Un salto indietro, ottobre 2021, un anno dopo i look down e cinque mesi prima dell’invasione dell’Ucraina.
La Delibera n° 396/2021 di Arera attuava le misure del Governo per calmierare il costo delle bollette del mercato tutelato del quarto trimestre 2021: erano 4 miliardi di euro, dopo 1,2 miliardi messi a disposizione per il trimestre precedente.
Così la delibera “Cassa e GSE prevedono che la liquidità complessiva dei conti di gestione si esaurisca verso la metà dell’anno 2022, diventando negativa nella seconda metà del medesimo anno”.
Ma può diventare negativa?
La sospensione temporanea del pagamento degli oneri di sistema, solo per alcune categorie di consumatori creerà, nel 2022, un buco di 7,5 miliardi di euro.
Vista l’emergenza energetica, con i conti fuori controllo, sarebbe stata un’ottima occasione per affrontare il problema degli oneri di sistema che pesano sulle bollette per oltre 15 miliardi di euro all’anno e che non devono essere nelle bollette.
Imbarazzante l’ottimismo del Governo nel prevedere da un lato il rialzo del PIL del 6% e dall’altro far pagare alle industrie, con potenza installata maggiore di 16,5 kW, bollette talmente salate da costringerle a ridurre la produzione, se non a chiudere l’attività.
In presenza di una volatilità dei mercati energetici sempre più marcata, e di un tasso d’inflazione esplosivo, gli interventi trimestrali spostavano solo la resa dei conti che arrivava puntuale un anno dopo, quando il sistema sarebbe collassato.
Tutto poi è rientrato nella normalità, gas ed energia elettrica sono raddoppiati, gli oneri di sistema sono stati rimessi!
Passata la paura: i consumatori italiani resistono e pagano le bollette.
Perché le bollette italiane fatturano la prestazione di un servizio e non il solo prodotto “energia elettrica“?
Perché paghiamo IVA su voci che nulla hanno a che vedere con il kWh che consumiamo?
Perché, dopo sei anni, non è stata ancora recepita la Direttiva UE 944 del 2019?
Nonostante la direttiva sia cristallina e affronti proprio i problemi che assillano il consumatore italiano, sia di energia elettrica che di gas – dove peraltro il criterio di fatturazione è illegale – tutto tace e nessuno fa nulla.
Alcuni passaggi della direttiva
Forse la ragione del ritardo è il Codice di consumo , un decreto legislativo che risale al 2005 che equipara la fornitura di energia elettrica alla prestazione di un servizio.
L’IVA del 22% , applicata indistintamente non solo alla componente energia ma agli oneri di sistema, che nulla hanno a che vedere con essa, oltre che alle accise, non esiste in nessun’altra bolletta europea.
L’unico responsabile delle situazione è il regolatore – Arera – che ha permesso, e permette, enormi ricarichi trasformando le bollette in documenti incomprensibili che confondono il consumatore al quale viene richiesto, per es., un pagamento anche con consumo nullo.
Una datata risposta di enel sull’argomento ad un lettore del blog.
Il blackout spagnolo, le cui cause non sono ancora ufficiali, dovrebbe farci ragionare sulla situazione di casa nostra e, in particolare, cosa é successo nell’ultimo week-end.
Invece di godere per il grafico sotto dovremmo cominciare a preoccuparci perché più saranno le ore a prezzo zero più aumenteranno i rischi di BO, come accaduto in Spagna.
In italia, come in Spagna, il prezzo non può “girare” in negativo perché gli impegni con gli investitori vanno onorati.
Investitori che, negli ultimi vent’anni, ci hanno dato dentro, e pesantemente perché garantiti dagli oneri di sistema delle bollette.
Così durante il weekend i gestori tendono a coprire il basso consumo il con le FER.
Ma se le previsioni di consumo sono errate o, peggio, il gestore non ha di fatto programmato, visto che le nucleari erano spente, ecco che basta una nuvola per mandare in tilt il sistema e lasciare al buio l’intera penisola iberica.
Questa la situazione in Italia il 1 maggio.
Sei ore a prezzo nulloUna mail ad un produttore
La vicenda ha dell’incredibile: per non scendere sotto la soglia di sicurezza con la potenza rotante delle centrali termoelettriche, Terna taglia non solo l’idroelettrico ma anche il solare e l’eolico.
Tanto ci pensano le bollette a pagare la mancata produzione di tutto!
E si dovrebbe chiedere ragione ad Arera sulla recente delibera a plateale favore degli investitori FER.
I sostenitori dei FV, così come i soloni universitari, devono capire che non sono solo i grandi campi FV a creare problemi ma le centinaia di migliaia di piccoli produttori casalinghi, quelli con i pannelli sui tetti di casa.
E la Lombardia è la regione con più FV diffuso.
Così non ci resta che sperare che nei prossimi fine settimana salga, e di molto, la temperatura per accendere i condizionatori, e per avere finalmente un po’ di riserva rotante altrimenti con meteo fresco, tanto sole e bassi consumi finiremo anche noi nei casini.
Sperare insomma che il prezzo dell’energia abbandoni lo zero e salga per la gioia dei pagatori di bollette che perlomeno saranno più al sicuro.
Ovviamente chi parla di transizione energetica in questa situazione è un cretino, perché transizione significa prima di tutto consumare meno energia, e non di più.
Venendo ai BESS, che per ora sono pochi, non è che entrano o escono dal parallelo in modo così repentino e istantaneo, come credono gli altri furbi. Per ora sono comandati dal gestore da remoto e pertanto serve tempo, e invece per sventare un black-out occorre intervenire in millisecondi.
Ovvio che se piazzi 50 superfiltri a 50 termiche, ottieni il massimo dei risultati in tema ambientale ma non fai business; installando invece migliaia di pale e migliaia di campi FV si creano guadagni diffusi e interessi incontrollabili.
