I gattopardi dell’energia

Il grafico mostra i prezzi dell’energia elettrica di domani in tre zone: nord, sud e Sicilia.

La Sicilia consuma 21 TWh all’anno, il 7% del paese.

Da sempre, le nostre bollette pagano il pizzo ai produttori siciliani: domani vale 1,5 €/MWh in più sul PUN (prezzo unico nazionale).

Ci sono voluti più di dieci anni per costruire una linea elettrica che é costantemente in manutenzione e il cavo con la Grecia è interrotto.

Sull’isola del sole si produce poca energia fotovoltaica ma quella pugliese, che non costa nulla, non ci deve arrivare.

Per non lasciarla al buio, bisogna quindi accendere ogni sera, ma ora anche di giorno, centrali termiche degli anni ’60 con rendimenti arcaici.

Terna poi le dichiara essenziali e il gioco é fatto: raddoppio del pizzo!

Il prezzo dell’energia tedesca di domani é la metà di quello siciliano e con l’utilizzo parziale della centrale di Brindisi per problemi d’inquinamento, anche lì c’è qualcuno che ci marcia.

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Il prezzo negativo dell’energia 

Il prezzo negativo dell’energia elettrica si forma in borsa quando il produttore è disposto a pagare per vendere l’energia che produce. Il produttore paga fino a quando diventa più conveniente per lui fermare l’impianto.

Questo succede in Europa ma non ancora in Italia.

Se, anche alla borsa italiana dell’energia, il prezzo potesse girare in negativo, i produttori dovrebbero decidere se spegnere l’impianto o guadagnare meno, restituendo ai consumatori parte degli incentivi che comunque incassano.

In Italia il prezzo dell’energia non può girare in negativo.

In tutta Europa, il prezzo può diventare negativo, per alcune ore al giorno e pochi giorni, anche per centinaia di euro/MWh, in presenza di alta produzione di energia, rinnovabile e non, e bassa domanda.

In Italia, il produttore di energia da fonte rinnovabile incassa gli incentivi quando produce e poi se il prezzo in borsa sale guadagnerà ancora, se scende a zero avrà comunque incassato gli incentivi.

Con bassa domanda l’energia prodotta da rinnovabile sbilancia la rete e una parte delle nostre bollette è destinata proprio al suo ri-bilanciamento.

In Italia, i business plan dei primi impianti di energia rinnovabile, prevedevano, oltre a trionfali incentivi, un prezzo di borsa di 100-150 €/MWh per la felicità teorica di banche e produttori.

Negli altri paesi europei, prima si è regolato il mercato e poi si sono incentivati gli impianti.

In Italia, nel 2011 e nel 2012, il prezzo medio in borsa dell’energia viaggiava intorno ai 75 €/MWh, negli ultimi due anni è stato di 50 €/MWh. Alcuni produttori di energia fotovoltaica incassano anche 7/8 volte l’attuale prezzo in borsa.

Michele Governatori, presidente di AIGET, ne parlava su Linkiesta mentre Carlo Stagnaro e Simona Benedettini giudicavano un’anomalia tutta italiana, l’impossibilità per il prezzo di passare in negativo in presenza della priorità di dispacciamento delle rinnovabili.

Scontata la posizione del presidente di Assorinnovabili: Pagare la gente perché acquisti un bene, quale che sia il bene e quale che sia il mercato, non ci sembra sia una soluzione economicamente efficiente”. 

Invece dello spalma-incentivi di Renzi, che non risolve alcun problema se non dilazionarne il loro pagamento, imporre il prezzo negativo non avrebbe potuto essere contestato da nessuno, anche perché in Europa funziona già così da tempo.

Troppo semplice per non essere osteggiata dai fondi che controllano l’energia verde in Italia mentre i buontemponi blaterano di grid parity.

L’esplosione degli oneri di sistema: 15 miliardi all’anno

ll presidente dell’Autorità per l’energia ha informato la Commissione Industria del Senato che «il complessivo fabbisogno di gettito annuo degli oneriu di sistema raggiungerà 15 miliardi nel 2015, il doppio del 2011». 

Non è una novità: la causa dell’esplosione degli oneri è la crescita degli incentivi alle rinnovabili (83% del totale) e alle assimilate, anche se i mantenuti sono tanti altri.

Bortoni auspica così una rrriforma degli oneri generali che oggi hanno raggiunto un “livello eccessivo” anche se sarebbe più corretto definirlo catastrofico.

E’ talmente elevato che l’dea sarebbe quella di trasferirne una parte sulla fiscalità generale del Paese!

“Gli oneri gravano sulla competitività del nostro sistema produttivo e sul bilancio delle famiglie italiane, in relazione alla notevole complessità che si è venuta a creare per la sovrapposizione di diversi meccanismi originata da altrettanti fonti normative”.

Ma, nonostante le denunce di Bortoni, le fonti normative” proliferano.

Come per esempio la vendita della rete delle FFSS a Terna : “Stiamo lavorando anche con la commissione di esperti indipendenti e stiamo aspettando ancora dei dati da FS e la valutazione dei benefici di sistema da Terna”, ha spiegato Bortoni, sottolineando che nella valutazione si “terrà il faro sull’utilità della rete FFSS per il consumatore elettrico, perché se sarà in bolletta dovrà essere utile”.

Pessime notizie per i consumatori: il costo dell’operazione finirà prima o poi in bolletta e magari pagheremo anche il consumo del faro di Bortoni, un faro inutile tanto non sarà senz’altro Bortoni a verificarne l’utilità, visto che Renzi vuole eliminare le autorities.

Che dire poi della dilazione degli incentivi alle rinnovabili, prevista dal decreto taglia-bollette, sulla quale l’Autorità ha in corso un “tavolo di lavoro con il Mef per la verifica della compatibilita’ dei saldi con l’erario”. 

Oppure come la barzelletta del cavo di collegamento con la Sicilia, che quest’anno ci costerà un altro mezzo miliardo, dopo aver commissariato gli impianti siciliani “L’operatività delle disposizioni del decreto legge concernenti gli impianti siciliani di produzione dell’energia elettrica, inizialmente prevista per sei mesi, si prevede sia destinata a protrarsi fino alla fine del corrente anno”,

E sarà così anche il prossimo anno, visto il sequestro di un palo, da parte della magistratura. Magari il palo verrà dissequestrato quando la linea non servirà più ? Nessuno produrrà più energia rinnovabile perché saranno finiti gli incentivi ?

La riduzione del costo delle bollette si allontana e pagheremo ogni anno, per vent’anni, l’equivalente della TAV con gli interessi.

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