Contatore spento

Il contatore è morto, non si rianima neppure schiacciando il bottone. I numeri del display sono illeggibili.

Se non sapete neppure dove si trova il vostro contatore,o non lo “visitate” da anni, questo articolo non fa per voi.

I contatori “intelligenti di prima generazione” sono vecchi, obsoleti, non sono mai stati omologati e forse li stiamo ancora pagando con le bollette.

Ma oltre alla luce misurano soldi e, se non riusciamo a leggerli, come facciamo ad essere certi che le bollette ci addebitino una quantità corretta di energia elettrica?

Al reclamo di un lettore del blog viene risposto così:

È evidente che il display rende solamente visibile il risultato dell’attività di misura che è esattamente quello che deve vedere il consumatore.

Il visualizzatore, o display, deve segnare e la sua “illeggibilità”, quale ne sia la causa, dovrebbe determinare l’immediato “fuori uso” del contatore. Cioè il distributore dovrebbe essere il primo ad accorgersene!

Invece nulla, nessuno lo ha previsto,tanto meno Arera,il regolatore!

Il contatore è talmente intelligente che, stando agli intervenuti, continua a lavorare e viene letto da remoto.

Ma le letture da remoto non hanno alcun valore legale.

La prova in contraddittorio tra le parti, prevista dall’art. 5, comma 2 del D.M. 21.4.2017, n.93 deve essere richiesta alla C.C.I.A.A. competente per territorio.

La stessa prova deve essere gestita da un Organismo abilitato e alla presenza di un Ispettore metrico. Inoltre la prova deve essere eseguita sul contatore “stand alone “ cioè tolto dalla rete elettrica, che non lo deve influenzare.

Alla prova, hanno facoltà di presenziare le Parti interessate alla misurazione, anche a mezzo di propri assistenti nominati allo scopo.

Dopo la teoria,la pratica: se il contatore ė spento non pagate!

Ricariche e blackout

Una colonna = un condominio

A Milano le colonne di ricarica spuntano come funghi e con l’arrivo del caldo, i milanesi si preparano ai blackout.

In attesa delle indicazioni di Arera, clamorosamente in ritardo, il remunerativo business delle stazioni di ricarica prosegue con grande soddisfazione di quelli che l’energia la vendono ma, in particolare modo, di quelli che la distribuiscono.

Per mettere a disposizione nuova potenza elettrica, che per le ricariche è tanta, bisognerebbe mettere mano alla rete di distribuzione in modo organico e previdente. Proprio per evitare che ne soffrano quelli che l’auto elettrica non ce l’hanno.

Non si installa,cioè, una colonna di ricarica della potenza di un condominio di 50 appartamenti senza capire come questa andrà ad influenzare il sistema elettrico della zona.

Se non lo si fa, o lo si fa con leggerezza, ecco i blackout per i quali il distributore l’anno scorso si scusava dando la colpa al caldo.

Senza considerare che parte dei costi non può che scivolare nelle bollette anche dei consumatori che con le ricariche delle macchine elettriche non hanno nulla da spartire.

Chi paga la connessione delle stazioni di ricarica alla rete di distribuzione? Non sarebbe stato meglio rinnovare la rete prima di installare le stazioni di ricarica? Qual’è il criterio del loro posizionamento? È vero che chiunque può chiederne l’installazione?

Le ricariche sono di tipo diverso, il suolo è pubblico e il suo utilizzo dovrebbe essere regolato. E non si sa neppure come viene effettuata la misurazione.

Questo succede a Milano ma nel resto del paese si segue lo stesso non-criterio?

Perché l’energia elettrica é così cara?

Il mercato del gas:una tragedia!

Il mercato a “prezzo marginale” dell’energia elettrica funziona così: in un grande magazzino scegliamo calze, mutande, camicie, maglioni e, alla fine,un cappotto da 1000€.

Alla cassa ci fanno pagare tutti pezzi a 1000€, anche le mutande! Cioè da un anno paghiamo l’energia elettrica come se fosse prodotta tutta con il gas.

Gas che è aumentato anche di dieci volte!

Il governo dei “ migliori”non si é accorto di cosa stava succedendo, già ad ottobre del 2021, e tra “le bollette che sarebbero calate a marzo“ di Cingolani e “ la pace o condizionatori” di Draghi, nessuno ha fatto nulla.

Ci sono voluti mesi e il recupero disperato con la tassa sugli extra-profitti, dai risultati piuttosto deludenti.

