La direttiva europeaMID, che regola dieci categorie di strumenti di misura, stabilisce che il dato della transazione resta quello indicato dal contatore.
Quel dato è importante per il consumatore che, leggendolo regolarmente, può tenere sotto controllo i propri consumi e la relativa spesa.
Se il contatore é “omologato” MID, non c’è alcuna necessità di “validare” il dato di consumo eppure Arera – autorità per l’energia – impone ai fornitori di energia elettrica e gas – quelli che emettono le bollette – di farsi confermare il dato dal distributore.
Con il risultato che la conferma arriva cronicamente in ritardo, perché i distributori non leggono i contatori, oppure perché il dato si perde durante la trasmissione tra contatore e centro operativo del distributore.
Il fornitore emette così bollette basate su consumi stimati, che sono sempre maggiori di quelli effettivi.
Fatturare consumi sempre maggiori di quelli effettivi, rappresenta evidenti vantaggi per tutti meno che per il consumatore: il fornitore incassa di più, il distributore incassa il corrispettivo di un servizio non reso, il consumatore paga più oneri di sistema e lo Stato incassa più accise, imposte e IVA.
Il distributore, unico responsabile del servizio misurazione, che si fa strapagare con la bolletta, rimane così il giudice inappellabile della transazione, con la possibilità di correggere eventuali errori pregressi.
Quando fornitore e distributore fanno capo alla stessa società, il giochetto é semplice!
Il caso segnalato da un lettore é utile per capire come funziona: dopo alcuni anni di fornitura, il distributore si accorge di avere commesso un errore: l’energia fornita era maggiore di quella conteggiata perché un fantomatico coefficiente K era diverso da quello impostato nel contatore in fase di installazione, operazione effettuata dallo stesso distributore e della quale il distributore è il solo responsabile.
Essendo uno strumento omologato MID, tutti gli eventuali coefficienti correttivi – come senz’altro si evince dalla dichiarazione di conformità dello strumento prevista dalla direttiva – sono una caratteristica intrinseca dello strumento e, se è stato impostato o utilizzato male dal distributore, non é senz’altro colpa del consumatore.
La MID infatti prevede che, una volta posizionato e installato, non possono essere modificati i parametri metrologici del contatore, né localmente né da remoto.
Operazioni che i distributori fanno in pacifica violazione della legge.
Prosegue la sostituzione dei contatori di energia elettrica.
Prodotti da Enel sono utilizzati da quasi tutti i distributori nazionali.
edistribuzione, di proprietà di Enel, li installa in quasi tutto il territorio nazionale in forza della concessione che dovrebbe scadere nel 2030, ma che verrà molto probabilmente prorogata per altri vent’anni.
Oltre al problema della gestione da remoto dei contatori, che il ministero competente non ha mai affrontato, c’è quello della privacy: all’atto della sostituzione, infatti, nessuno chiede all’utente di dare il consenso al trattamento dei dati del suo consumo.
Ed è pacifico che i dati sono del consumatore, perché li paga con la bolletta e perché sono diretta conseguenza delle sue abitudini. Senza il suo consenso, non possono girare.
Invece sanno già tutto come spiegava Bortoni, ex presidente di Arera,già nel 2015.
Eppure il consenso per la privacy ci viene richiesto, sempre più spesso, per ogni tipo di acquisto o di servizio, ma per i dati del nostro consumo, che valgono miliardi, no.
Ce lo chiede il fornitore, quando firmiamo un contratto, e infatti lo ritroviamo in bolletta, ma per i servizi del distributore, cioè un terzo che neppure conosciamo, e che possiamo chiamare solo in emergenza, che viene in casa e ci installa un aggeggio attraverso il quale, da remoto, saprà tutto di noi, nulla!
Non è dato a sapere cosa i nuovi contatori siano in grado di elaborare, perché i protocolli di comunicazione sono di proprietà dei distributori che, per legge, possono fare solo operazioni “ammissibili”.
E se le operazioni non sono ammissibili chi lo viene a sapere?
Sappiamo che se un utente è moroso gli abbassano la potenza da remoto ma non è provato che non lo facciano anche se l’utente paga!
Comunque, con il nuovo contatore, chi misurerà l’energia con i nuovi contatori conoscerà le nostre abitudini: se siamo dei buoni pagatori, se siamo fuori casa durante il giorno, quando facciamo il bucato o se passiamo il weekend fuori città.
Ecco perché non dare il consenso è fondamentale! E se qualcuno poi rileva i nostri dati commette un reato.
Reati all’ordine del giorno per i milioni di utenti che si sono già fatti sostituire il contatore, e i cui dati sono mercanteggiati anche i rete e su Facebook, merce di scambio tra distributori e fornitori che, guarda caso, fanno parte della stessa famiglia.
Evidente la possibilità, per chi distribuisce e misura energia, di girare i dati a chi magari la produce o la vende per “profilare” commercialmente il consumatore.
Sull’argomento, andrebbe letto con attenzione il parere del gruppo di lavoro 29 della UE per la protezione dei dati che così conclude:
“Il parere ha evidenziato che i contatori intelligenti offrono molte nuove possibilità di trattamento dei dati e di erogazione dei servizi ai consumatori. A prescindere dal tipo trattamento, sia esso simile a quello già esistente o senza precedenti, il responsabile del trattamento deve essere chiaramente individuato e deve conoscere gli obblighi connessi alla legislazione sulla protezione dei dati, anche in fatto di tutela della vita privata fin dalla progettazione, sicurezza e diritti degli interessati. Gli interessati devono essere debitamente informati sulle modalità di trattamento dei loro dati e devono essere a conoscenza delle differenze fondamentali che tale trattamento comporta, in modo che quando esprimono il loro consenso questo possa essere ritenuto valido”.
Esattamente il contrario di quanto sta succedendo in Italia: il consumatore italiano non viene avvertito che i suoi consumi sono dati personali, che verranno trasmessi a sistemi remoti senza indicare il livello di protezione sulla garanzia del dato trasmesso, e che verranno gestiti da terzi.
Non chiedendogli di firmare il consenso non dovrà neppure comunicargli il nominativo del responsabile del trattamento dei dati.
In attesa del pronunciamento del Garante, al quale dovrà necessariamente essere richiesto il parere, la sostituzione va rifiutata, con salvezza del diritto di rivolgersi allo stesso per le sostituzione già effettuate, in flagrante violazione dei suddetti diritti e con ogni consequenzialità.
Eppure sono solo due le informazioni utili per il consumatore: quanto consuma e quanto paga.
Un criterio che la nostra autorità di regolazione -Arera- ignora da sempre.
Sembra che in Italia la bolletta debba essere complicata proprio perché nessuno la legga, perché nessuno capisca quanto paga gas e luce e non sia in grado di fare confronti!
Lo dimostrano un fiorente mercato nero di dati personali e una pletora di società di comparazione.
In Francia, in mezza pagina, ci sono tutte le informazioni essenziali.
Siamo sei mesi dopo l’invasione dell’Ucraina: 82,42 € per 343 kWh, di 24 cent/kWh dei quali 13,74 per la materia prima.
La potenza installata di questo utente é 6 kVA il doppio di quella dell’utente “domestico tipo” italiano.
Da notare l’unità di misura francese! In Italia, per la gioia delle contestazioni, stiamo ancora a discriminare tra energia attiva e reattiva con franchigie e penali.
Nella bolletta sono inoltre inclusi due mesi di trasporto in abbonamento (fissi).
Le tasse pesano per il 12% e l’IVA per il 10%
Devastante il confronto con le nostre bollette, nella forma e nella sostanza. Nello stesso periodo la materia prima in Italia costava più del doppio. L’aspetto fiscale poi è imbarazzante.
“ In Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo” (G.Prezzolini)
Il governo Draghi tolse provvisoriamente gli “oneri di sistema” dalle bollette e i consumatori, specialmente quelli che avevano difficoltà a pagarle, se ne accorsero, eccome!
