtu level in 2025, after languishing below 4 $/mmbtu for most of the last 10 years (although pulling back sharply from the $5 level last week).

A tighter US gas market balance has resulted from stronger-than-expected US power demand, weather-driven volatility and robust LNG exports.

Chart 3: Front month Brent vs Henry Hub

Source: ICE, CME

Price strength challenged the long-held assumption that US shale would anchor Henry Hub at structurally low levels, despite surging US LNG exports. This is impacting LNG contract pricing and has been a key current focus for LNG portfolio monetisation & investment strategies.

Despite stronger than expected global growth and a continuation of Russia – Ukraine conflict in 2025, Brent crude prices have remained weak. This has been helped by the Trump administration leaning on Saudi Arabia to maintain supply.

7. Italy’s MACSE battery auction cleared well below expectations

A standout 2025 surprise came from Italy’s first MACSE auction, which cleared at around €15–20/kWh-yr – far below the €20 – 30/kWh-yr level many investors had assumed was needed to underwrite new BESS projects.

The outcome was driven by ENEL’s dominant, very low bids in the South, leveraging portfolio synergies to accept returns that independent developers could not match. This has seriously challenged the investment case for much of the Southern Italian BESS pipeline.

Capital interest has pivoted toward Northern zones, where merchant value remains stronger because of lower incumbent concentration and Capacity Market opportunities.

8. Zonal power pricing suddenly looked a lot less trendy

A few years ago, zonal power pricing was held up as the obvious next step for European markets: better locational signals, more efficient use of the grid and improved investment incentives. 2025 delivered a reality check.

Persistent congestion, counter-intuitive flows and highly volatile within-zone price spreads triggered a political backlash. Concerns around regional equity, industrial competitiveness and consumer price volatility meant that several governments (e.g. GB & DE) cooled on further reforms, and pushed to dilute or slow zonal implementation.

9. LNG shipping charter rates crash & then surge

LNG vessel charter rates hit record lows in Q1 2025, before surging higher into Q4.

The price slump stemmed from an oversupply of vessels, liquefaction project delays, and shorter voyage durations. Spot charter rates fell as low as $5k/day in Q1 2025 as shown in Chart 4.

Chart 4: Spot LNG charter rates in 2025

Source: Spark Commodities

The chart also shows the sharp surge in charter rates that we’ve seen across the last 6 weeks. This has been driven by a pick up in winter demand, the ramp up of US LNG liquefaction terminals (structurally increasing vessel demand) and an increase in floating storage demand.

Swings of this magnitude materially affect LNG portfolio value, shaping delivered costs, netbacks and flexibility economics.

10. Capital push into European flex assets

If 2024 was a big year for flexible power investment, 2025 took it up a gear.

Transactions included:

  • TotalEnergies’ stake in EPH reinforced the strategic value of large, flexible generation portfolios.
  • The Grain LNG stake changing hands to Centrica / ECP underlined enduring appetite for midstream LNG infrastructure post Russian supply cuts.
  • Energia’s sale to Ardian and APG’s large-scale investment into Return Energy, highlighted strong institutional interest in integrated portfolios of flexible assets.
  • FIDRA’s 1.4GW Thorpe Marsh BESS project secured debt financing, illustrating the depth of lender interest in large well structured assets.

The common thread: investors are increasingly allocating capital to flexibility, both to diversify RES risk and because flex value now appears structurally underpinned by higher volatility and policy uncertainty.

Thanks to @ timera-energy.com

Cartolarizzazione degli oneri di sistema

Per non rischiare che un’altra proposta referendaria vada a buon fine, il governo decide di mettere in sicurezza gli oneri di sistema delle bollette.

E invece di riformare il moloch, creato e nutrito da 25 anni di bollette, le più care in Europa, si dedica alla finanza creativa.

E lo fa su parte dei 10/15 miliardi di euro di oneri di sistema – nessuno sa a quanto ammontino con precisione – succhiati silenziosamente ai consumatori per incentivare il faraonico piano di sviluppo dell’energia rinnovabile da qui al 2030.

Un piano basato su ipotesi, che si stanno rivelando clamorosamente errate, e giustificato solo perché, come sempre, ce lo chiede l’Europa.

Per incentivarlo, gli oneri di sistema sono destinati ad aumentare a dismisura e quindi è meglio cominciare a nasconderne una parte.

L’operazione infatti trasforma parte delle bollette, che dovremo pagare nei prossimi anni, con l’aggiunta di interessi, costi finanziari e commissioni, in titoli finanziari garantiti da CDP.

Invece di venire tolti dalle bollette, come chiedeva il quesito referendario che non ha raggiunto il quorum, diventano una leva finanziaria che potrà garantire ritorni molto consistenti.

Cosa c’è di più sicuro,infatti, di una bolletta da pagare?

L’operazione, allo studio del parlamento, ridurrà di poco, e solo nel breve periodo, la pressione sulle bollette garantendo liquidità immediata al “sistema”, non graverà sul bilancio dello Stato e rimanderà decisioni politicamente difficili per il governo.

È solo un paliativo per chi governa il presente, non è una riforma, non è una semplificazione e non aiuta i consumatori.

Si cartolarizzano così una serie di balzelli, creati da scelte politiche stratificate e opache, che il sistema anacronisticamente difende e che il consumatore deve continuare a pagare.

Perdono i consumatori che pagheranno di più, per più tempo, senza poter discutere e senza capire di essere diventati garanti di un debito che non hanno contratto.

Guadagnano la finanza e le banche , che ottengono rendimenti stabili e garantiti.

Guadagna l’intero sistema elettrico, che ottiene liquidità e la garanzia che le bollette verranno sicuramente pagate.

