La bolletta francese é semplice e sarebbe semplice adottarla da subito anche in Italia. Basterebbe chiedersi a chi serve una bolletta e quali sono le informazioni essenziali che una bolletta deve dare.
Un criterio logico che Arera, il nostro regolatore, ignora volutamente da decenni: la bolletta italiana deve essere complicata proprio perché nessuno la legga! Sembra uno scherzo ma é così!
In Francia é sufficiente mezza pagina per dare all’utente tutte le informazioni vuole: quanto consuma e quanto paga.
In questo caso sono 82,42 € per 343 kVA!
In Francia si pagano i kVA, in italia i kWh. Bisogna però fare attenzione perché, da poco, una sezione della bolletta italiana é dedicata alla potenza reattiva che, se rientra in certi parametri, é gratuita.
Il prezzo lordo francese é di 24 centesimi/kVA, dei quali 13,74 per la materia prima. La potenza contrattuale in questo caso é di 6 kVA, il doppio di quella dell’utente domestico tipo italiano.
Nella bolletta sono inoltre inclusi due mesi di trasporto in abbonamento (fissi). Le tasse pesano per il 12% e l’IVA per il 10%
Devastante il confronto con le nostre bollette, nella forma e nella sostanza. Nello stesso periodo la materia prima in italia costava più del doppio.
TAP é una infrastruttura, un tubo che trasporta gas di terzi.
I contratti del gas sono noti solamente a quelli che li sottoscrivono.
Nessuno può dire quanto gas si fermi in Italia anche perché con la legge n. 96 del 20.11.2009, l’Italia ha sottratto alla metrologia legale i sistemi di misura del gas installati all’ingresso/uscita del paese“al fine di semplificare gli scambi del gas”.
La legge é quindi lesiva della Direttiva 2004/22/CE del 31 marzo 2004.
Infrazione comunitaria a parte, il risultato é che l’Italia non possiede il dato legale della movimentazione del gas naturale, in entrata e uscita.
Quanto é valido,quindi, il dato trasmesso dagli importatori all’Agenzia delle dogane?
I soci di TAP sono: BP (20%), SOCAR (20%), SNAM (20%), Fluxys (19%), ENAGAS (16%), AXPO (5%) e la portata teorica totale annua del tubo é di 10/11 miliardi di m3. La quota di Snam, ammesso che Snam riservi il gas all’Italia, di un paio di miliardi di m3.
Quindi non conosciamo il volume del gas che entra ma in compenso il prezzo sembra di affezione come pubblica il sole24ore di oggi.
Un prezzo talmente alto che sembra ampiamente giustificare i viaggi della speranza del governo dei migliori in Azerbaijan. Basta fare una divisione per capire che qualcuno ci marcia,e tanto!
Altro problema: perché in Europa il gas si negozia e si misura in €/MWh, un’unità di misura legale e, quando entra in Italia, si misura in standard metri cubi (smc), un unità di misura che legale non é? In base a quale legge?
In base all’allegato A della Delibera ARG/gas 155/08 di ARERA, il gas non viene misurato in metri cubi, come previsto dalla Direttiva comunitaria in materia di unitá di misura, ma in in Smc (Standard metri cubi).
Sulle bollette lo Smc è definita come “unità di fatturazione” ma l’unità di fatturazione non é l’euro?
Comunque, siccome la Direttiva sulle unità di misura legali non prevede lo Standard metro cubo, il suo uso è illegale e titolo per l’applicazione di una sanzione.
In un settore strategico, come quello dell’energia prodotta essenzialmente con il gas, il dato delle quantità movimentate non é legale e invece di mettere a posto la faccenda, che potrebbe nascondere volumi di gas non indifferenti, andiamo ad elemosinare gas all’estero?
Bisognerebbecapire cosa sia andato storto nel processo di liberalizzazione del mercato elettrico, invece di sentirsi dire da ventiquattro anni che deve essere completato. Il decreto Bersani del 1999 é diventato legge nel 2007.
Ad esempio, i contatori sono fabbricati da Enel, sono gestiti da Enel e misurano energia elettrica, prodotta da Enel e distribuita da Enel, in concessione fino al 2030.
Anche se i nomi degli attori cambiano, la commedia resta sempre la stessa: dopo 15 anni c’è ancora il mercato tutelato, controllato da SEN, che è di nuovo Enel.
Una ventennale “soap opera” come la definì Davide Crippa, quando era ancora all’opposizione, prima di diventare sottosegretario del MISE del governo Conte 2.
Crippa pubblicó questo interessanteintervento sulla piattaforma del M5S, che poi venne cancellato per finire nel dimenticatoio, assieme allo stesso Crippa.
Recuperato il post e premesso che:
la metrologia legale – che tutela la fede pubblica nelle transazioni commerciali che utilizzano strumenti di misura – compete unicamente al Ministero dello Sviluppo Economico;
prosegue la sostituzione di decine di milioni di contatori;
la sostituzione viene imposta ai consumatori in forza a delibere di Arera ma in assenza di pronunciamenti del MISE;
i misuratori, una volta installati, diventano parte integrante di un sistema che permette ai distributori di “gestirli” illegalmente da remoto;
il sistema, inteso come misuratore in campo, più la struttura della sua gestione da remoto, predisposta presso i centri operativi dei distributori, non è mai stato legalizzato dal MISE;
la gestione da remoto dei misuratori è espressamente vietata dal D.Lgs. 22.2.2007, n.22: non è ammesso cioè modificare da remoto le variabili metrologiche che concorrono alla formazione del dato di consumo;
lo stesso D.Lgs stabilisce che l’unico dato legalmente valido della transazione è quello che si forma sul posto e non quello letto da remoto.
Non si comprende perché i consumatori debbano pagare sistemi di misurazione non trasparenti e quantità di energia elettrica misurate dagli stessi.
Per come è stato predisposto, il sistema é molto più utile ai distributori che ai consumatori: i nuovi contatori dovrebbero facilitare i consumatori nella rilevazione dei propri consumi, e invece molto complicati e, proprio per questa ragione, non conformi alla legge.
Gestendoli da remoto, i distributori potranno raccogliere e utilizzare una notevole serie di dati sensibili, mettendoli a disposizione delle società di vendita collegate.
Alla sostituzione dei contatori, infatti, non viene richiesto alcun assenso per la privacy e sul mercato nero dei dati un contratto residenziale – gas e luce – vale 200€.
Tenuto conto che la quasi totalità dei contatori è fabbricata da Enel, e che milioni di clienti dovranno passare da SEN al mercato libero, la posizione dominante del gruppo non potrà, in questo modo, che rafforzarsi.
A meno di colpi di scena, gli oneri di sistema, che il governo Draghi aveva sospeso,verranno reintrodotti in bolletta dal prossimo aprile; bolletta che aumenterà mediamente del 20%.
“Con le bollette dell’energia elettrica, oltre ai servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), ai servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore) e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi. Negli ultimi anni, gli oneri generali di sistema hanno rappresentato una quota crescente e sempre più significativa della spesa totale annua di energia elettrica degli utenti finali.Gli oneri generali sono applicati come maggiorazione della tariffa di distribuzione, (quindi all’interno dei servizi di rete), in maniera differenziata per tipologia di utenza.”
Come se fossero bancomat,nelle bollette sono state aggiunte, negli anni, voci di costo che con l’energia non avevano nulla a che vedere ma servivano, di volta in volta, a coprire i buchi di Alitalia, Ilva, Alcoa, Gala e GreenNetwork, solo per citarne alcuni.
Gli ODS sono diventati così imposizioni para-fiscali e, come tali, dovrebbero essere scaricate su tutti i cittadini, e non solamente sui consumatori. Che poi ci pagano sopra anche tasse e IVA!
Un gioco da ragazzi: governo e parlamento decidevano quali “amici” salvare e incaricavano Arera di spalmare il tutto nelle bollette.
Tutto é filato liscio per anni ma poi, quando la voce “materia prima” é esplosa, il governo ha dovuto sospendere tutte le altre voci!
Tutto funziona poi quando tutti pagano le bollette; quando qualcuno non lo fa, i fornitori raccontano al giudice che non possono rispondere loro del mancato pagamento degli oneri da parte dei loro clienti. Gli ODS vengono incassati infatti dal distributore,che li gira al GSE.
L’ordinanza della Cassazione dà poi ragione ai fornitori mentre il consumatore paga senza aver visto, alcun beneficio.
Non ha mai visto cioè la tariffa ridursi perché in Italia si produce più energia rinnovabile!
In una memoria di Arera, presentata alla commissione d’inchiesta della Camera sui diritti del consumatore, è scritto:
“Inoltre, la catena di esazione di tali componenti, che passa attraverso le società di vendita, comporta la presenza di rischi di controparte di complessa gestione, che hanno portato all’esigenza di socializzare importi rilevanti corrispondenti ad insoluti all’interno della medesima catena. Ciò in particolare alla luce delle sentenze della giustizia amministrativa, che hanno limitato la responsabilità delle società di vendita in relazione al versamento degli oneri in caso di insoluti del cliente finale”
Socializzare oneri para-fiscali, derivanti dalla morosità di quelli che non pagano le bollette, sulla platea di quelli la pagano non é equo e senz’altro non rientra nelle competenze di Arera.
La crisi energetica ha portato alla sospensione degli oneri di sistema che adesso verranno semplicemente rimessi? Senza discuterne?
Per rendere operativo il periodo di prescrizione – possono venire richiesti pagamenti solo per gli ultimi due anni di consumo – ARERA emette un documento di consultazione che a pag.21 “dequalifica gli smart meters” il cui funzionamento, per come era stato promesso, è tutt’altro che smart.
I consumatori pagano con la bolletta il servizio di lettura dei contatori, eppure le bollette addebitano consumi stimati, che sono sempre maggiori di quelli effettivi.
Anche quando il consumatore comunica l’auto-lettura, il fornitore attende per mesi la conferma del distributore e, nel frattempo, continua a fatturare consumi stimati.
Il bollettone di conguaglio arriva quando il distributore finalmente legge il contatore, trova sempre qualcosa che non va e ricostruisce unilateralmente lo storico dei consumi elencando letture, presunte o meno, che risalgono magari a otto anni prima.
Con il bollettone arriva anche la proposta di dilazionarne il pagamento, cosa che tutti accettano senza sapere che i contratti impongono al distributore di leggere il contatore ascadenze precise.
Arera ha però inventato il tentativo di lettura che non va mai a buon fine per la gioia di tutta la filiera, meno che di quella dell’utente, il quale scopre che otto anni prima, il 15 agosto avevano tentato di leggergli il contatore!
Se poi il consumatore decide di cambiare fornitore é il delirio: il fornitore subentrantechiede al distributore di leggere il contatore, quello non lo fa e così, per mesi, arrivano bollette sia del vecchio che del nuovo fornitore, che a sua volta fattura consumi stimati.
É tutto questo perché nei contratti non é prevista una lettura di inizio fornitura!
Invece di ridurre il periodo di prescrizione, sarebbe stato molto più utile limitare tassativamente il numero delle bollette di acconto ( una all’anno) imponendo ai distributori di rendere il servizio per il quale sono profumatamente pagati.
Con il provvedimento si procrastina invece una situazione scandalosa, aggravata dal fatto che con i nuovi contatori la lettura dovrebbe essere effettuata in tempo reale, il che ovviamente non é vero, in attesa che i contatori siano tutti attrezzati mentre, con la delibera, si concedono due anni per non farlo.
Ma come mai i fornitori possono attendere anni per fatturare ingenti partite economi che restano in sospensione di accisa e imposte ai danni dello Stato?
Grazie alla crisi energetica tutti ormai hanno imparato che il gas viene trattato in Europa a MWh – megawattora – ma quando il gas entra quando in Italia, come per incanto, l’unità di misura cambia!
Così, quando viene prelevato dagli stoccaggi, o su una qualsiasi bolletta, il gas si paga in standard metri cubi oppure metri cubi standard (smc)
In forza a quale legge un’unità di misura scientifica, che non è mai stata legalizzata, può essere utilizzata in una transazione commerciale, che esige strumenti legali e unità di misura legali?
Non esiste alcuna legge che possa rendere legale un unità di misura che non lo é, come non esiste alcuna legge in grado che abbia di rendere legale uno strumento che non lo é.
Se in Germania lo standard metro cubo è stato legalizzato, in Italia non solo lo standard metro cubo non é un’unità di misura legale ma neppure i sistemi di misura che lo rilevano sono stati omologati.
Sono omologate solamente alcune parti dei sistemi di misura ma non il sistema completo che li comprende, e il sistema produce standard metri cubi.
La domanda é scontata: perché e a vantaggio questa idiozia?