Domani verrà depositata una richiesta di referendum il cui quesito, nella sostanza, è :
“ Volete voi che sia abrogata nel comma 11 dell’art. 3 del d. lgs. n. 79 (G.U. n. 75 del 31 marzo 1999), che istituisce degli oneri parafiscali detti “oneri generali di sistema” decisi in sede politica per aiutare aziende ed imprese, la seguente frase “L’Autorità per l’energia elettrica e il gas provvede al conseguente adeguamento del corrispettivo di cui al comma 10”, che autorizza non correttamente l’Autorità ad aggiungere senza alcuna giustificazione i suddetti oneri nel corrispettivo pagato dai consumatori per il trasporto dell’energia, previsto dal comma 10, aggravando impropriamente l’importo delle bollette pagate dalle famiglie e dalle imprese?
Il quesito è basato su leggi e sentenze che stabiliscono che gli “oneri di sistema” non sono riferibili alla fornitura di energia elettrica e perciò non possono essere richiesti ai consumatori, tramite le bollette.
Nello specifico, il quesito referendario chiede di abrogare un passaggio del c.d. decreto Bersani che, nel 1999, autorizzava, e tuttora autorizza, il regolatore – oggi Arera – ad aumentare il corrispettivo del trasporto dell’energia, ponendo a carico delle bollette gli “oneri generali del sistema elettrico” introdotti dallo stesso decreto.
Oneri che non avevano, e non hanno alcuna attinenza con i costi di trasporto dell’energia.
Nel 1999, gli oneri furono “creati”, per sostenere i costi della dismissione delle centrali nucleari, di proprietà dell’Enel – ente privato dal 1992 – oltre a quelli per sostenere istituti di ricerca, bisognosi di fondi.
Il primo “balzello” da un miliardo di euro, fu addossato ingiustamente ai consumatori, invece che essere socializzati su tutta la cittadinanza, visto il risultato del referendum sul nucleare.
Negli ultimi ventisei anni, i vari governi, con gli oneri di sistema, hanno sovvenzionato imprese decotte, come Ilva, Alitalia etc. piuttosto che imprese private energivore oltre che specifiche categorie di produttori privati di energia elettrica, che nulla hanno a che vedere con il servizio elettrico.
L’entità degli oneri nella bolletta può essere facilmente verificata da chi legge, essendo una voce specifica della stessa; voce che, in alcuni periodi, ne ha rappresentato il 50% del valore.
Il Consiglio di Stato, la Corte di Cassazione, la Corte dei conti, quella dell’Unione Europea, oltre a una legge del Parlamento del 2021, hanno già confermato che gli oneri non devono essere inseriti tra i costi effettivi del servizio elettrico prestato ai consumatori.
È del tutto iniquo ritenere che famiglie e imprese, contrariamente a quanto stabilito dal diritto costituzionale, vengano chiamate, con i loro consumi a finanziare soggetti che operano in attività consolidanti redditi, anche molto elevati.
Il quesito referendario non chiede l’abrogazione degli oneri generali di sistema, ma ne sollecita lo spostamento della riscossione dal consumatore al cittadino contribuente.
Questo il tendenziale del costo degli oneri di sistema negli anni.
Enel viene privatizzata e, mentre la Magistratura indaga per capire quanti miliardi sono “girati” con le tangenti ai partiti, non costruirà più centrali.
La politica trova subito un altro metodo per fare cassa con l’aiuto dell’Europa, dove si sta parlando da tempo di energia rinnovabile e di incentivi, e in Italia “incentivo” significa affari per pochi.
Solo perché arrivano gli incentivi, prelevati direttamente dalle bollette, saranno i privati a costruire centrali, al posto di Enel e saranno i privati a produrre, e vendere energia a prezzo “politico”.
Ma la vera invenzione del decreto CIP6 é l’energia “assimilata” alle rinnovabili, concetto sul quale c’è gente che ci campa da 30 anni!
Come potevano essere assimilati alle energie rinnovabili, gli scarti di raffineria, i rifiuti e, qualche lodevole tentativo, lo stesso gas naturale, resta un mistero.
La“convenzione CIP6″ non solo lasciava ampi spazi interpretativi ma veniva rilasciata in base a graduatorie, stilate per tipologia di impianto e di combustibile.
Graduatorie che nascevano sulla base di semplice richiesta: bastava indicare un sito, che poteva, poi, anche non essere quello definitivo, e la potenza che si sarebbe voluta installare.
Senza neppure verificare i titoli del richiedente, una volta in graduatoria, veniva concessa la possibilità di trasferire, non solo la titolarità della Convenzione, e quindi la sua proprietà, ma addirittura il sito produttivo.
Si creavano così veri e propri crediti finanziari trasferibili: piccole società, oppure i loro titolari entravano in graduatoria con più siti, rivendibili speculando.
Con il CIP6 vengono cosí costruite centrali dappertutto.
Ne approfittano subito i grandi gruppi industriali, che già producono energia per proprie esigenze, e le municipalizzate, con i primi inceneritori.
Ma ne approfittano anche società di scopo senza alcun impianto, che solamente intendano utilizzare, qualsiasi tipo di combustibile come per es. il catrame, i combustibili da rifiuti, gli scarti di lavorazione e i cascami termici.
Si racconta che il termineassimilate venneaggiunto di notte, in un momento di distrazione generale dei parlamentari; i lobbisti si superarono spiegando a chi votava che, in fin dei conti, anche il gas naturale era in qualche modo rinnovabile, anche se ci metteva milioni di anni.
Il decreto è stato periodicamente aggiornato e, ad ogni inutile tentativo di ridurre il costo delle bollette, si parla di cifre diverse.
Non c’è traccia delle prime graduatorie, come se si volesse dimenticare la vicenda, che invece pesa ancora come un macigno sulla bolletta.
Siamo nel 2025 e il giochetto sembra essere lo stesso!
Pubblico la lettera dell’ing. Filippo Giusto al Corriere della Sera in merito all’ultima Data Room di Milena Gabanelli. Concetti totalmente condivisibili.
——————
dopo aver letto il suo articolo su DATA ROOM dal titolo “Caro bollette, quello che i governi non dicono” mi permetto di avanzare una idea a completamento della sua in merito a quello che i governi non dicono sulle bollette.
Faccio riferimento a quanto lei mi permise di dire nel 2009 a Report, inchiesta condotta da Michele Buono, circa il sistema italiano di gestione della borsa elettrica che regola il bilanciamento fra l’energia prodotta e quella consumata.
Affermai che la borsa elettrica non avrebbe condotto ad una riduzione del prezzo neppure in presenza di produzione da fonte nucleare perché sicuramente il prezzo marginale,che oggi lei cita nel suo articolo, non poteva ancorarsi al nucleare, non prevalente come fonte di generazione, in presenza della una piu’ onerosa generazione a gas.
E quindi la produzione elettro-nucleare anche se costava poco sarebbe stata pagata dal cittadino al prezzo del gas.
Vi fu una sollevazione politica contro Report, una interrogazione parlamentare e molti politici attaccarono Michele Buono ( e forse anche lei) che però se la cavò per l’enorme successo che ebbe la trasmissione.
Io ero fautore, come lo sono adesso, dell’idea che almeno per il nucleare si dovesse accettare un criterio di determinazione del prezzo con il criterio pay as bid, ovvero il mercato paga quanto effettivamente richiesto dall’offerta e non il marginale. Considerando che oggi il nucleare potrebbe costare per esempio 30 euro MWh rispetto ai 150 euro per mWh del marginale per gas battuto oggi dalla borsa elettrica, pensi quanto potrebbe risparmiare il cittadino italiano.
Lei oggi, smentendo la battaglia di Report, si adegua al main stream che vige da 23 anni e ritiene ineluttabile il sistema del marginal price.
Queste le sue parole : “Questo accade perché il costo finale dell’elettricità dipende dal «prezzo marginale», ossia il «prezzo dell’ultima unità di energia necessaria per soddisfare la domanda in un dato momento» (vedi Regolamento Ue qui art. 6 e Testo integrato dispacciamento elettrico, Tide, Arera qui articolo 3-13.3.8 pag. 64). In altre parole, il prezzo è determinato dall’ultima goccia di energia che entra nel sistema. In Italia, questa goccia è principalmente il gas, il cui costo, al contrario delle fonti rinnovabili, è legato all’andamento della quotazione di borsa di Amsterdam, e alle speculazioni di mercato innescate dalle questioni geopolitiche”.