Guadagna il decisore pubblico che evita conflitti inutili e mantiene il moloch.

La cartolarizzazione non risolve nulla ma cristallizza il problema, trasforma un errore politico in un vincolo finanziario di lungo periodo, rende permanente ciò che avrebbe dovuto essere discusso e corretto.

“Non abbiamo il coraggio di dirti oggi quanto costa davvero il sistema, quindi te lo faremo pagare domani, con gli interessi.”

Oneri di sistema eterni

Dovremmo modificare l’art. 1 della Costituzione e sostituire con “debito” la parola “lavoro”.

Perché oltre a sole e mare, spaghetti e arte, è il debito la linfa del paese e, più le agenzie di rating ci premiano, più possiamo farne di nuovo.

In questo paese solo se hai già milioni di debiti ti fanno un mutuo mentre il costo per il recupero di 41 miliardi euro di cartelle non pagate, è dell’8%. (Cfr il sole 24ore di oggi)

Il governo, alle prese con una crisi industriale devastante, vorrebbe ora dilazionare i debiti pregressi, presenti e futuri delle famiglie e delle PMI, alle prese con le esose bollette dell’energia elettrica.

Sarebbe più giusto che il governo mettesse mano all’intero sistema elettrico ma, siccome gli garantisce rendite da capogiro attraverso le controllate, è meglio lasciarlo così com’è e dedicarsi alla finanza creativa e alla componente ASOS delle bollette.

La componente ASOS è solo uno degli oneri di sistema che pagate con ogni bolletta, incentiva i produttori di energia rinnovabile. Arera ne cambia il nome ogni tanto, o tenta di nasconderla, ma è sempre lì.

Vale da vent’anni, e sarà così per i prossimi venti, una decina di miliardi di euro all’anno e attualmente aumenta di 45 €/MWh le bollette di famiglie e PMI le quali, bontà loro, finanziano già le imprese c.d. energivore, riducendone della metà la bolletta.

La “cartolarizzazione” permetterebbe di spostare in avanti l’enorme debito residuo del sistema elettrico verso i beneficiari degli incentivi, cioè i produttori di energia rinnovabile che, chissà come mai, continuano ad arrivare a frotte da tutto il mondo.

Quindi una parte del pregresso, che conoscono solo Arera e il GSE, più i nuovi 200 miliardi (se relativi ai prossimi vent’anni anni) verrebbero assorbiti a sconto dal mercato finanziario.

Le bollette pagherebbero un minor costo diluito in più anni.

A condizione che, nel frattempo, non inventino, ma purtroppo sta già succedendo, nuovi incentivi e/o nuovi costi.

Tutto è sotto traccia mentre e il governo è occupato ad incassare le rate del PNRR i cui progetti porteranno a nuove tariffe e a nuovi oneri.

L’operazione prevederebbe l’emissione di obbligazioni da parte di una società veicolo, e l’acquisto delle stesse obbligazioni da parte degli operatori del mercato, a fronte ovviamente di opportune remunerazioni prelevate sempre dalle bollette.

Il costo per lo stato sarebbe nullo e minimo il rischio, perché spalmato su milioni di clienti, che devono comunque pagare la bolletta per non restare al buio. Infatti la regolazione prevede che gli oneri di sistema, debbano essere pagati a prescindere.

Quindi, se gli accumuli fisici di energia elettrica – i BESS – servono ai produttori di energia rinnovabile a evitare remunerazioni negative, gli accumuli finanziari dilazionerebbero la spesa di famiglie e PMI, sempre a favore delle fonti rinnovabili e delle imprese energivore.

In sostanza gli stessi fondi che finanziarono gli impianti alimentati dagli incentivi dei conti energia, adesso finanziano il sistema per garantirne la redditività

Venite in Italia, paghiamo noi con le bollette!

I partiti controllano il mercato elettrico

Negli anni ‘90, tangentopoli portò alla luce il metodo di finanziamento predisposto dai partiti sugli appalti Enel, un ente dello Stato.

Poi i partiti si sono riorganizzati e nel tempo hanno permesso all’esecutivo di fare quello che vuole con i soldi delle nostre bollette.

E lo fa in modo silenzioso e anonimo, dietro società che controlla. Una struttura di potere sempre più estesa e invasiva, predisposta dal decreto Bersani del 1999, considerato a torto un pilastro della liberalizzazione.

Nulla di più falso: la liberalizzazione è di pura facciata e inesistenti sono i vantaggi per i consumatori.

Il decreto infatti non faceva altro che spartire il monopolio di Enel tra vari attori, i cui vertici sarebbero sempre stati di nomina governativa.

Stesso criterio è stato adottato per le nomine dei vertici delle autorità, preposte al controllo e alla regolazione del mercato.

La farsa della proroga del collegio di Arera dura da luglio.

I distributori, con Enel in testa, controllano tutto.

Prima di tutto, quindi, gli interessi delle società private controllate dal governo come, per esempio, edistribuzione (Enel) con i suoi cinque miliardi di MOL, o Terna, che pur operando in totale monopolio si allarga in attività non sue in totale conflitto d’interessi.

Concessioni senza gara e utili crescenti nonostante la domanda sia in calo.

Il governo è il monopolista assoluto, privato e non pubblico – e quindi non soggetto al bilancio dello Stato e non controllato dal Parlamento – del mercato elettrico.

Ne determina gli oneri che vengono messi a carico dei consumatori, imprese o famiglie, dopo essere stati spalmati sulle bollette da Arera.

Ma come è stato possibile arrivare a questa situazione senza che nessuno alzasse la testa? Senza che nessuno, ancora oggi, dica nulla.