Nel dubbio, Enel ha chiesto al governo 16 miliardi di finanziamento, il 70% garantito dallo stato, forse proprio per pagare parte della tassa, nel caso fosse costretta.

Per avere un’idea di quanto sia costata la “disattenzione” del governo dei migliori, facciamo quattro conti, partendo dal 2021:

Gli speculatori entrano in azione in estate quando i “migliori” sono già in vacanza.

Il PUN di dicembre è quattro volte e mezzo quello di gennaio, mancano ancora due mesi alla guerra ma il governo ci mette solo qualche pezza.

Ad agosto, quindi molto prima della guerra, il PUN a 112 €/MWh, quasi il doppio di gennaio e a settembre gli indici futuri di marzo a sei mesi esplodevano.

Noi non sappiamo a quale prezzo sia stata venduta l’energia elettrica non prodotta con il gas, ma sappiamo che vale poco meno della metà di tutta quella prodotta in Italia.

Sicuramente é stata venduta ad un prezzo inferiore al massimo prezzo pagato dal mercato ed é stata acquistata per prima, perchè cosi funziona.

Nulla dovrebbe essere cambiato dopo la crisi russa. Quindi tutto fa supporre che i produttori del 46 % del totale ( percentuale esatta del non prodotto con il gas ) per correttezza avrebbero dovuto continuare a offrire a 112, il prezzo di agosto.

Con la guerra il PUN prende il volo, raggiungendo punte di 441 a luglio, 543 ad agosto e 430 settembre, con una media da giugno a settembre di 421, mandando al collasso il sistema industriale.

Oggi possiamo indicarlo prudenzialmente a 350 €/MWh.

Tentando una valutazione su base annua e sapendo che, grosso modo, il consumo annuo in Italia é di 300 miliardi di kWh e stimando un PUN medio annuale di 350€ /MWh €, il 46% di 300 miliardi equivale a 138 miliardi di kWh e cioé 138 milioni di MWh.

138 milioni MWh moltiplicati per 238 € – cioè la differenza tra 350 € e 112€ – fanno 33 miliardi di euro, ed è una valutazione per difetto perché partiamo da agosto ‘21.

Un governo attento avrebbe dovuto accorgersi molto prima che, senza il gas russo, bisognava correggere e che l’emergenza stava arricchendo la banda dei “cassieri“( quelli del cappotto) che hanno sempre avuto la possibilità di “coprirsi” con gli acquisti a termine di gas.

Invece di tentare voli pindarici sul CAP del prezzo del gas, a livello europeo, tentativi che sono destinati a fallire, bastava disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, ma forse i “cassieri” erano contrari.

Con il risultato che non é stato fatto nulla, se non rincorrere la crisi su fronti sbagliati e cioè cercando il gas all’estero e aiutare il popolo dei consumatori a pagare i “cassieri”.

Conoscere e limitare i consumi

Consigli pratici

In attesa dei razionamenti, qualche consiglio pratico:

  1. Sapere quanto consumate, in kWh e m3 di gas. Leggere i contatori;
  2. Confrontare i numeri dei contatori con quelli delle bollette;
  3. Limitare la potenza contrattuale impegnata: una famiglia di quattro persone deve imporsi una potenza massima di 3 kW, utilizzando un elettrodomestico alla volta;
  4. Non cambiare fornitore senza capire tutte le condizioni che vi offre. Evitare fornitori non referenziati;
  5. Non comunicare mai al telefono, o compilare moduli sulle piattaforme internet, con i dati sensibili delle vostre forniture che sono il numero di POD per la luce e il PDR per il gas;
  6. Annullare l’addebito diretto in banca;
  7. Dovete verificare tutti i termostati di casa, dal boiler dell’acqua calda al frigorifero e alle valvole termostatiche dei termosifoni;
  8. In cucina utilizzare piastre a induzione;
  9. Usare lampade a led e spegnere tutti gli apparecchi elettronici in stand-by, dal televisore allo stereo, dai computers alla Wi-Fi etc.
  10. Spegnere sempre la luce se non serve;
  11. Sostituire tutti i vecchi elettrodomestici energivori con i nuovi A++, utilizzare programmi eco sui nuovi e a pieno carico.

Quelli che il fotovoltaico

Nessun incentivo se l’impianto fotovoltaico è incompleto e se non è collegato alla rete. Cioè, se non produce, non riceve incentivi.

Dovrebbe essere scontato, visto che gli incentivi ci vengono richiesti ad ogni bolletta con la voce “oneri di sistema” eppure ci vuole il tribunale e poi il Consiglio di Stato.

Gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, come quelli fotovoltaici, per accedere agli incentivi devono essere completi in ogni loro componente e idonei a erogare energia, a prescindere dall’effettivo collegamento alla rete elettrica nazionale, rilevando solo la capacità a produrre e immettere in rete l’intera potenza per la quale l’impianto è stato dimensionato e autorizzato dallo Stato.

Alla luce delle conclusioni del perito tecnico, il Collegio ha rilevato che l’accertata carenza dei cavi di collegamento, seppure limitata a una parte minoritaria dell’impianto e non essenziale da un punto di vista tecnico, per il potenziale collegamento alla rete e la effettiva entrata in esercizio, provoca una parziale riduzione della capacità produttiva di energia elettrica dell’impianto, che non può generare tutta la potenza prevista e autorizzata, in relazione al dimensionamento della struttura.

Impianto concluso

Per i giudici amministrativi, nella situazione accertata, non è possibile considerare «concluso» l’impianto, ai sensi della normativa di favore per il regime incentivante degli impianti fotovoltaici, che prescrive il completamento di tutti gli elementi previsti dal progetto oggetto di autorizzazione, alla luce dell’istanza di ammissione agli incentivi successiva alla dichiarazione di fine lavori, fondata sulla «promessa» di produzione di un dato quantitativo di energia elettrica, rilevando qualsiasi difformità o necessità di lavori o interventi ulteriori e successivi, a eccezione di quelli finalizzati a produrre una potenza superiore a quella autorizzata.

Obiettivi del meccanismo di incentivazione

A tale conclusione giunge il Consiglio di Stato sottolineando come il meccanismo di incentivazione delle fonti rinnovabili sia motivato non soltanto da finalità ambientali, come la produzione di energia pulita, ma anche dall’aumento dell’autosufficienza energetica nazionale, con la garanzia dell’apporto alla rete di un determinato quantitativo promesso dagli operatori in sede di autorizzazione progettuale e di accesso agli incentivi; gli operatori devono, quindi, assicurare non soltanto la «presenza fisica» dell’impianto di produzione di energia elettrica entro una certa data, ma anche la capacità potenziale di sfruttamento tramite allaccio alla rete.

Conclusione

Appare quindi, pienamente legittimo e privo, in tali situazioni, di alcun margine di valutazione discrezionale, il provvedimento del GSE di revoca degli incentivi a suo tempo riconosciuti al gestore dell’impianto, data l’accertata carenza di alcuni cavi di collegamento dei quadri elettrici, tale da ridurre la capacità di erogazione e immissione nella rete nazionale da parte della struttura rispetto a quanto autorizzato.

Misurare gas

Alla canna del gas

Ci voleva la guerra per ricordarci che dipendevamo dal gas russo, sempre disponibile e a buon mercato, e che abbiamo lasciato sotto terra il nostro.

Il governo è andato a cercarne in giro per il mondo, convinto di trovarne nel giro di pochi mesi.

Per fortuna ha fatto caldo e il gas russo è stato quasi tutto sostituito dal gas proveniente da altri paesi; abbiamo pagato comunque qualche bolletta da capogiro e adesso aspettiamo gli eventi.

Proprio perché c’è meno gas sarebbe finalmente il caso di mettere un po’ d’ordine nella misurazione del gas, alla ricerca di quello che non viene misurato, o di quello che viene misurato male.

Ci sono infatti tre buchi neri nella filiera: l’unità di misura, il potere calorifico e i sistemi di misurazione:

1) Le bollette fatturano Sm3 – standard metri cubi. Lo Sm3 non è un’unità di misura legale. L’unità di misura legale è il m3. Il gas all’ingrosso si paga in MWh. In tutta Europa le bollette addebitano kWh. In Italia lo Sm3 viene definito sulle bollette “unità di fatturazione” che invece é l’euro.

2) Il PCS – potere calorifico superiore – del gas viene stabilito da Snam Rete Gas controllata da CDP, che è anche azionista di riferimento di ENI.

3) I sistemi di misurazione del gas, installati all’arrivo dei gasdotti in Italia, sono stati sottratti ai controlli della Metrologa Legale. L’inchiesta della Procura di Milano del 2008 é stata bloccata da un decreto, poi convertito in legge, che non ha risolto il problema. La legge è infatti in contrasto con la Direttiva 2004/22/CE, recepita in Italia nel 2007.

Questi buchi neri risalgono al 1997 e la responsabilità é del ministero, che ora si chiama MASE.