Di solito siamo attenti alla pompa di benzina, al contatore in casa, alla bilancia del salumiere ma per la misurazione del gas accettiamo una farsa che dura da decenni.
Quante centinaia di milioni di metri cubi ballano, e a vantaggio di chi?
Dal 2015 le bollette della luce addebitano il canone della RAI: nove euro al mese per dieci mesi, da gennaio a ottobre.
Dovete verificare che il canone vi sia stato addebitato e dovete conservare tutte le bollette per provare che lo avete pagato al vostro fornitore di energia elettrica.
Ma se lui poi non lo paga cosa succede?
Una volta incassato, il vostro fornitore deve infatti girarli per vostro conto all’Agenzia delle Entrate, segnalando il numero POD della vostra utenza presso la vostra residenza e il relativo codice fiscale.
Ma numerosi lettori segnalano di aver ricevuto una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate, alla quale il pagamento del canone non risulta.
Per evitare sorprese, dovreste verificare prima di tutto che il canone sia stato correttamente addebitato. La confusione é tale che qualche fornitore se lo dimentica, per sembrare più “competitivo“.
Se non trovate il cartaceo delle bollette dovreste poterle scaricare dal sito del fornitore e comunque le bollette vanno conservate per dieci anni.
La brillante idea di scaricare il canone RAI in bolletta venne al governo Renzi nel dicembre del 2015 e l’Autorità dell’Energia si limitò a disquisizioni teoriche.
Era il tempo della caccia agli evasori del canone: grande impatto mediatico, pochi risultati e, come prevedibile, notevoli problemi nella messa a punto della procedura.
A sette anni dall’entrata in vigore del provvedimento, che è il tempo necessario per capire come le cose in Italia non funzionano, arrivano le prime comunicazioni dell’Agenzia, alle quali seguiranno le cartelle esattoriali con la richiesta di pagamento.
Il consumatore dovrà quindi dimostrare di aver pagato il canone ammesso, ovviamente, che il suo fornitore glielo abbia addebitato con la bolletta e poi regolarmente girato all’Agenzia delle Entrate
Siccome sono pochi quelli che verificano le bollette, se non c’è stato addebito, la richiesta dell’Agenzia è corretta.
Ma anche se l’utente ha pagato, il consumatore deve sperare che il fornitore abbia fatto il suo dovere e tra le centinaia di sconosciuti fornitori che operano nel mercato, ci saranno sicuramente i furbi che non l’hanno fatto.
Se poi il consumatore ha cambiato fornitore o magari più fornitori, il controllo sarà ancora più complicato.
Stesso problema se su quel POD è subentrato un altro utente.
Le ultime proposte di subentro pubblicizzano “il canone RAI ve lo paghiamo noi “, e magari, dopo tre anni, scoprirete che non era vero.
“In caso di contestazione, l’onere della prova dei consumi effettivi é a carico del fornitore, che deve periodicamente rilevare il consumo”.
Un giudice di pace annulla un bolletta di conguaglio “per mancanza di prova del credito“.
Le bollette di conguaglio sono come le cartelle delle tasse: in alcuni casi sono esorbitanti e sono sempre difficili da capire.
Restano un problema anche con i nuovi contatori elettronici che si guastano più di quelli vecchi, con il risultato che spesso il dato di consumo si perde per strada.
Le bollette di conguaglio nascono perché il distributore, un soggetto pressoché sconosciuto al consumatore e con il quale il consumatore non ha alcun rapporto contrattuale diretto:
decide di sostituire il contatore e così si accorge che il precedente misurava male, sempre,ovviamente, a favore del consumatore;
su richiesta dello stesso consumatore, verifica il funzionamento del misuratore;
si accorge, per caso, e quando finalmente effettua una lettura fisica, che il misuratore era male impostato, magari da anni.
nel caso di subentro.
Se il distributore legge il nuovo contatore – da remoto – si accorge del guasto dopo mesi, o anche anni, ma la cosa non lo preoccupa più di tanto perchè, nel frattempo, l’utente continua a pagare consumi stimati che, non é un caso, sono sempre maggiori di quelli reali con i risultato che tutti ci guadagnano, meno il consumatore
La sostituzione del contatore é un operazione molto delicata alla quale il consumatore dovrebbe assolutamente partecipare apponendo la sua firma al verbale d’intervento.
Per Arera, invece, la presenza dell’utente non é necessaria e la verbalizzazione dei dati risulta unilaterale e quindi soggettiva.
Il caso di un utente salentino, al quale arriva una bolletta di conguaglio “in conseguenza della sostituzione del contatore” ci fa capire che ogni tanto la giustizia prevale.
Il Giudice di Pace accoglie la domanda di accertamento negativo del credito annullando, di fatto, la fattura di conguaglio e ribadendo il principio secondo il quale l’onere della prova dei consumi rimane a carico dell’azienda che ha l’onere di effettuare periodicamente il rilevamento effettivo del consumo.
Il fornitore – la società che emette le bollette – deve far effettuare, periodicamente al distributore, il rilevamento effettivo del consumo per verificare gli eventuali conguagli per consumi superiori a quelli preventivati o di eventuali crediti dell’utente, per aver pagato consumi superiori a quelli effettivi.
Onere che la società erogatrice – cioè il fornitore – deve svolgere al fine di permettere all’utente un controllo sui consumi effettivi, e tale consumo effettivo dell’energia può essere calcolato solo mediante la lettura del contatore.
Ne consegue l’importanza basilare del contatore al fine della quantificazione del corrispettivo contrattuale.
Nel caso in esame, e per ammissione del fornitore, il contatore non trasmetteva al centro operativo del distributore il dato di consumo.
A seguito delle contestazioni dell’utente, che riguardavano il periodo 2013 – 2014 nel quale il deducente aveva pagato regolarmente tutte le fatture pervenutegli, la società elettrica aveva provveduto ad un ricalcolo, ritenendo dovuto l’importo di 1.300€.
Per il Giudice di Pace spetta al fornitore provare la corrispondenza tra quanto registrato dal contatore e gli effettivi consumi.
E in tal senso osserva che «in ossequio al condiviso principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi, ai fini della ripartizione dell’onere probatorio gravante sulle parti, che costituisce onere del somministrante offrire la prova del corretto funzionamento del contatore e dell’affidabilità dei valori registrati (cfr. Cass. Civ. 2008, n. 18231 e Cass. Civ. 2004 n. 10313) mentre, laddove tale onere è stato assolto, costituisce onere dell’utente quello di allegare e provare le circostanze che univocamente lo portano a presumere che è avvenuta un’utilizzazione esterna nel periodo al quale gli addebiti si riferiscono.
La bolletta elettrica esibita dal fornitore è atto unilaterale di natura contabile non dissimile dalla fattura (Cass., 947/1986), che costituisce “prova delle registrazioni riportate e validamente emessa solo se l’utente non le contesta“(Cass., 8901/1997).
A ciò aggiungasi che la fattura riportante il dettaglio dei consumi o scheda di riepilogo esibita dal fornitore non è sottoscritta da alcuno né, in alcun modo, provata la provenienza di chi l’ha formato e su quali dati è basato.
Nel caso di contestazione dei consumi, come nella fattispecie, la bolletta elettrica perde qualsiasi efficacia probatoria e il fornitore ha l’onere di fornire la dimostrazione della corrispondenza delle registrazioni del contatore ai consumi effettivi dell’utente.
A ciò aggiungasi che la parte convenuta non ha dato prova certa a partire da quando il contatore non ha più comunicato l’autolettura ovvero manca la prova certa del momento iniziale relativo al difetto manifestato dallo strumento di misura, nonché la prova che il fornitore, accertata la mancanza di autolettura è intervenuta subito per verificare il funzionamento o meno del contatore.
A comprova poi che i conteggi effettuati dal fornitore non erano corretti lo si rileva anche dalla circostanza che il fornitore non ha esibito in giudizio la stima dettagliata della ricostruzione e della metodologia di stima utilizzata, prima dell’eventuale sostituzione del contatore e successivamente alla sostituzione.
In buona sostanza, nella fattispecie, il consumatore nulla deve alla società di fornitura dell’energia elettrica che dev’essere anche condannata alle spese di lite.
Morale: vi stanno sostituendo il contatore,se non siete presenti e non verbalizzate la lettura del contatore vecchio, siete già fregati!
Definizione di sinallagma: nel legame, nel nesso di reciprocità che unisce una prestazione all’altra per quanto riguarda alcune categorie di contratti.
Il contratto di fornitura di energia elettrica, o di gas naturale, è un tipico contratto “a misura” cioè il corrispettivo viene addebitato in base al dato di consumo letto sul contatore.
Per ARERA – regolatore del mercato elettrico a valle della creazione del dato di consumo – sembra non sia così come si evince dal caso che la stessa Arera menziona a pag. 370 delsecondo volume della sua relazione annuale.
Oltretutto, ARERA interviene su un tema che non è di sua competenza e cioè la metrologia legale, che compete esclusivamente al MISE – Ministero dello Sviluppo Economico.
“Con la delibera 3 dicembre 2019, 498/2019/E/eel, “Decisione del reclamo presentato da Fontel S.p.A. nei confronti di e-distribuzione S.p.A.”, l’Autorità ha rilevato che l’impresa distributrice deve garantire la corretta installazione e manutenzione degli apparecchi di misura e il corretto valore delle misure messe a disposizione degli aventi diritto; pertanto, costituisce inadempimento ai suddetti obblighi l’applicazione di una errata costante di lettura K ai prelievi rilevati dal misuratore”.
Una delle voci di costo delle bollette è proprio la “gestione del contatore”, che i distributori incassano proprio per misurare e quindi, se il contatore non misura correttamente, se è difettoso o se é impostato male, ne devono rispondere i distributori e, se sulla base di misurazioni errate, il fornitore incassa il non dovuto, l’utente non solo non dovrebbe pagare il non dovuto ma neppure il servizioo di misurazione, che fa parte della voce “gestione del contatore”. e il corrispettivo non dovrebbe essere pagato.
Ma per Arera non è così:
“Tuttavia, siffatto errore non inficia, sotto il profilo regolatorio, la correttezza della ricostruzione dei consumi derivante dalla giusta applicazione della costante di lettura; ciò in quanto l’errore non è dipeso dal malfunzionamento del misuratore, bensì da un’errata moltiplicazione delle letture da parte del sistema informatico del gestore.
La “costante di lettura” non fa parte di alcun documento contrattuale mentre la legge è cristallina: il dato fide-facente la transazione è quello indicato sul contatore, quello che viene letto dal consumatore, e non quello che viene moltiplicato per coefficienti ignoti o costanti di lettura.
Coefficienti e costanti ignoti al consumatore alla firma del contratto.
Secondo Arera, “tale errore ha comportato una mera attività di ricalcolo dei consumi realmente prelevati dal misuratore, riflettendo così il carattere sinallagmatico delle obbligazioni contrattuali in atto“.
Affermare che non ci sia nulla da eccepire “sotto il profilo regolatorio” è del tutto gratuito, come è inutile che un consumatore, alle prese con questo problema, debba tentare di “conciliare” alla presenza di Arera.
Perché perdere tempo con le bollette? Perché leggere contatorillegali?
Il distributore, che li gestisce da remoto, veglia su di noi perché ormai tutto è smart, tutto è connesso sopra le nostre teste.
Il distributore, se vuole, può decidere quanto consumiamo, può abbassarci la potenza e razionarci l’energia elettrica.
E la privacy andrà a farsi benedire!
Con quanta superficialità firmiamo la clausola della privacy ad ogni acquisto? O concludiamo al telefono contratti di luce e gas, senza sapere quanto consumiamo?Oppure leggiamo al telefono, a sconosciuti, le nostre bollette senza renderci conto di dare gratuitamente i nostri dati sensibili? Oppure firmiamo polizze assicurative senza leggerle e cestiniamo le modifiche unilaterali di contratto.
“Cosa vuoi che cambi?” Ci chiediamo ogni volta!
Eppure con i nuovi contatori sapranno tutto: quando ci facciamo una doccia, quanti giorni all’anno andiamo in vacanza, quante ore al giorno siamo in casa, se siamo dei buoni pagatori e, magari, conosceranno il nostro numero di telefono e l’IBAN.
Nessuno sa quali è quanti dati vengono raccolti dai contatori,e siccome non c’è nessuno che garantisca la sicurezza del dato che viene trasmesso, saremo tutti a rischio.
Meglio invece tenerci stretti i numeri di POD (per la luce) e PDR (per il gas); sono dati sensibili. Con quei numeri possono raggirarvi con i contratti non richiesti Dare quei numeri ai comparatori di offerte della rete può essere pericoloso.
Quei dati valgono centinaia di euro al mercato nero!