Lei cita, a difesa della sacralità del prezzo marginale, l’articolo 6 del Regolamento UE del 2019 che determina il costo dell’attività di bilanciamento, ovvero il costo dell’energia prodotta impiegata dal sistema elettrico a bilanciamento dell’energia consumata per mantenere il sistema elettrico in piedi, in questo modo:
“la compensazione dell’energia di bilanciamento per prodotti standard di bilanciamento e prodotti specifici di bilanciamento si basa sul prezzo marginale, «pay-as-cleared», a meno che tutte le autorità di regolazione approvino un metodo alternativo di determinazione dei prezzi sulla base di una proposta congiunta di tutti i gestori dei sistemi di trasmissione, a seguito di un’analisi che dimostri la maggiore efficacia del metodo alternativo di determinazione dei prezzi.”
Sulla base di questo ragionamento lei dice che la nostra unica speranza di salvezza è fare in modo che il prezzo marginale non sia più determinato dalla produzione a gas ma dall’auspicabile, per lei, aumento delle produzione rinnovabile che ha prezzi più bassi del gas (80 euro del rinnovabile rispetto ai 130 euro del gas).
A parte che solo con il sostegno degli “oneri generali di sistema” che paghiamo noi tutti in bolletta, l’energia rinnovabile scende a 80 euro.
Infatti, il prezzo delle rinnovabili senza questo sostegno sarebbe forse superiore a quello del gas.
Sostegno che permette a questi produttori di vendere al GSE a 80 euro con buon margine. Ma sostegno che consente al GSE di rivendere l’energia rinnovabile in borsa al famoso prezzo marginale del gas di 130 euro producendo extra utili che sono incamerati dal GSE.
Senza che nessuno,invece, si preoccupi di ridurre gli oneri Generali di sistema che continuiamo a pagare in bolletta a vantaggio dei sicuri redditi dei produttori di rinnovabili e delle capienti tasche del GSE, società notoriamente governativa che dovrebbe proteggere noi i consumatori.
Ma a parte questo problema di giustizia sociale e fiscale, che rende del tutto opinabile la sua idea di aumentare il volume delle rinnovabili per ridurre la nostra bolletta, vorrei insistere nel dire che la causa dell’enormità delle nostre bollette sta proprio in questo marginal priceche ci ha rubato in questi vent’anni di borsa elettrica almeno 200 miliardi di euro.
E le vorrei dimostrare che il marginale price non è un totem da onorare a tutti i costi.
Ed iniziamo col dire che l’energia di bilanciamento che secondo la UE sarebbe sottoposta ad una valutazione con il prezzo marginale non è tutta l’energia prodotta che viene in borsa.
Infatti, secondo il regolamento europeo cosa si intende per bilanciamento?
Secondo la UE il «bilanciamento» è l’insieme di azioni e processi, in tutti gli orizzonti temporali, grazie ai quali i gestori dei sistemi di trasmissione “provvedono in modo continuativo a mantenere la frequenza del sistema entro limiti predefiniti di stabilità e ad adeguare l’entità delle riserve necessarie ai requisiti di qualità”.
Ma se è così possiamo rilevare che vi sono sicuramente due tipologie di energia prodotta che non contribuiscono affatto a regolare la frequenza, ma al contrario determinano a volte delle problematiche di frequenza in quanto hanno delle caratteristiche di produzione che non sono flessibili e utilizzabili per controllare la frequenza.
La prima tipologia si riferisce alle energie rinnovabili che sono aleatorie e dipendono da circostanze atmosferiche del tutto casuali. Anzi le energie rinnovabili pongono problemi al controllo di frequenza.
La seconda tipologia è sicuramente quella della produzione nucleare che, per la complessità del controllo della reazione nucleare, deve andare sempre ad un regime costante e continuo senza alcuna possibile flessibilità nell’intervenire nel controllo della frequenza.
Queste due categorie di produzioni potrebbero essere tolte subito dal criterio del marginal price e considerate in borsa al di fuori del tale criterio e fatturate a pay as bid.
Già oggi, infatti, noi potremmo avere in borsa, pur con regime generale per il gas ed il carbone con marginal price, che le energie rinnovabili potrebbero essere pagate da noi ad 80 euro e non a 140!
La Spagna, usando già questo evidente possibilità che ci offre addirittura il Regolamento UE da lei citato, ha scorporato, utilizzando il criterio dello splitting condiviso dalla UE, le energie rinnovabili dal marginal price, facendo crollare il prezzo medio di borsa.
E se fra breve andremo a mettere in rete reattori nucleari di nuova generazione, potremo con efficacia comperare questa energia in borsa al prezzo di offerta e non all’eccessivo prezzo marginale del gas.
Spero che lei si faccia portavoce di questo problema come lo fece in report e potremmo già oggi ottenere subito in base al regolamento da lei citato, una riduzione immediato dell’attuale prezzo dell’energia del 20%, allineandoci a tutti gli altri paesi europei che non hanno poi grandi differenze nei sistemi produttivi, ma hanno rispetto a noi una gestione del mercato elettrico più trasparente ed onesto del nostro. Soprattutto una gestione a vantaggio del cittadino come predica da vent’anni la UE.
E’ inteso che, qualora Le fosse necessario un approfondimento su questa articolata materia, mi rendo da subito disponibile ad ogni Sua richiesta.
“L’Arma dei Carabinieri ed Enel ancora più vicine per la prevenzione e il contrasto all’illegalità, la tutela dell’ambiente e del territorio….la protezione dell’ambiente e delle risorse naturali, la lotta ai cambiamenti climatici e il contributo per uno sviluppo economico sostenibile. Particolare attenzione sarà dedicata alla tutela alla sicurezza e continuità operativa delle reti e delle infrastrutture elettriche, alla protezione del personale preposto alla loro gestione e al patrimonio aziendale.”
Il contrasto all’illegalità compete ai Carabinieri, mentre Enel è una società privata che produce, distribuisce e vende energia elettrica.
Non si occupa di tutela ambientale, del territorio e delle risorse naturali mentre sono di sua specifica competenza “la sicurezza e la continuità operativa delle reti e delle infrastrutture“.
Trattasi di linee di distribuzione di energia elettrica in bassa e media tensione che i consumatori pagano con le bollette.
Quindi, se i Carabinieri collaboreranno con Enel, il consumatore dovrà pagare anche i Carabinieri oppure la Convenzione prevede che i servizi dei Carabinieri sia a titolo gratuito?
Il rischio é che il “guardi che se non fa il bravo chiamo i carabinieri” valga alla fine più per Enel che per il normale cittadino/consumatore, che invece si sente rispondere, sempre più spesso, “abbiamo tutte le pattuglie impegnate“.
Alcuni lettori del blog hanno già segnalato simili comportamenti e una sorprendente solerzia dei Carabinieri a intervenire, per poi andarsene senza neppure verbalizzare l’ intervento.
L’intervento dovrebbe infatti risolversi sempre con la redazione del verbale: definire il soggetto che ha telefonato, luogo, data, ora e del motivo della richiesta, e una sommaria descrizione dei fatti accertati.
E’ il caso, ricorrente, del consumatore che rifiuta la sostituzione del vecchio contatore con quello di nuovo tipo, utilizzato peraltro illegalmente dal distributore.
Se “tutela della continuità operativa delle reti” significa anche imporre i contatori, con la minacciosa presenza dei Carabinieri, c’è il sospetto che a trarne vantaggio sia la società proprietaria del contatore.
La forma di collaborazione, tra una società privata e un corpo militare dello Stato, dovrebbe essere legittimata da un provvedimento amministrativo.
Non esistono precedenti perché è come se il distributore venisse investito di un potere ispettivo, e di generico controllo sul territorio, sconosciuto nelle proprie finalità societarie.
Una situazione allarmante perché le reti, sempre più intelligenti e ricche di dati sensibili dei cittadini, sarebbero controllate dal monopolista della distribuzione elettrica.
In occasione di un rogito, o di una locazione, é necessario verificare che non ci siano state manomissioni dei contatori (luce e gas).
Specialmente se i contatori hanno più di 15 anni di funzionamento ( l’anno di fabbricazione è impresso sulla targhetta del contatore).
É il caso di un lettore del blog , proprietario da dieci anni di un appartamento, il cui precedente proprietario aveva “taroccato” il contatore di energia elettrica, facendolo “segnare” meno di quanto consumava.
Il tutto viene alla luce quando il distributore interviene per la sostituzione del contatore,prevista per legge ogni 15 anni.
Manomettere un contatore di energia elettrica è un reato e non è un operazione semplice.