Quanto gas non misurato circola in Italia?

Claudio Capozza – Edoardo Beltrame

Il salvataggio tedesco

I tedeschi hanno fatto sempre sul serio

Il governo tedesco ha deciso, già da ottobre scorso, di aiutare le industrie e i consumatori con un piano di emergenza sull’energia da duecento miliardi di euro.

Per quasi un decennio, mentre noi spendevamo a destra e a manca, i tedeschi hanno accumulato soldi; soldi che avrebbero dovuto restituire, come prevedono i regolamenti europei, ma nessuno ha insistito più di tanto perché la Merkel teneva buoni i russi.

Il piano tedesco è tanto semplice quanto efficace: ti premio se risparmi energia e funziona così:

L’origine del TTF

Perché paghiamo il gas con il TTF

TTF è l’acronimo di Title Transfer Facility, un indice regionale, l’Europa, trattato alla borsa olandese. Non è un prezzo, non é il prezzo del gas fisico ma un indice e, come tale, ci si può scommettere e speculare. Un indice estremamente volatile che rappresenta una minima percentuale degli scambi europei di gas.

Non essersi accorti in tempo che con il TTF, e la guerra in Ucraina, si andava a sbattere é stato devastante. Peraltro bisogna anche riconoscere che per dieci anni é andata bene ma non sapremo mai quanto gas é entrato in Italia, in forza dei contratti takeorpay con i russi o con il TTF. Sappiamo però che il GNL americano é stato pagato con il TTF.

Questo l’andamento dell’indice!

La brillante idea di utilizzare il TTF venne a Paolo Scaroni, nel 2012, quando era amministratore delegato di ENI e al governo c’erano gli altri tecnici, quelli di Mario Monti.

L’inverno precedente era stato piuttosto complicato : a febbraio non arrivava il gas russo, faceva molto freddo e gli stoccaggi erano vuoti.

I tecnici, che di gas e di energia – al Mise c’era il banchiere Passera – capivano poco o nulla, andarono nel panico e fecero riaccendere anche le vecchie centrali termiche a olio combustibile, che rimasero a disposizione, anche senza produrre,fino a luglio, per la gioia dei consumatori che se le ritrovarono in bolletta.

Il comunicato che segue é del 10 ottobre 2012

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ROMA ( Reuters ) – L’Eni sta valutando l’eventualità di non rinnovare i contratti di approvvigionamento “take or pay” divenuti troppo onerosi, ma considerando il tema della sicurezza nazionale nell’approvvigionamento ha avviato su questo dossier un confronto con il governo e l’Autorità per l’energia.

Lo ha detto l’Ad della società Paolo Scaroni nel corso di una audizione in commissione Industria del Senato.

“Possiamo come Eni tentare di non rinnovare i contratti take or pay e risolvere quelli ancora in vigore perché divenuti eccessivamente onerosi.

Avremmo un netto miglioramento della nostra performance sia economica sia finanziaria abdicando al ruolo di fornitore di ultima istanza che ci viene attribuito per ragioni storiche”, ha detto Scaroni nel corso della sua introduzione all’audizione.

Per take or pay si intente la clausola inclusa nei contratti di acquisto di gas naturale in base alla quale l’acquirente è tenuto a corrispondere comunque, interamente o parzialmente, il prezzo di una quantità minima di gas prevista dal contratto, anche nell’eventualità che non la ritiri.

L’Ad ha proseguito che “oppure potremmo rinegoziare i contratti di lungo termine ma in questo caso la componente di sicurezza di approvvigionamento dovrebbe essere valorizzata. L’Eni ha già avviato un confronto sul tema con il ministero dell’Economia, il ministero dello sviluppo e l’Autorità per l’energia e il gas”.

Scaroni ha detto che i contratti in scadenza sono quelli con Norvegia e Olanda mentre quelli che si stanno rinegoziando sono con Russia e Algeria.

L’Ad ha precisato che “sono contratti nati negli anni 80 e oggi vorrei cercare di cancellarli”, ma in questo modo “si priverebbe il Paese della sicurezza nell’approvvigionamento”.

“Il capacity payment è quello che riconosce il valore alla sicurezza dell’approvvigionamento e quindi quello potrebbe essere una risposta. Possono essercene delle altre. Io credo che ci chiariremo le idee nei prossimi mesi proprio in questo dialogo con i ministeri e l’Autorità”, ha spiegato Scaroni.

