Autovelox ed etilometri sono strumenti di misura?
Gli Autovelox sono finalizzati all’accertamento della velocità di un’autovettura; gli etilometri quello del tasso alcolemico del sangue di chi la guida.
La Velocità (V) è il rapporto tra lo spazio (S), misurato in metri (m), ed il tempo (T), misurato in secondi (s), impiegato a coprire quello spazio.
Il tasso alcolemico è il rapporto percentuale tra il peso dell’alcool presente nel campione di sangue del soggetto in esame e il volume, espresso in litri dello stesso.
Un trattato, sottoscritto da diciassette stati, il 20 maggio 1875, ha stabilito le linee guida da seguire per determinare le unità di misura e l’Italia è uno dei sottoscrittori.
L’Unione Europea, con la direttiva 80/181/CEE “Per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura”, stabiliva le unità di misura,obbligatorie nel circuito economico come nei settori della sanità e della sicurezza pubblica.
La direttiva viene recepita dall’Italia con il D.P.R. 12.08-1982, n. 802 e prevede sette unità di misura, tra le quali il metro (m), e il secondo (s).
Sono anche previste unità di misura derivate, come la velocità V = S/T.
La Metrologia Legale si occupa di tutte quelle attività di misurazione, svolte con strumenti di misura, finalizzate dalle norme vigenti, al conseguimento dei c.d. scopi legali.
In materia di pesi e misure la Metrologia Legale fa riferimento al Testo Unico (TU) delle Leggi Metriche 23.8.1890, n. 7088, all’art.11 che così dispone:
“Ogni convenzione di quantità che non sia di solo denaro, anche per privata scrittura, dovrà farsi in pesi e misure legali”.
Al successivo art.12:
“I pesi e le misure e gli strumenti, usati in commercio per pesare e per misurare, sono sottoposti a due verificazioni, la prima e la periodica; nell’una e nell’altra il verificatore pone un bollo sopra ogni oggetto da lui verificato”.
Pertanto, per gli strumenti di misura impiegati per finalità fissate dalla legge, il carattere di legalità si consegue attraverso l’applicazione della Verificazione Prima e di quella Periodica: superati con buon esito le due verificazioni, l’apposizione dei bolli metrici conferisce il crisma della legalità allo strumento in parola.
I due articoli del Testo Unico sono tuttora vigenti e radicano, nel nostro ordinamento, il principio di legalità in materia di strumenti di misura.
Con l’art. 11 il legislatore prevede che, quando si conviene tra le parti – che stabiliscono nel negozio giuridico – una quantità, questa dovrà essere necessariamente determinata con strumenti di misura legali, strumenti cioè che abbiano conseguito lo stato di legalità attraverso modalità stabilite dalla legge.
L’art. 12 del T.U. 7088/1890 fa riferimento a pesi, misure e strumenti usati in commercio – cioè quelli utilizzati nell’ambito di una transazione – allo scopo di determinare la quantità della cosa da scambiarsi contro il prezzo.
L’evoluzione legislativa, comunitaria e non, ha ampliato la fascia dei beni giuridici meritevoli di tutela, oltre a quello dell’ “uso di commercio”.
Sempre con riferimento al T.U. 7088/1890, il legislatore del tempo, previde alla Tabella A, quale “Tabella dei pesi e delle misure metrico-decimali, dei loro multipli e sottomultipli: partendo dal Metro, come unitá delle misure lineari, sino al Grammo per il peso”.
La Tabella B prevede la “Tariffa dei diritti da pagarsi per la verificazione prima dei pesi e delle misure e per ogni verificazione dei misuratori del gas illuminante, e dei manometri campioni”.
La lungimiranza del legislatore del tempo – eravamo agli albori della società industriale – prevedeva agli artt. 6 e 7 -del Regolamento per la Fabbricazione degli strumenti metrici, approvato con R.D. 12.06.1902, n. 226 – la possibilità di esser ammessi negli usi di commercio, strumenti per pesare o per misurare diversi da quelli contemplati nella Tabella B annessa alla legge.
