Il problema degli inverter

Gli impianti di produzione di energia elettrica s’interfacciano con la rete di trasmissione tramite le protezioni che, in caso di anomalie, staccano l’impianto dalla rete.  Succede se in rete manca tensione, oppure i valori di tensione e frequenza escono dalle bande nelle quali possono variare.

Molti tipi d’inverter – il dispositivo che trasforma l’energia elettrica da corrente continua in alternata – e, in particolare, quelli di bassa potenza, hanno la protezione integrata così l’impianto costa meno; con la protezione integrata, in caso di distacco, l’impianto resta così inutilizzato.

Per gli impianti di potenza superiore ai 20 kW, o dotati di più inverter, le protezioni non dovrebbero essere integrate, ma installate separatamente. Inoltre, per ogni connessione alla rete, sia i componenti che le procedure d’installazione dovrebbero essere conformi e certificati.

E qui nasce il problema: i costruttori d’inverter forniscono di tutto e di più, rendendo pressoché impossibile il controllo di oltre mezzo milione d’impianti, nati dal nulla, solo perché incentivati.

L’Autorità per l’Energia stabilisce i criteri d’installazione delle protezioni d’interfaccia, ma poi nessuno controlla.

Solo quando si rende conto che nessuno controlla, lancia l’allarme e scarica la responsabilità: “L’Autorità ha già provveduto a informare il Ministro dello Sviluppo Economico e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato affinché possa verificare se vi siano o vi siano stati comportamenti opportunistici e collusivi da parte dei costruttori dei sistemi di protezione di interfaccia”

In attesa delle risposte, ci chiediamo “le protezioni d’interfaccia servono a difendere la rete o il macchinario del produttore?”

Il tema andrebbe senz’altro approfondito perché l’impressione è che proteggano innanzi tutto la componentistica degli inverter, e cioè l’impianto del produttore.

Infatti, ad ogni richiesta di una loro maggiore elasticità (più estesi intervalli di funzionamento) i produttori seri lanciano grida di dolore, mentre per gli altri il problema neppure esiste, e qualsiasi patacca va bene.

L’inverter è costituito da componenti elettronici statici, che mal sopportano gli incrementi di corrente e così s’installa quello che costa meno.

Possibile che, con gl’incentivi elargiti a pioggia all’energia verde, nessuno si sia preoccupato degli aspetti tecnici connessi e si svegli solo ora?

Tutti si sono concentrati sui pannelli solari e sul loro rendimento ma nessuno dell’elettronica di potenza che è stata ampiamente sottovalutata, con gravose conseguenze nella gestione della rete.

Il tutto di nuovo a carico delle bollette e cioè su quelli che l’energia la comprano e non la producono.

 

In Italia si fa così: l’eclissi

La gestione della emergenza eclissi é l’ennesima prova che siamo un paese di peracottari,e di furbi che approfittano di ogni emergenza, o presunta tale.

In Germania avevano già previsto tutto e gli operatori erano stati allertati per tempo.

In Italia, invece, in un primo tempo si decideva per il distacco preventivo di tutti gli impianti per 24 ore, ridotto poi a 7 ore e, il giorno prima, parzialmente annullato.

In questa situazione i prezzi si sono così impennati per la gioia dei produttori di energia rinnovabile e dei traders che avevano scommesso che sarebbe finita così.

Scontata la dichiarazione di Assorinnovabili“Su base giornaliera le stime di Assorinnovabili dicono che l’approvvigionamento di energia elettrica abbia comportato per gli acquirenti un esborso pari a circa 12 milioni di euro in più rispetto al giorno precedente, con un incremento del 30% sul costo totale, passato da 40 a 52 milioni di euro”

Ma la domanda è un’altra: quanto hanno risparmiato i consumatori finali per non aver pagato gli incentivi ai produttori?

Per fortuna le eclissi sono rare ma ci si vede alla prossima!

 

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