Stanno per riaccendere i riscaldamenti e sono in molti a rischiare di restare senza gas.
Meglio quindi verificare i contratti che possono venire risolti anche così.

Sono circa una settantina, delle 250 società che non saranno in grado di sostenere le condizioni di un mercato fuori controllo; per reperire gas, a un prezzo anche dieci volte superiore rispetto a quello di un anno fa, dovrebbero emettere garanzie bancarie che non possono emettere e assumersi il rischio di non essere pagate dai clienti finali.
Per primi verranno staccati i “cattivi” pagatori, come per es. i condomìni, che passeranno alla FUI, fornitura di ultima istanza.
Un mercato, quello della “salvaguardia”, che dovrà presto essere finanziato perché non è stata previsto, né capitalizzato per un’economia di guerra.
D’altro canto la “liberalizzazione all’italiana” ha creato centinaia di fornitori, che agiscono senza alcun controllo e senza un albo, lasciando i consumatori in balia di società senza scrupoli, destinate ora a sparire.
Dopo la tempesta ne resteranno una trentina, come negli altri paesi europei.
I sopravvissuti chiederanno pagamenti anticipati e garanzie che si aggiungeranno alla quota della materia prima: per i clienti finali, i condomìni, la spesa del riscaldamento potrebbe anche triplicare.
E questo solo per scaldarci!
Le industrie avevano già capito in luglio quale sarebbe stato il loro destino!
I più bravi CFO si erano coperti con prodotti derivati per il 2022, ma non per il 2023.
Salvo qualche pezza messa dal governo, mentre a Berlino sono già cominciati i razionamenti, continuiamo a bearci sulle percentuali di riempimento degli stoccaggi senza spiegare ai cittadini che se dovesse fare freddo, senza il gas russo, arriveremo a malapena a fine anno.
L’anno termico inizia infatti il 1° ottobre, ed entro il 12 settembre i distributori di gas dovevano prenotare la capacità di trasporto a Snam. Ma circa un terzo, dei 70 miliardi di metri cubi che l’Italia mediamente consuma in un anno, sono ancora senza contratto.