Con i nuovi contatori, ci avranno “profilati” e sapranno benissimo come guadagnare alle nostre spalle. Il mercato di luce e gas è un mercato di offerta e i dati dei consumatori sono oro.
I venditori devono conoscere bene i polli e cosa c’è di meglio di un contatore intelligente e di una piattaforma che li gestisce tutti da remoto.
I distributori, quelli della rete, raccolgono i dati e li passano sottobanco ai venditori dei quali sono sempre “parenti stretti“.
Ho provato personalmente la procedura per verificare i miei consumi. L’accesso si fa con con l’identità digitale, ma pochi sanno cos’è e non possono perdere ore per farlo.
Dopo uno snervante slalom tra sms e password, ho potuto verificare i consumi solo di una delle mie tre utenze, delle altre il sistema dice che non ci sono i dati.
In effetti, se non c’è un contatore di ultima generazione, l’utente non vede proprio nulla. Per il gas, dicono, ci vorranno anni anche se il nuovo contatore lo paghiamo da quando ce lo installano.
La nuova piattaforma è stata predisposta da Acquirente Unico, società pubblica che garantisce la fornitura di energia elettrica ai clienti del mercato tutelato.
In base ai dati Arera del 2017, Enel, attraverso Servizio Elettrico Nazionale, vendeva l’86,5% dell’energia destinata al mercato tutelato e, attraverso edistribuzione, la distribuiva alla stessa percentuale di utenti domestici.
Sui nuovi #contatorillegali c’è il logo Enel, e in futuro saremo tutti più liberi di comprare energia da Enel.
Le altre centinaia di venditori si limiteranno a mercanteggiare i nostri dati.
I tedeschi hanno deciso di non abbandonare le industrie e la popolazione al suo destino,come invece stiamo facendo noi, e varano un piano di emergenza sull’energia da duecento miliardi.
Mentre noi spendevamo a destra e a manca, hanno accumulato soldi per un decennio; soldi che, in parte, avrebbero dovuto restituire, come prevedono i regolamenti europei, ma nessuno ha insistito più di tanto perché la Merkel teneva a bada i russi.
Il piano tedesco è logico: ti premio se risparmi energia!
Mentre i tedeschi stanno razionando da mesi – andate a Berlino se non ci credete – noi discutiamo sul grado in meno dei riscaldamenti e sulla percentuale di riempimento degli stoccaggi.
Senza il gas russo, se farà molto freddo, gli stoccaggi non serviranno proprio nulla e non ci resterà altro che razionare i consumi la cui “militarizzazione” ( cit. Davide Tabarelli di Nomisma) dovrebbe fare riflettere.
La guerra mette a rischio la filiera delle forniture di due servizi essenziali come l’energia elettrica e il gas.
Con l’aumento della morosità, per approvvigionarsi sui mercati le imprese fornitrici dovranno pagare in anticipo e presentare garanzie prendendosi il rischio di non essere pagate dai clienti finali che, nel frattempo, hanno ridotto drasticamente i consumi e non rilevano l’energia ordinata.
Le imprese fornitrici ribaltano il rischio sui clienti finali chiedendo le stesse garanzie.
Se prima della guerra erano normali rischi d’impresa, il “terremoto” dell’ultimo anno li ha moltiplicati e le società meno capitalizzate sono destinate a soccombere.
Il regolatore del mercato – Arera – non ha saputo gestire l’emergenza, che dura da più di un anno e, alla fine, sarà l’ignaro consumatore a pagare, perché resterà senza fornitore e forse anche al freddo.
Ignaro perché magari si era affidato ad un fornitore che prometteva ciò che ora non può mantenere.
I fornitori sono centinaia e del tanto discusso albo, promesso da anni da Arera, neppure l’ombra.
La novità è che i fornitori in difficoltà dovranno morire lentamente perché sembra sarà un giudice a stabilire se potranno risolvere unilateralmente il contratto e, nel frattempo, dovranno continuare a fornire la clientela.
Sara un giudice a stabilire quale fornitore potrà scaricare i suoi clienti sul FUI, fornitore di ultima istanza. Sarà un giudice a valutare l’operato del fornitore degli ultimi anni. Un attività complessa che richiede tempo, forse anni.
Il comunicato congiunto Arera – AGCM recita: “Ciò che il venditore non può fare è ritenere di per sé risolto il contratto senza pronuncia giudiziale e chiedere l’attivazione dei servizi di ultima istanza per risoluzione contrattuale: quest’ultima condotta viola la regolazione dell’ARERA in materia di attivazione dei servizi di ultima istanza”
I servizi di ultima istanza vanno immediatamente regolamentati se no il sistema collasserà in pochi mesi!
“Bisogna distinguere i timori economici-inflattivi dai timori sulle quantità. In Italia in questo momento stiamo esportando. Oggi ci sono oltre 40 milioni di metri cubi di gas per gli stoccaggi e tra i 18 e i 20 milioni esportati” dichiara Cingolani.
Va chiarito che non è l’Italia che esporta, come i più potrebbero interpretare, ma sono gli operatori che hanno importato il gas in italia e ne vendono una parte oltre confine.
Forse il ministro utilizza il “noi maiestatico” perché ha partecipato alla questua di gas con Eni negli ultimi mesi in giro per il mondo.
Invece nessun beneficio per il paese, né tantomeno per gli industriali che devono chiudere perché il gas costa troppo.
Considerato che la rete dei gasdotti europei é interconnessa, che una quota seppur minima di esportazione è fisiologica e che le condizioni economiche degli scambi di gas sono ignote a tutti, ministro compreso, va detto che:
Nel delirio speculativo dell’ultimo anno, gli importatori hanno sempre acquistato, a prezzi crescenti, perché gli operatori a valle prenotavano gas e volevano garantirlo ai propri clienti;
il gas degli stoccaggi, che sono ormai pieni, si usa d’inverno quando fa freddo;
la domanda di gas é scesa a settembre del 17%; molte industrie hanno ridotto i consumi, hanno cancellato gli ordini oppure non sono in grado di garantire i pagamenti;
il gas prenotato si é presentato puntuale al confini perché i contratti sul gas fisico, e non quello contrattato a termine, sono molto rigidi;
quel gas non può fermarsi né essere bruciato come fanno i russi;
chi lo ha comprato lo deve in qualche modo vendere e quindi, o quel gas era già destinato all’estero oppure in Italia non si vende;
il gas finisce così all’estero, e magari a condizioni penalizzanti per chi invece credeva di poterlo piazzare in italia.
Anche se, come detto, si tratta di volumi marginali, quel gas potrebbe essere utilizzato diversamente come, per esempio, per produrre energia elettrica, il cui prezzo continua ad essere alto, con l’aiuto del governo.
È quanto hanno fatto i tedeschi mettendo sul piatto i 200 miliardi che hanno indispettito i nostri politici.
I tedeschi non possono permettersi che crolli tutta l’industria. Noi si anche perché i 200 miliardi non li abbiamo.
“Why would you support Ukraine with one hand and strangle it with the other” Deputy Assistant Secretary for Energy Diplomacy, Robin Dunnigan, told a conference of policymakers. “Cutting off all gas transit through Ukraine would deprive it of $2.2 billion in annual revenue”.
According to Dunningan,the Nord Stream 2 pipeline,born to boost Russian gas supplies to Germany, shell deprive Ukraine in transit fees and runs counter to the EU’s goal of reducing its energy reliance on Russia.
Russia’s Gazprom sends today 55 billion cubic meters per year to Germany, across the Baltic via the Nord Stream 1, and with the new project shall double this capacity. Gazprom sends also a large volume of gas to EU via Ukraine but is willing to bypass this route, via a new pipeline through Turkey.
Gazprom recently formed up a consortium with E.ON , BASF/Wintershall, OMV, ENGIE and Royal Dutch Shell for the Nord Stream-2 with a cost of 10 billion euros.
While the EU and USA have imposed sanctions on Russia, because of its annexation of Crimea and its support to the separatist rebels, energy ties between Moscow and Europe get stronger.Russia provides around one third of the EU’s energy needs.
According to Dunningan: “North Stream-2 actually threatens not only Ukraine’s survivability and their resources, but it is a risk to fuel diversification in Europe, especially southeastern Europe”.
Dunningan should not forget that the gas bill of Ukraine, for billions of dollars every year, is paid by Europe. The only way for Europe to guarantee the passage of the gas through Ukraine. Furthermore the american shale gas will not be competitive in Europe.
The gas war has just started and the winter shall roll the dices.
February 2022
Mr. Biden’s ideas just before Russia entered Ucraina
Stanno per riaccendere i riscaldamenti e sono in molti a rischiare di restare senza gas.
Meglio quindi verificare i contratti che possono venire risolti anche così.
Sono circa una settantina, delle 250 società che non saranno in grado di sostenere le condizioni di un mercato fuori controllo; per reperire gas, a un prezzo anche dieci volte superiore rispetto a quello di un anno fa, dovrebbero emettere garanzie bancarie che non possono emettere e assumersi il rischio di non essere pagate dai clienti finali.
Per primi verranno staccati i “cattivi” pagatori, come per es. i condomìni, che passeranno alla FUI, fornitura di ultima istanza.
Un mercato, quello della “salvaguardia”, che dovrà presto essere finanziato perché non è stata previsto, né capitalizzato per un’economia di guerra.
D’altro canto la “liberalizzazione all’italiana” ha creato centinaia di fornitori, che agiscono senza alcun controllo e senza un albo, lasciando i consumatori in balia di società senza scrupoli, destinate ora a sparire.
Dopo la tempesta ne resteranno una trentina, come negli altri paesi europei.
I sopravvissuti chiederanno pagamentianticipati e garanzie che si aggiungeranno alla quota della materia prima: per i clienti finali, i condomìni, la spesa del riscaldamento potrebbe anche triplicare.
E questo solo per scaldarci!
Le industrie avevano già capito in luglio quale sarebbe stato il loro destino!
I più bravi CFO si erano coperti con prodotti derivati per il 2022, ma non per il 2023.
Salvo qualche pezza messa dal governo, mentre a Berlino sono già cominciati i razionamenti, continuiamo a bearci sulle percentuali di riempimento degli stoccaggi senza spiegare ai cittadini che se dovesse fare freddo, senza il gas russo, arriveremo a malapena a fine anno.
L’anno termico inizia infatti il 1° ottobre, ed entro il 12 settembre i distributori di gas dovevano prenotare la capacità di trasporto a Snam. Ma circa un terzo, dei 70 miliardi di metri cubi che l’Italia mediamente consuma in un anno, sono ancora senza contratto.
La bolletta è diventata quasi tutta materia prima e quindi per risparmiare dovremo consumare meno.
In attesa dei necessari razionamenti, qualche consiglio:
Sapere quanto consumate, in kWh e m3 di gas. Leggete i contatori!
Verificare i numeri che leggete sui contatori con quelli delle bollette.
Limitare la potenza contrattuale: una famiglia di quattro persone deve gestire una potenza massima di 3 kW utilizzando un elettrodomestico alla volta, magari di notte e a pieno carico.
Non cambiare fornitore senza capire tutte le condizioni che vi offre. Evitare fornitori non referenziati.
Non comunicare mai al telefono, o compilare moduli sulle piattaforme internet, con i dati sensibili delle vostre forniture che sono il numero di POD per la luce e il PDR per il gas.
Annullare l’addebito diretto in banca perché solo in questo modo sarete costretti a capire cosa pagate.
Dopo avere verificato le bollette, dovete pagarle nei termini perché i morosi verranno “staccati” per primi.
Dovete verificare tutti i termostati di casa, dal boiler dell’acqua calda al frigorifero e alle valvole termostatiche dei termosifoni.
Se usate il gas solo per cucinare, sostituitelo con piastre a induzione.
Usate lampade a led e spegnete tutti gli apparecchi elettronici in stand-by, dal televisore allo stereo, dai computers alla Wi-Fi etc.
Cambiate tutti i vecchi elettrodomestici energivori con i nuovi A++, utilizzare programmi eco sui nuovi e a pieno carico
Ci voleva la guerra perché ci rendessimo conto di dipendere dal gas russo e di aver lasciato sotto terra il nostro.
Con il risultato che il prossimo inverno, senza il gas russo, potremo solamente indossare golf più pesanti.
Invece di incominciare a risparmiarlo, o perlomeno capire come potremmo ridurne il consumo quando sarà necessario, dobbiamo assistere ai viaggi della speranza del governo alla ricerca di gas che, sappiamo già, non potrà essere disponibile prima di un paio d’anni.
In attesa dell’autunno e delle bollette che molti non saranno in grado di pagare,sarebbe opportuno fare un po’ d’ordine nella misurazione del gas, che potrebbe regalarci qualche piacevole sorpresa del tipo: c’è più gas di quello che viene misurato!