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Alcune osservazioni:

1) che i contratti con i russi fossero diventati “troppo onerosi” lo sapeva solo ENI, e lo credettero i tecnici, senza poter controllare, perché i contratti erano e restano segreti!

3) non é mai stato chiaro se il “troppo oneroso“ si riferisca all’ENI o all’Italia. Ambiguità confermata dalla questua di gas dello scorso anno in giro per il mondo, con i ministri sempre al traino di ENI;

2) Le condizioni dei contratti take-or-pay sono appunto segrete ma si ipotizza che il prezzo del gas sia, in qualche modo, legato a prezzo del petrolio, molto più stabile di un indice come il TTF;

4) le forniture di gas russo sono sempre state essenziali per la sicurezza nazionale. Lo erano nel 2012, lo sono rimaste dopo l’invasione della Crimea nel 2014 e anche durante l’invasione dell’Ucraina. I contratti quindi erano e restano validi, ma chi può verificarlo?

5) nel 2012, cioè 12 anni dopo il decreto Letta – liberalizzazione del mercato del gas – ENI restava il fornitore “storico” di ultima istanza al quale competeva la sicurezza nazionale che Scaroni, voleva maggiormente valorizzata per riempire gli stoccaggi;

6) la Russia ha avuto quasi un anno per prefinanziarsi la guerra in Ucraina con il TTF (vedi grafico) mentre norvegesi e olandesi, sponsor del TTF, diventavano ricchi come i sauditi;

7) la domanda attuale di gas é crollata anche perché la speculazione sul TTF é per ora sospesa e ha lasciato il posto al mercato del gas “fisico”, che sembra non volere più nessuno. Il TTF vale comunque il doppio dell’estate 2021.

Una bolletta francese

I francesi pagano molto meno

La bolletta francese é semplice e sarebbe semplice adottarla da subito anche in Italia. Basterebbe chiedersi a chi serve una bolletta e quali sono le informazioni essenziali che una bolletta deve dare.

Un criterio logico che Arera, il nostro regolatore, ignora volutamente da decenni: la bolletta italiana deve essere complicata proprio perché nessuno la legga! Sembra uno scherzo ma é così!

In Francia é sufficiente mezza pagina per dare all’utente tutte le informazioni vuole: quanto consuma e quanto paga.

In questo caso sono 82,42 € per 343 kVA!

In Francia si pagano i kVA, in italia i kWh. Bisogna però fare attenzione perché, da poco, una sezione della bolletta italiana é dedicata alla potenza reattiva che, se rientra in certi parametri, é gratuita.

Il prezzo lordo francese é di 24 centesimi/kVA, dei quali 13,74 per la materia prima. La potenza contrattuale in questo caso é di 6 kVA, il doppio di quella dell’utente domestico tipo italiano.

Nella bolletta sono inoltre inclusi due mesi di trasporto in abbonamento (fissi). Le tasse pesano per il 12% e l’IVA per il 10%

Devastante il confronto con le nostre bollette, nella forma e nella sostanza. Nello stesso periodo la materia prima in italia costava più del doppio.

TAP e dintorni

Di chi é il gas dei gasdotti?

TAP é una infrastruttura, un tubo che trasporta gas di terzi.

I contratti del gas sono noti solamente a quelli che li sottoscrivono.

Nessuno può dire quanto gas si fermi in Italia anche perché con la legge n. 96 del 20.11.2009, l’Italia ha sottratto alla metrologia legale i sistemi di misura del gas installati all’ingresso/uscita del paese “al fine di semplificare gli scambi del gas”.

La legge é quindi lesiva della Direttiva 2004/22/CE del 31 marzo 2004.

Infrazione comunitaria a parte, il risultato é che l’Italia non possiede il dato legale della movimentazione del gas naturale, in entrata e uscita.

Quanto é valido,quindi, il dato trasmesso dagli importatori all’Agenzia delle dogane?

I soci di TAP sono: BP (20%), SOCAR (20%), SNAM (20%), Fluxys (19%), ENAGAS (16%), AXPO (5%) e la portata teorica totale annua del tubo é di 10/11 miliardi di m3. La quota di Snam, ammesso che Snam riservi il gas all’Italia, di un paio di miliardi di m3.

Quindi non conosciamo il volume del gas che entra ma in compenso il prezzo sembra di affezione come pubblica il sole24ore di oggi.

Un prezzo talmente alto che sembra ampiamente giustificare i viaggi della speranza del governo dei migliori in Azerbaijan. Basta fare una divisione per capire che qualcuno ci marcia,e tanto!