Per una clamorosa dimenticanza del Ministero, al quale compete la metrologia legale, nel contatore “manca” un sigillo posto su di una vite, svitando la quale è possibile modificare il circuito di misurazione.
Se l’operazione fraudolenta viene effettuata alla prima installazione del contatore, il consumo rilevato dei successivi 15 anni sarà minore, e senza che nessuno se ne accorga.
Ma, quando succederà, sarà l’ultimo utente a restare con il cerino in mano.
Prima pagherà la maggiore quantità di energia elettrica consumata negli ultimi due anni (oltre i due anni c’è la prescrizione) e poi dovrà difendersi, in sede penale, dalla denuncia di furto di energia.
TTF – Title Transfer Facility – è un indice, trattato alla borsa olandese controllata dalla speculazione. Lo so che detto così suona male ma il TTF non è il prezzo del gas che gira nei tubi o viaggia per nave, ma di quello virtuale, tipo bitgas!
La piattaforma, creata da Gasunie, considerata un tempo la vera università del gas in quanto esperto operatore della trasmissione, è stata poi venduta alla borsa privata americana – Ice (IntercontinentalExchange) – che tra l’altro possiede anche l’indice NYSE.
I principali azionisti sono: Vanguard, Black Rock, State Street, Capital Research, Morgan Stanley, Geode e Lazard.
In sostanza, i prezzi dell’indice sono decisi a tavolino dagli speculatori e, in base a quell’indice, noi restiamo possiamo restare accesi e al caldo!
Ma il TTF ha anche un altro limite: il volume degli scambi rappresenta solo il 10% del totale e quindi, sono per il 90% ricoperture o scommesse finanziarie.
Non esserci accorti per tempo che affidarsi al TTF, tra la guerra in Ucraina e il gas russo che veniva a mancare, é stato devastante. Ma tant’è, siamo in mano ai norvegesi che hanno il gas e vogliono così.
Abbiamo importato GNL dagli americani, strapagandolo rispetto a quanto lo pagano là, e abbiamo riempito gli stoccaggi ( Mario Draghi con il suo “whatever it takes”) che ci sono costati 4,4 miliardi di euro.
Senza guerre, con i russi era andata bene per anni, anche se non si è mai saputo quanto gas girasse nei tubi, in forza degli ultrariservati contratti takeorpay,
Questo l’andamento dell’indice!
La brillante idea di affidarsi il TTF venne a Paolo Scaroni, AD dell’ENI nel 2012.
Al governo in quell’anno c’erano i tecnici di Mario Monti, e quando ci sono i tecnici bisogna stare attenti!
L’inverno precedente era stato molto complicato: a febbraio non arrivava il gas russo, faceva molto freddo e gli stoccaggi erano vuoti, come dichiarò lo stesso Scaroni.
I tecnici al governo, che di gas e di energia elettrica capivano poco o nulla, (al Mise c’era Corrado Passera) andarono nel panico e fecero riaccendere anche le vecchie centrali termiche a olio combustibile, che rimasero a disposizione, anche senza produrre, fino al luglio successivo, per la gioia dei consumatori che se le ritrovarono in bolletta.
Il comunicato che segue é del 10 ottobre 2012
——————————————————————————
ROMA ( Reuters ) – L’Eni sta valutando l’eventualità di non rinnovare i contratti di approvvigionamento “take or pay” divenuti troppo onerosi, ma considerando il tema della sicurezza nazionale nell’approvvigionamento ha avviato su questo dossier un confronto con il governo e l’Autorità per l’energia.
Lo ha detto l’Ad della società Paolo Scaroni nel corso di una audizione in commissione Industria del Senato.
“Possiamo come Eni tentare di non rinnovare i contratti take or pay e risolvere quelli ancora in vigore perché divenuti eccessivamente onerosi.
Avremmo un netto miglioramento della nostra performance sia economica sia finanziaria abdicando al ruolo di fornitore di ultima istanza che ci viene attribuito per ragioni storiche”, ha detto Scaroni nel corso della sua introduzione all’audizione.
Per take or pay si intente la clausola inclusa nei contratti di acquisto di gas naturale in base alla quale l’acquirente è tenuto a corrispondere comunque, interamente o parzialmente, il prezzo di una quantità minima di gas prevista dal contratto, anche nell’eventualità che non la ritiri.
L’Ad ha proseguito che “oppure potremmo rinegoziare i contratti di lungo termine ma in questo caso la componente di sicurezza di approvvigionamento dovrebbe essere valorizzata. L’Eni ha già avviato un confronto sul tema con il ministero dell’Economia, il ministero dello sviluppo e l’Autorità per l’energia e il gas”.
Scaroni ha detto che i contratti in scadenza sono quelli con Norvegia e Olanda mentre quelli che si stanno rinegoziando sono con Russia e Algeria.
L’Ad ha precisato che “sono contratti nati negli anni 80 e oggi vorrei cercare di cancellarli”, ma in questo modo “si priverebbe il Paese della sicurezza nell’approvvigionamento”.
“Il capacity payment è quello che riconosce il valore alla sicurezza dell’approvvigionamento e quindi quello potrebbe essere una risposta. Possono essercene delle altre. Io credo che ci chiariremo le idee nei prossimi mesi proprio in questo dialogo con i ministeri e l’Autorità”, ha spiegato Scaroni.
———————————————————————
Alcune osservazioni:
1) che i contratti con i russi fossero diventati “troppo onerosi” lo sapeva solo ENI, e lo credettero i tecnici, senza poter controllare, perché i contratti erano e restano segreti!
3) non é mai stato chiaro se il “troppo oneroso“ si riferisca all’ENI o all’Italia.
Ambiguità confermata dalla questua di gas dello scorso anno del governo Draghi in giro per il mondo, con i ministri sempre al traino di ENI;
2) Le condizioni dei contratti take-or-pay sono appunto segrete ma si ipotizza che il prezzo del gas sia, in qualche modo, legato a prezzo del petrolio, molto più stabile di un indice come il TTF;
4) le forniture di gas russo sono sempre state essenziali per la sicurezza nazionale. Lo erano nel 2012, lo sono rimaste dopo l’invasione della Crimea nel 2014 e anche durante l’invasione dell’Ucraina. I contratti quindi erano e restano validi, ma chi può verificarlo?
5) nel 2012, cioè 12 anni dopo il decreto Letta – liberalizzazione del mercato del gas – ENI restava il fornitore “storico” di ultima istanza al quale competeva la sicurezza nazionale che Scaroni, voleva maggiormente valorizzata per riempire gli stoccaggi;
6) la Russia ha avuto quasi un anno per prefinanziarsi la guerra in Ucraina con il TTF (vedi grafico) mentre norvegesi e olandesi, sponsor del TTF, diventavano ricchi come i sauditi;
7) la domanda attuale di gas é crollata anche perché la speculazione sul TTF é per ora sospesa e ha lasciato il posto al mercato del gas “fisico”, che sembra non volere più nessuno. Il TTF vale comunque il doppio dell’estate 2021.
Senza neppure sapere cosa siano, l’utente paga le “perdite di rete”, finite nei meandri della bolletta.
Non lo sa perché non legge i contratti, non sa quanto consuma e non capisce le offerte che gli fanno e quindi i fornitori lo fregano.
In passato, le perdite di rete venivano esplicitate in bolletta e ora fanno parte della “quota materia prima energia” e le paghiamo allo stesso prezzo dell’energia che consumiamo.
In questo modo paghiamo così l’inefficienza cronica di quelli che distribuiscono energia elettrica.
Il consumatore domestico tipo – quello che secondo Arera consuma 2.700 kWh all’anno – paga, da più di quindici anni, il 10 % in più di quanto consuma, quindi 270 kWh per circa 110/120 €/anno.
Sorprende che si paghino anche le altre voci della bolletta come gli oneri di sistema, le tasse e l’IVA anche sulle perdite di rete, cioè su qualcosa che non si utilizza.
Le perdite di rete sono state decise da Arera, dopo che la stessa Arera ha chiesto il parere proprio a quelli che trasportano e distribuiscono energia elettrica.
Cosí che le perdite siano vere o meno non interessano a nessuno, visto che tutti le pagano!
Il gioco sembra semplice: ARERA chiede, sempre agli addetti, “quanta energia è stata prodotta e quanta é stata venduta”.