Perché chi ci governa, destra o sinistra che sia, preferisce blaterare che le bollette sono care, le più care in Europa, ma non ammette che c’è qualcosa che non va e con con gli utili delle società che controlla fa un sacco di soldi che crescono costantemente mentre il consumo di energia elettrica del paese cala.

Solamente 25 anni fa, il decreto Bersani – ministro del governo D’Alema – creava, nell’interesse specifico di Enel, gli oneri generali di sistema (OGS) celandoli nella voce “trasporto” delle bollette, anche se con il trasporto di energia elettrica non avevano alcuna attinenza, a rimborso di Enel per il mancato nucleare.

Il distributore, sempre Enel, li avrebbe poi quantificati, perché misurava tutta l’energia elettrica del paese con decine di milioni di suoi contatori, mai omologati e tuttora illegali, come gli autovelox.

Una volta raccolti – se un cliente non paga la bolletta coprono quelli che la pagano – gli OGS vengono versati alla CSEA – cassa servizi energetici e ambientali – i cui vertici sono nominati dal governo.

Gli OGS sono determinati e gestiti dal GSE – gestore dei servizi energetici – i cui vertici sono di nomina governativa.

Il GSE dovrebbe anche controllare come vengono elargiti ogni anno 10 miliardi dei nostri soldi ma non lo fa come dovrebbe perché visitare “solamente” due milioni di produttori di energia fotovoltaica è diventato problematico. Si racconta che i primi anni gli ispettori venivano accolti con la lupara.

Ogni tanto, ma per altri motivi ed è tardi, se ne accorge la GdF.

A titolo di esempio, per capire come veniva e viene distribuito il nuovo “malloppo” un’utenza con potenza contrattuale di 10 kW.

In giallo la voce “trasporto” gestita dai concessionari Terna e Enel, controllate dal governo che operano in monopolio. Anche produzione e vendita sono saldamente controllate da Enel, definita “incumbent” se no si offende.

In arancione il costo  degli OGS destinati a imprese private.

Dal 2013, “trasporto” e OGS valgono più della materia energia (verde) e quando mai, in un paese normale,il costo del trasporto dell’energia elettrica supera il costo di produzione della stessa?

Arera non dice nulla perché è in prorogatio da luglio: il governo non riesce infatti a nominare il nuovo collegio ma solamente a stabilire il nuovo emolumento del presidente, raddoppiandolo a 500 k€.

Così, mentre gli OGS hanno sottratto ai consumatori più di 200 miliardi di euro negli ultimi 25 anni, senza portare alcun beneficio per gli stessi, l’Antitrust, nominata dal governo, non ha mai preso posizione su un evidente conflitto d’interesse che dura da 25 anni.

E questo perché, a differenza dei gestori delle altre reti europee, che garantiscono un servizio “trasparente”, quelli italiani hanno il potere di controllare tutto, con diritto di vita e di morte su venditori e clienti finali, siano esse imprese o famiglie.

Ma non finisce qui: tutta l’energia elettrica, prodotta per la maggior parte  da Enel, viene trattata alla borsa elettrica. La borsa elettrica viene gestita dal GME, controllato dal GSE, i cui vertici sono sempre di nomina governativa.

E quindi la domanda è: come può il Governo controllare  la borsa elettrica e, nello stesso tempo, essere il più grande produttore e distributore di energia, attraverso Enel e Terna?

Da 20 anni Governo e Parlamento accettano che il prezzo venga determinato dal GME con un criterio che danneggia i consumatori perché premia tutta l’energia offerta – anche quella proposta in borsa a basso prezzo – permettendo che sia venduta al prezzo massimo marginale, creando un extra margine del 40%.

Trasporto, oneri di sistema, prezzo dell’energia e tasse sono sotto il completo controllo di società governative: anche questo lo chiede l’Europa o è un infrazione alle regole comunitarie?

 

Miliardi spariti nel nulla

Uno degli aspetti più rilevanti, che ha spinto l’associazione “energia per tutti” alla presentazione della proposta referendaria – che chiede di eliminare gli oneri di sistema dalle bollette – è la sostanziale mancanza di informazioni sulla destinazione di centinaia di miliardi di euro prelevati con le bollette degli ultimi 25 anni.

Informazioni che avrebbero dovuto essere rese pubbliche da ARERA.

Leggendo la relazione di Arera sullo stato dei servizi del giugno 2024, è disarmante la normalità con la quale il presidente Besseghini precisa che “negli ultimi 13 anni – cioè dal 2010 al 2023 – i consumatori italiani avevano pagato 163 miliardi di euro per gli oneri generali di sistema”.

Il Besseghini dice 163, poi nel testo è scritto 162, tanto miliardo più miliardo meno, non sono suoi!

relazione annuale 2024

È una cifra superiore a quanto raccolto negli stessi anni con ICI e IMU meriterebbe un approfondito esame del Parlamento, che invece tace.

Arera non mostra neppure l’ammontare degli oneri di sistema prima del 2010, eppure sono sempre soldi versati dai consumatori.

Che hanno il diritto di saperlo, dal momento che gli oneri generali di sistema nascono dal 1999, quando il Decreto Bersani – Decreto n. 79 del 16 marzo 1999 – che prometteva di liberalizzare il mercato elettrico – disponeva che ARERA li definisse, e li aggiornasse periodicamente, a copertura dei costi relativi ad attività non meglio identificate di interesse generale per il sistema elettrico.

Nelle relazioni di Arera di quegli anni, a fronte di esborsi miliardari si fanno solo vaghi e parziali riferimenti.

Ma il parlamento dorme anche quando il Besseghini snocciola cifre di tutto rispetto.

Li incassa ENEL monopolista storico ed é quindi comprensibile il motivo di nascondere un’informazione così importante per dieci anni, dando peraltro la giustificata impressione che nessuno, per anni, abbia controllato.