Ci sono tre bachi nella misurazione e nella fatturazione del gas naturale: lo standard metro cubo, il potere calorifico superiore del gas e i sistemi di misurazione installati all’arrivo dei gasdotti in Italia.
1) Le bollette fatturano Sm3 – standard metri cubi – che non è un’unità di misura legale – l’unità di misura legale è il m3 – mentre il gas all’ingrosso si paga in MWh. In tutta Europa le bollette addebitano kWh . In Italia lo Sm3 non è l’unità di fatturazione che invece è l’euro.
2) Il PCS – potere calorifico superiore – del gas viene stabilito dalla Snam Rete Gas controllata da CDP, azionista di riferimento ENI. Il conflitto d’interesse é evidente.
3) I sistemi di misurazione del gas in entrata nel paese sono stati sottratti ai controlli della Metrologa Legale. L’inchiesta della Procura di Milano del 2008 é stata bloccata da un decreto, poi convertito in legge, che non ha risolto il problema. Una legge che è in contrasto con la Direttiva 2004/22/CE entrata in vigore in Italia nel marzo del 2007.
Sono tre anomalie che risalgono al 1997 e che il Mise non ha mai voluto risolvere, autentici tabù che non possono e non devono essere abbattuti!
La tempesta energetica abbattutasi sull’Europa negli ultimi nove mesi è stata affrontata male e se ne sottovalutano ancora i rischi.
La situazione dura ormai da otto mesi e la guerra in Ucraina l’ha solamente peggiorata.
A dicembre 2021 solamente gli addetti ai lavori si resero conto di cosa stava accadendo ma non lanciarono allarmi perché con questi questi chiari di luna gli affari prosperano e i risultati delle semestrali lo provano.
Di certo il governo sottovalutó il pericolo e il ministro Cingolani dichiarò serafico che i prezzi sarebbero scesi a marzo, un profeta!
Due mesi prima, Il parlamento europeo decideva che le fonti fossili non avrebbero avuto futuro in Europa.
E specialmente il gas della Russia sotto embargo, negando in pratica che quel gas rappresentava, e tuttora rappresenta, la fonte energetica principale europea.
Gli americani piazzavano il loro gas liquefatto in Europa in concorrenza con il gasdotto Nordstream che avrebbe invece reso autonomi i tedeschi.
I russi stavano già facendo una montagna soldi da settembre, soldi con i quali avrebbero finanziato Putin nell’invasione dell’Ucraina.
Finita la raccolta, a fine febbraio, la Russia invade l’Ucraina ma nonostante le immediate e ulterori sanzioni, il flusso del gas russo non s’interrompe.
Pochi giorni prima dell’invasione, Biden minacciava la distruzione del Nordstream se la Russia avesse perseguito il suo obbiettivo.
Era il segnale inequivocabile che sarebbe stato il gas a tenere banco nei mesi successivi e che il prezzo non sarebbe più sceso.
Appena Biden promette a Ursula 15 miliardi di m3 di liquefatto, un nulla per la domanda europea, un incidente agli impianti in Texas fa capire che la promessa resterà tale.
Siamo in agosto, il prezzo del gas é quello di dicembre e Arera scrive che le bollette dell’ultimo trimestre di quest’anno potrebbero raddoppiare rispetto a quanto paghiamo oggi!
Il conto, solo per tamponare la situazione, è arrivato a 50 miliardi di euro e stiamo riempiendo gli stoccaggi a prezzi stellari.
Ma il rischio é di non avere gas il prossimo inverno e quindi non ci resta che sperare che faccia caldo.
Continuano ad illudere la gente sul livello degli stoccaggi che però, senza un flusso normale di importazione, non servono a nulla.
Gli errori in effetti sono stati madornali, come quello di inseguire gli Stati Uniti in un’avventura simile a quelle già vista nei Balcani.
L’idea di poter fare a meno del gas russo è stato un altro errore di Bruxelles. Meglio sarebbe stato parlarne con i russi, ma la Russia era sotto embargo dal 2015 per l’invasione della Crimea.
La rinuncia al gas russo, che nel frattempo l’Europa ha dichiarato “green” assieme al nucleare, ha portato alla riapertura delle centrali a carbone e di quelle nucleari.
Per tentare di fare a meno del gas russo siamo andati a elemosinarlo proprio dagli storici alleati dei russi in Africa, dimenticandoci che il cartello del gas europeo è sempre stato controllato dai russi.
Sono caduti governi,tra cui il nostro,e l’Europa è divisa come non mai: ogni paese cerca di sopravvivere a prescindere dell’interesse comune che, in campo energetico, non può esistere.
I tedeschi hanno già deciso di razionare, i francesi pure, e hanno il nucleare, noi ancora no perché “dicono” stiamo meglio di loro e poi abbiamo il sole e lo stellone italico e c’è la caviamo sempre!
Ma il rischio, enorme e ancora sottovalutato, é che la partita a poker con i russi, dove si puntano sanzioni e ritorsioni, diventerà pericolosa quando comincerà a far freddo perché, con il freddo, i russi hanno sempre vinto.
“L’Arma dei Carabinieri ed Enel ancora più vicine per la prevenzione e il contrasto all’illegalità, la tutela dell’ambiente e del territorio….la protezione dell’ambiente e delle risorse naturali, la lotta ai cambiamenti climatici e il contributo per uno sviluppo economico sostenibile. Particolare attenzione sarà dedicata alla tutela alla sicurezza e continuità operativa delle reti e delle infrastrutture elettriche, alla protezione del personale preposto alla loro gestione e al patrimonio aziendale.”
Il contrasto all’illegalità compete ai Carabinieri, mentre Enel è una società privata che produce, distribuisce e vende energia elettrica.
Non si occupa di tutela ambientale, del territorio e delle risorse naturali mentre sono di sua specifica competenza “la sicurezza e la continuità operativa delle reti e delle infrastrutture“, servizi che i consumatori pagano con le bollette.
Quindi se i Carabinieri collaboreranno con Enel, il consumatore dovrà pagare anche i Carabinieri oppure la Convenzione con Enel è a titolo gratuito?
Il rischio é che il “guardi che se non fa il bravo chiamo i carabinieri” valga alla fine più per Enel che per il normale cittadino, che si sente sempre più spesso rispondere “abbiamo tutte le pattuglie impegnate“.
Alcuni lettori hanno già segnalato simili comportamenti e una sorprendente solerzia dei Carabinieri ad intervenire, per poi, incredibilmente, neppure verbalizzare l’ intervento.
L’intervento dovrebbe infatti risolversi sempre con la redazione del verbale: definire il soggetto che ha telefonato, luogo, data, ora e del motivo della richiesta, e una sommaria descrizione dei fatti accertati.
E’ il caso, che sembra ricorrente, quando un consumatore rifiuta la sostituzione dei vecchi contatori con quelli nuovi, che vengo utilizzati illegalmente.
Se “tutela della continuità operativa delle reti” significa anche imporli, con l’aiuto dei Carabinieri, c’è il rischio che a trarne vantaggio sia solo Enel.
La forma di collaborazione, tra una società privata e un corpo militare dello Stato, dovrebbe essere legittimata da un provvedimento amministrativo.
Non esistono precedenti perché è come se Enel venisse investita di un potere ispettivo, e di generico controllo sul territorio, sconosciuto nelle proprie finalità societarie.
Una situazione allarmante perché le reti, sempre più intelligenti e ricche di dati sensibili dei cittadini, sarebbero controllate dal monopolista della distribuzione elettrica.
Le due bollette, dello stesso utente, sono relative allo stesso periodo dell’anno: prima bolletta del 2021 e prima bolletta del 2022.
L’utente ha consumato 100 metri cubi in meno e ha pagato 322 € in più.
Il prezzo unitario lordo del gas passa da 0,61 €/Smc a 1,48€/Smc con un aumento di due volte e mezza, nonostante gli interventi del governo: una riduzione di 2/3 degli oneri di sistema, e una diminuzione di imposte e IVA.
I media dovrebbero dare così le notizie: aumenti in periodi omogenei!
Tra tre mesi arriverà il conguaglio del riscaldamento e rifaremo i conti su quello!
Nel 2018 ENI era ottimista sul potenziale del gas in Adriatico.
Dopo due governi nimby, il governo ha deciso.
Con esclusione del golfo di Venezia, che se si perfora sprofonda, sono state individuate le aree in concessione.
Tra gare e valutazioni dell’impatto ambientale, a correre ci vorranno un paio d’anni per iniziare a costruire, o rimettere a posto le vecchie e arrugginite piattaforme, e per posare i tubi per la connessione con la rete nazionale.
Con un certo ottimismo si incomincerà ad estrarre gas non prima del 2027.
Ma di quanto gas parliamo?
Ammettendo che le riserve siano di circa 70 miliardi m3, si può ipotizzare di poterne estrarre,a regime, 3 miliardi di m3/anno, ai quali vanno aggiunti i 4 miliardi che già estraiamo annualmente.
Per una produzione totale di 7 miliardi di m3/anno, degli oltre 70 che consumiamo mediamente in un anno.
Un incremento importante, ma non così rilevante da comportare una riduzione apprezzabile del prezzo per il consumatore.
Va infatti sfatato il mito del “se è italiano costa meno” perché il prezzo lo fa il mercato, come abbiamo imparato in questi mesi.
Quali quindi i reali vantaggi?
il beneficio ambientale, il gas che non deve essere trasportato dalla Russia, deve viaggiare meno è quindi inquina meno;
la creazione di nuovi posti di lavoro;
le royalties, che lo Stato intascherebbe ma che dovrebbero essere subito investite nel settore energetico e
qualche prebenda ai comuni costieri interessati, come successo per il petrolio in Basilicata
Continua la sostituzione dei vecchi contatori di energia elettrica con quelli di “seconda generazione“, tutti con il marchio Enel.
Un’operazione che potrebbe consentire ad Enel, tramite edistribuzione, di controllare il mercato dell’energia elettrica al dettaglio.
Ci sono voluti solo nove anni per cambiare il nome – da Enel Distribuzione a edistribuzione – ma nella sostanza non è cambiato nulla: edistribuzione distribuisce e misura quasi tutta l’energia elettrica nazionale in forza di una concessione che scadrà nel 2030.
Enel partì con la prima operazione “contatori intelligenti” venti anni fa, con la promessa che i consumatori avrebbero potuto verificare e pagare solo quello che consumavano.
Spariva la figura del “letturista”, il consumo sarebbe stato rilevato da remoto e chi non avrebbe pagato la bolletta sarebbe rimasto al buio.
A quel tempo Enel era la luce e nessuno si chiese se ciò che Enel stava facendo era legale o meno.
Siccome tutta l’operazione veniva spacciata per gratuita, cosa che poi si rivelò non essere, a nessuno importó se i contatori fossero legali o meno, o come funzionassero.
Erano diversi, non c’era più la rotella che girava e una tamburella di numeri che progrediva. Bisognava schiacciare un bottone e perderci una mezz’oretta per capirci qualcosa. Cosa che nessuno fece!
All’Enel regnava kaiser Franz Tatò, voluto da Romano Prodi, lo sponsor delle false liberalizzazioni.
Il decreto Bersani, del 1999, prevedeva la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica: a Terna sarebbero andate le grandi linee di trasmissione di alta tensione e ad Enel la concessione della distribuzione di energia elettrica in tutto il paese, ad esclusione delle grandi città, dove operavano ancora le società municipalizzate, che non mollarono l’osso.
Sono passati vent’anni e la relazione annuale di Arera fotografa una situazione imbarazzante: il settore appare tutto meno che liberalizzato.
E la completa liberalizzazione non potrà realizzarsi prima del 2030 perché,se Enel ha il monopolio della distribuzione, misura tutta l’energia elettrica nazionale, la produce e pure la vende, perché dovrebbe perdere la posizione, visti anche i dividendi che gira al Ministero dell’Economia e della Finanza.
Secretate, come sempre in questi casi, le condizioni della concessione che porta nelle casse della capogruppo otto miliardi di euro all’anno, pagati supinamente dalle bollette in cambio di un servizio a dir poco scadente.
Quando partì con l’operazione contatori, Enel era talmente potente che decise volutamente di non omologare i contatori, come invece la legge imponeva.
Non essendo uno strumento di misura omologato, lo strumento non si sarebbe neppure potuto chiamare contatore e infatti Enel optó per “elettrodomestico“, marcandolo con un simboloCE farlocco.
All’installazione, l’utente riceveva il manuale del nuovo “elettrodomestico”.
Il nuovo elettrodomestico sarebbe rimasto un prototipo per anni: trasmettere i dati di consumo sugli stessi cavi elettrici di potenza era un’impresa mai tentata da nessuno.