Questi rispondono e la differenza finisce “convenzionalmente” in bolletta.
Compresi, ovviamente, i furti di energia che così restano, non solo impuniti per anni ma già pagati.
La prova che le perdite di rete vengano stabilite arbitrariamente potrebbe risiedere nel fatto che, nonostante il consumo in Italia si sia considerevolmente ridotto negli ultimi anni, le perdite di rete sono rimaste le stesse.
Il consumatore italiano è una garanzia: paga l’energia rinnovabile, che sbilancia la rete, paga il ri-bilanciamento della rete stessa, paga le linee di trasmissione e paga le perdite di rete.
Quando firmate un contratto di fornitura, la voce “perdite di rete” é uno dei trucchi per fregarvi e dovete accertarvi che il prezzo le includa se no l’offerta che vi stanno facendo risulta falsamente più a buon mercato.
Sono intestatario di due POD e due PDR, serviti ognuno da un contratto “di maggior tutela”.
Desidero far presente che i contratti furono stipulati, e da me controfirmati, nel luglio 1993 con AEM (P.IVA 01199250158) e che, negli ultimi 30 anni, non ho mai firmato nessun nuovo contratto, né mi è stato richiesto di approvare aggiunte e/o modifiche che allineassero i contratti in essere alle disposizioni via via emanate da codesta Autorità.
Inoltre, negli ultimi 30 anni, non ho mai conferito mandato al Fornitore (prima AEM e poi A2A) per la stipula di contratti di trasporto con il Distributore.
Di fatto il mio è un contratto mai modificato rispetto alle pattuizioni iniziali, per l’inerzia del fornitore e del distributore.
A seguito delle nuove disposizioni che prevedono il termine del “Servizio di maggior tutela” ho esaminato le proposte contrattuali di alcuni fornitori e non ho trovato nessuna proposta di fornitura chiara ed esaustiva su alcuni aspetti contrattualmente significativi.
Ad esempio:
per quanto riguarda i rapporti con il Distributore vengono proposte condizioni di fornitura in cui il Cliente è obbligato ad accettare le condizioni tecniche eventualmente definite dal Distributore (e chi è? che cosa ha deciso? come faccio a controllare quali esse siano?? E se cambia il Distributore che faccio?’ chi mi tutela?’)
si dice che i contratti possano essere modificati – senza obblighi di informazione al Cliente – in base a norme emanate da ARERA (ma devo forse verificare in maniera continuativa e sistematica la vostra produzione normativa??) – a disposizioni di enti competenti (e chi sono?? come faccio a controllare la congruità?)
Viene chiesto di accettare disposizioni contrattuali che sono in palese conflitto con la fattispecie contrattuale in essere (email modificate con il mio assenso). Mi viene poi, ad esempio, richiesto di dare mandato al Fornitore a sottoscrivere un contratto con il Distributore, senza nessuna pubblicità di quanto sottoscritto.A supporto di quanto affermo, allego le condizioni generali di fornitura previste da A2A. Preciso che altre società di vendita prevedono clausole del tutto simili (e palesemente vessatorie nei confronti del Consumatore)
Conclusioni
Alla luce di quanto evidenziato, essendo chiaramente impossibilitato a compiere una scelta consapevole ed informata per il passaggio al Mercato libero,
Chiedo cortesemente a codesta Autorità di attivarsi con il mio fornitore A2A (come sopra identificato)
per mantenere in essere per i quattro contratti di fornitura, la presente situazione contrattuale, “Servizio di maggior tutela” oppure, in alternativa, di prevedere che venga predisposta dai Fornitori una contrattualistica che sia completa, corretta ed esaustiva a tutela dei diritti del consumatore.
—————
Lettera di un consumatore di Milano ad Arera (settembre 2023)
I numeri restano numeri ed è impossibile tirarli da una parte o dall’altra.
Le ore di utilizzo degli impianti che producono energia rinnovabile, che sono la metà di quelli fossili, sono diminuite del 14%, con una media di 1621.
Ciò perchè, nell’ultimo quinquennio, abbiamo installato più fotovoltaico (9 su 11 GW di incremento).
La media del FV è di 1090 ore, la più bassa tra eolico (1809), idroelettrico (1890) e biomasse (7171) il cui contributo è però irrisorio. Il termoelettrico ha prodotto a una media di 2936 ore.
Ne deriva che, per sostituire la produzione dei 61 GW di termoelettrico (2023) servirebbero circa 111 GW di fotovoltaico e/o eolico, oltre ad un buon libro di preghiere, per essere sicuri che vento e sole siano sempre puntuali quando servono.
Con i fiumi di incentivi,erogati agli impianti green, abbiamo oggi 66 GW di installato.
Con la coperta corta, e il piatto statale che piange, in quanto penseremmo di installare anche solo la metà di quegli ulteriori 111 GW che servono?
Pochi leggono le bollette e i contratti prima di firmarli, molti non conoscono la differenza tra fornitore, che emette la bolletta, e distributore, che ci fa arrivare luce e gas a casa, dove li misura con i contatori.
I nuovi contatori, che ci stanno installando da anni, possono essere letti e gestiti dai distributori “da remoto”, cioè attraverso i tasti di un computer.
Non si sa cosa i distributori possano effettivamente fare “da remoto” perché i protocolli di comunicazione non sono pubblici.
Quindi potrebbe anche darsi che il sistema “operatore-contatore” venga utilizzato in modo non ammissibile per es. stabilendo da remoto il nostro consumo.
Infatti, se ad utente moroso viene ridotta la potenza, perché non farlo anche con quelli che la bolletta la pagano? Sarebbe truffa, ma chi potrebbe provarla?
Quali siano i dati raccolti dai contatori é un altro mistero; prova ne è che, quando ci sostituiscono il contatore, utilizzano accessori di lettura e di comando non omologati.
Comunque, con quanta facilità firmiamo la clausola della privacy ad ogni acquisto? O concludiamo al telefono contratti di luce e gas, senza neppure sapere quanto consumiamo? Oppure leggiamo al telefono, a sconosciuti, le nostre bollette senza renderci conto di regalare dati sensibili? Firmiamo polizze assicurative senza leggerle e magari cestiniamo le modifiche unilaterali di contratto di fornitura di luce e gas?
Quei dati finiscono in rete e i tabulati vengono offerti anche su Facebook.
É grazie a quelle informazioni che poi riceveremo tutte quelle telefonate!
E in effetti, con i nuovi contatori potrebbero sapere tutto di noi: le nostre abitudini di consumo, quando siamo in vacanza, quante ore al giorno siamo in casa, se siamo dei buoni pagatori, e magari il nostro numero di telefono e l’IBAN.
E poi chi garantisce la sicurezza del dato che viene trasmesso?
Meglio perlomeno tenerci stretti i numeri di POD (per la luce) e di PDR (per il gas).
Con quei numeri possono millantare contratti non richiesti. Digitare quei numeri sui siti dei comparatori di offerte in rete può essere pericoloso.
Quei dati valgono centinaia di euro perché il mercato di luce e gas è un mercato di offerta, e i dati dei consumatori sono oro.
Così i distributori raccolgono i dati e li passano poi ai venditori, che sono spesso società collegate sotto lo stesso ombrello e che risultano ovviamente avvantaggiati.
Siccome i contatori nascevano anche per utilità dell’utente, ho provato la procedura per verificare i miei consumi sul SII – Sistema Informativo Integrato.
Ci si accede solo con l’identità digitale, ma pochi sanno cos’è e non possono perdere ore per farlo. Dopo uno slalom tra sms e password, ho potuto verificare i consumi solo di una di tre utenze a me intestate, delle altre due il sistema dice che non ci sono i dati.
In effetti, se non c’è un contatore di ultima generazione, l’utente non vede proprio nulla. Per il gas, dicono, ci vorranno anni anche se il nuovo contatore lo paghiamo da quando lo installano.
La nuova piattaforma è stata predisposta da Acquirente Unico, società pubblica che garantisce la fornitura di energia elettrica ai clienti del mercato tutelato.
In base ai dati Arera, il venduto di Enel supera l’80%, stessa percentuale dell’energia elettrica distribuita da edistribuzione, di intera proprietà di Enel. Sui nuovi contatori c’è il logo Enel, e quindi, in futuro, saremo tutti più liberi di comprare energia da Enel.