Per quanto esposto:

  • Segnalando che tale carenza informativa continua, come si evince dalla relazione illustrativa che Besseghini ha presentato in Parlamento;
  • Denunciando il contrasto con il diritto all’equa informazione che, per mandato costitutivo, deve essere garantito al consumatore da ARERA
  • Ritenendo che ARERA disponga di queste informazioni
  • Constatata la rilevanza del gettito miliardario addebitato  nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2009, si ritiene necessario che questi valori economici siano resi pubblicamente noti a tutela di cittadini ed imprese.

L’associazione energia per tutti ha promosso un referendum per togliere gli oneri di sistema dalle bollette e chi non vi aderisce non avrà più modo di lamentarsi. www.aept.it

 

Contatore spento? Cosa fare.

Ammesso che sappiate dove si trova il vostro contatore, e ammesso che sia proprio il vostro tra i tanti nella zona comune condominiale ( casi reali ) qualche consiglio.

I nuovi contatori del gas sono alimentati da batterie che dovrebbero durare anni ma sembra che uno su tre si scarichi dopo pochi mesi.

Con la batteria scarica il visualizzatore resta spento, i numeri non si leggono e non sapete quanto consumate.

Ma sapere quanto consumiamo é un nostro diritto!

Quando vi lamenterete con il vostro fornitore lui ne parlerà con il distributore il quale dirà che, anche se non leggete niente, il contatore funziona e il dato viene trasmesso e loro lo leggono da remoto.

Ecco, quel dato trasmesso non ha alcun valore perché vale quello che il consumatore legge sul contatore.

Il visualizzatore spento, o i numeri illeggibili rappresentano una delle rare occasioni per il consumatore di far valere i propri diritti.

Quindi, se non leggete nulla, sospendete pure il pagamento delle bollette e contestualmente avvisate il fornitore il quale entrerà in azione in fretta.

infatti, il distributore, che è il proprietario del contatore, dovrà intervenire entro quindici giorni e,se non lo fa, avrete diritto a un indennizzo automatico di 35€.

Per ogni mese di mancata lettura, il distributore deve pagare 30€ di penale e due mancate letture equivalgono al costo di un contatore nuovo.

Quando il distributore interviene per sostituirlo, fate una foto al contatore e inviatela al vostro fornitore, con raccomandata o con PEC, chiedendo come verranno ri-calcolati i consumi.

Nel verbale di sostituzione, anche se non  previsto,  pretendete di dichiarare, in calce, che “non è possibile rilevare il dato di consumo”.

Verificate la coerenza dei consumi addebitati alla prima bolletta

Con il display spento, sospendete il pagamento delle bollette che indicano letture “rilevate” e denunciate il tutto alla Guardia di Finanza.

#contatore spento

Gli sciacalli

Il Mercato del Giorno Prima (MGP) ospita la maggior parte delle transazioni di compravendita dell’energia elettrica.

Il GME è controllato dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), società a sua volta controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. 

Al Mercato del Giorno Prima perché si negozia l’energia che si prevede servirà il giorno dopo.

Quindi un trader che partecipa al mercato deve essere prima di tutto un buon meteorologo.

L’unico in grado di prevedere quanta energia servirà il giorno dopo dovrebbe essere il TSO, che in italia si chiama Terna, che ha il compito di trasportarla.

Giornalmente Terna pubblica una curva di previsione ( giallo ) come questa e segue durante il giorno con il consuntivo (blu).

Con gli utili che Terna realizza, in perfetto monopolio, potrebbe sistemare il bug a meno che la curva non preveda un blackout, ogni giorno e, quasi sempre, alla stessa ora.

Terna basa le sue previsioni sui dati storici – e trasportando ne deve avere tanti – mentre non conosce i dati di consumo, cioè della domanda, che i distributori hanno 61 mesi per tenersi in tasca.

Forse, anche in base a quella curva sgangherata, i produttori di energia termica, eolica e fotovoltaica fanno la loro offerta e le controparti abilitate, traders e società di vendita, acquistano.

Offerte e acquisti s’incrociano sulla piattaforma telematica del GME per ogni ora del giorno successivo, fissandone, zona per zona, il prezzo.

Il criterio del “prezzo marginale” è simile ad un’asta al contrario: i produttori fanno offerte per quantità e prezzo per ogni ora, il sistema ordina tutte le offerte, dalla più economica alla più cara, e si accettano le offerte partendo dalle più basse, fino a coprire tutta la domanda.

Il prezzo finale, cioè quello che tutti incasseranno, sarà quello offerto dall’ultima centrale a gas necessaria per soddisfare la domanda e quindi il più alto.

Anche se una centrale ha offerto energia a 30 €/MWh, se l’ultima offerta accettata (marginale) è impostata a 100 €/MWh tutti i MWh verranno pagati 100 €/MWh.

È illogico ma è così!

Le centrali a gas presentano il prezzo marginale più alto e entrano in funzione quando le rinnovabili, che sono meno care, non producono più.

Cosi, se prodotta con il gas, l’energia costa di più per tutti anche se prodotta da sole o vento, che costano meno.

La novità, peraltro abbastanza scontata, è che Arera avrebbe scoperto che alcuni produttori riducevano artatamente la loro offerta per far aumentare il prezzo marginale. E in questo modo avrebbero guadagnato di più anche per l’energia, prodotta in minore quantità, a minor costo, rifacendosi poi sul prezzo marginale.

È la pratica del “withholding” (trattenere capacità) considerata, a tutti gli effetti, manipolazione del mercato se fatta con dolo, e la Commissione Europe la vieta.