Per quelli che ricordano, il 3 agosto 2003 venne evitato un BO in Italia, con gli stessi eventi che furono poi fatali il 28 settembre successivo.
Siamo di nuovo allo sbando.
Abbiamo fatto regole spinti da troppi interessi di parte e senza tener conto di una visione generale dei fondamentali del sistema, ormai diventati un accessorio in meccanismi di funzionamento che paiono determinati alla “sperandio”.
Vuoi capire perché le tue bollette elettriche sono alle stelle?
Le nostre turbine eoliche (tedesche), i pannelli solari (cinesi) e l’auto elettrica richiedono una costosa modifica della rete elettrica.
RTE investirà 100 miliardi di euro in modo che la sua rete elettrica possa ospitare molte energie rinnovabili
Mentre con 100 miliardi di euro, possiamo costruire 12 centrali nucleari e aumentare la nostra produzione di energia elettrica del 35%!
Il capo dell’operatore della rete elettrica francese RTE, Xavier Piechaczyk, continua la sua propaganda pro-vento favorevole ai tedeschi e molto redditizia per la sua azienda:
“L’energia nucleare da sola non sarà sufficiente per decarbonizzare la Francia afferma il presidente di RTE giudicando che è necessario “rendere rinnovabile il prima possibile” per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050.
Controcorrente: e questo nello stesso momento in cui il gigante svedese Vattenfall ferma lo sviluppo di un grande progetto eolico offshore nel Regno Unito a causa del costo dei materiali.
Proprio come i tedeschi stanno smantellando un parco eolico logoro, danneggiato dopo soli 12 anni di attività!!
L’accelerazione della transizione energetica ha un prezzo e sarà a carico dei consumatori di energia elettrica.
Gestita da RTE (per i 106.000 km di linee di trasmissione ad alta tensione) ed Enedis (per gli 1,4 milioni di km di linee di distribuzione), la rete francese rappresenta un terzo della bolletta per un cliente residenziale.
Non è quindi un segreto che passare dall’attuale sistema energetico a un modello compatibile con le energie rinnovabili sarà (molto) costoso: collegare nuovi parchi solari ed eolici e stazioni di ricarica per auto elettriche, ma anche migliorare la resistenza dei cavi…
Ciò aumenterà il costo dell’elettricità, il cui consumo salirà alle stelle per fare a meno dei combustibili fossili. Come la sua controparte ENEDIS sulla gestione delle linee ad alta e altissima tensione, RTE, anticipa (avete capito!) anche un’esplosione dei suoi costi.
Ma le tasse non si fermeranno qui. Perché parallelamente esploderà un’altra voce di spesa: quella di adeguare la rete di distribuzione elettrica (linee di bassa e media tensione) a questi sconvolgimenti.
Il 25 marzo l’“associazione energia per tutti” ha presentato alla Cassazione una proposta referendaria per eliminare gli oneri di sistema dalle bollette dell’energia elettrica.
Cosa siano, perché e da quanto tempo li paghiamo e quanto valgono gli oneri di sistema lo capirete visitando il sito dell’associazione www.aept.it.
Comunque, per farsi un’idea di cosa stiamo parlando, basta prendere una bolletta, individuare la voce oneri di sistema, che è ben specificata, e verificare quanti soldi tiriamo fuori in un anno.
Per noi, clienti finali gli oneri di sistema sono solo soldi ma per i beneficiati sono sussidi, che in vent’anni ci sono costati 200 miliardi di euro e, se non voteremo SI, nei prossimi dieci ce ne costeranno altri 100.
Sono rendite garantite in primis dai fornitori, che si assumono l’onere e il rischio di chi non paga la bolletta e, in secondo luogo garantite dai clienti finali che non vogliono farsi tagliare la luce.
Sono soldi che non c’entrano con i kWh che consumiamo.
Con quei soldi abbiamo sovvenzionato, o ancora sovvenzioniamo:
specifiche categorie di produttori di energia elettrica;
specifiche categorie di consumatori di energia elettrica;
Fornitori di energia elettrica, per conto dei consumatori morosi, cioè quelli che non possono, o non vogliono pagare la bolletta;
I bonus stanziati dal governo;
I fornitori “minori” anche quelli che, nel frattempo, sono fallite;
società nel frattempo fallite o decotte come Alitalia,Ilva,Alcoa
le Ferrovie dello Stato “per i regimi tariffari speciali per il servizio ferroviario universale e merci”
le società che si occupano di dismissione dal nucleare, a 40 anni dal referendum, oltre ai comuni con centrali nucleari dismesse.
La lista ventennale dei beneficiati è lunga e la ricostruzione di come i soldi siano stati distribuiti a pioggia impossibile, a meno di studiare centinaia di delibere di Arera o verificare i conti del GSE, della CSEA.
C’è qualcun’altro che ha problemi? Ci sono le bollette, un vero e proprio bancomat con il particolare, odioso, che gli oneri di sistema colpiscono i più deboli, cioè quelli che consumano meno.
Il ricambio, nel tempo, dei diversi sussidi avviene in sordina.
Quando termineranno i primi incentivi alle rinnovabili degli anni 2000, dovremo pagare le centrali di accumulo, l’energy release 2.0 e il FER X oltre alla mancata produzione degli impianti rinnovabili se la rete non è in grado di dispacciare l’energia che potrebbero teoricamente produrre!
Ovviamente il nuovo nucleare, se si farà, verrà finanziato dalle bollette.
Ogni anno assistiamo agli inutili tentativi di ridurre il costo delle bollette; si incolpa il prezzo del gas ma invece è il sistema che, da venticinque anni, non funziona e va cambiato.
La prova, evidente, è che le bollette non sono mai calate e anzi restano sempre, e di molto, le più care d’Europa.
L’unico modo per dare una scossa al sistema, del quale gli oneri sono la droga, é votare SI al prossimo referendum.