Le altre centinaia di venditori si limiteranno a mercanteggiare i nostri dati.
Il livello degli stoccaggi europei è sotto il 40%, e non è una buona notizia.
Significa che dovremo in qualche modo ripristinarli la prossima estate.
Non sappiamo chi ci darà il gas e quanto ci costerà. E quindi speriamo non faccia freddo!
L’ultima scherzetto, quando il fenomeno di turno ci chiedeva di scegliere “pace o condizionatori” ci è costato 4,4 miliardi di euro, scaricati senza scrupoli nelle bollette.
In passato c’erano i contratti “lunghi” con i russi, poi è saltato tutto e i norvegesi, ricchi come Creso e con agganci a Bruxelles, hanno deciso che lo avremmo acquistato ai prezzi della “boutique” di Amsterdam, quattro volte più caro.
Verificate i proprietari della piattaforma ICA TTF, da non credere!
Ma è necessario sfatare la leggenda che gli stoccaggi servano per tenerci al caldo.
In realtà servono a mantenere in pressione la rete europea dei gasdotti, che cala ad ogni inverno, quando i consumi aumentano perché dobbiamo scaldarci.
Il funzionamento, seppur in grande scala, è simile a quello delle autoclavi dei condomini: se non c’è pressione nella rete municipale non arriva l’acqua ai piani superiori.
Nelle reti gas in alta funziona così: se la pressione scende sotto la soglia di funzionamento delle turbine (a gas) restiamo al buio.
Dichiarare che gli stoccaggi sono pieni, come i nostri hanno fatto per tranquillizzare la popolazione, e non farlo quando si stanno svuotando non è corretto.
Aggiungere che l’inverno sta per finire, oppure che è stato più caldo dell’anno precedente, non serve a nulla: senza il gas importato, e il gas degli stoccaggi, rischiamo di restare al buio in estate.
Utile inoltre sapere che:
la domanda di gas è coperta per il 3,6% dalla produzione nazionale, per il 60,3% dalle importazioni via tubo, per il 9,1% dalle importazioni di GNL. Il 27% del gas proviene proprio dagli stoccaggi, elemento fondamentale del sistema;
gli impianti di stoccaggio sono nove sparsi opportunamente per il paese; si riempiono d’estate, ammesso che qualcuno compri il gas, e si svuotano d’inverno;
il volume totale degli stoccaggi é di 17 miliardi di m3;
5 miliardi – detti strategici – non possono essere utilizzati se non in caso di guerra e, fino ad ora, non siamo ancora ufficialmente in guerra;
quindi ne restano 12;
il consumo medio annuo nazionale é di 65 miliardi di m3
se andiamo sotto zero, la domanda di gas può arrivare anche a 400 milioni di m3 al giorno, dei quali, teoricamente, possono essere prelevati dagli stoccaggi 160 per distribuire gli altri 240.
Dei 240 ne mancano all’appello la metà, cioè il gas russo.
I precedenti non sono edificanti: c’era un governo “tecnico” anche in quella occasione!
Dopo decenni di tira e molla,sembra concludersi la telenovela del libero/tutelato.
Metà delle famiglie italiane, circa dieci milioni di utenti, preferisce rimanere “tutelata” perché non ha alcuna idea di quanto consuma e a malapena sa quanto spende.
Il consumatore italiano non solo è ricco ma é anche pigro: non legge i contatori, non verifica le bollette e sentirsi dire che è “tutelato” lo affascina.
Ma se l’anno scorso avesse dedicato un paio d’ore al problema, e avesse scelto il mercato libero, magari un prezzo fisso, avrebbe risparmiato un bel mucchio di quattrini.
Il mercato tutelato rassicura perché nel libero ci sono più di mille fornitori, tra luce e gas, non tutti sono corretti e non esiste un albo.
Nel caso sceglieste il mercato libero dovrete leggere e capire, riga per riga, il contratto se no é meglio lasciar stare. Potreste avere delle brutte sorprese perché ci sono fornitori molto più aggressivi che professionali, specialmente con i consumatori più deboli!
Dopo avervi asfissiati al telefono, verranno di persona chiedendovi di poter esaminare insieme una bolletta:“con noi risparmierà, firmi qua…. non la sto truffando… avrà tempo per pensarci e, se cambierà idea, quando le telefoneranno, potrà dire di no”.
Il pollo firma senza leggere e, quando gli telefonano, si è già dimenticato tutto, dovrebbe dire di no e invece risponde con una serie di si alla cieca.
Magari la prima telefonata l’ha ricevuta il nonno e nessuno in casa sa nulla.
Comunque tutti i metodi per fregarlo sono buoni.
Chi propone al pollo “uno sconto del 20% sui primi 200 kWh consumati nel mese”.
In questo caso, il pollo non si chiede neppure quanti kWh consuma, né rispetto a quale prezzo si basa lo sconto.
L’idea dello sconto lo affascina e firma, firma e firma moduli, tanti!
Magari non si rende conto, tra i vari documenti, di firmare anche una polizza assicurativa, chenon copre nulla e serve solo al cacciatore di polli per rifarsi dello sconto offerto.
Solo dopo, il pollo scopre che spende il doppio di prima perché consuma più dei kWh scontati e i kWh eccedenti li paga salatissimi.
Poi ci sono i cacciatori di polli che raccontano la favola dell’energia verde al 100% senza avvisare il pollo che già paga l’energia verde,per legge, con la voce “oneri di sistema” della bolletta.
I cacciatori più creativi propongono lo sconto del 100% sulla quota energia del primo mese: bastano quattro conti per capire che lo sconto equivale a due caffè e che non giustifica il cambio di fornitore.
Ma il pollo gode all’idea del 100% di sconto sul nulla e firma.
In TV lo sconto è di 50€: non dicono su cosa, ma i polli saranno milioni.
Preparatevi per tempo oppure credete ai sondaggi di Nomisma Energia, secondo i quali solo sei consumatori su cento dichiarano di non capire nulla!
Non basta sostituire 1 GW di potenza affidabile (> 8000 ore/anno) con 1 GW di potenza rinnovabile intermittente (<2000 ore/anno).
È necessario aggiungere: ✖️Più volte la potenza richiesta: da 3 a 6GW ➕capacità di trasmissione ➕una centrale di riserva a fossile da 1GW ➕la corrispondente linea elettrica.
Oppure sostituire le due ultime voci con sistemi di accumulo.
Se l’obiettivo è lo zero netto, occorrono 72-168 GWh di stoccaggio di energia per affrontare l’intermittenza.
Analizziamo i numeri dello zero netto utilizzando i dati 👉dell’EIA https://lnkd.in/gSekCRtm: Solare: 1,5 $/W con un fattore di capacità del 20%; eolico: 1,5 $/W con un fattore di capacità del 33%; e le batterie che attualmente costano $ 400 / kWh secondo il NREL👉https://lnkd.in/gBuKtYQ9, il che significa che stiamo parlando di $ 28,8 / W nel migliore dei casi, quattro volte il costo di costruzione della controversa espansione della centrale nucleare di Vogtle.
L’industria solare e quella eolica sono nate sull’ottimismo, non sulla realtà. Quando le reti elettriche hanno iniziato a destabilizzarsi a causa dell’eccessiva generazione intermittente, alcuni paesi si sono resi conto che dovevano tornare a soluzioni pulite, collaudate e affidabili come l’idroelettrico, il nucleare e la geotermia.
Altri hanno raddoppiato l’ottimismo che li ha portati all’attuale disastro della rete, aggiungendo batterie con la falsa speranza che avrebbe risolto il problema, solo per scoprire che i prezzi degli utenti finali sono saliti ulteriormente.
Ed i disastri come la California, che non riduce la sua impronta di carbonio dal 2011, anche dopo aver speso miliardi per l’energia solare e le batterie 👉https://lnkd.in/gtnuMx57; o la Germania, che avrebbe speso la metà e decarbonizzato la sua rete elettrica tre volte più velocemente se avesse scommesso sull’energia nucleare invece che sul disastro delle rinnovabili intermittenti 👉https://lnkd.in/g3QzKN2T.
Nessun paese ha mai ridotto le bollette dell’energia elettrica con le fonti di energia intermittenti.