Ma per lo sviluppo dell’elettrodomestico c’erano pronti trenta milioni di ignari consumatori italiani, pronti a pagare l’energia elettrica, misurata tutta dalla stessa società che ancora la produceva.
I contatori erano prodotti da Enel in Cina, e nessun ente terzo li avrebbe mai verificati: ancora oggi sono decine di milioni i contatori di questo tipo installati in Italia e nessun ente terzo li può provare in contraddittorio perché, non essendo omologati, mancano proprio le procedure legali di prova.
Ma siccome “tutto era gratis e avremmo finalmente pagato solo quello che consumavamo, magari utilizzando la lavatrice di notte perché costava meno” nessuno ebbe nulla da dire.
Verificando le bollette si scoprì, dopo, che non era così: pagavamo, e ancora oggi paghiamo, sia il contatore che i consumi stimati, perché la maggior parte dei dati si perdono durante la trasmissione.
Il progetto veniva sviluppato in itinere e il numero delle sue versioni è ignoto, proprio perché l’elettrodomestico non era omologato e quindi era illegale.
Mentre in Italia venivano installate decine di milioni di contatori illegali, il Parlamento Europeo stava discutendo una direttiva che avrebbe stabilito i criteri di fabbricazione, omologazione e commercializzazione in Europa, proprio del contatore di energia elettrica.
La direttiva, nota come MID, venne emanata nel 2004, entró in vigore nel 2006, quando ormai Enel aveva ultimato l’installazione degli ultimi “elettrodomestici”, ma venne recepita dall’Italia solo nel marzo del 2007.
Siccome gli “elettrodomestici” illegali erano ormai decine di milioni, Enel doveva sistemare le cose, oltre a farsi pagare i contatori perché non erano per niente gratis!
Venne subito in aiuto l’Autorità per l’energia, oggi Arera.
Secondo ladelibera 292/06, a dicembre 2006, “i misuratori attualmente installati presso i punti di prelievo …sono di tipo elettromeccanico e i misuratori orari installati alla data del presente provvedimento presso alcuni punti di prelievo debbano essere preservati”.
Era un falso clamoroso: gli “alcuni punti di prelievo” non erano “alcuni” ma ormai venti milioni ed erano tutti i nuovi elettrodomestici di enel.
Con la voce “oneri di recupero continuità” la delibera scaricava il costo dei contatori in bolletta, con tanti saluti al “non vi costerà niente, é tutto gratuito”.
Ma c’era un ultimo intoppo, il Testo Unico delle leggi metriche, che imponeva, e ancora oggi impone, strumenti di misura legali.
L’elettrodomestico di Enel era un progetto nuovo e un’omologazione in itinere non sarebbe mai stata ottenuta.
L’Autorità per l’energia non poteva più farci nulla, perché la metrologia legale non rientra nelle sue competenze, e allora ci pensó di nuovo Prodi, con uno dei suoi magici provvedimenti “ad aziendam”.
Nel marzo 2007, quando la direttiva MID viene finalmente recepita anche in Italia, un articolo del decreto di recepimento rende legale quello che legale non é, e non potrà mai essere: decine di milioni di contatori illegali potranno continuare a funzionare “fino a quando verranno rimossi”.
Sono quelli che avete ancora in casa e che Enel ha deciso ora di rimuovere.
Il decreto di recepimento, di dubbia costituzionalità, sarebbe stato anche impugnabile per eccesso di delega: una direttiva europea non va recepita per lavare i panni sporchi in casa.
Appena il decreto viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, l’Antitrust denuncia la posizione dominante di Enel, ma ormai è tardi.
Solo su intervento dell’Ufficio Metrico di Milano, sono centinaia i contatori illegalisequestrati.
Adesso i vecchi “elettrodomestici” saranno sostituiti da quelli di seconda generazione e spariranno le prove di misurazioni illegali, effettuate da “elettrodomestici” illegali, installati non si sa quando ma che ora, secondo Enel, avrebbero concluso il loro ciclo di vita.
Eppure, per decreto, i contatori illegali potrebbero operare all’infinito visto che possono restare lì dove sono e cioè “fino a quando non verranno rimossi”.
E chi decide che debbano essere rimossi? In base a quale criterio?
La metrologia legale compete al MISE che, a governi alterni, manifesta i suoi dubbi.
L’Autorità per l’energia, invocata dai distributori in occasione delle attuali sostituzione con il nuovo Open Meter, non ha alcuna competenza sul sistema di tele-gestione del contatore, un sistema illegale, perché un contatore omologato MID non può essere gestito da remoto.
Durante i due governi Conte, la questione era stata sollevata in Parlamento senza risultati e anche l’Antitrust aveva avviato delle procedure.
La storia quindi si ripete e il risultato non cambia: prima era l’elettrodomestico ad essere illegale e adesso, che il contatore è legale, lo si gestisce illegalmente da remoto!
La Procura di Roma indaga su una faccenda che potrebbe costare molto cara ai consumatori.
Enel e Green Network, con la benedizione di Arera, transavano sulla testa dei consumatori con le delibere n° 50/2018 e n° 568/2019, e ora Arera denuncia Green Network.
Questo un post dell’agosto 2020
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I debiti di alcune società che vendono energia elettrica vengono pagati dai consumatori.
Un giochetto facile, specialmente per le nuove società, nate dal nulla, che ci telefonano ogni sera o ci perseguitano con le campagne pubblicitarie.
I fornitori di energia elettrica operano in un mercato controllato, a monte, dal distributore di riferimento – edistribuzione – al quale devono pagare sull’unghia gli OGS – oneri generali di sistema – a prescindere dal fatto che il loro cliente paghi o non paghi la bolletta.
Il distributore monopolista, che fa capo a Enel e che distribuisce quasi tutta l’energia elettrica nel paese, può così decidere chi deve pagare e chi no, chi può vivere o chi deve morire.
Erano 500 i milioni del buco di Gala, che poi è fallita, e sono 166 quelli di Green Network, che ne deve il doppio a Enel e si mette d’accordo con Enel, perchè l’altra metà la coprano i consumatori.
Non si comprende come sia possibile una tale operazione sulla testa dei consumatori.
Com’è possibile che Enel, attraverso la controllata edistribuzione, possa concludere accordi transattivi – benedetti da Arera – che riguardano soldi che i consumatori hanno già pagato con le bollette e che il fornitore, invece di versare, ha trattenuto per far quadrare i conti
In base a quale specifica delega Arera può socializzare, a suo modo, le perdite di una società privata gestita malamente?
Forse è per questa ragione che i fornitori sono più di 600, spesso società nate dal nulla e senza alcun controllo, il più destinate a chiudere lasciando debiti che tanto saranno pagati dai consumatori.
Il mercato finirà a non più di una trentina di società di vendita che potranno finalmente controllarne il prezzo.
Trionfale, invece, il cammino dei distributori e, in particolare, di quello di proprietà di Enel – edistribuzione – che distribuisce e misura, più o meno, tutta l’energia elettrica nazionale.
Può decidere chi e quando deve fallire e chi invece, come Green Network può continuare a vivere e magari tornare utile in futuro.
Se si possono scaricare i debiti dei privati sui consumatori sarà una passeggiata socializzare gli oneri di sistema, per 18 miliardi all’anno
Nelle casse della CSEA, dove arriva annualmente questa montagna di denaro, ci sono sempre un paio di miliardi pronti per le emergenze, come per Alitalia.
Anche quelli sono soldi nostri, pagati perché avrebbero dovuto darci dei benefici, e invece vengono utilizzati per scopi diversi.
E sfido chiunque a dimostrare i benefici economici dell’energia rinnovabile per i consumatori.
E adesso, che il valore degli oneri si avvicina al terzo della bolletta, e la morosità aumenta, ecco la resa dei conti!
Secondo il TAR del caso Gala, gli oneri di sistema sono oneri “fiscali”, rivolti cioè alla generalità dei cittadini.
Mentre, per il regolatore, è l’ex presidente Bortoni che parla: “le sentenze della giustizia amministrativasi rispettano ma hanno travisato la materia; la richiesta di socializzare sarà l’ultima spiaggia, non si andrà subito a socializzare il buco; dovremo riformare le decisioni della giustizia che non stanno in piedi, pur rispettandole; dovremo definire formule di sopravvivenza da qui al nuovo assetto ‘a canone Rai’, spero che il transitorio sia di alcuni mesi, vedremo; stiamo già pensando ai criteri da rispettare per iscriversi all’albo previsto dal Ddl concorrenza“.
Ad oggi, non solo non esiste l’albo dei fornitori ma i piazzisti di energia proliferano, tanto sanno che, come nel caso Green Network, non possono fallire.
Sempre più numerose lesocietà che pretendono di aiutare i consumatori nella scelta dei fornitori di luce, gas e telefonia.
Fanno il lavoro che ogni consumatore dovrebbe fare per rendersi conto di quanto spende per le sue utenze.
Ma è un falso aiuto, non privo di rischi!
È talmente semplice entrare in queste piattaforme da non rendersi conto del rischio e delle conseguenze di dare informazioni sensibili, che invece vanno tenute riservate. Una volta digitate, diventano una merce molto preziosa.
I comparatori vivono su questi dati che vengono pagati molto bene, a prescindere dalla percentuale sui contratti andati a buon fine.
Ma anche con i comparatori di offerte ci sono sorprese, come racconta un lettore del blog.
Due mesi dopo aver definito le condizioni di fornitura di energia elettrica con il comparatore, viene chiamato dal call center del fornitore che gli propone di “rimodulare la tariffa” perché “gli oneri di sistema aumenteranno del 40%”.
Il lettore sa che é una balla e il tono dell’operatore è quello di farlo recedere dal contratto appena firmato.
Dopo una verifica della documentazione contrattuale (65 pagg) scopre anche che la tariffa è più alta di quella concordata.
Richiama il comparatore che invece la conferma, indirizzandolo nuovamente al fornitore che il lettore dovrà contattare, per capire dov’è finita la differenza.
Quindi nulla è facile e tantomeno gratuito!
Meglio capire da soli quanto consumiamo e quanto paghiamo, non raccontare i fatti vostri a sconosciuti, non riempire moduli web con i vostri dati sensibili e non sottoscrivere nuovi contratti in questi mesi per evitare il peggio.
I contatori del gas andrebbero sostituiti dopo un certo numero di anni di funzionamento, in base alla precisione di misurazione, rilevata a campione.
E’ il metodo seguito da molti paesi europei oltre ad essere il più logico.
In Italia invece, anche se firmato dal ministro, non venne mai pubblicato in G.U. il decreto attuativo di una legge del 1991, senza il quale i contatori del gas possono, legalmente, funzionare in eterno.
Nel 2008, sollecitata dall’inchiesta della Procura di Milano sul gas – che aveva scoperto contatori di sessanta anni – l’Autorità per l’energia segnalò, a Governo e Parlamento, gravi problemi di metrologia legale – tuttora aperti – e , senza aver ottenuto risposte, impose i contatori di tipo elettronico.
Incurante del fatto che la metrologia legale non fosse di propria competenza – i sistemi di misurazione del gas, cosi come imposti dall’autorità, non sono mai stati legalizzati e lo standard metro cubo non è un’unità di misura legale.
L’Autorità impose un programma di adeguamento dei contatori esistenti collegandoli ai convertitori di volume, che potevano trasmettere il dato di consumo.Ma alcuni contatori erano talmente malridotti e obsoleti che il dato non era per niente affidabile, e inaffidabile sarebbe stato trasmesso.
Tutti i PDR ( punto di riconsegna del gas) ne sarebbero stati interessati: prima quelli industriali e commerciali e poi le utenze domestiche.
Se, per i consumi industriali e commerciali, l’intervento poteva anche essere giustificato, tenuto conto del volume del gas in gioco, la sostituzione di decine di milioni di contatori domestici sembrò subito una forzatura, giustificata solamente dal fatto che i nuovi contatori sarebbero stati pagati dai consumatori.
Le società di distribuzione del gas, invece, avrebbero lucrato sui contatori e risparmiato sulle letture manuali.
Siamo arrivati all’ultima fase del programma a ci stanno sostituendo i contatori domestici; in Italia già paghiamo il gas più caro in Europa e il nuovo contatore ci costerà decine di euro in più all’anno, per i prossimi quindici.
Ai distributori costa solo 50/60€, possono ammortizzarlo al 130% e ottenere un premio ( pagato dai consumatori) se il programma di sostituzione, opportunamente concordato con Arera, viene mantenuto.
Ammortizzare un contatore in meno di un anno, e farselo pagare ogni anno per i successivi quindici, è già un ottimo affare, meglio però spremere i fabbricanti, comparsi dal nulla e disposti a tutto pur di vendere, con le tipiche gare al ribasso bandite dai distributori.