Viene permessa solo per motivi tecnici, che devono essere giustificati, come guasti alla centrale o necessità di spegnere turbine per riparazioni.

In Italia c’è sempre spazio, nei meandri di una regolazione con i buchi.

Come quando Arera, dieci anni fa, si accorse che qualche traders non era “diligente” e nei meandri di una regolazione “sbilanciava” la rete.

Un argomento setoloso che conoscono solo gli addetti e gli avvocati che ancora ci campano, senza contare le società che hanno chiuso.

La delibera era del 2011 ma Arera se ne accorse solo nel 2016.

L’attuale indagine di Arera ha evidenziato quindi la presenza di pratiche di presunto “withholding” che hanno inciso sulla formazione dei prezzi.

Per le centrali a gas sono state rilevate in almeno il 30% delle ore, sia nel 2023 che nel 2024, che hanno causato un rialzo dei prezzi del 28% delle nel 2023 e del 25% nel 2024.

Nelle ore interessate, il prezzo è risultato mediamente superiore di 17-22 €/MWh nel 2023 e di 15-24 €/MWh nel 2024 rispetto a quello che si sarebbe ottenuto in condizioni di piena concorrenza.

Per l’eolico e il fotovoltaico i casi sono più frequenti – hanno poche ore per approfittarne – rispetto al gas tuttavia il loro impatto sul prezzo finale è stato minore, con una differenza media tra prezzo reale e simulato compresa tra 5-9 €/MWh nel 2023 e 1-2 €/MWh nel 2024.

Arera non ha ancora deciso se esporre, come dovrebbe, i risultati del suo rapporto all’autorità giudiziaria e intende proseguire l’analisi per valutare, caso per caso, le giustificazioni degli operatori.

Se arriveranno giustificazioni, che Arera non giudicherà sufficienti, scatteranno le sanzioni, che non conosceremo mai, perché i dati diventano “commercialmente sensibili”.

Così non sapremo mai, chi ha avrà fatto pagare ai consumatori 25 centesimi al kWh in più – che sono 250 €/MWh quando il prezzo attuale è di 100 – incassando cifre stellari.

Quanto sa il consumatore

In occasione della presentazione del referendum di www.aept.it  a Terni, mi è stato chiesto quanto é informato il consumatore di energia elettrica.

Rispetto a quelle europee, ignorate del tutto da Arera, ma reperibili qui nel blog, le bollette italiane sono complicate e fuorvianti.

Bolletta francese

Il dimissionario presidente di Arera ha promesso, per l’ennesima volta, che miglioreranno, ma anche la nuova versione è una delusione.

Arera, più che un “cane da guardia”, come viene chiamato il regolatore britannico, è un mediatore di interessi diversi. Per statuto dovrebbe difendere anche i consumatori ma lo fa con un certo distacco, perché risponde a chi la mantiene, e per sapere chi lo fa basta verificare le sue entrate.

Un regolatore molto “democratico”: prima di qualsiasi delibera, ARERA emette un documento di consultazione, cioè chiede a tutti cosa ne pensano e poi li mette d’accordo.

Meglio sarebbe imporre le regole, senza tante contrattazioni, ma così facendo,invece, sono tutti contenti e del consumatore chissenefrega! Anche le associazioni dei consumatori fanno molto poco al riguardo.

Se poi si presenta grosso problema Arera emette una PAS – una segnalazione a governo e parlamento – che resta senza risposta.

Come la PAS 1/08, del 2008, che trattava della misurazione del gas!

Ma  perché i consumatori dovrebbero essere informati se non leggono neppure il contratto che firmano?

Già perché la stessa Arera ha permesso che, sempre dopo aver chiesto, il contratto potesse essere concluso anche con un semplice SI telefonico.

Comunque, più le bollette sono complicate più il consumatore paga, perché i fornitori dedicano più risorse per modificarle!

Con il risultato che sono in pochi a leggere  la bolletta, ancor meno quelli che la capiscono mentre tutti vedono i soldi da pagare e gridano.

Una  bolletta dovrebbe invece servire  per consumare meno e forse spendere meno. Però sono molto pochi quelli che confrontano le letture della bolletta con quelle del contatore.

Il consumatore dovrebbe invece fare attenzione ai contatori, specialmente da quando vengono sostituiti anche in sua assenza, altra genialata di Arera, per la felicità dei distributori, compreso quello che fa capo a Enel, la quale ha realizzato i contatori per tutti.

Quindi nessuna chance di risparmiare, nessuno ha detto alla signora Maria che non serve più far andare la lavatrice di notte.

Eppure la bolletta è il semplice prodotto di una quantità per il prezzo

  1. la quantità è rilevata da contatori una parte dei quali si trova nella medesima situazione degli autovelox, e l’altra viene gestita illegalmente da remoto.
  2. Il prezzo: pochi dividono gli euro della bolletta, per i kWh o i metri cubi di gas, solamente per avere un’idea di quanto pagano: così  da bolletta a bolletta i prezzi variano di 3/4 volte.

Luce e gas non sono prodotti venduti a misura ma  sono parte di un servizio ed ecco l’IVA al 22%, anche sulle accise!

Un decreto del 2005, noto come codice di consumo, escludeva luce e gas dall’essere pagati a misura, e ora non possiamo recepire  la direttiva EU 944 del 2019 che chiede  assoluta trasparenza dei prezzi di questi beni.

Da sempre Arera ha trattato i consumatori come gli utili idioti del sistema, catalogandoli in  “tutelati”,  “tutelati gradualmente” e poi finalmente, dopo tanti anni e a ragione, “vulnerabili”.

Ma va anche detto che al consumatore italiano piace essere in qualche modo assistito: infatti non sa chi vende, non sa chi distribuisce, non sa chi chiamare se sente puzza di gas oppure se ha il contatore rotto.