L’unica soluzione collaudata da decenni nei paesi con la più bassa impronta di carbonio come Francia, Islanda, Norvegia o Svezia è quella di fonti pulite e affidabili come l’idroelettrico, il nucleare e la geotermia,
Dovremmo sempre presenziare alla sostituzione di un contatore, non fosse altro per sapere dov’è , come funziona e perché, ragione più importante, conteggia denaro, e tanto.
Dovremmo anche “leggerli” e registrarne le letture due volte all’anno, trasmettendole al nostro fornitore.
Il verbale con le letture controfirmate del vecchio contatore è l’unico documento valido in caso di contestazione.
Alla sostituzione devono consegnarci il manuale e insegnarci come si fa la lettura.
Gli operatori devono avere le credenziali per intervenire e devono provvedere a mantenere l’impianto in sicurezza, prima, dopo la rimozione del vecchio contatore e l’installazione del nuovo.
Ogni contatore può essere rimosso solo dopo averlo fotografato (matricola, anno di costruzione, il modello e il numero di POD visibile sul display).
L’operatore potrebbe, in teoria, eseguire il cambio solo in presenza del cliente finale ricevendo da lui l’autorizzazione ad interrompere l’erogazione elettrica per il tempo necessario al cambio (tratto dalle istruzioni di un distributore all’appaltatore)
In caso di display guasto,o spento, la sostituzione non può essere effettuata, e dovrà essere verbalizzato che il cliente non può leggere il contatore.
Tuttora in corso la sostituzione dei vecchi contatori, o misuratori di energia elettrica, con quelli elettronici di “seconda generazione“.
Sono quasi tutti targati Enel ma nessuno ci fa caso.
L’operazione consente teoricamente a Enel, tramite la controllata edistribuzione, che distribuisce energia elettrica in quasi tutto il paese – di conoscere i consumi e quindi controllare il mercato.
Ci sono voluti “solamente” nove anni per cambiare il nome – da Enel Distribuzione a edistribuzione – come vuole l’umbundling ma, nella sostanza, non è cambiato nulla: edistribuzione distribuisce e misura quasi tutta l’energia elettrica nazionale in forza di una concessione che scadrà nel 2030 ma sarà prorogata senza gara entro il 2025, per altri vent’anni, non si sa con quali vantaggi per i consumatori.
Enel iniziò l’operazione “contatori intelligenti” nel 2000, con la promessa che i consumatori avrebbero potuto verificare, e quindi pagare, solo quello che consumavano. Non più acconti, non più conguagli.
Sparito il “letturista”, il consumo sarebbe stato rilevato da remoto e all’utente moroso sarebbe stata ridotta la potenza a disposizione lasciandogli pochi watt per non restare al buio.
In quegli anni, Enel era la “luce” del paese e quindi nessuno si chiese se ciò che Enel stava facendo fosse legale o meno.
E poi, siccome tutta l’operazione veniva spacciata per gratuita, cosa che invece successivamente si rivelò non essere, a nessuno importava se i contatori fossero legali o meno, né come funzionassero.
Erano molto diversi dai precedenti: non c’era più la rotella né la tamburella di numeri che progrediva ma per capire quanto si stava consumando bisognava agire su un pulsante e e vedere i mille lampeggi, equivalenti a un kWh.
All’Enel c’era kaiser Franz Tatò, voluto da Romano Prodi, lo sponsor delle c.d. liberalizzazioni, che poi si rivelarono una farsa.
Il decreto Bersani del 1999, prevedeva infatti la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica: a Terna sarebbero andate le linee di trasmissione di alta tensione e ad Enel la concessione della distribuzione di energia elettrica in tutto il paese, ad esclusione delle grandi città, dove operavano ancora le società municipalizzate locali.
Dopo vent’anni, la relazione annuale di Arera fotografa una situazione imbarazzante: il settore é tutto meno che liberalizzato.
Stando al decreto Bersani, la completa liberalizzazione non potrà realizzarsi prima del 2030 anche perché, se Enel ha il monopolio della distribuzione, misura tutta l’energia elettrica nazionale, la produce e pure la vende, perché dovrebbe perdere la posizione dominante, visti anche i dividendi che gira al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il margine operativo lordo di edistribuzione per il 2024 è di cinque miliardi di euro.
Nel 2000 Enel era talmente potente che decise di non omologare i contatori, come invece la legge imponeva.
Non essendo uno strumento di misura omologato, non si poteva neppure chiamarlo contatore e infatti Enel optó per “elettrodomestico“, marcandolo con un simboloCE farlocco.
All’installazione infatti il fortunato utente riceveva il manuale del nuovo “elettrodomestico”.
Il nuovo “elettrodomestico” sarebbe rimasto un prototipo per anni: trasmettere i dati di consumo sugli stessi cavi elettrici di potenza era un’impresa piuttosto complicata.
Ma per lo sviluppo del nuovo “elettrodomestico” erano disponibili decine di milioni di ignari consumatori italiani, pronti a pagare l’energia elettrica, misurata tutta dalla stessa società che ancora la produceva e la vendeva.
I contatori erano prodotti da Enel anche in Cina, e nessun ente terzo li avrebbe mai verificati: ancora oggi sono decine di milioni i contatori di questo tipo installati in Italia e nessun ente terzo li può provare in contraddittorio perché, non essendo omologati, mancano le procedure legali di prova.
Ma “tutto era gratis e avremmo finalmente pagato solo quello che consumavamo, magari utilizzando la lavatrice di notte perché, dicevano, costava meno”.
Verificando le bollette si scoprì, dopo, che non era così: pagavamo, e ancora oggi paghiamo, sia il contatore che i consumi stimati, perché la maggior parte dei dati vanno persi durante la trasmissione.
Il progetto veniva sviluppato in itinere e il numero delle sue varianti è ignoto, proprio perché l’elettrodomestico non era stato omologato.
Mentre in Italia venivano installati milioni di nuovi elettrodomestici, il Parlamento Europeo stava discutendo una direttiva che avrebbe stabilito i criteri di fabbricazione, omologazione e commercializzazione in Europa, degli strumenti di misura e, tra questi, proprio del contatore di energia elettrica.
La direttiva, nota come MID, venne emanata nel 2004, entró in vigore nel 2006, quando ormai Enel aveva ultimato l’installazione degli ultimi “elettrodomestici”, ma venne recepita dall’Italia solo nel marzo del 2007.
Siccome gli “elettrodomestici” illegali erano ormai decine di milioni, Enel doveva sistemare le cose, oltre che farsi pagare dai consumatori i contatori perché non sarebbero stati per niente gratis!
E infatti venne subito in aiuto di Enel l’Autorità per l’energia, oggi Arera con ladelibera 292/06, del dicembre 2006, “i misuratori attualmente installati presso i punti di prelievo …sono di tipo elettromeccanico e i misuratori orari installati alla data del presente provvedimento presso alcuni punti di prelievo debbano essere preservati”.
Era un falso clamoroso: gli “alcuni punti di prelievo” non erano “alcuni” ma ormai venti milioni ed erano tutti i nuovi “elettrodomestici” di Enel.
Con la voce “oneri di recupero continuità” la delibera scaricava il costo dei contatori in bolletta, con tanti saluti al “non vi costerà niente, é tutto gratuito”.
Ma c’era un ultimo intoppo, il Testo Unico delle leggi metriche, che imponeva, e ancora oggi impone, strumenti di misura legali.
L’elettrodomestico di Enel era un progetto nuovo e un’omologazione in itinere non sarebbe mai stata ottenuta.
L’Autorità per l’energia non poteva più farci nulla, perché la metrologia legale non rientra nelle sue competenze, e allora ci pensó di nuovo Prodi, con uno dei suoi magici provvedimenti “ad aziendam”.
Nel marzo 2007, quando la direttiva MID viene finalmente recepita anche in Italia, un articolo del decreto di recepimento rende legale quello che legale non é, e non potrà mai essere: decine di milioni di contatori illegali potranno continuare a funzionare “fino a quando verranno rimossi”.
Sono quelli che avete ancora in casa e che Enel ha deciso ora di rimuovere.
Il decreto di recepimento, di dubbia costituzionalità, sarebbe stato anche impugnabile per eccesso di delega: una direttiva europea non va recepita per lavare i panni sporchi di casa!
Appena il decreto viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, con un tempismo subdolo, l’Antitrust denuncia la posizione dominante di Enel, ma ormai è tardi.