Così, qualità e funzionalità di milioni di contatori, sono pessime: molti presentano evidenti difetti di misurazione – definite, da chi li gestisce, “anomalie metrologiche” – e i due terzi dei dati di consumo teletrasmessi vanno persi, con il risultato che le bollette ci fatturano i consumi stimati.
Cioè tutto come prima con l’aggravante che il consumatore paga un contatore complicato e che non gli serve, oltre ad un servizio di misurazione inesistente, a unico vantaggio dei distributori che rimandano qualsiasi intervento sulle reti di distribuzione, anche quelle malandate, a beneficio delle sostituzioni.
Il consiglio é di rifiutarne la sostituzione, anche perché i contatori sono potenzialmente pericolosi, specialmente se installati all’interno delle abitazioni: c’è una valvola interna al contatore che può essere aperta o chiusa da remoto, che non va bene, e le batterie al litio potrebbero incendiarli.
Alla proposta di sostituzione, sarà sufficiente richiamare la delibera di Arera che dichiara che il progetto è ancora in alto mare.
Gli utenti, ai quali fosse già stato sostituito, dovranno continuare a comunicare l’autolettura per evitare sorprese.
La Delibera n° 396/2021 di Arera attua le misure del Governo per calmierare il costo delle bollette del mercato tutelato del quarto trimestre 2021: sono 4 miliardi, dopo 1,2 miliardi messi a disposizione per il trimestre precedente.
La delibera recita: “Cassa e GSE prevedono che la liquidità complessiva dei conti di gestione si esaurisca verso la metà dell’anno 2022, diventando negativa nella seconda metà del medesimo anno”
La sospensione temporanea del pagamento degli oneri di sistema, solo per alcune categorie di consumatori creerà, nel 2022, un buco di 7,5 miliardi di euro e i produttori di energia rinnovabile non verranno pagati.
Vista l’emergenza energetica, peraltro fuori controllo, sarebbe stata un’ottima occasione per affrontare il problema degli oneri di sistema che pesano sulle bollette per oltre 15 miliardi di euro all’anno.
Imbarazzante l’ottimismo del Governo nel prevedere da un lato il rialzo del PIL del 6% e dall’altro far pagare alle industrie, con potenza installata maggiore di 16,5 kW, bollette talmente salate da costringerle a ridurre la produzionese non a chiudere l’attività.
In presenza di una volatilità dei mercati energetici sempre più marcata, e di un tasso d’inflazione esplosivo, gli interventi trimestrali spostano solo la resa dei conti che arriverà a gennaio, quando verranno annunciati i prossimi aumenti.
Per sostituire il contatore di energia elettrica, il distributore locale minaccia un avvocato di Catania di far intervenire i Carabinieri; come già accaduto in Liguria e in Irpinia.
C’è un accordo con i Carabinieri ?
A Catania l’utente diffida l’addetto dall’effettuare qualsiasi operazione presso un domicilio privato mentre edistribuzione (il distributore locale) trasmette, su richiesta,una dichiarazione di conformità.
Il documento però si riferisce a generiche apparecchiature di telecomunicazione e non ai contatori di energia elettrica.
La conformità metrologica deve necessariamente e unicamente riferirsi al decreto legislativo n° 22/2007, che recepisce la direttiva europea MID sugli strumenti di misura.
La marcatura CE, seguita dalla M e dall’anno di verifica, sono le prove che si tratta di uno strumento di misura omologato.
La conformità alla normativa europea CE 0051 è del tutto hinutile!
Il MISE, competente in materia, non ha mai confermato la legalità dei sistemi di misurazione di energia elettrica se il contatore possa essere gestito o modificato da sistemi di controllo remoti.
Numerose interrogazioni e audizioni parlamentari non hanno portato a nulla.
Per Arera, alla quale non compete la metrologia legale, ma è stata coinvolta in questa commedia, il contatore è una radio!
Il contatore non rileva consumo e la bolletta lo conferma: consumo zero.
Eppure paghiamo 50 € a bimestre.
A tutti gli effetti, sono false fatturazioni per operazioni inesistenti e la pretesa creditoria risulta gravata di falsità, come il titolo fiscale corrispondente.
La bolletta addebita infatti una quantitá fittizia di “materia prima energia”, per una cifra quasi sempre inferiore ai 10€, per addebitare gli oneri fissi.
Il consumo di energia elettrica è soggetto all’accisa e all’IVA nel momento in cui la si consuma, cioè quando viene azionato un apparato che l’assorbe e, come espone la stessa bolletta, il consumo è stato nullo.
Inoltre, se non c’è consumo, non c’è neppure il trasporto, altro addebito che invece viene esposto.
Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture, o di altri documenti, per operazioni inesistenti è trattato dall’articolo 2 del Decreto legislativo n. 74/2000, che così recita:
“È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria”.
Altro riferimento è l’art. 640 CP, reato di truffa, perseguibile a querela di parte, con due complicazioni:
la sentenza della Cassazione n.42892 del 20.09.2017 secondo la quale non è necessario il conseguimento del fine evasivo. Non è necessaria l’evasione fiscale: la condanna per le fatture su operazioni inesistenti “scatta” anche se il destinatario non le utilizzi. È sufficiente, quindi, la mera emissione di una fattura falsa finalizzata a consentire a terzi l’evasione fiscale. Poco importa se l’evasione di imposta, poi, si verifichi o meno: il reato si considera comunque commesso. La Corte di Cassazione ha avuto modo di paragonare le fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti a delle «tossine» da reprimere «sin dalla loro emissione». Non importa, quindi, quale sia il destino di una fattura emessa per un’operazione inesistente. Non conta l’effettivo conseguimento del fine evasivo, essendo sufficiente che tale fine sussista al momento dell’emissione della fattura falsa. In altre parole perché si determini la reazione repressiva, dunque, non è richiesta la successiva utilizzazione del documento falso. D’altronde, ha precisato la Corte, il reato in questione è un reato di pericolo o di mera condotta, per la cui sussistenza non è nemmeno necessario che le fatture siano state annotate nella contabilità del destinatario, il quale – in astratto – potrebbe anche decidere di non avvalersi delle fatture. Ciò posto, ai fini dell’integrazione del reato non è necessario che l’autore cagioni un danno effettivo al fisco. A configurare l’illecito è sufficiente che il fine di consentire a terzi l’evasione (a prescindere che essa poi si verifichi o meno) sussista al momento dell’emissione della fattura.
per l’esecuzione del contratto di fornitura di energia elettrica, il trasporto e la misurazione dell’energia elettrica sono a carico di soggetti terzi, rispetto al contratto di somministrazione, che insiste unicamente tra il venditore e il cliente finale. Per eseguire il contratto con il cliente, il venditore deve prima stipulare un contratto con il trasportatore.
Quindi i contratti si perfezionano con il contatore: serve al venditore per sapere quanta energia fatturare al cliente finale, al trasportatore per fatturare il servizio di trasporto, e al distributore per fatturare il servizio di distribuzione e misurazione di quel quantitativo d’energia trasportata, e consegnata all’utente finale, per adempiere all’obbligazione contrattata con il venditore.
Per il venditore, ovviamente, il trasporto rappresenta un costo e, in quanto tale, fiscalmente deducibile.
Inoltre la fattura di trasporto, emessa dal trasportatore al venditore, è il titolo fiscale in cui si riassume il corrispettivo dovutogli per il servizio reso al Venditore.
Poiché la fattura di vendita è emessa dal venditore verso l’utente finale, e la quantità consumata e trasportata per legge è comunicata dal trasportatore al venditore, i soggetti penalmente responsabili sarebbero sia il venditore che il trasportatore.
Quindi,anche se non ho consumato nulla, non solo pago una quota inesistente di materia prima, ma anche il suo trasporto e la sua misurazione, oltre agli oneri di sistema, le accise e l’IVA.
Con i risultato che il venditore incamera un corrispettivo falso di materia prima, paga i suoi impegni nei confronti del trasportatore e del distributore, che, assieme allo Stato, senza aver fatto nulla, incamerano la differenza.
Adesso moltiplicate i casi per decine di milioni di utenti!
Nessun incentivo se l’impianto fotovoltaico è incompleto e tantomeno se non è collegato alla rete. In sostanza, se non produce non riceve incentivi.
Dovrebbe essere logico, visto che gli incentivi ci vengono richiesti ad ogni bolletta con la voce “oneri di sistema” eppure si finisce sempre in tribunale e poi al Consiglio di Stato.
Gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, come quelli fotovoltaici, per accedere agli incentivi devono essere completi in ogni loro componente e idonei a erogare energia, a prescindere dall’effettivo collegamento alla rete elettrica nazionale, rilevando solo la capacità a produrre e immettere in rete l’intera potenza per la quale l’impianto è stato dimensionato e autorizzato dallo Stato.
Alla luce delle conclusioni del perito tecnico, il Collegio ha rilevato che l’accertata carenza dei cavi di collegamento, seppure limitata a una parte minoritaria dell’impianto e non essenziale da un punto di vista tecnico, per il potenziale collegamento alla rete e la effettiva entrata in esercizio, provoca una parziale riduzione della capacità produttiva di energia elettrica dell’impianto, che non può generare tutta la potenza prevista e autorizzata, in relazione al dimensionamento della struttura.
Impianto concluso
Per i giudici amministrativi, nella situazione accertata, non è possibile considerare «concluso» l’impianto, ai sensi della normativa di favore per il regime incentivante degli impianti fotovoltaici, che prescrive il completamento di tutti gli elementi previsti dal progetto oggetto di autorizzazione, alla luce dell’istanza di ammissione agli incentivi successiva alla dichiarazione di fine lavori, fondata sulla «promessa» di produzione di un dato quantitativo di energia elettrica, rilevando qualsiasi difformità o necessità di lavori o interventi ulteriori e successivi, a eccezione di quelli finalizzati a produrre una potenza superiore a quella autorizzata.
Obiettivi del meccanismo di incentivazione
A tale conclusione giunge il Consiglio di Stato sottolineando come il meccanismo di incentivazione delle fonti rinnovabili sia motivato non soltanto da finalità ambientali, come la produzione di energia pulita, ma anche dall’aumento dell’autosufficienza energetica nazionale, con la garanzia dell’apporto alla rete di un determinato quantitativo promesso dagli operatori in sede di autorizzazione progettuale e di accesso agli incentivi; gli operatori devono, quindi, assicurare non soltanto la «presenza fisica» dell’impianto di produzione di energia elettrica entro una certa data, ma anche la capacità potenziale di sfruttamento tramite allaccio alla rete.
Conclusione
Appare, quindi, conclude la sentenza, pienamente legittimo e privo, in tali situazioni, di alcun margine di valutazione discrezionale, il provvedimento del GSE di revoca degli incentivi a suo tempo riconosciuti al gestore dell’impianto, data l’accertata carenza di alcuni cavi di collegamento dei quadri elettrici, tale da ridurre la capacità di erogazione e immissione nella rete nazionale da parte della struttura rispetto a quanto autorizzato.
Il D.M. 93/2017 dovrebbe disciplinare i controlli degli strumenti di misura in servizio e la vigilanza sugli strumenti di misura conformi alla normativa nazionale e europea.
Il decreto non tiene conto della struttura del mercato, distribuzione e vendita, né del parco di contatori di energia elettrica attualmente in funzione.
Titolarità degli strumenti di misura
Secondo il decreto, titolare di uno strumento di misura è “la persona fisica o giuridica titolare della proprietà dello strumento di misura o che, ad altro titolo, ha la responsabilità dell’attività di misura”.
Sia per il gas che per l’energia elettrica, chi vende, non misura e incassa un corrispettivo che deve essere misurato da uno strumento legale, anche se non è di sua proprietà.
Logico quindi considerare il fornitore di energia elettrica, o di gas, quale titolare dello strumento: è lui che si avvale dei dati dei contatori – che gli vengono comunicati dal distributore – per quantificare ciò che vende ai propri clienti.
Ma se il contatore é difettoso, e quindi registra quantitativi di energia elettrica o di gas diversi da quelli che dovrebbe, è il venditore a risponderne, penalmente se fattura più del dovuto.
Inoltre la maggior parte dei contatori sono facilmente accessibili a chiunque, e se dovessero essere accertate alterazioni o manomissioni dei sigilli legali, chi sarebbe chiamato a risponderne sarebbe, in questo caso, il distributore in quanto titolare.
Verificazioni periodiche
Art. 4 – comma 2 del decreto: “La verificazione periodica su tutte le tipologie di strumenti di misura utilizzati per una funzione di misurale gale ha lo scopo di accertare se essi riportano i bolli di verificazione prima nazionale, o di quelli CEE/CE, o della marcatura CE e della marcatura metrologica supplementare M e se hanno conservato gli errori massimi tollerati per tale tipologia di controllo”.