Anche per gli autovelox sarebbe stato quindi sufficiente presentare apposita domanda al Ministero dell’Industria e Commercio.
Udito il parere dell’allora Commissione Superiore metrica, sarebbe stato rilasciato il Decreto Ministeriale d’Ammissione alla Verificazione metrica ed alla legalizzazione di nuovi strumenti: ottemperando quanto previsto dagli artt. 11 e 12 del T.U. 7088/1890.
Al Ministero dell’Industria e Commercio – instituito con decreto luogotenenziale 23 febbraio 1946, n. 223, e s.m.i. , – Direzione Generale per l’armonizzazione e la tutela del mercato – è stata affidata la competenza in materia di “Metrologia e metalli preziosi”, ovvero: “Definizione delle iniziative normative, nonché studi e ricerche, nel campo della metrologia legale e della disciplina dei titoli dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, nonché Attività normativa, interpretativa e di indirizzo in materia di servizi metrici e del saggio dei metalli preziosi e relativi rapporti con le Camere di Commercio e con ogni altro organismo operante nella materia”.
Con questa procedura, e con appositi Decreti Ministeriali sono stati fabbricati, e posti in commercio, le bilance elettroniche, i distributori elettronici di carburante, i sistemi di misura per il monitoraggio della “catena del freddo” installati su mezzi mobili che trasportano alimenti surgelati ed altri strumenti di tipo elettronico.
L’emanazione dei suddetti DD.MM. competeva al Ministero dell’Industria e Commercio, divenuto poi Ministero dello Sviluppo Economico (Mi.S.E), e successivamente Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT)
I DD.MM. venivano emessi a domanda del fabbricante, e/o dell’ Importatore – erano detti anche Decreti di Ammissione o Decreti di Approvazione – e consentivano agli strumenti o ai sistemi di misura di nuovo tipo, di essere ammessi alla Verificazione prima ed alle successive.
A tale incombenza provvedevano gli Ispettori degli uffici provinciali metrici i quali, svolto l’esame di conformità alla descrizione dello strumento, contenuta nel D.M. pertinente, eseguivano le operazione dirette al riscontro dei requisiti metrologici previsti dalle norme generali per la categoria dello strumento in esame, oltre a eventuali prove specifice previste dal D.M. d’ammissione.
Ad esito positivo, l’Ispettore Metrico imprimeva sulla “targa legale” dello strumento il bollo di Verificazione Prima, determinandone la legalizzazione.
Lo strumento di misura così legalizzato poteva essere posto in commercio – e in uso di commercio – con le modalità di utilizzo e funzionamento previste dal D.M. d’ammissione in forza del quale era stato legalizzato.
Nel 1977, un’impresa italiana, mise in commercio, per la determinazione della velocità media ed istantanea degli autoveicoli, un’apparecchiatura utilizzata dagli Organi di vigilanza e controllo delle disposizioni in materia di rispetto dei limiti di velocità, previsti dal Codice della Strada all’epoca vigente.
Non si sa se sia stato rispettato il precetto normativo di cui all’art. 11 del vigente T.U. 7088/1890, trattandosi di strumento di misura destinato alla determinazione di un’unità di misura.
Ma non vi sono dubbi che si tratti di uno strumento di misura, soggetto alle disposizioni metrologiche legali previste dal più volte citato T.U. 7088/1890.
Lo strumento, denominato Autovelox, non poteva che essere di tipo Legale – ovvero conforme alle disposizioni di legge al tempo vigenti – per poter essere validamente utilizzato per l’applicazione di sanzioni, in caso di accertamenti della violazione dei limiti di velocità previsti, vigendo il principio giuridico generale che, per l’accertamento della commissione di un illecito nel quale sia necessario uno strumento di misura, lo stesso debba necessariamente essere di tipo legale.
Il Codice della strada, approvato con D. Lgs. 30.04.1992, n. 285, all’art. 45, comma 6, disponeva che: “Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all’approvazione ed omologazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione”.