Altro problema: perché in Europa il gas si negozia e si misura in €/MWh, un’unità di misura legale e, quando entra in Italia, si misura in standard metri cubi (smc), un unità di misura che legale non é? In base a quale legge?

In base all’allegato A della Delibera ARG/gas 155/08 di ARERA, il gas non viene misurato in metri cubi, come previsto dalla Direttiva comunitaria in materia di unitá di misura, ma in in Smc (Standard metri cubi).

Sulle bollette lo Smc è definita come “unità di fatturazione” ma l’unità di fatturazione non é l’euro?

Comunque, siccome la Direttiva sulle unità di misura legali non prevede lo Standard metro cubo, il suo uso è illegale e titolo per l’applicazione di una sanzione.

In un settore strategico, come quello dell’energia prodotta essenzialmente con il gas, il dato delle quantità movimentate non é legale e invece di mettere a posto la faccenda, che potrebbe nascondere volumi di gas non indifferenti, andiamo ad elemosinare gas all’estero?

Claudio Capozza – Edoardo Beltrame

La “soap opera” dei contatori

I contatori? Non si sa cosa sono!

Bisognerebbe capire cosa sia andato storto nel processo di liberalizzazione del mercato elettrico, invece di sentirsi dire da ventiquattro anni che deve essere completato. Il decreto Bersani del 1999 é diventato legge nel 2007.

Ad esempio, i contatori sono fabbricati da Enel, sono gestiti da Enel e misurano energia elettrica, prodotta da Enel e distribuita da Enel, in concessione fino al 2030.

Anche se i nomi degli attori cambiano, la commedia resta sempre la stessa: dopo 15 anni c’è ancora il mercato tutelato, controllato da SEN, che è di nuovo Enel.

Una ventennale “soap opera” come la definì Davide Crippa, quando era ancora all’opposizione, prima di diventare sottosegretario del MISE del governo Conte 2.

Crippa pubblicó questo interessante intervento sulla piattaforma del M5S, che poi venne cancellato per finire nel dimenticatoio, assieme allo stesso Crippa.

Recuperato il post e premesso che:

  • la metrologia legale – che tutela la fede pubblica nelle transazioni commerciali che utilizzano strumenti di misura – compete unicamente al Ministero dello Sviluppo Economico;
  • prosegue la sostituzione di decine di milioni di contatori;
  • la sostituzione viene imposta ai consumatori in forza a delibere di Arera ma in assenza di pronunciamenti del MISE;
  • i misuratori, una volta installati, diventano parte integrante di un sistema che permette ai distributori di “gestirli” illegalmente da remoto;
  • il sistema, inteso come misuratore in campo, più la struttura della sua gestione da remoto, predisposta presso i centri operativi dei distributori, non è mai stato legalizzato dal MISE;
  • la gestione da remoto dei misuratori è espressamente vietata dal D.Lgs. 22.2.2007, n.22: non è ammesso cioè modificare da remoto le variabili metrologiche che concorrono alla formazione del dato di consumo;
  • lo stesso D.Lgs stabilisce che l’unico dato legalmente valido della transazione è quello che si forma sul posto e non quello letto da remoto.

Non si comprende perché i consumatori debbano pagare sistemi di misurazione non trasparenti e quantità di energia elettrica misurate dagli stessi.

Per come è stato predisposto, il sistema é molto più utile ai distributori che ai consumatori: i nuovi contatori dovrebbero facilitare i consumatori nella rilevazione dei propri consumi, e invece molto complicati e, proprio per questa ragione, non conformi alla legge.

Gestendoli da remoto, i distributori potranno raccogliere e utilizzare una notevole serie di dati sensibili, mettendoli a disposizione delle società di vendita collegate.

Alla sostituzione dei contatori, infatti, non viene richiesto alcun assenso per la privacy e sul mercato nero dei dati un contratto residenziale – gas e luce – vale 200€.

Tenuto conto che la quasi totalità dei contatori è fabbricata da Enel, e che milioni di clienti dovranno passare da SEN al mercato libero, la posizione dominante del gruppo non potrà, in questo modo, che rafforzarsi.

Oneri di sistema

A meno di colpi di scena, gli oneri di sistema, che il governo Draghi aveva sospeso,verranno reintrodotti in bolletta dal prossimo aprile; bolletta che aumenterà mediamente del 20%.