Quindi solamente strumenti di misura legali possono essere ammessi alla verificazione periodica e ad eventuali prove in contraddittorio tra le parti.
Tutti i contatori di energia elettrica di tipo elettromeccanico, non essendo mai stati omologati, ed essendo sprovvisti dei sigilli legali, non possono essere ammessi ad alcuna verificazione, periodica o in contraddittorio: del tutto inutile averla fissata in 18 anni.
Stessa sorte per i contatori statici di energia elettrica “di prima generazione” che non sono mai stati omologati, non sono legali e non possono essere verificati.
I primi contatori di energia elettrica omologati risalgono al 2007, anno del recepimento in Italia della direttiva MID.
Il decreto 93 entra in vigore dieci anni dopo, e stabilisce che ne sono necessari 15 per la verifica periodica, cadendo in un palese anacronismo. Perché e su quali basi sono stati stabiliti 15 anni?
Art. 5 – comma 2 – Controlli casuali o a richiesta –: “Sono altresì eseguiti controlli in contraddittorio nel caso in cui il titolare di uno strumento o altra parte interessata nella misurazione ne faccia richiesta alla Camera di commercio competente per territorio; i costi dei controlli in contraddittorio, in caso di esito positivo del controllo, sono a carico del soggetto richiedente”.
La disposizione disincentiva fortemente l’esercizio di tali controlli, dovendo il richiedente, cioè il consumatore, anticiparne le spese e lo scoraggia ad azionare il controllo: non è forse più semplice prevedere che le spese restino a carico della parte soccombente?
La tabella, allegata alla relazione annuale di Arera, non necessita di spiegazioni.
Evidente la posizione dominante di Enel – tramite la controllata edistribuzione – nell’attività di distribuzione e misurazione dell’energia elettrica nazionale.
Se si considera poi che anche gli altri distributori hanno dovuto installare contatori Enel il quadro è completo.
Come in ogni attività commerciale, chi trasporta in monopolio – Terna – e chi distribuisce e misura in monopolio – Enel – controllano facilmente il mercato.
Se poi lo si fa in forza di concessioni – quella di Enel scadrà nel 2030 – non esiste alcuna liberalizzazione da completare ( un motivetto cantato spesso dai politici ) e il decreto Bersani del 1999 resta una bufala.
Con l’aggravante che Enel la produce e la vende, sia sul mercato libero che su quello tutelato a decine di milioni di utenti.
Appena ottenuta la concessione, fin dai primi anni 2000, Enel ha progettato, prodotto e installato decine di milioni di contatori di energia elettrica – mai omologati e quindi illegali – che determinano il valore delle nostre bollette.
Nel 2018, Enel ha poi deciso di sostituirli con contatori di nuovo tipo, di seconda generazione; questa volta li ha omologati, ma li gestirà da remoto, violando la normativa europea di omologazione e la privacy dei consumatori.
L’operazione contatori, del valore di svariati miliardi di euro, é garantita dalle bollette e rafforzerà il monopolio di Enel che, stando a quanto si legge in questi giorni, con la controllata Gridspertise potrà gestire a piacimento la rete elettrica nazionale.
Solo Enel sa quali informazioni i nuovi contatori saranno in grado di reperire, sono informazioni sensibili capaci di profilare il consumatore.
Per il garante, che si sveglia raramente, tutto regolare!
Un’altra tabella della relazione fotografa l’attività di vendita. Inutile commentarla!
L’ aumento di decine di punti percentuali del costo delle bollette era facilmente prevedibile. I governi precedenti hanno incrementato, per anni e senza rendersi minimamente conto di quello che facevano, la voce “oneri di sistema” della bolletta, che con l’energia c’entra poco e così, al primo consistente aumento della voce “materia prima energia”, arriva il botto.
Il governo aveva tentato di calmierare l’aumento dello scorso trimestre sperando che la bufera passasse e invece eccoci nella tempesta perfetta e in piena emergenza: per le industrie, che erano appena uscite dagli effetti della pandemia, per i consumatori, alle prese con bollette che non riusciranno a pagare, e un inverno che potrebbe essere povero di gas.
Forse tutti si chiederanno, finalmente, quanto consumano e non solamente quanto pagano, ma sarà troppo tardi!
Il consumatore domestico si ricorderà allora che ci sono due contatori, quello dell’energia elettrica e quello del gas che, da qualche parte conteggiano kWh e m3 per migliaia di euro all’anno.
Trovati i contatori, il consumatore si chiederà come funzionano e, una volta capito che gli servono a poco, tanto sono complicati, si porrà il problema di come consumare di meno, visto che i prezzi non li fa lui.
Il bolletta é il prodotto di una quantità per un prezzo e il bravo consumatore potrà confrontare i prezzi unitari del kWh e del m3 di gas, pre-pandemia con gli attuali.
Scoprirà che il prezzo del gas all’ingrosso è aumentato di quattro volte, passando da 15 €/MWh a 60 mentre l’energia elettrica da 50€/MWh punta ai 200. Anche il costo dell’emissione di CO2 è passato da 15€/Ton è a 60 e ci viene ribaltato nelle tariffe dai produttori di energia elettrica che utilizzano fonti fossili.
La “materia prima energia”, sia essa gas o energia elettrica, pesava per un terzo del valore della bolletta e ora diverrà dominante, come avrebbe dovuto sempre essere. Imposte e IVA amplificheranno l’esborso.
I consumatori più curiosi potranno anche verificare se i contatori funzionano correttamente e magari realizzare che vengono gestiti illegalmente da remoto. Essendo possibile,da remoto, modificare la potenza a disposizione degli utenti.
Potranno anche verificare che circa un terzo dei nuovi contatori del gas installati in Italia non funziona correttamente.
Tra pochi giorni Arera aggiornerà le tariffe dei contratti in tutela e, a meno dei soliti giochi di prestigio, sarà una bella botta.
D’altro canto, nulla è stato fatto in questi anni per migliorare la situazione con il risultato che, quando scende la materia prima aumentano gli oneri di sistema e quando la materia prima sale, come nell’ultimo anno, la bolletta esplode.
Il governo non è interessato al tema bollette e alla difficoltà di pagarle per milioni di consumatori.
Promette invece incentivi a pioggia senza dire chi li pagherà e così, magari dopo mesi o anni, ce li troveremo in bolletta.
Un decreto del MISE promuove l’autoproduzione dell’energia elettrica nelle c.d. “comunità energetiche”.
I governi che si succedono alla guida del paese, vedono solo il lato “onirico” della medaglia, quello dell’ambiente più sano delle rinnovabili e, più attuali, dell’idrogeno o del biometano.
Meglio quindi ricordare il passato per capire cosa ci riserva il futuro.
Il decreto arriva quindici anni dopo il “primo conto energia“, al quale ne sono seguiti altri quattro, con il risultato che oggi paghiamo oneri di sistema per 13 miliardi ai produttori di energia rinnovabile.
Sono cifre importanti: verificate la voce “oneri di sistema” sulle vostre bollette e moltiplicatela per le decine di milioni di consumatori. Oppure dividetela per i kWh consumati.
Gli ultimi “conti energia” risalgono al 2014 e avevan una durata ventennale, estesa da Renzi a 25.
Siccome più di 600 mila impianti di energia rinnovabile, sparsi per tutta la penisola, sbilanciano la rete, sono già previsti 15 GW di potenza convenzionale a gas per ri-bilanciarla.
Lo scherzetto vale un miliardo di euro che verrà spalmato in bolletta ma nessuno lo dice, come nessuno dice che le bollette aiutano ogni anno Alitalia, Alcoa, Ilva e i monopolisti storici come Terna,Enel,Smam etc.
Il comunicato del MISE sulle comunità energetiche:
“Il provvedimento rende, infatti, operativa una misura introdotta nel dicembre 2019 con il decreto Milleproroghe, che anticipando l’attuazione di una direttiva europea consente di costituire l’autoconsumo collettivo, attivabile da famiglie e altri soggetti che si trovano nello stesso edificio o condominio, e le comunità energetiche, a cui possono partecipare persone fisiche, PMI, enti locali, ubicati in un perimetro più ampio rispetto a quello dei condomini“
In Germania le comunità energetiche esistono da sempre e gli impianti sono stati realizzati in base alle loro necessità.
Da noi no, impianti a pioggia dappertutto tanto pagano le bollette!
Anche in questa occasione il rischio è che si formino società di scopo che installino potenze superiori alle reali necessità locali, proprio per riversare in rete l’eccesso di energia, facendoselo pagare il doppio del prezzo di mercato.
E quali sarebbero le ragioni per stabilire, adesso, il prezzo del surplus di energia prodotta, se non per dare la possibilità di sovradimensionare gli impianti, invece di calibrarli sull’effettiva domanda locale?
È un nuovo CIP6 , che ancora,dopo trent’anni continua ad elargire incentivi ai produttori, prelevandoli dalle bollette?
Anche i conti energia limitavano la potenza degli impianti a 1 MW, ma poi abbiamo visto come sono andate le cose con le aggregazioni fittizie e la creazione di impianti monstre, specialmente al sud.
Accorgersi che molti ne approfittano non è facile anche perche i controlli, dopo anni, si fanno così.
Una priorità del nuovo governo era affrontare il problema degli oneri di sistema delle bollette con l’obbiettivo di ridurli.
Con questo decreto, si va nella direzione opposta e così, prima di metterli in bolletta, il presidente di Arera può gridare, a vuoto, in Parlamento che gli oneri di sistema sono troppi.
La commedia è sempre la stessa dove, al governo, tutti recitano la propria parte con la certezza che, alla fine, arrivano consumatori con i soldi.
Meglio controllare che, con i nuovi contatori del gas, le bollette non vi addebitino consumi stimati.
Il caso di un lettore è emblematico: la casa è vuota, il consumo è nullo, il contatore è nuovo di zecca eppure gli viene addebitato un consumo stimato inesistente.
E quindi si chiede: perchè mi avete sostituito il contatore se non è cambiato nulla? Non leggevate il contatore vecchio, non leggete quello nuovo ma, nel frattempo, pago il gas che non ho consumato, pago il nuovo contatore che mi avete installato e pago anche una “gestione del contatore” inesistente.
Quella dei contatori elettronici del gas é una riuscita operazione industriale per i distributori di gas, e lo si vede dai risultati economici che conseguono, ma un pessimo affare per i consumatori che già pagano il gas più caro in Europa.
Ai distributori del gas il contatore costa 50/60€ e possono ammortizzarlo al 130% , ottenendo anche un premio se mantengono il programma di installazione che hanno concordato con Arera.
Ammortizzare un contatore in pochi mesi, e farselo pagare ogni anno per i successivi quindici, è già un ottimo affare, ma é meglio spremere i fabbricanti, comparsi dal nulla in ogni paese europeo, disposti a tutto pur di vendere, con le gare al ribasso.
Con il risultato che la qualità e la funzionalità di milioni di contatori, sono pessime: molti presentano evidenti difetti di misurazione – definite, da chi li gestisce, “anomalie metrologiche” – e i due terzi dei dati di consumo, che dovrebbero essere tele-trasmessi, vanno persi perché le batterie sono scariche.
Ed ecco spiegati i consumi stimati!
Cioè, in sostanza, è tutto come prima con l’aggravante che il consumatore paga un contatore, complicato da leggere e che quindi non gli serve, oltre a un servizio di misurazione inesistente, a unico vantaggio dei distributori che rimandano qualsiasi intervento sulle reti di distribuzione a favore delle sostituzioni.
Il consiglio é di rifiutarne la sostituzione, anche perché potrebbero essere potenzialmente pericolosi: c’è una valvola interna che può essere manovrata da remoto, che non va bene, oltre alle batterie che potrebbero incendiarli.
Alla proposta di sostituzione, sarà sufficiente richiamare la delibera di Arera che ammette che il progetto è ancora in alto mare.
Gli utenti, ai quali fosse già stato sostituito, dovranno continuare a comunicare l’autolettura per evitare sorprese.
e-distribuzione sulla mia rispostaad un lettore di Repubblica e la mia replica.
“L’Azienda sta sostituendo i contatori attualmente installati con quelli di nuova generazione (cosiddetti 2G) nel rispetto della normativa vigente, che sollecita l’adozione di sistemi intelligenti di misurazione abilitando nuovi servizi ai clienti.”
La normativa vigente non ammette, invece, che un contatore possa essere gestito da remoto.