Il successivo D.Lgs. 10.09.1993, n. 360, all’art.20, disponeva “All’articolo 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è apportata la seguente modificazione:
a) le parole: “ed omologazione” sono sostituite dalle seguenti: “od omologazione”.
Ciò determina, da subito, una discrasia con la formulazione finale del testo originario precedente dello stesso articolo 45, comma 6, ove la disposizione finale recita: “Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione”.
Quel che lascia fortemente perplessi è il fatto che, per la prima volta, è stata devoluta alla competenza del Ministero delle Infrastrutture e trasporti, l’approvazione “od omologazione” di tali categorie di strumenti di misura che, come detto, competeva al Mi.SE, trattandosi di strumenti di misura.
In concreto, a legislazione vigente, quando alla formulazione di provvedimenti amministrativi quali quelli della omologazione “od approvazione” degli Autovelox e/o etilometri concorre la competenza di più Amministrazioni, sarebbe stato necessario indire la c.d. Conferenza di Servizi, ciò che invece non è avvenuto.
Comunque, proseguendo nella disanima del caso, con il P.P.R. 16.12.1992, n. 495 è stato emanato il Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada.
All’art. 192 del suddetto atto, di notevole importanza sono i primi tre commi che così dispongono:
“1. Ogni volta che nel codice e nel presente regolamento è prevista la omologazione o la approvazione di segnali, di dispositivi, di apparecchiature, di mezzi tecnici per la disciplina di controllo e la regolazione del traffico, di mezzi tecnici per l’accertamento e il rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, di materiali, attrezzi o quant’altro previsto a tale scopo, di competenza del Ministero dei lavori pubblici, l’interessato deve presentare domanda, in carta legale a tale dicastero, indirizzandola all’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, corredata da una relazione tecnica sull’oggetto della richiesta, da certificazioni di enti riconosciuti o laboratori autorizzati su prove alle quali l’elemento è stato già sottoposto, nonché da ogni altro elemento di prova idoneo a dimostrare l’utilità e l’efficienza dell’oggetto di cui si chiede l’omologazione o l’approvazione e presentando almeno due prototipi dello stesso. Alla domanda deve essere allegata la ricevuta dell’avvenuto versamento dell’importo dovuto per le operazioni tecnico-amministrative ai sensi dell’articolo 405”.
“2. L’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero dei lavori pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, la rispondenza e la efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole.L’interessato è tenuto a fornire le ulteriori notizie e certificazioni che possono essere richieste nel corso dell’istruttoria amministrativa di omologazione e acconsente a che uno dei prototipi resti depositato presso l’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale”.
“3. Quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, il Ministero dei lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2.
Dall’analisi dei suddetti commi è pertanto possibile rilevare, con criterio logico-giuridico, la differenza sostanziale tra Approvazione e Omologazione.
Per Approvazione deve intendersi la procedura prevista che fa riferimento a elementi che non necessitano di specifiche caratteristiche, ovvero per i quali il Regolamento non stabilisce particolari requisiti (art. 192 comma 2^).
Da un punto di vista formale l’Approvazione è costituita da Determina Dirigenziale.
Per Omologazione deve intendersi la procedura che consente la produzione seriale di uno strumento in base ad un prototipo omologato, rappresentativo della produzione, il quale, a seguito di prove e test condotti in laboratori qualificati, dimostra la conformità alle relative norme tecniche di riferimento, sia nazionali che comunitarie, pertinenti alle specifiche funzioni svolte dallo strumento o dal sistema di cui è parte.
Da un punto di vista formale, l’omologazione si concretizza in un vero e proprio D.M. d’omologazione nel quale è descritta l’apparecchiatura cui si riferisce, unitamente all’indicazione del termine temporale di validità.
Al riguardo è illuminante la sentenza della Corte di Cassazione 10505, pubblicata il 18.04.2024 che, nelle premesse, così recita:
“E’, quindi, condivisibile la motivazione della sentenza impugnata che ha operato la distinzione tra i due procedimenti di approvazione e omologazione del prototipo, siccome aventi caratteristiche, natura e finalità diverse, poiché l’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato In laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo sviluppo economico, (e non del M.I.T. n.d.r.) nel mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o particolari prescrizioni previste dal regolamento”.