“Con le bollette dell’energia elettrica, oltre ai servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), ai servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore) e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi.
Negli ultimi anni, gli oneri generali di sistema hanno rappresentato una quota crescente e sempre più significativa della spesa totale annua di energia elettrica degli utenti finali.Gli oneri generali sono applicati come maggiorazione della tariffa di distribuzione, (quindi all’interno dei servizi di rete), in maniera differenziata per tipologia di utenza.”

Come se fossero bancomat, nelle bollette sono state aggiunte, negli anni, voci di costo che con l’energia non avevano nulla a che vedere ma servivano, di volta in volta, a coprire i buchi di Alitalia, Ilva, Alcoa, Gala e GreenNetwork, solo per citarne alcuni.

Gli ODS sono diventati così imposizioni para-fiscali e, come tali, dovrebbero essere scaricate su tutti i cittadini, e non solamente sui consumatori. Che poi ci pagano sopra anche tasse e IVA!

Un gioco da ragazzi: governo e parlamento decidevano quali “amici” salvare e incaricavano Arera di spalmare il tutto nelle bollette.

Tutto é filato liscio per anni ma poi, quando la voce “materia prima” é esplosa, il governo ha dovuto sospendere tutte le altre voci!

Tutto funziona poi quando tutti pagano le bollette; quando qualcuno non lo fa, i fornitori raccontano al giudice che non possono rispondere loro del mancato pagamento degli oneri da parte dei loro clienti. Gli ODS vengono incassati infatti dal distributore,che li gira al GSE.

L’ordinanza della Cassazione dà poi ragione ai fornitori mentre il consumatore paga senza aver visto, alcun beneficio.

Non ha mai visto cioè la tariffa ridursi perché in Italia si produce più energia rinnovabile!

In una memoria di Arera, presentata alla commissione d’inchiesta della Camera sui diritti del consumatore, è scritto:

Inoltre, la catena di esazione di tali componenti, che passa attraverso le società di vendita, comporta la presenza di rischi di controparte di complessa gestione, che hanno portato all’esigenza di socializzare importi rilevanti corrispondenti ad insoluti all’interno della medesima catena. Ciò in particolare alla luce delle sentenze della giustizia amministrativa, che hanno limitato la responsabilità delle società di vendita in relazione al versamento degli oneri in caso di insoluti del cliente finale”

Socializzare oneri para-fiscali, derivanti dalla morosità di quelli che non pagano le bollette, sulla platea di quelli la pagano non é equo e senz’altro non rientra nelle competenze di Arera.

La crisi energetica ha portato alla sospensione degli oneri di sistema che adesso verranno semplicemente rimessi? Senza discuterne?

La lettura dei contatori

Misurano quando vogliono: quasi mai!

Per rendere operativo il periodo di prescrizione – possono venire richiesti pagamenti solo per gli ultimi due anni di consumo – ARERA emette un documento di consultazione che a pag.21 “dequalifica gli smart meters” il cui funzionamento, per come era stato promesso, è tutt’altro che smart.

I consumatori pagano con la bolletta il servizio di lettura dei contatori, eppure le bollette addebitano consumi stimati, che sono sempre maggiori di quelli effettivi. 

Anche quando il consumatore comunica l’auto-lettura, il fornitore attende per mesi la conferma del distributore e, nel frattempo, continua a fatturare consumi stimati.

Il bollettone di conguaglio arriva quando il distributore finalmente legge il contatore, trova sempre qualcosa che non va e ricostruisce unilateralmente lo storico dei consumi elencando letture, presunte o meno, che risalgono magari a otto anni prima.

Con il bollettone arriva anche la proposta di dilazionarne il pagamento, cosa che tutti accettano senza sapere che i contratti impongono al distributore di leggere il contatore a scadenze precise.

Arera ha però inventato il tentativo di lettura che non va mai a buon fine per la gioia di tutta la filiera, meno che di quella dell’utente, il quale scopre che otto anni prima, il 15 agosto avevano tentato di leggergli il contatore!

Se poi il consumatore decide di cambiare fornitore é il delirio: il fornitore subentrante chiede al distributore di leggere il contatore, quello non lo fa e così, per mesi, arrivano bollette sia del vecchio che del nuovo fornitore, che a sua volta fattura consumi stimati.

É tutto questo perché nei contratti non é prevista una lettura di inizio fornitura!

Invece di ridurre il periodo di prescrizione, sarebbe stato molto più utile limitare tassativamente il numero delle bollette di acconto ( una all’anno) imponendo ai distributori di rendere il servizio per il quale sono profumatamente pagati.