I nuovi contatori rispondono ai più alti standard di qualità del settore e sono conformi alla direttiva europea MID (“Measuring Instruments Directive”). Sono strumenti di misura legale, dotati del marchio CE (Comunità Europea) e della marcatura metrologica supplementare (lettera M seguita dalle ultime due cifre dell’anno di applicazione), la cui certificazione è garantita da enti notificati indipendenti e riconosciuti a livello europeo. La gestione da remoto dei contatori è una funzionalità, richiesta dalla regolamentazione nazionale a partire dal 2006, che consente di fornire ogni mese, alle società di vendita, il consumo effettivo dei clienti minimizzando il ricorso alle stime e ai conseguenti conguagli.
La MID, del 2007, supera la regolazione nazionale per tempo e merito essendo del 2007.
E-Distribuzione sottolinea che, in conformità a quanto prescritto dalla menzionata direttiva MID, non è possibile effettuare alcun “intervento da remoto sui parametri metrologici della misurazione”: i contatori, vengono “sigillati” in fabbrica e, per tutta la loro vita utile, è impossibile modificarne i parametri di calibrazione, né accedendovi fisicamente né da remoto. Non è prevista alcuna rielaborazione dei dati, ma la sola trasmissione a distanza delle stesse informazioni riportate sul display del contatore, che i clienti possono verificare puntualmente. E-Distribuzione precisa di essere proprietaria del contatore e di essere autorizzata alla sua sostituzione, nel rispetto della normativa e delle condizioni contrattuali.
Ma se l’utente non paga la bolletta la potenza gli viene ridotta da remoto e non c’è certezza che la stessa operazione possa essere effettuata anche se l’utente la paga.
L’Azienda ricorda che l’intervento di sostituzione è completamente gratuito e che nessun compenso è dovuto al personale impegnato nell’operazione. Sul sito www.e-distribuzione.it è possibile reperire tutte le informazioni relative alla sostituzione, consultare il piano di installazione, scaricare il materiale illustrativo e la guida tecnica dell’Open Meter. Inoltre, registrandosi gratuitamente all’area riservata del sito www.e-distribuzione.it, è possibile scaricare il rapporto di sostituzione, che indica tutti i dati di interesse, comprese le letture di rimozione del vecchio contatore, a partire dal secondo giorno successivo all’intervento
Invece il nuovo contatore si paga, il corrispettivo finisce in bolletta, e all’atto della sostituzione, non viene richiesto alcun consenso all’utente per il trattamento dei dati che il contatore genera.
Una delibera dell’Autorità per l’energia si pronuncia in merito ad alcuni casi di errata misurazione di energia elettrica.
Nessuna delle parti in causa sembra fare correttamente il proprio lavoro:
il distributore di energia elettrica rileva, e trasmette per anni al fornitore dati di consumo errati – la metà del reale consumo – per sua colpa evidente e, quando finalmente se ne accorge, presenta il conto;
il fornitore, che deve fatturare il maggior costo al suo cliente, non sa come giustificarlo e sporge reclamo all’Autorità. Nella prassi, il fornitore prende sempre per buono quanto gli viene comunicato dal distributore: come si vede, un errore madornale perché ne risponde sempre lui al cliente!
l’Autorità fa da paciere, allargandosi però su problematiche di metrologia legale che non le competono come contatori illegali, installati o rilevati male, coefficienti K: temi che hanno conseguenze economiche rilevanti, visti i consumi dei casi in esame.
il Ministero, cui compete la metrologia legale, legge e tace invece di pronunciarsi su coefficienti che andrebbero sicuramente capiti e legalizzati. Com’è possibile che ci siano contatori in funzione dove é necessario moltiplicare il consumo per un coefficiente “K”? Sono o non sono legali?
Da notare la grottesca autodifesa del distributore: “i vostri clienti, furbetti, sapevano benissimo che consumavano più di quello che io misuravo, ma si sono ben guardati dal dirlo”.
I clienti, furbetti o meno, che pagano da anni energia elettrica misurata da sistemi illegali, non denunciano la situazione perché gli allegati della delibera vengono secretati dall’Autorità; non potranno quindi che continuare a pagare, anche se a rate.
Sicuri che i casi, come quelli presi in esame, siano solo 113 in tutta Italia?
Terna aumenta l’uplift, Arera benedice e le bollette aumentano.
L’“uplift” paga tutte le attività messe in campo da Terna per mantenere in sicurezza il sistema elettrico nazionale ed evitare che il paese resti al buio: sbilanciamento, le connessioni con gli altri paesi, l’acquisto di energia di riserva, i rapporti con le utenze interrompibili, l’essenzialità di alcune centrali etc.
Due voci su tutte: l’energia di riserva, approvvigionata da Terna sul MSD – Mercato Servizio Dispacciamento ( le “chiamate” delle centrali, secondo criteri non sempre trasparenti e le aste con prezzi in salita ) e gli sbilanciamenti.
I due grafici sono piuttosto eloquenti: gli scostamenti mostrano che qualcosa non va che, come sempre, l’emergenza paga, e il covid non fa eccezione.
Era ingiustificato il picco del 2016, ma in quel periodo, bisognava far morire i traders “non diligenti” – Starace fresco AD di Enel li definì parassiti – che secondo Terna e Arera speculavano.
L’uplift puntava inspiegabilmente a 20 €/MWh, ma la quota degli sbilanciamenti non arrivava a 5
Di nuovo, nel 2017, eliminato qualche parassita, l’uplift s’impenna perchè, questa volta, sono i produttori a sbilanciare, prima che Terna se ne accorga.
Dopo l’aumento comunicato da Terna in questi giorni, se confrontiamo il grafico del PUN – Prezzo Unico Nazionale – con quello dell’uplift, notiamo che quando il PUN scende il dispacciamento sale e i produttori si rifanno dei margini persi col PUN facendosi “chiamare” da Terna nel MSD.
Il tutto con la benedizione di Arera, che non ha alcun controllo sul monopolio di Terna e sul costo dei suoi servizi o dei suoi progetti.
Così Terna fa utili trionfali sulla pelle di quelli che pagano le bollette.
Evidente, come nel caso dell’emergenza covid, l’incapacità di Terna a gestire il problema se non comprando, cara, energia di riserva per evitare il peggio.
Il potere di Terna, forte di un monopolio che dura da decenni, è devastante.
Le analisi costi&benefici “fatte in casa” sono insindacabili e senza programmi stringenti: il collegamento Calabria – Sicilia, gli interconnectors, ela farsa del Montenegro , le centrali essenziali strapagate per restare ferme, 50 nuovi GW di potenza conferiti con i medesimi criteri del CIP6 e la nuova linea Sicilia/Sardegna sono solo alcuni esempi.
Andate vedere i risultati di Terna, i bonus dei managers e come e quando vengono decise le opere. Poi moltiplicate i 20 €/MWh del uplift appena deciso per i 300 milioni di MWh consumati ogni anno in Italia.
Ci permettiamo di criticare le magagne del nucleare francese, dimenticando che ci fornisce il 15% di quanto produciamo.
Critichiamo il carbone tedesco e dimentichiamo il nostro.
I sostenitori dell’energia eolica sono convinti che il vento che soffia in Italia abbia la stessa intensità di quello del mare del nord.
I sostenitori del fotovoltaico non vogliono rendersi conto che gli impianti possono produrre per 1500 ore, su 8600 in un anno e che per installare un GW di potenza fotovoltaica occorrono 2500/3000 ettari.
Per quanto riguarda i prezzi la situazione è drammatica e del tutto insostenibile.
É un post di cinque anni fa perché stanno per avviare i lavori della nuova dorsale adriatica, ovviamente a spese dei consumatori.
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Verranno espiantati dieci mila olivi lungo i 55 Km del gasdotto di collegamento tra la stazione di arrivo del TAP a Meledugno, e la rete nazionale all’altezza di Brindisi.
Il collegamento è di competenza Snam e le “poche decine di olivi”, delle quali tutti scrivono, sono solo quelle dell’ultimo tratto del TAP su suolo italiano, otto chilometri.
Perché il TAP non sia “approdato” a Brindisi, per alimentare direttamente la centrale a carbone dell’Enel, ma senza passare tra gli ulivi,resta un mistero. Si dice ci fossero 11 opzioni che sono state opportunamente valutate.
Ma, oltre al problema degli olivi e quello recente del nuovo sultano turco, non è chiaro se il gas che arriverà con il TAP sarà tutto azero e, quindi, se rappresenterà davvero una diversificazione delle nostre fonti di approvvigionamento, affrancandoci in parte dal gas russo.
Ilrapporto dell’OIES di Oxford tratta il tema e pone interrogativi sulla reale capacità dell’Azerbaijan di produrre tanto gas da esportarlo nel lungo termine.
Un rapportoprecedente analizzava il mercato europeo del gas e le diverse fonti di approvvigionamento.
I recenti sviluppi in Turchia, i persistenti problemi con l’Ucraina, dovuti al passaggio dei gasdotti, e una sempre maggiore influenza russa, potrebbero in effetti rendere difficile la gestione del gasdotto.
Inoltre, la futura domanda di gas dei balcani potrebbe ridurre sensibilmente i nove miliardi di metri cubi annui, destinati sulla carta all’Italia.
Il mercato a “prezzo marginale” dell’energia elettrica é come un grande magazzino dove scegliamo calze, mutande, camicie, maglioni e, alla fine, ci facciamo un bel regalo, un cappotto da 1000€.
Alla cassa ci fanno pagare tutto a 1000€, anche le mutande!
Da non credere! É andata proprio così: da un anno paghiamo l’energia elettrica come se fosse prodotta tutta con il gas e più il prezzo del gas aumenta, anche per colpa della guerra, più i cassieri guadagnano.
Il governo dei “ migliori” non si é accorto di cosa stava succedendo, già ad ottobre del 2021, e tra “le bollette che sarebbero calate a marzo“ di Cingolani e “ la pace o condizionatori” di Draghi, nessuno ha fatto nulla.
Se ne sono accorti dopo mesi e hanno tentato un recupero disperato con la tassa sugli extra-profitti, destinato miseramente a fallire.
Come ha fatto chiaramente capire Enel che ha chiesto al governo 16 miliardi di finanziamento, il 70% garantito dallo stato, forse proprio per pagare parte della tassa, nel caso fosse costretta a pagare.
Per avere un’idea di quanto sia costata la disattenzione del governo dei migliori, facciamo quattro conti partendo dal 2021.
Gli speculatori entrano in azione in estate quando i “migliori” sono già in vacanza. Il PUN di dicembre è quattro volte e mezzo quello di gennaio, mancano ancora due mesi alla guerra e il governo ci mette solo qualche pezza.
Ad agosto, quindi molto prima della guerra, il PUN era a 112 €/MWh, quasi il doppio di gennaio e a settembre gli indici futuri di marzo a sei mesi esplodevano.
Noi non sappiamo a quale prezzo sia stata venduta l’energia elettrica non prodotta con il gas, ma sappiamo che vale poco meno della metà di tutta quella prodotta in Italia.
Sicuramente é stata venduta ad un prezzo inferiore al massimo prezzo pagato dal mercato ed é stata acquistata per prima, perchè cosi funziona.
Nulla dovrebbe essere cambiato dopo la crisi russa. Quindi tutto fa supporre che i produttori del 46 % del totale ( percentuale esatta del non prodotto con il gas ) per correttezza avrebbero dovuto continuare a offrire a 112, il prezzo di agosto.
Con la crisi ucraina il PUN prende il volo, raggiungendo quest’anno punte di 441 a luglio, 543 ad agosto e 430 settembre, con una media da giugno a settembre di 421, mandando al collasso il sistema industriale.
Oggi possiamo indicarlo prudenzialmente a 350 €/MWh.
Tentando una valutazione su base annua e sapendo che, grosso modo, il consumo annuo in Italia é di 300 miliardi di kWh e stimando un PUN medio annuale di 350€ /MWh €, il 46% di 300 miliardi equivale a 138 miliardi di kWh e cioé 138 milioni di MWh.
138 milioni MWh moltiplicati per 238 € – cioè la differenza tra 350 € e 112€ – fanno 33 miliardi di euro, ed è una valutazione per difetto perché partiamo da agosto ‘21.
Un governo attento avrebbe dovuto accorgersi molto prima che, senza il gas russo, bisognava correggere e che l’emergenza stava arricchendo la banda dei “cassieri“, che hanno sempre avuto la possibilità di “coprirsi” con gli acquisti a termine di gas.
Invece di tentare voli pindarici sul CAP del prezzo del gas, a livello europeo, tentativi che sono destinati a fallire, bastava disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, ma forse i “cassieri” erano contrari.
Con il risultato che non é stato fatto nulla, se non rincorrere la crisi su fronti sbagliati e cioè cercando il gas all’estero e aiutare il popolo dei consumatori a pagare i “cassieri”.
Così il paese, o nazione che dir si voglia, é al collasso, in vista di un inverno molto complicato e sempre in attesa di una preventiva azione correttiva, la stessa che si sarebbe dovuta prendere un anno fa.