“L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che – pur essendo amministrativa (come l’approvazione) – ha anche natura necessariamente tecnica e tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato, requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento stesso, a cui pone riguardo la norma generale di cui al comma 6 dell’art. 142 c.d.s. (funzionalità che, peraltro, a fronte di contestazione del contravventore, deve essere comprovata dalla P.A. dalla quale dipende l’organo accertatore, secondo l’ormai univoca giurisprudenza di questa Corte: cfr., da ultimo, Cass. n. 14597/2021)”.
“Oltretutto, anche recentemente, è stato precisato che in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocità, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate, puntualizzandosi – si badi – che detta prova non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità né la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità e sulla stessa affidabilità dello strumento di rilevazione elettronica è ricavabiledal verbale di accertamento (cfr. Cass. n. 3335/2024)”.
Lo sconcertante quadro che si ritrae da tale situazione è che le norme che si sarebbero dovute emanare – ovvero la procedura per conseguire l’omologazione attraverso l’emanazione dei relativi DD.MM. e quelle per l’emanazione dell’Approvazione – non sono state ancora emanate.
Conseguenza diretta ed immediata di tale stato di fatto è che tutti gli Autovelox, gli Etilometri ed altre apparecchiature utilizzate per l’accertamento delle violazioni al Codice della Strada risultano non legali e gravate dal fatto di non essere commercializzabili né impiegabili per gli scopi cui sono destinate.
Con l’emanazione della direttiva comunitaria 2004/22/CE del 31.3.2004 relativa agli Strumenti di Misura – meglio conosciuta come direttiva MID (Measuring Instruments Directive) -, recepita con D.Lgs. 2.2.2007, n. 22, in vigore dal 18.3.2007, poi novellata dalla Direttiva 2014/32/UE del 26.02.2014, attuata a mezzo del D.Lgs. 19.05.201, n. 84, è stato introdotto nel vigente ordinamento, il principio dei “controlli metrologici legali”, i controlli per motivi di interesse pubblico, sanità pubblica, sicurezza pubblica, ordine pubblico, protezione dell’ambiente, imposizione di tasse e diritti, tutela dei consumatori e lealtà delle transazioni commerciali, intesi a verificare che uno strumento di misura sia in grado di svolgere le funzioni cui è destinato (art.4, comma c) della direttiva MID.
La notevole novazione introdotta dalla direttiva MID, non è pertanto incentrata sullo strumento di misura, ex se, quanto alla sua specifica destinazione d’uso; l’Allegato I dispone i Requisiti essenziali degli strumenti di misura e dieci allegati specifici determinano le caratteristiche degli strumenti per categoria.
Sia gli Autovelox, che gli Etilometri, sono strumenti finalizzati agli “scopi legali”previsti dalla direttiva MID, in quanto destinati ai controlli per motivi di interesse pubblico, sicurezza pubblica, ordine pubblico, e sono pertanto soggetti all’osservanza dei vigenti canoni della Metrologia legale applicabili.
Per definizione di ordinamento giuridico, non essendo tali categorie contemplate in alcuno dei dieci allegati specifici della MID, essi dovranno essere approvati e legalizzati secondo i vigenti canoni metrologico-legali nazionali.
Al riguardo, lo stesso MIMIT, all’indirizzo Web: https://www.mimit.gov.it/it/metrologia/sistema-di-garanzia-della-qualita-82896365, fornisce una dettagliata e precisa procedura, ivi compreso il fac-simile di domanda di ammissione alla Verificazione metrica ed alla legalizzazione, da presentarsi ai sensi dei già citati artt. 6 e 7 del R.D. 226/1902.
Verrebbe così risolto tutto il “bailamme” esistente mediante l’applicazione di disposizioni normative e procedure esistenti.
Cav. Claudio Capozza
3 agosto 2024