I voti verranno raccolti a partire da metà giugno.
Sono passati due anni da questo post, ma non succede nulla.
Tante parole, molte sciocchezze ma il nulla é cosmico!
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Il mercato a “prezzo marginale” dell’energia elettrica funziona così: in un grande magazzino scegliamo calze, mutande, camicie, maglioni che costano dai 15 ai 50€ e, alla fine, ci piace un cappotto da 1000€.
Alla cassa ci fanno pagare tutti i pezzi a 1000€, anche le mutande!
Da un anno paghiamo l’energia elettrica come se fosse prodotta tutta con il gas. L’energia idroelettrica, per esempio, la paghiamo dieci volte il prezzo marginale centrali idrauliche.
Il governo dei “ migliori” non si é accorto di cosa stava succedendo, già ad ottobre del 2021, e tra “le bollette che sarebbero calate a marzo“ di Cingolani e “ la pace o condizionatori” di Draghi, nessuno ha fatto nulla.
Ci sono voluti mesi e il recupero disperato con la tassa sugli extra-profitti, dai risultati piuttosto deludenti o aver tolto gli oneri di sistema dalle bollette.
Nel dubbio, Enel ha chiesto al governo 16 miliardi di finanziamento, il 70% garantito dallo stato, forse proprio per pagare parte della tassa, nel caso fosse costretta.
Per avere un’idea di quanto sia costata l’estrema disattenzione del governo dei “migliori”, facciamo quattro conti, partendo dal 2021:
Gli speculatori entrano in azione in estate quando i “migliori” sono già in vacanza.
Il PUN di dicembre è quattro volte e mezzo quello di gennaio, mancano ancora due mesi alla guerra ma il governo ci mette solo qualche pezza.
Ad agosto, quindi molto prima della guerra, il PUN a 112 €/MWh, quasi il doppio di gennaio e a settembre l’indice con scadenza marzo esplodeva.
Noi non sappiamo a quale prezzo sia stata venduta l’energia elettrica non prodotta con il gas, ma sappiamo che vale poco meno della metà di tutta quella prodotta in Italia.
Sicuramente é stata venduta ad un prezzo inferiore al massimo prezzo pagato dal mercato ed é stata acquistata per prima, perchè cosi funziona.
Nulla dovrebbe essere cambiato dopo la crisi russa. Quindi tutto fa supporre che i produttori del 46 % del totale ( percentuale esatta del non prodotto con il gas ) per correttezza avrebbero dovuto continuare a offrire a 112, il prezzo di agosto.
Con la guerra il PUN prende il volo, raggiungendo punte di 441 a luglio, 543 ad agosto e 430 settembre, con una media da giugno a settembre di 421, mandando al collasso il sistema industriale.
Oggi possiamo indicarlo prudenzialmente a 350 €/MWh.
Tentando una valutazione su base annua e sapendo che, grosso modo, il consumo annuo in Italia é di 300 miliardi di kWh e stimando un PUN medio annuale di 350€ /MWh €, il 46% di 300 miliardi equivale a 138 miliardi di kWh e cioé 138 milioni di MWh.
138 milioni MWh moltiplicati per 238 € – cioè la differenza tra 350 € e 112€ – fanno 33 miliardi di euro, ed è una valutazione per difetto perché partiamo da agosto ‘21.
Un governo davvero migliore avrebbe dovuto accorgersi molto prima che, senza il gas russo, bisognava correggere e che l’emergenza stava arricchendo la banda dei “cassieri“( quelli del cappotto) che hanno sempre avuto la possibilità di “coprirsi” con gli acquisti a termine di gas.
Invece di tentare voli pindarici sul CAP del prezzo del gas, a livello europeo, tentativi che sono destinati a fallire, bastava disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, ma forse i “cassieri” erano contrari.
Con il risultato che non é stato fatto nulla, se non rincorrere la crisi su fronti sbagliati e cioè cercando il gas all’estero e aiutare il popolo dei consumatori a pagare i “cassieri”.
Nel 2016 le bollette dell’energia elettrica esplodono.
Con un documento di consultazione – con quale credibilità – l’autorità per l’energia e il gas chiede – a chi – come mai si è arrivati a questa insana situazione e come ripartire gli oneri di sistema che quest’anno ammonteranno a 16 miliardi.
Fanno 6 cents/kWh, una volta e mezza l’attuale prezzo all’ingrosso.
La sola componente A3 sarà di 14,5 miliardi di euro.
L’inverosimile quantità di denaro mantiene il sistema dei produttori, trasportatori e distributori i cui bilanci,nonostante l’aria che tira, sono trionfali.
La quota parte energia (30% del totale della bolletta ) é invece calata, in linea con il prezzo del petrolio.
Cosa succederà quando la tendenza s’invertirà e dovesse arrivare la ripresa.
Il governo e l’autorità per l’energia difendono il sistema mentre i cinquestelle parlano forse di un futuro troppo lontano.
Una delibera di Arera del 2016 va letta con attenzione per capire come funziona la regolazione del mercato dell’energia elettrica in Italia e come siamo arrivati a pagare le bollette più care in Europa.
Si mettono pezze, dopo, perché tanto i soldi dei consumatori sono sempre pagati prima. Finiscono in automatico sui conti del GSE pronti per essere usati ad ogni richiesta.
Se avrete la pazienza di leggere la delibera vi chiederete per chi è stata scritta e quale lo scopo di pubblicarla.
Una cassa sempre piena e pronta a qualsiasi richiesta, come se l’energia elettrica fosse la benzina alla pompa: un terzo benzina e due terzi tasse e orpelli!
Il caso in esame riguarda una centrale elettrica che viene dichiarata “essenziale” e, come tale, viene incentivata con i soldi delle bollette.
Poi però, risulta indisponibile e cominciano i casini, con corsi e ricorsi.