È il cosiddetto “umbundling” all’italiana dove “enel distribuzione” ci ha messo solo sette anni per cambiare nome in “edistribuzione”, facendosi pagare, con le bollette, anche la nuova carta intestata.

Se poi il consumatore va a vedere il contatore, altre sorprese.

Il contatore non segna? La risposta del distributore è “tanto leggiamo lo stesso da remoto,non si preoccupi” quando invece la legge prevede che il dato che fa fede nella transazione sia proprio quello segnato dal contatore e letto dal consumatore.

Ecco la bolletta di una seconda casa  a Milano: 3 kW e 260 kWh  in due mesi, 4,3 kWh al giorno,il minimo per vivere. La mostro perché le cifre sono scandalose.

 

Ma per venire incontro alle esigenze del consumatore, ecco un’altra invenzione di Arera, sempre dopo aver chiesto a tutti: il “comparatore di offerte” retribuito a provvigione dai fornitori.

E qui la domanda viene ribaltata: quali sono le informazioni che i consumatori danno al sistema senza rendersene conto?

  • Con i contatori, gestiti dai distributori
  • Rispondendo ai call center: “leggiamo insieme la sua bolletta”
  • Compilando i siti dei comparatori di offerte

Il consumatore ignaro delega così a terzi la gestione dei propri soldi e le liste dei consumatori, con i loro dati sensibili, finiscono su Facebook, poi arrivano le telefonate mentre l’autorità della privacy dorme.

Della situazione possono così approfittare 800 fornitori che lavorano su una quota marginale del mercato saldamente in mano ai mopolisti.

Le tabelle allegate alle relazioni annuali Arera sono molto chiare!

Ma non esiste un albo dei fornitori e il “turismo” energetico riprenderà, in forza di un’altra recente delibere di Arera; turismo energetico inteso nell’aprire e chiudere contratti senza pagare la bolletta. Tanto i “buchi” verranno ripianati dagli oneri di sistema.

Poi vengono emesse bollette con consumo stimato (sempre maggiore del reale) oppure a consumo zero o con consumo falso solo per giustificare le altre voci

Se un utente lo fa notare la risposta è “se non emettiamo anche una bolletta del tutto falsa come facciamo recuperare i soldi che dobbiamo dare ai distributori”

 

 

 

 

Deindustrializzazione

La storia dell’energia elettrica in Italia è una sequenza di scelte marcatamente errate che hanno causato, negli anni, un aggravio della spesa per tutti, consumatori e industrie.

Tutto prende inizio con il processo di liberalizzazione.

Il prof. Pippo Ranci, indimenticabile primo presidente di ARERA, dichiarò che l’industria italiana era destinata a chiudere a causa dei costi energetici ed era inutile tentare azioni correttive.

Quella profezia rischia di trovare riscontro nella realtà odierna e solo perché si è ostinatamente deciso di impedire,a tutti i costi, la sopravvivenza dell’industria primaria e manifatturiera italiana.

Le aspettative degli industriali italiani agli inizi della liberalizzazione dei mercati energetici europei, disposta poi con il decreto Bersani, erano semplici: volevano “autostrade” per l’energia prodotta all’estero.

Per chi non ha materie prime l’energia a buon mercato la scelta è obbligata: l’energia elettrica deve costare poco!

Ben presto si capì, e non si contestò il fatto che l’energia disponibile sulle reti di collegamento nazionali con l’estero dovesse essere messa a disposizione di tutte le categorie di consumatori.

Il contributo fondamentale delle professionalità, allora ai vertici del vecchio monopolista, fu essenziale.

Studiando le reti di interconnessione con l’estero, si ebbe la conferma che una parte della capacità di trasporto “di riserva” non veniva utilizzata, per poter affrontare le sempre possibili criticità sulla rete nazionale.

Così l’industria manifatturiera collaborò al progetto investendo e installando sistemi capaci di staccare ogni carico in 200 millisecondi.

Cosa che le consentì di acquistare energia estera, potendola rendere istantaneamente al gestore dell’interconnessione di rete in caso di necessità.

L’industria manifatturiera ebbe così accesso a un bene inutilizzato e senza che l’operazione generasse costi per gli altri consumatori.

Con l’avvio della borsa elettrica, voluta dalla UE, si ritenne che nessuna energia fosse titolata agli scambi, e quindi al consumo, senza che ci fosse una negoziazione pubblicamente nota.

Con la conseguenza che fu impedito agli stessi industriali l’accesso diretto alle forniture estere.

Ma, nessuna paura: a garanzia dell’economia energetica nazionale si sarebbe intervenuti con una misura particolare inventando misure protettive per i cosiddetti “energivori” e vennero reperite le risorse per pagare questa inutile spesa.

Ovviamente la spesa, economicamente molto rilevante, fu scaricata sugli Oneri Generali di Sistema e posta a carico di tutti i consumatori, domestici e industriali.

Si comincia così a scaricare sul consumatore domestico, che con il consumo industriale non c’entra per nulle, ciò che non era stato necessario finanziare sino ad allora.

Va da sé che quanto erogato all’industria, attraverso l’interrompibilità, graziosamente inserita negli OGS, era solo una frazione di quello che invece avrebbe potuto essere gratuitamente proposto all’industria nazionale, tutelandone la competitività.

E a chi dovesse pensare che, in fondo, si era trattato di una scelta anche solo lontanamente condivisibile, perché è democratico pensare che tutti possano godere del vantaggio dato dall’acquisto dell’energia internazionale, ecco com’è andata.