Con il provvedimento si procrastina invece una situazione scandalosa, aggravata dal fatto che con i nuovi contatori la lettura dovrebbe essere effettuata in tempo reale, il che ovviamente non é vero, in attesa che i contatori siano tutti attrezzati mentre, con la delibera, si concedono due anni per non farlo.

Ma come mai i fornitori possono attendere anni per fatturare ingenti partite economi che restano in sospensione di accisa e imposte ai danni dello Stato? 

Due pesi e due misure

A chi fa comodo la doppia misurazione?

Poco meno quanto?

Grazie alla crisi energetica tutti ormai hanno imparato che il gas viene trattato in Europa a MWh – megawattora – ma quando il gas entra quando in Italia, come per incanto, l’unità di misura cambia!

Così, quando viene prelevato dagli stoccaggi, o su una qualsiasi bolletta, il gas si paga in standard metri cubi oppure metri cubi standard (smc)

In forza a quale legge un’unità di misura scientifica, che non è mai stata legalizzata, può essere utilizzata in una transazione commerciale, che esige strumenti legali e unità di misura legali?

Non esiste alcuna legge che possa rendere legale un unità di misura che non lo é, come non esiste alcuna legge in grado che abbia di rendere legale uno strumento che non lo é.

Se in Germania lo standard metro cubo è stato legalizzato, in Italia non solo lo standard metro cubo non é un’unità di misura legale ma neppure i sistemi di misura che lo rilevano sono stati omologati.

Sono omologate solamente alcune parti dei sistemi di misura ma non il sistema completo che li comprende, e il sistema produce standard metri cubi.

La domanda é scontata: perché e a vantaggio questa idiozia?

Di solito siamo attenti alla pompa di benzina, al contatore in casa, alla bilancia del salumiere ma per la misurazione del gas accettiamo una farsa che dura da decenni.

Quante centinaia di milioni di metri cubi ballano, e a vantaggio di chi?

Occhio al canone Rai

Perché pagarlo con la luce?

Dal 2015 le bollette della luce addebitano il canone della RAI: nove euro al mese per dieci mesi, da gennaio a ottobre.

Dovete verificare che il canone vi sia stato addebitato e dovete conservare tutte le bollette per provare che lo avete pagato al vostro fornitore di energia elettrica.

Ma se lui poi non lo paga cosa succede?

Una volta incassato, il vostro fornitore deve infatti girarli per vostro conto all’Agenzia delle Entrate, segnalando il numero POD della vostra utenza presso la vostra residenza e il relativo codice fiscale.

Ma numerosi lettori segnalano di aver ricevuto una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate, alla quale il pagamento del canone non risulta.

Per evitare sorprese, dovreste verificare prima di tutto che il canone sia stato correttamente addebitato. La confusione é tale che qualche fornitore se lo dimentica, per sembrare più “competitivo“.

Se non trovate il cartaceo delle bollette dovreste poterle scaricare dal sito del fornitore e comunque le bollette vanno conservate per dieci anni.

La brillante idea di scaricare il canone RAI in bolletta venne al governo Renzi  nel dicembre del 2015 e l’Autorità dell’Energia si limitò a disquisizioni teoriche.

Era il tempo della caccia agli evasori del canone: grande impatto mediatico, pochi risultati e, come prevedibile, notevoli problemi nella messa a punto della procedura.

A sette anni dall’entrata in vigore del provvedimento, che è il tempo necessario per capire come le cose in Italia non funzionano, arrivano le prime comunicazioni dell’Agenzia, alle quali seguiranno le cartelle esattoriali con la richiesta di pagamento.

Il consumatore dovrà quindi dimostrare di aver pagato il canone ammesso, ovviamente, che il suo fornitore glielo abbia addebitato con la bolletta e poi regolarmente girato all’Agenzia delle Entrate

Siccome sono pochi quelli che verificano le bollette, se non c’è stato addebito, la richiesta dell’Agenzia è corretta.

Ma anche se l’utente ha pagato, il consumatore deve sperare che il fornitore abbia fatto il suo dovere e tra le centinaia di sconosciuti fornitori che operano nel mercato, ci saranno sicuramente i furbi che non l’hanno fatto.

Se poi il consumatore ha cambiato fornitore o magari più fornitori, il controllo sarà ancora più complicato. 

Stesso problema se su quel POD è subentrato un altro utente.

Le ultime proposte di subentro pubblicizzano “il canone RAI ve lo paghiamo noi “, e magari, dopo tre anni, scoprirete che non era vero.

#canonerai

 

 

 

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