I livelli di incentivazione delle centrali elettriche sono diversi. Le centrali possono essere dichiarate “essenziali” o “super essenziali” come le utenze che possono essere “interrompibili” o “super interrompibili”.
La creatività paga e Arera non è insensibile alle richieste dei produttori, opportunamente programmati da Terna, che in missione per conto di Dio, decide tutto.
L’ammontare degli incentivi peró, in questo caso, non viene reso pubblico perché è un dato sensibile e sulla privacy non si transige in questo paese dove c’è qualcuno che decide quanto, il consumatore paga al buio e nessuno controlla, magari per anni.
Poi ci si sorprende se gli “oneri di sistema”, pagati sull’unghia ad ogni bolletta, siano esplosi, come dichiarava Bortoni ogni anno, firmando le delibere e secretandone i dati.
La componente A3 é la voce dominante degli “oneri di sistema” delle bollette.
Oneri che nel 2016 ci costavano 16,5 miliardi di euro.
Qui il dettaglio del 2016, e in figura trend aggiornato.
Una visita alla bolletta ci permetterà di individuarli.
Soldi che, prevalentemente, finiscono nelle tasche di chi produce energia rinnovabile, prevalentemente fotovoltaica, in forza ad una serie di incentivazioni – i cinque conti energia, emessi dal 2005 al 2011, con durata di 25 anni.
I conti energia erano basati sull’ipotesi, rivelatasi poi errata, che il consumo di energia elettrica sarebbe aumentato costantemente negli anni.
Con la scusa “ce lo chiede l’Europa” i furbi hanno cavalcato l’onda facendo pagare tutto ai consumatori con il benestare di governi compiacenti, o poco previdenti
Del disastro incombente si accorse il governo Monti che, nel 2012, fissò un limite annuo all’incentivazione di nuovi impianti, ma il danno ormai era fatto e ancora oggi, e per i prossimi dieci anni sarà tutto a carico delle bollette.
Ma il futuro è ancora più nero per i consumatori perché, anche senza incentivi, saranno sempre di più quelli che si staccheranno dalla rete, producendosi l’energia.
E più saranno quelli che si staccano dalla rete, non pagando più gli oneri, più aumenterà la quota A3 per quelli che non lo faranno.
Nessun governo vuole affrontare il problema anche perché gli aventi diritto agli incentivi sono in buona parte fondi stranieri, legalmente inattaccabili, che in Italia fanno una montagna di soldi portandoseli in Lussemburgo esentasse.
Senza correzioni la situazione è destinata a peggiorare specialmente per chi consuma meno. Stesso ragionamento per il gas naturale: utilizzarlo solamente per cucinare, o anche solo per produrre acqua sanitaria, costa quattro volte di più che per scaldarsi.
La parte fissa della bolletta, per i consumi più bassi, sta diventando sempre più pesante ma noi consumatori avremo la possibilità, votando SI al referendum, di non pagare più gli “oneri di sistema”.
Altri esempi di come venivano utilizzati i fondi raccolti con la voce “oneri di sistema” delle bollette.
Voce che il referendum promosso da http://www.aept.it chiede al popolo di eliminare.
Una porcata risale ai tempi di Alitalia, altra beneficiata dai consumatori.
Cosa c’entrava Alitalia con le bollette?
Nulla, come non c’entrano le FFSS, ma siccome le bollette sono bancomat,e i soldi ci sono, tanto vale prenderli, magari per pagare i bonus ai manager della decotta compagnia di bandiera!
Il prestito di 900 milioni ad Alitalia – previsto dal decreto Crescita del 2019 – veniva “garantito” dalle bollette: erano soldi destinati a pagare i produttori di energia rinnovabile ed erano già stati incassati dal GSE.
E siccome, non si sa perché, erano ancora lì tanto valeva utilizzarli per il baraccone volante.
Succhiare soldi ai consumatori di energia elettrica è una costante attività dei vari governi : lo aveva fatto Renzi per ILVA e Gentiloni continua con Alitalia.
Ricordiamo allora la vicenda di Alcoa.
La legge 129/2010, conosciuta come decreto “Salva Alcoa”, fece esplodere il settore del fotovoltaico in Italia che peraltro continuiamo a sovvenzionare dopo 15 anni, per una decina di miliardi all’anno a prezzi folli.
Il “salva Alcoa” estendeva gli incentivi del “secondo conto energia” che erano più generosi di quelli del terzo, che sarebbe entrato in vigore nel 2011.
Il decreto dava la possibilità anche agli impianti allacciati alla rete entro il 30 giugno del 2011 di accedere alle tariffe del secondo conto energia, purché la comunicazione di fine lavori venisse inviata al GSE entro il 31 dicembre 2010.
Il decreto di fatto prorogava, fino al 30 giugno 2011, il periodo di operatività del secondo conto energia, destinato inizialmente ad esaurirsi nel 2010, per effetto dell’entrata in vigore del terzo.
Il decreto prevedeva inoltre misure urgenti per garantire il potenziamento e la sicurezza dell’energia elettrica in Sicilia e Sardegna e fu ribattezzato “salva Alcoa” proprio perché affrontava anche la questione della multinazionale americana che, a quel tempo, minacciava la chiusura dello stabilimento in Sardegna, per il costo, troppo elevato, dell’energia elettrica.
Così, dopo un decennio, scopriamo che, per rendere profittevole il piano industriale di Alcoa, il costo dell’energia per la stessa era meno della metà di quello di mercato.
In questa situazione Arera non può fare altro che segnalare, a Governo e Parlamento, l’impatto devastante sulle bollette, mettendo in ulteriore difficoltà proprio quelli che consumano meno.
Con i continui salvataggi, gli oneri di sistema, che valgono 15 miliardi di euro all’anno, non potranno mai ridursi ma solo inesorabilmente aumentare. Basta fare quattro conti sui BESS, gli accumuli. Chi pensate pagherà?