Ogni anno si stabilisce chi può disporre dell’energia internazionale, e chi è interessato a fruirne segue una procedura d’asta al rialzo partecipata da chi dispone di fonti di approvvigionamento estere ed è disponibile ad offrire un valore economico per garantirsi il diritto di passaggio.

Ovviamente il valore economico degli offerenti è tale da essere fissato sulla scorta di un meccanismo determinato dal prezzo dell’energia nazionale atteso per l’anno, a cui va sottratto il costo dell’energia internazionale contrattualizzata.

Il risultato verrà ridotto dall’offerente di un 5% per il servizio.

Bene, ma l’enorme massa di soldi raccolta dall’acquisto dei diritti di transito, e sono centinaia di milioni di euro all’anno, non illudetevi che vada in una cassa da utilizzare per tagliare le spese dei consumatori.

I gestori delle reti interconnesse hanno stabilito di dividersi il grisbi.

E del resto cosa possiamo aspettarci in un paese dove il monopolista concessionario della rete di trasmissione nazionale può annunciare di prevedere utili pari a 4 miliardi di euro e il distributore dominante, anch’esso di fatto monopolista concessionario, consolida bilanci con un MOL mediamente pari al doppio dei costi, complessivamente sostenuti per altri 5 miliardi di euro all’anno?

Cosa possiamo dire di governo che tace sui margini fatti dai concessionari in violazione del buon senso oltre che del diritto comunitario?

Cosa possiamo dire leggendo il bilancio della cassa conguagli del sistema elettrico che si chiude con disponibilità giacenti in banche per miliardi ?

Forse il consumatore domestico e l’industria nazionale hanno in comune l’essere maltrattati e inascoltati.

E lo sono al punto che l’industria se ne sta andando mentre all’utente domestico, alle prese con bollette sempre più care, deve decidere se guardare la televisione o tenere accesa la luce.

Facile dare la colpa ai venditori di energia mantenuti in vita dal nuovo monopolio solo perché serve qualcuno cui dare la colpa insieme alla speculazione internazionale.

Aveva proprio ragione il prof. Ranci ma poi a chi interessa l’industria italiana e del consumatore domestico che, con il commercio e la PMI stanno tra i cornuti e i mazziati?

E pensare che basterebbe voler fare ciò che abbiamo già fatto, tornare alle pratiche che funzionano, per tagliare la spesa azzerando avanzi di cassa creati sulla quella logica di Petrolini capace di ricordarci che

“Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono tanti”

E poi ci dimentichiamo anche che la produzione di energia è un’industria.

Un’industria che produce e regola i propri prezzi di mercato con meccanismi divenuti antistorici, il sistema a prezzo marginale.

Un’industria dominata ormai esclusivamente da regole finanziarie, allontanata dalla percezione del mercato di destino del proprio prodotto.

Un’industria che, una volta svuotata la capacità di remunerazione dei consumatori che ne giustificano l’esistenza , finirà con l’essere strozzata dalle sua stessa ingordigia.

E gli Oneri Generali di Sistema, che con il referendum chiediamo vengano eliminati dalle bollette, sono l’esempio più forte di quello che non deve essere.

By Giuseppe Zanardelli – Terni presentazione referendum 13/6/2025

http://www.aept.eu

#referendumoneridisistema

Occhio alle bollette

“L’attuale crisi energetica ci pone di fronte a un bivio: iniziare a investire nelle risorse strategiche o continuare a essere pericolosamente esposti agli shock esogeni che impattano sul mercato dell’energia.

Ripensare il quadro normativo italiano relativo alle concessioni idroelettriche rappresenterebbe un primo (ma fondamentale) passo verso una maggiore sicurezza e resilienza del nostro settore energetico, con investimenti addizionali immediatamente attivabili pari a 9 miliardi di Euro (ed effetti a cascata fino a 26,5 miliardi di Euro) che potrebbero essere rilasciati con ricadute positive per i territori e le famiglie italiane.

Bisogna agire con tempestività e sbloccare gli investimenti. Non possiamo permetterci di perdere questa storica opportunità”.

(Valerio De Molli, Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti)

Le nuove concessioni per le reti elettriche, e quelle per gli impianti idroelettrici, verranno poste a carico dei consumatori.

Il rinnovo ventennale delle concessioni senza gare competitive, come sembrerebbe deciso, comporterà un aumento dei costi in bolletta.

Criterio peraltro anticipato chiaramente dall’AD di Enel. E se lo dice lui non c’è Arera che tenga.

Questo perché i concessionari dovranno versare allo Stato un contributo una tantum per ottenere l’estensione della concessione, ma tale contributo verrà poi recuperato integralmente e maggiorato (secondo un costo del capitale regolato intorno al 6,5%) direttamente dagli utenti tramite le tariffe elettriche.

Di fatto, questo meccanismo rappresenta un trasferimento di denaro dalle famiglie e dalle imprese italiane agli azionisti delle società concessionarie, senza che ci sia un reale beneficio in termini di efficienza o concorrenza.

Inoltre, le incertezze legate al futuro delle concessioni idroelettriche rendono più difficile ridurre il prezzo dell’energia elettrica, che in Italia rimane tra i più alti in Europa, penalizzando la competitività industriale e aumentando la spesa energetica complessiva per famiglie e imprese.

In sintesi, le nuove concessioni, così come strutturate, rischiano di mantenere o addirittura aumentare il costo dell’energia elettrica in Italia, gravando sulle bollette degli utenti finali e favorendo i profitti dei concessionari senza un corrispondente vantaggio per il mercato o per i consumatori.

L’uplift e il potere di Terna – post Covid

Terna aumenta l’uplift, Arera benedice e le bollette aumentano.