Solo su intervento dell’Ufficio Metrico di Milano, centinaia i contatori illegali vengono sequestrati.
Adesso i vecchi “elettrodomestici”vengono sostituiti da quelli di “seconda generazione” e spariranno le prove di misurazioni illegali, effettuate da “elettrodomestici” illegali, installati non si sa quando ma che ora, secondo Enel, avrebbero concluso il loro ciclo di vita, probabilmente perché così le tariffe di Arera hanno stabilito.
Eppure, per decreto, i contatori illegali potrebbero operare all’infinito visto che possono restare lì dove sono e cioè “fino a quando non verranno rimossi”.
E chi decide che debbano essere rimossi? In base a quale criterio? Forse al fatto che quasi tutti hanno il display spento?
La metrologia legale compete al MISE – cambia nome ad ogni legislatura – che, a governi alterni, manifesta i suoi dubbi.
L’Autorità per l’energia, invocata dai distributori in occasione delle attuali sostituzione con il nuovo Open Meter, non ha alcuna competenza sul sistema di tele-gestione del contatore, un sistema illegale, perché un contatore omologato MID non può essere gestito da remoto.
Durante i due governi Conte, la questione era stata sollevata in Parlamento senza risultati e anche l’Antitrust aveva avviato delle procedure.
La storia quindi si ripete e il risultato non cambia: prima era l’elettrodomestico ad essere illegale e adesso, che il contatore è legale, lo si gestisce illegalmente da remoto!
Infatti ciò che il distributore può fare da remoto sui contatori non è dato a sapere, perché il protocollo di comunicazione lo conosce solo Enel.
Si sa che possono modificare la potenza a disposizione del consumatore, se non paga, ma lo possono fare anche anche se paga e se hanno problemi di rete.
Possono, o dicono di poter, sincronizzare milioni di contatori per cambiare la fascia oraria di consumo, della quale non frega più niente a nessuno perché l’energia elettrica è più cara di notte che di giorno.
Attraverso il contatore sanno tutto di noi, è come un grande fratello che conosce abitudini di consumo, se siamo presenti, se siamo buoni pagatori, magari il nostro telefono e l’IBAN.
Nessuno ha mai fatto questi controlli perché Enel e i suoi contatori sono intoccabili ma le liste dei consumatori con tutti i dati sono in vendita in rete.
Qualche consiglio pratico visto che la maggiore risorsa energetica di questo paese è il risparmio (P.S.)
Sapere quanto consumate, in kWh e m3 di gas. Leggete i contatori!
Confrontare i numeri dei contatori con quelli delle bollette.
Limitare la potenza contrattuale: a una famiglia di quattro persone basta una potenza di 3 kW utilizzando un elettrodomestico e a pieno carico.
Non cambiare fornitore senza capire tutte le condizioni che vi vengono offerte. Evitare fornitori non referenziati.
Non comunicare mai al telefono, o compilare moduli sulle piattaforme internet con i dati sensibili delle vostre forniture che sono il numero di POD per la luce e il PDR per il gas.
Annullare l’addebito diretto in banca perché solo in questo modo sarete costretti a capire quanto consumate e quanto pagate.
Dopo avere verificato le bollette, dovete pagarle nei termini perché i morosi verranno “staccati” per primi.
Dovete verificare tutti i termostati di casa, dal boiler dell’acqua calda al frigorifero e alle valvole termostatiche dei termosifoni.
Se usate il gas solo per cucinare, sostituitelo con piastre a induzione.
Usate lampade a led e spegnete tutti gli apparecchi elettronici in stand-by, dal televisore allo stereo, dai computers alla Wi-Fi etc.
Cambiate tutti i vecchi elettrodomestici energivori con i nuovi A++, utilizzare programmi eco sui nuovi e a pieno carico
La crisi ucraina ha disorientato i mercati energetici europei, e quello italiano in particolare, alle prese con il passaggio al mercato libero da quello tutelato.
Cosa implica il passaggio al mercato libero?
Al di là del prezzo di vendita, di energia elettrica o di gas, il contratto di “mercato libero” non è più “tutelato” dalle clausole specifiche, che venivano imposte ai fornitori da Arera.
In sostanza i rapporti fornitore/cliente vengono lasciati alla libera contrattazione delle parti,che avranno come riferimento unico il Codice Civile.
Totalmente ignorato nei contratti, e non se ne conosce la ragione, il c.d. Codice di Consumo, cioè il Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206
Le nuove condizioni richiedono quindi che i consumatori siano in grado di reperire, e di comprendere tutte le informazioni, economiche e legali, prima di sottoscrivere un nuovo contratto.
E, siccome in Italia i contratti di luce e gas vengono sottoscritti quasi sempre senza capirli, e nel peggiore dei casi, senza neppure leggerli, ecco che 800 (!) fornitori, molti dei quali senza scrupoli, ne possono approfittare.
Già da un paio di mesi, ai clienti di mercato libero del gas, stanno arrivando le bollette relative ai consumi dei primi mesi freddi, quando cioè si comincia ad utilizzare il riscaldamento.
In migliaia di casi, segnalati in Liguria, le bollette del gas sembrano impazzite e il costo del riscaldamento raddoppiato, se non triplicato.
E questo non solo perché governo ha deciso di:
1) ristabilire i due scaglioni originali dell’IVA – 10% applicato ai primi 480 m³ e il 22% sul restante –
2) rimettere gli oneri generali di sistema e
3) ridurre l’ISEE che dá diritto al bonus sociale.
La crisi del 2022 aveva fatto esplodere il prezzo all’ingrosso del gas – da 20 a 300 €/MWh – e i fornitori, dopo aver realizzato cospicui extra profitti, tanto da costringere il governo Draghi a tassarli, hanno pensato di replicarli, offrendo prezzi fissi “abnormi” per due anni, con pesanti conseguenze per i consumatori.
I clienti di mercato libero devono necessariamente tenere sotto controllo le bollette e, in particolare, le scadenze indicate sulle bollette.
Curiosamente, è molto subdolamente, le scadenze sono distinte: una é del contratto, quasi sempre a tempo indeterminato, e l’altra è relativa alle condizioni economiche.
Nel 2023, ai clienti di mercato libero, a cui scadevano le condizioni commerciali, i fornitori hanno proposto modifiche di prezzo che restavano comunque soggette all’accettazione del cliente.
Le proposte, infatti, sarebbero state inviate mesi prima della scadenza delle condizioni economiche , ma senza una prova di essere state realmente spedite, né tantomeno ricevute, non occorrendo una raccomandata.
Ammesso quindi che siano state regolarmente spedite, e ammesso anche che l’utente non le abbia, volutamente, o inavvertitamente cestinate, le proposte prevedevano prezzi fissi con durata di 24 mesi.
Le proposte spedite prima dell’estate 2023 non hanno avuto alcun effetto sulle prime bollette estive, quando il consumo di gas è nullo mentre il bubbone sta scoppiando ora, quando vengono fatturati i consumi dei primi mesi freddi.
Questo é un esempio dove il prezzo del gas é scandaloso.
Analizzando casi di tutto il territorio nazionale, si scopre così che il costo del riscaldamento a gas è raddoppiato, quando non triplicato, e non sono neppure possibili azioni correttive a meno di dare disdetta e pagare le eventuali relative penali, tipiche nei casi di prezzo fisso.
Quindi, mentre a fine anno il governo discuteva se prorogare o meno il mercato tutelato, i fornitori del libero mercato si erano già abbondantemente “coperti” da eventuali oscillazioni del mercato internazionale.
Un mercato che paga oggi il gas all’ingrosso dieci volte meno che al dettaglio. Che poi è la stessa cosa che hanno fatto a Bruxelles stabilendo un price cap di 180 €/MWh quando oggi è a 25.
Il consiglio resta quello di prendere assolutamente coscienza dei propri consumi perché, in questa situazione, solo consumando meno si può risparmiare.
Dovrete inoltre verificare tutte le informazioni, reperibili su ogni bolletta, in merito alle letture dei contatori, al prezzo della materia prima e delle spese accessorie con particolare attenzione alle date di scadenza.
Il legislatore dovrebbe invece dedicarsi ad informare la popolazione dei consumatori e spiegare come si sia potuti arrivare ad una bolletta così complicata in totale spregio di quanto previsto all’art. 13 del Codice di consumo.