Guido Bortoni – ex presidente dell’Autorità per l’energia – nel 2014 alla Commissione Industria del Senato: “il complessivo fabbisogno di gettito annuo degli oneri di sistema raggiungerà 15 miliardi nel 2015, il doppio del 2011”.
Una cifra allucinante, a quell’epoca equivaleva alla TAV, ma che non spaventò nessuno, tanto meno i consumatori, alle prese con bollette sempre più complicate.
Nessuno chiese a Bortoni come mai gli oneri di sistema fossero raddoppiati in quattro anni e cosa sarebbe successo in futuro. Assolutamente nulla, il limite restò quello, tutti incassarono, perché i consumatori pagavano e non c’era proprio nulla da giustificare. Era chiaro che con il contratto di fornitura di energia elettrica gli “oneri di sistema” non avevano nulla da spartire, ma siccome coprivano spese di “interesse generale” era assolutamente scorretto che li pagassero solamente i consumatori.
Con gli oneri generali di sistema, che pesano per un terzo del valore della bolletta, paghiamo tutta una serie di balzelli:
gli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate. Perché si debba incentivare una specifica categoria di produttori non è mai stato chiaro? E gli altri poveri sfigati? Dobbiamo incentivare produttori finanziandoli con multipli del prezzo in borsa dell’energia elettrica. Il mercato delle rinnovabili è stato creato dagli oneri di sistema.
le spese per ri-bilanciare il sistema elettrico: perché è sbilanciato dalle stesse rinnovabili che incentiviamo.
la messa in sicurezza del nucleare, la compensazione territoriale per i comuni che hanno centrali nucleari spente.
le agevolazioni alle imprese energivore: per renderle più competitive sé no perdono quote di mercato! Siamo meglio della Caritas!
la promozione dell’efficienza energetica: paghiamo per fare risparmiare gli altri! Installano una pompa di calore? Partecipiamo alla spesa! La stessa confraternita!
i regimi tariffari speciali delle FFSS: per far viaggiare gli altri a buon mercato! Stessa confraternita!
le compensazioni alle reti elettriche minori: dovremmo aiutare anche Enel, perché solo le minori
il sostegno alla ricerca del sistema elettrico: istituti di ricerca decotti
15 miliardi all’anno buttati nel cesso e nessuno si lamenta!
Bortoni, sempre naïf nelle su uscite, auspicava una riforma perché diceva “hanno raggiuntoun livello eccessivo”.
Sarebbe stato meglio definirlo catastrofico tant’è che l’idea che si sta facendo strada è di trasferirne una parte sulla fiscalità generale del Paese, non più in bolletta ma in tasse.
Si giustificava Bortoni:”Gli oneri gravano sulla competitività del nostro sistema produttivo e sul bilancio delle famiglie italiane, in relazione alla notevole complessità che si è venuta a creare per la sovrapposizione di diversi meccanismi originata da altrettanti fonti normative”.
Le fonti normative sono le leggi che poi impongono all’Autorità di spalmare le voci di costo nelle bollette.
Nonostante il tardivo e sempre inascoltato allarme di Bortoni, negli oneri di sistema e nei servizi di rete – altra voce della bolletta che pesa per il 17% – stanno per essere scaricati miliardi di euro derivanti da:
la vendita della rete delle FFSS a Terna;
il cavo sottomarino con il Montenegro;
i maggiori incentivi alle rinnovabili;
l’elettrodotto sottomarino con la Sicilia;
l’elettrodotto aereo con la Sicilia;
il commissariamento degli impianti termoelettrici, siciliani e sardi;
il capacity payment;
la chiusura delle centrali dell’Enel;
la gestione delle scorie nucleari;
i contatori elettronici di seconda generazione e il cablaggio delle abitazioni;
la chiusura anticipata degli incentivi ai certificati verdi;
la maggior remunerazione degli investimenti di Terna e Snam.
Il costo medio degli oneri di sistema ha raggiunto gli 80€/MWh pari al 34% della bolletta. La contrazione dei prezzi all’ingrosso della materia prima è stata annientata; continuiamo a dare più soldi a Terna e Snam per la felicità dei cinesi.
Il governo brancola nel buio più totale se le risposte ad un’interrogazione alla Camera sono queste.
L’allegra gestione dei fondi prelevati dalle bollette con gli “oneri di sistema”
Da ricordare, in occasione del prossimo referendum che chiede che non vengano più messi a carico dei consumatori.
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E’ il caso di Gala, società quotata in borsa, aggiudicataria di alcuni contratti Consip nel 2014, dove il prezzo di vendita dell’energia elettrica era vincolato a quello del petrolio.
La caduta del prezzo del petrolio del 2015 rappresentava quindi ingenti perdite per Gala, che chiedeva una revisione del contratto per “un’eccessiva onerosità sopravvenuta” ,
Consip rifiutava e Gala faceva ricorso al TAR, perdendo.
Ma Gala, molto vicina a Renzi, non si dava per vinta e veniva salvata in Parlamento da un emendamento della legge di stabilità.
“Una misura costituisce aiuto di stato se soddisfa cumulativamente quattro condizioni: a) la misura deve essere imputabile allo Stato membro e finanziata mediante risorse statali; b) deve conferire un vantaggio selettivo che possa favorire talune imprese o talune produzioni; c) deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza e d) deve essere potenzialmente in grado di incidere sugli scambi tra Stati membri.
La Commissione non ha ricevuto a tal proposito alcuna notifica dall’Italia a norma dell’articolo 108 del trattato. Se la misura introduce un principio giuridico generale che si applica indistintamente a tutte le imprese nella stessa situazione di fatto e di diritto, non sorgerebbero questioni relative agli aiuti di Stato.”
L’interrogazione però non riguardava eventuali aiuti di stato ma denunciava proprio la possibilità che il decreto falsasse e minacciasse la concorrenza e, a tale proposito, era stata coinvolta anche l’Antitrust.