L’“uplift” paga tutte le attività messe in campo da Terna per mantenere in sicurezza il sistema elettrico nazionale ed evitare che il paese resti al buio: lo sbilanciamento delle rinnovabili, le interconnessioni con gli altri paesi, l’acquisto di energia di riserva, i rapporti con le utenze interrompibili, l’essenzialità di alcune centrali etc.

Due voci su tutte: l’energia di riserva, approvvigionata da Terna sul MSD  – Mercato Servizio Dispacciamento ( le “chiamate” delle centrali, secondo criteri non sempre trasparenti e le aste con prezzi in salita ) e gli sbilanciamenti.

I due grafici sono piuttosto eloquenti: gli scostamenti mostrano che qualcosa non va e che, come sempre, l’emergenza paga, e il covid non fa eccezione.

Era ingiustificato il picco del 2016, ma in quel periodo, bisognava far morire i traders “non diligenti” – Starace fresco AD di Enel li definì parassiti – che secondo Terna e Arera speculavano.

L’uplift puntava inspiegabilmente a  20 €/MWh, ma la quota degli sbilanciamenti non arrivava a 5

Di nuovo, nel 2017, eliminato qualche parassita, l’uplift s’impenna perchè, questa volta, sono i produttori a sbilanciare, prima che Terna se ne accorga.

Dopo l’aumento comunicato da Terna in questi giorni, se confrontiamo il grafico del PUN – Prezzo Unico Nazionale – con quello dell’uplift,  notiamo che  quando il PUN scende  il dispacciamento sale e i produttori si rifanno dei margini persi col PUN facendosi “chiamare” da Terna nel MSD.

Il tutto con la benedizione di Arera, che non ha alcun controllo sul monopolio di Terna e sul costo dei suoi servizi o dei suoi progetti.

Così Terna fa utili trionfali sulla pelle di quelli che pagano le bollette.

Evidente, come nel caso dell’emergenza covid, l’incapacità di Terna a gestire il problema se non comprando, cara, energia di riserva per evitare il peggio.

Il potere di Terna, forte di un monopolio che dura da decenni, è devastante.

Le analisi costi&benefici “fatte in casa” sono insindacabili e senza programmi stringenti: il collegamento Calabria – Sicilia, gli interconnectors, e la farsa del Montenegro , le centrali essenziali strapagate per restare ferme, 50 nuovi GW di potenza conferiti con i medesimi criteri del CIP6 e la nuova linea Sicilia/Sardegna sono solo alcuni esempi.

Andate vedere i risultati di Terna, i bonus dei managers e come e quando vengono decise le opere. Poi moltiplicate i 20 €/MWh del uplift appena deciso per i 300 milioni di MWh consumati ogni anno in Italia.

19/6/2020

 

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Lo “spalmaincentivi” e l’operazione FFSS di Renzi

Le buone intenzioni del governo Renzi di ridurre il costo delle bollette resteranno tali:

1) con  lo “spalma incentivi” il governo intende imporre ai produttori di energia rinnovabile la rimodulazione degli incassi su un periodo più lungo, 25 anni invece di 20.

Scontata la resistenza dei produttori come per esempio Enel Green Power, società quotata in Borsa, e detenuta da Enel, per il 70%. L’azionista di riferimento di Enel è il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Assieme a numerose aziende del settore, Enel Green Power ricorre così al Tar, e quindi contro lo stesso Ministero.

Ha buone probabilità di successo perché il ricorso viene presentato dai legali di Assorinnovabili, coordinati dallo studio dell’ex-presidente della Corte Costituzionale, Valerio Onida.

Assorinnovabili raggruppa 500 aziende “verdi” nazionali e una potenza installata di 10 Gigawatt.

Stesse misure sono state adottate in Germania, ma senza toccare i diritti pregressi degli investitori, e in Spagna, dove però gli incentivi sono stati posti a carico dello Stato, e non dalle bollette dei consumatori.

2) La cessione della rete elettrica delle Ferrovie dello Stato a Terna.

Le FFSS sembrano in buona salute e stanno per essere privatizzate.

Un aiuto al bilancio giova alla futura quotazione in borsa e così le ferrovie venderanno otto mila chilometri di rete elettrica a Terna, per un miliardo di euro, ma continueranno a ricevere contributi pubblici per la sua manutenzione.

FFSS quindi, oltre ad una cospicua plusvalenza, beneficerà di 100 milioni di euro all’anno che sborseranno i consumatori con le bollette.

La rete delle ferrovie è tecnologicamente avanzata solamente nei mille chilometri dell’alta velocità; il resto risente degli anni e richiede manutenzione.

Se si trattasse di un contratto tra privati, e non tra società a maggioranza pubblica, il costo della manutenzione andrebbe detratto dal prezzo di vendita e invece, dall’anno prossimo, gli interventi resteranno a carico di Terna, e quindi dei consumatori.

Ma Terna svolge già un servizio per lo Stato, provvedendo al trasporto dell’energia elettrica e presenta sempre trionfali utili perché campa felicemente sulle nostre bollette; facile recuperare il miliardo, per l’acquisto della rete di FFSS e un po’ meno, forse, i 100 milioni all’anno per la sua manutenzione caricati anch’essi sulle bollette.

Finirà così che pagheremo due volte la rete delle ferrovie, perché lo abbiamo già fatto in passato con le tasse.

Con questo vorticoso giro di soldi, cospicui bonus finiranno nelle tasche dei rispettivi amministratori, mentre della riduzione delle bollette non sentiremo neppure il profumo.

Ironia della sorte: tutto era nato quando il governo Renzi aveva denunciato proprio il fatto che le FFSS godevano di tariffe agevolate sull’energia alle quali provvedevamo noi utenti, sempre con le bollette!

#retelettrica#reteferrovie#alimentazionetreni

19/12/2014