Misurare gas

Alla canna del gas

Ci voleva la guerra per ricordarci che dipendevamo dal gas russo, sempre disponibile e a buon mercato, e che abbiamo lasciato sotto terra il nostro.

Il governo è andato a cercarne in giro per il mondo, convinto di trovarne nel giro di pochi mesi.

Per fortuna ha fatto caldo e il gas russo è stato quasi tutto sostituito dal gas proveniente da altri paesi; abbiamo pagato comunque qualche bolletta da capogiro e adesso aspettiamo gli eventi.

Proprio perché c’è meno gas sarebbe finalmente il caso di mettere un po’ d’ordine nella misurazione del gas, alla ricerca di quello che non viene misurato, o di quello che viene misurato male.

Ci sono infatti tre buchi neri nella filiera: l’unità di misura, il potere calorifico e i sistemi di misurazione:

1) Le bollette fatturano Sm3 – standard metri cubi. Lo Sm3 non è un’unità di misura legale. L’unità di misura legale è il m3. Il gas all’ingrosso si paga in MWh. In tutta Europa le bollette addebitano kWh. In Italia lo Sm3 viene definito sulle bollette “unità di fatturazione” che invece é l’euro.

2) Il PCS – potere calorifico superiore – del gas viene stabilito da Snam Rete Gas controllata da CDP, che è anche azionista di riferimento di ENI.

3) I sistemi di misurazione del gas, installati all’arrivo dei gasdotti in Italia, sono stati sottratti ai controlli della Metrologa Legale. L’inchiesta della Procura di Milano del 2008 é stata bloccata da un decreto, poi convertito in legge, che non ha risolto il problema. La legge è infatti in contrasto con la Direttiva 2004/22/CE, recepita in Italia nel 2007.

Questi buchi neri risalgono al 1997 e la responsabilità é del ministero, che ora si chiama MASE.

Quanto gas non misurato circola in Italia?

Claudio Capozza – Edoardo Beltrame

Sicurezza per decreto

La sicurezza degli impianti che trattano sostanze pericolose è fondamentale per la salute dei cittadini e, se a seguito dell’incidente di Seveso, la legge che ne prende il nome impone determinate regole, non ci si può permettere di interpretarle.

Non si può cioè disquisire su cos’è  uno stabilimento, o un’officina di gas, concludendo che un’area di dodici ettari è assimilabile a un tubo interrato. E’ pacifico che non si tratta di un tubo interrato e non c’è legge, o decreto che possano provare il contrario.

E’ quanto invece potrebbe accadere a Meledugno, in Puglia, dove dovrà essere costruita la stazione di ricevimento del gas che proviene dalla Grecia, attraverso la TAP,  la pipeline che collegherà l’Italia all’Azerbajian.

Stando al progetto, la stazione sarà composta da due parti distinte e contigue, una di competenza e gestione di TAP, la società che gestirà il gasdotto,e l’altra di Snam Rete Gas.

La perizia depositata dagli esperti conclude che la stazione, nella sua interezza, non deve sottostare alla legge Seveso perché le due parti che la compongono trattano quantità di gas che, singolarmente, non eccedono i limiti imposti dalla legge.

Non va cioè tenuta in considerazione la potenziale pericolosità dell’intera stazione, ma quella di ognuna delle due parti che la compongono e quindi, uno più uno fa uno e non due.

Per avvalorare la tesi, le cui ragioni restano ignote e oggettivamente  incomprensibili, la perizia prende in considerazioni le tonnellate di gas che, proprio per evitare l’applicazione della legge Seveso, non devono superare il limite di 50.

Non bisogna essere degli esperti per calcolare che l’intera stazione tratterà volumi di gas nettamente superiori alle 50 tonnellate, ma quello che sembra invece prevalere è un decreto e un giudice dovrà quindi decidere, non sulla potenziale pericolosità dell’impianto, ma se il decreto viene rispettato.

Qui non c’entra essere a favore o contro la TAP, non c’entrano ulivi o posidonie: se un area di dodici ettari è potenzialmente pericolosa, a prescindere dalle più fantasiose interpretazioni, dovrebbero essere messe in atto tutte le regole che garantiscono la sicurezza della popolazione.

Se la legge Seveso, nata dopo una tragedia come quella da cui prende il nome, è stata promulgata propio per evitarne altre, andrebbe applicata senza la necessità di interpretarla.

 

I signori dell’energia: i truffatori 

Il caso Marenco prima, e il caso Giuli poi, provano come sia facile rubare al sistema del gas.

Come sia stato possibile prelevare per anni gas dagli stoccaggi strategici senza dare le garanzie di pagamento più non può essere un mistero ma é senz’altro uno scandalo.

Il costo degli stoccaggi strategici é a carico dei consumatori che, con le bollette, pagano anche la disponibilità di gas nei casi di emergenza, come può essere, ad esempio, un ondata di gelo.

Com’è possibile fare buchi di miliardi di euro, oltre a centinaia di milioni di accise e di IVA sottratti allo Stato, prima di accorgersi che c’è qualcuno che fa il furbo? 

Oltre agli stoccaggi strategici, il consumatore paga con la bolletta anche il corrispettivo CVbl per sistemare parte delle magagne della rete, dagli sbilanciamenti ai buchi dei truffatori.

Un millesimo di euro al metrocubo, per sessanta milioni all’anno.

 

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