Con il risultato che circa 50 milioni di euro sono stati scaricati sui consumatori.
Gala si era successivamente aggiudicata alcuni lotti della gara Consip del 2016, offrendo uno spread negativo sul PUN – prezzo unico nazionale – che invece negli ultimi mesi del 2016 è raddoppiato, facendo saltare il quarto operatore nazionale con un buco di 118 milioni di euro e penali per 60.
Chi, tra gli amici, interverrà adesso per salvarla, scaricando di nuovo i debiti sui consumatori?
In una audizione alla commissione d’inchiesta sui diritti dei consumatori ( febbraio 2022) il presidente Besseghini ha presentato una memoria.
A pag. 62 così si legge:
“….socializzare importi rilevanti corrispondenti ad insoluti all’interno della medesima catena “
Curioso come venga utilizzato il verbo “socializzare” visto che in questo caso significa che chi paga paga anche per quelli che non pagano. Vi sembra giusto?
Nessun incentivo se l’impianto fotovoltaico è incompleto o se non è collegato alla rete.
Se non produce non riceve incentivi!
Un principio logico e corretto, visto che gli incentivi li paghiamo con ogni bolletta sotto la voce “oneri di sistema” eppure non è così!
Ci vuole prima il tribunale e poi il Consiglio di Stato.
Per accedere agli incentivi gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, come quelli fotovoltaici, devono essere completi in ogni loro componente e idonei a erogare energia, a prescindere dall’effettivo collegamento alla rete elettrica nazionale, rilevando solo la capacità a produrre e immettere in rete l’intera potenza per la quale sono stati dimensionati e autorizzati.
Alla luce delle conclusioni del perito tecnico, il Collegio ha rilevato che l’accertata carenza dei cavi di collegamento, seppure limitata a una parte minoritaria dell’impianto e non essenziale da un punto di vista tecnico, per il potenziale collegamento alla rete e la effettiva entrata in esercizio, provoca una parziale riduzione della capacità produttiva di energia elettrica dell’impianto, che non può generare tutta la potenza prevista e autorizzata, in relazione al dimensionamento della struttura.
Impianto concluso
Per i giudici amministrativi, nella situazione accertata, non è possibile considerare «concluso» l’impianto, ai sensi della normativa di favore per il regime incentivante degli impianti fotovoltaici, che prescrive il completamento di tutti gli elementi previsti dal progetto oggetto di autorizzazione, alla luce dell’istanza di ammissione agli incentivi successiva alla dichiarazione di fine lavori, fondata sulla «promessa» di produzione di un dato quantitativo di energia elettrica, rilevando qualsiasi difformità o necessità di lavori o interventi ulteriori e successivi, a eccezione di quelli finalizzati a produrre una potenza superiore a quella autorizzata.
Obiettivi del meccanismo di incentivazione
A tale conclusione giunge il Consiglio di Stato sottolineando come il meccanismo di incentivazione delle fonti rinnovabili sia motivato non soltanto da finalità ambientali, come la produzione di energia pulita, ma anche dall’aumento dell’autosufficienza energetica nazionale, con la garanzia dell’apporto alla rete di un determinato quantitativo promesso dagli operatori in sede di autorizzazione progettuale e di accesso agli incentivi; gli operatori devono, quindi, assicurare non soltanto la «presenza fisica» dell’impianto di produzione di energia elettrica entro una certa data, ma anche la capacità potenziale di sfruttamento tramite allaccio alla rete.
Conclusione
Appare quindi, pienamente legittimo e privo, in tali situazioni, di alcun margine di valutazione discrezionale, il provvedimento del GSE di revoca degli incentivi a suo tempo riconosciuti al gestore dell’impianto, data l’accertata carenza di alcuni cavi di collegamento dei quadri elettrici, tale da ridurre la capacità di erogazione e immissione nella rete nazionale da parte della struttura rispetto a quanto autorizzato.
Paghiamo 15 miliardi all’anno con le bollette, ricordatelo quando voterete al prossimo referendum.
Proprio per sensibilizzare i votanti, alcuni esempi di allegra gestione dei nostri soldi.
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La Procura di Roma indaga su una faccenda che potrebbe costare cara ai consumatori.
Enel e Green Network, con la benedizione di Arera, transavano a carico dei consumatori con le delibere n° 50/2018 e n° 568/2019.
E adesso Arera denuncia Green Network.
Questo l’antefatto (2020)
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I debiti di alcune società fornitrici di energia elettrica vengono coperti dai consumatori.
Un giochetto molto semplice, in apparenza.
I fornitori di energia elettrica operano in un mercato controllato, a monte, dal distributore di riferimento – edistribuzione – al quale devono pagare “sull’unghia” gli OGS – oneri generali di sistema – a prescindere dal fatto che il cliente finale paghi o non paghi la bolletta.
Il distributore monopolista, che fa capo a Enel e che distribuisce quasi tutta l’energia elettrica nel paese, è il vero arbitro del mercato: decide chi deve pagare e chi no, chi può vivere o chi deve morire.
Erano 500 i milioni del buco di Gala, che poi è fallita, e sono 166 quelli attuali di Green Network, ma ne deve il doppio a Enel.
Così si siedono attorno ad un tavolo e si mettono d’accordo, creditore e debitore, perchè quello che manca la mettano i consumatori.
Non si comprende come sia possibile una tale operazione sulla testa dei consumatori.
Com’è possibile che Enel, attraverso la controllata edistribuzione, possa concludere accordi transattivi – benedetti da Arera – che riguardano soldi che i consumatori hanno già pagato con le bollette e che il fornitore, invece di versare, ha trattenuto per far quadrare i conti
In base a quale specifica delega Arera può decidere di socializzare, a suo modo, le perdite di una società privata gestita malamente?
Forse è per questa ragione che i fornitori sono più di 600, spesso società nate dal nulla e senza alcun controllo, il più destinate a chiudere lasciando debiti che tanto saranno pagati dai consumatori.
Trionfale, invece, il cammino dei distributori e, in particolare, di quello di proprietà di Enel – edistribuzione – che distribuisce e misura, più o meno, tutta l’energia elettrica nazionale.
Può decidere chi e quando deve fallire e chi invece, come Green Network può continuare a vivere e magari tornare utile in futuro.
Se si possono scaricare i debiti dei privati sui consumatori sarà una passeggiata socializzare gli oneri di sistema, per 18 miliardi all’anno
Nelle casse della CSEA, dove arriva annualmente questa montagna di denaro, ci sono sempre un paio di miliardi pronti per le emergenze, come per Alitalia.
Anche quelli sono soldi nostri, pagati perché avrebbero dovuto darci dei benefici, e invece vengono utilizzati per scopi diversi.
E sfido chiunque a dimostrare i benefici economici dell’energia rinnovabile per i consumatori.
E adesso, che il valore degli oneri si avvicina al terzo della bolletta, e la morosità aumenta, ecco la resa dei conti!
Secondo il TAR del caso Gala, gli oneri di sistema sono oneri “fiscali”, rivolti cioè alla generalità dei cittadini.
Mentre, per il regolatore, è l’ex presidente Bortoni che parla: “le sentenze della giustizia amministrativasi rispettano ma hanno travisato la materia; la richiesta di socializzare sarà l’ultima spiaggia, non si andrà subito a socializzare il buco; dovremo riformare le decisioni della giustizia che non stanno in piedi, pur rispettandole; dovremo definire formule di sopravvivenza da qui al nuovo assetto ‘a canone Rai’, spero che il transitorio sia di alcuni mesi, vedremo; stiamo già pensando ai criteri da rispettare per iscriversi all’albo previsto dal Ddl concorrenza“.
Ad oggi, non solo non esiste l’albo dei fornitori ma i piazzisti di energia proliferano, tanto sanno che, come nel caso Green Network, non possono fallire.
Le bollette elettriche del 2014 hanno pagato incentivi ai produttori di energia rinnovabile pari al costo delle importazioni nazionali di gas naturale.
A un kWh prodotto con il sole va un corrispettivo di sette volte il prezzo del gas.
Gli obbiettivi ambientali imposti dall’Europa sono stati raggiunti con sette anni di anticipo, per merito esclusivo degli incentivi.
Il costo delle bollette é costantemente aumentato negli anni.
Sono cambiati i fornitori: prima si bruciavano idrocarburi d’importazione e adesso si pagano i produttori di energia rinnovabile: nessun vantaggio per il consumatore.
Così, mentre il prezzo del petrolio è sceso, quello degli incentivi é esploso e resterà così per anni.
Gli impianti che producono energia rinnovabile utilizzano materiali tedeschi e cinesi e la produzione di energia é saldamente in mano ai fondi verdi, che trasferiscono all’estero, esentasse, i soldi prelevati direttamente dalle nostre bollette.
Le centrali a gas, che producono poco o niente, perché a un costo fuori mercato, verranno prima o poi anch’esse sussidiate. Sorgenia è stata salvata dalle banche mentre Enel chiuderà 23 centrali inefficienti, dopo essere rimaste per anni a carico delle bollette, anche se non funzionavano.
Gli impianti fotovoltaici sono localizzati prevalentemente al sud, ma l’energia non può essere trasmessa né al nord né alla Sicilia, perché un unico palo dell’elettrodotto di collegamento, ultimato e già pagato con le nostre bollette, è stato sequestrato.
L’energia da rinnovabile ha priorità di dispacciamento: viene cioè venduta per prima e viene pagata dai consumatori anche se non viene utilizzata; é sufficiente riversarla in rete e noi consumatori la sussidiamo.
Ma se non la vuole nessuno, quella stessa energia sbilancia la rete e il consumatore paga di nuovo, per rimediare al danno.
A differenza di tutti gli altri paesi europei, il prezzo dell’energia della borsa italiana non può girare in negativo anche se l’energia non la vuole nessuno. Stanno discutendo da anni e, se volessero, risolverebbero il problema in una settimana.
Le lobbies dei produttori difendono i diritti acquisiti, il governo cerca inutilmente di limitare i danni e i sostenitori delle rinnovabili blaterano di grid parity.
Il consumatore paga le bollette e mantiene il paradosso verde italiano.
Se la Corte di Cassazione lo approverà, votando SI al prossimo referendum, i cittadini taglieranno le bollette del 25% cancellando la voce “oneri di sistema”.
Il referendum è proposto dall’associazione “energia per tutti” che ha depositato il quesito la settimana scorsa. Il sito sarà disponibile a breve.
Gli oneri di sistema nascono nel 1999, con il c.d. decreto Bersani, solamente per sostenere i costi di Enel per la dismissione delle centrali nucleari, spente nel 1990 a seguito dal referendum del 1987, e di alcuni istituti di ricerca deficitari.
Nel 1992 Enel, che ancora le possiede,viene privatizzata.
Il decreto Bersani stabiliva che Sogin si sarebbe occupata del “nucleare” e che i relativi costi, peraltro indeterminati, e tuttora indeterminabili, sarebbero stati coperti dagli “oneri di sistema”.
Gli oneri vennero aggiunti al corrispettivo del trasporto dell’energia elettrica ma il decreto fece di più: diede ampia delega all’autorità per l’energia e del gas, oggi Arera, di scaricare nelle bollette ulteriori balzelli.
Dal 1999, l’allora Autorità per l’energia e il gas, oggi Arera, ha spalmato nelle bollette degli italiani, oneri per miliardi di euro all’anno, per i più svariati motivi, anche i più improbabili che, con la fornitura di energia elettrica, non hanno nulla a che fare.
Una lista, in continua evoluzione, degli scopi benefici degli oneri di sistema:
gestione del nucleare, spento da un referendum popolare di 40 anni fa
specifiche categorie di produttori privati di energia elettrica;
aziende decotte, pubbliche e private, per bypassare gli aiuti di Stato;
agevolazioni tariffarie per il settore ferroviario;
i morosi: quelli che non possono e/o non vogliono pagare le bollette;
istituti di ricerca non autosufficienti;
far pagare meno l’energia alle aziende energivore per aumentarne le vendite;
gli squilibri dei sistemi di perequazione dei costi di trasporto;
la compensazione delle imprese elettriche minori perché guadagnano poco;
per recuperare qualità del servizio elettrico: che siccome fa schifo va incentivato;
promuovere l’efficienza energetica negli usi finali: caldaie, cucine, lampadine…
le compensazioni agli enti locali che ospitano impianti nucleari;
ribilanciare le reti elettriche, sbilanciate dalle rinnovabili, incentivate al pt.2
rifondere i produttori di energia rinnovabile che devono tenere gli impianti fermi.
Degli oneri di sistema i consumatori sanno poco, tranne che sono una voce specifica della bolletta. Se ne sono accorti solo recentemente, quando il governo Draghi li ha sospesi e la bolletta è diventata improvvisamente più leggera.
Ma come si fa a lasciare senza soldi un sistema così perfetto?
Una sentenza del 2019 stabilisce che Arera, l’autorità per l’energia, non può imporre il pagamento degli oneri di sistema ai fornitori di energia elettrica e quindi ci si chiede perché i fornitori continuino ad addebitarli in bolletta. Perché i consumatori continuino a pagarli e perché la gestione di miliardi di euro è tutt’altro che trasparente.
L’emendamento al DL Semplificazioni del 2021, il c.d. emendamento Crippa, prevede la “rideterminazione delle modalità di riscossione degli oneri generali di sistema, avvalendosi di un soggetto terzo che possegga caratteristiche di terzietà e indipendenza, le partite finanziarie relative agli oneri, possano essere destinate alla Cassa per i servizi energetici e ambientali senza entrare nella disponibilità dei venditori”.
Sono passati quattro anni ma il soggetto terzo non c’è e la trasparenza neppure.
Istituire una “centrale unica di incasso” era un’idea febbraio 2020 quando si pensava di affidarla all’Acquirente Unico dopo che nel luglio 2019, Elettricità Futura, Energia Libera, Utilitalia e Aiget avevano presentato una proposta simile.
In attesa di sviluppi, che sembra nessuno voglia, cosa possono fare i consumatori che continuano a pagare le bollette tra le più care del mondo? Cosa possono fare quelli che meno consumano e più pagano?
Le associazioni dei consumatori, non possono promuovere azioni collettive perché il Codice di Consumo le esclude, ma le forniture di gas e di energia elettrica sono servizi pubblici essenziali e quindi, se le contestazioni sono mosse correttamente, le forniture non possono essere sospese.
I governi continuano a procrastinare l’entrata in vigore definitiva del mercato libero, con la scusa che i consumatori adesso sono diventati vulnerabili, mentre le società di vendita sono 800, a dimostrazione che per una parte del mercato è un vero affare.
Gli “oneri di sistema” si pagano con le bollette dal 1999, anno dal decreto Bersani.
Nati per compensare Enel per le centrali nucleari dismesse dal referendum, negli anni sono diventati un bengodi per i beneficiari che hanno chiesto ai governi di turno di partecipare alla festa finanziata dalle bollette.
Una rara slide di Arera, della già catastrofica situazione di dieci anni fa.
L’utilizzo di questa immensa quantità di denaro è un atto di fede, tutti pagano, nessuno chiede e, come vedremo, nessuno controlla. Ovviamente qualcuno ne approfitta e ha tutto il tempo per farla franca.
Una delibera dell’Autorità per l’energia – ARERA – mostra come non funziona il sistema:
un produttore di energia elettrica “assimilata alle rinnovabili”– che risulta ancora oggi incentivata con un decreto del 1992 – immette in rete più energia di quella contrattata col GSE incassando più di quanto avrebbe diritto.
La truffa va avanti per anni, non interviene la magistratura ma l’indagine viene invece affidata da ARERA, il regolatore, al GSE, il potenziale truffato.
Conflitto d’interessi a parte, ARERA delibera il recupero amministrativo di quantoindebitamente incassato dal produttore, ma non è chiaro perché:
siano necessari dieci anni per chiedere la restituzione dei soldi, ammesso che possano essere ancora recuperati;
nessuno ha mai controllato;
se ne occupino ARERA, il GSE, la Guardia di Finanza e non la Magistratura;
l’Allegato A della delibera, con i dettagli della convenzione tra GSE e produttore e su quanto indebitamente incassato, non viene reso pubblico, “perché contiene dati e informazioni commercialmente sensibili”.
I dati sono sensibili per chi ha fatto il furbo e ha rubato, e non per il consumatore che l’ha riempito di soldi?
Da pag.165, la relazione annuale di ARERA enumerava gli interventi ispettivi effettuati.
Non erano tanti 258 controlli, tenuto conto delle cifre in ballo, come erano insignificanti le poche decine di milioni di euro recuperati, su oltre tredici miliardi versati.
E dieci anni fa i produttori di energia fotovoltaica erano solo un terzo degli attuali!
Ci si chiede quanti siano quelli che hanno fatto e continuano a fare i furbi e quando c’è ne accorgeremo?
Eppure un metodo ci sarebbe: confrontare l’energia verde prodotta (rapporti di Terna), o solamente dichiarata verde, con quella venduta.
E se, per esempio si scoprisse che l’energia elettrica venduta è il doppio di quella prodotta? E che magari ci sono i furbi che pure ci speculano!