La rete francese vista da un francese

Vuoi capire perché le tue bollette elettriche sono alle stelle?

Le nostre turbine eoliche (tedesche), i pannelli solari (cinesi) e l’auto elettrica richiedono una costosa modifica della rete elettrica.

RTE investirà 100 miliardi di euro in modo che la sua rete elettrica possa ospitare molte energie rinnovabili

Mentre con 100 miliardi di euro, possiamo costruire 12 centrali nucleari e aumentare la nostra produzione di energia elettrica del 35%!

Il capo dell’operatore della rete elettrica francese RTE, Xavier Piechaczyk, continua la sua propaganda pro-vento favorevole ai tedeschi e molto redditizia per la sua azienda:


“L’energia nucleare da sola non sarà sufficiente per decarbonizzare la Francia afferma il presidente di RTE giudicando che è necessario “rendere rinnovabile il prima possibile” per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050.

Controcorrente: e questo nello stesso momento in cui il gigante svedese Vattenfall ferma lo sviluppo di un grande progetto eolico offshore nel Regno Unito a causa del costo dei materiali.

Proprio come i tedeschi stanno smantellando un parco eolico logoro, danneggiato dopo soli 12 anni di attività!!

L’accelerazione della transizione energetica ha un prezzo e sarà a carico dei consumatori di energia elettrica.

Questo è stato annunciato tre anni fa… fonte Les Échos: https://lnkd.in/dRDBCT_S

Gestita da RTE (per i 106.000 km di linee di trasmissione ad alta tensione) ed Enedis (per gli 1,4 milioni di km di linee di distribuzione), la rete francese rappresenta un terzo della bolletta per un cliente residenziale.

Non è quindi un segreto che passare dall’attuale sistema energetico a un modello compatibile con le energie rinnovabili sarà (molto) costoso: collegare nuovi parchi solari ed eolici e stazioni di ricarica per auto elettriche, ma anche migliorare la resistenza dei cavi…

Ciò aumenterà il costo dell’elettricità, il cui consumo salirà alle stelle per fare a meno dei combustibili fossili. Come la sua controparte ENEDIS sulla gestione delle linee ad alta e altissima tensione, RTE, anticipa (avete capito!) anche un’esplosione dei suoi costi.

Ma le tasse non si fermeranno qui. Perché parallelamente esploderà un’altra voce di spesa: quella di adeguare la rete di distribuzione elettrica (linee di bassa e media tensione) a questi sconvolgimenti.

Da linkedin: commento di un francese incazzato

Gli stoccaggi del gas

Poche idee e molto confuse

Il livello degli stoccaggi europei è sotto il 40%, e non è una buona notizia.

Significa che dovremo in qualche modo ripristinarli la prossima estate.

Non sappiamo chi ci darà il gas e quanto ci costerà. E quindi speriamo non faccia freddo!

L’ultima scherzetto, quando il fenomeno di turno ci chiedeva di scegliere “pace o condizionatori” ci è costato 4,4 miliardi di euro, scaricati senza scrupoli nelle bollette.

In passato c’erano i contratti “lunghi” con i russi, poi è saltato tutto e i norvegesi, ricchi come Creso e con agganci a Bruxelles, hanno deciso che lo avremmo acquistato ai prezzi della “boutique” di Amsterdam, quattro volte più caro.

Verificate i proprietari della piattaforma ICA TTF, da non credere!

Ma è necessario sfatare la leggenda che gli stoccaggi servano per tenerci al caldo.

In realtà servono a mantenere in pressione la rete europea dei gasdotti, che cala ad ogni inverno, quando i consumi aumentano perché dobbiamo scaldarci.

Il funzionamento, seppur in grande scala, è simile a quello delle autoclavi dei condomini: se non c’è pressione nella rete municipale non arriva l’acqua ai piani superiori.

Nelle reti gas in alta funziona così: se la pressione scende sotto la soglia di funzionamento delle turbine (a gas) restiamo al buio.

Dichiarare che gli stoccaggi sono pieni, come i nostri hanno fatto per tranquillizzare la popolazione, e non farlo quando si stanno svuotando non è corretto.

Aggiungere che l’inverno sta per finire, oppure che è stato più caldo dell’anno precedente, non serve a nulla: senza il gas importato, e il gas degli stoccaggi, rischiamo di restare al buio in estate.

Utile inoltre sapere che:

  • la domanda di gas è coperta per il 3,6% dalla produzione nazionale, per il 60,3% dalle importazioni via tubo, per il 9,1% dalle importazioni di GNL. Il 27% del gas proviene proprio dagli stoccaggi, elemento fondamentale del sistema;
  • gli impianti di stoccaggio sono nove sparsi opportunamente per il paese; si riempiono d’estate, ammesso che qualcuno compri il gas, e si svuotano d’inverno;
  • il volume totale degli stoccaggi é di 17 miliardi di m3;
  • 5 miliardi – detti strategici – non possono essere utilizzati se non in caso di guerra e, fino ad ora, non siamo ancora ufficialmente in guerra;
  • quindi ne restano 12;
  • il consumo medio annuo nazionale é di 65 miliardi di m3
  • se andiamo sotto zero, la domanda di gas può arrivare anche a 400 milioni di m3 al giorno, dei quali, teoricamente, possono essere prelevati dagli stoccaggi 160 per distribuire gli altri 240.
  • Dei 240 ne mancano all’appello la metà, cioè il gas russo.

I precedenti non sono edificanti: c’era un governo “tecnico” anche in quella occasione!

Contratti mercato libero

La crisi ucraina ha disorientato i mercati energetici europei, e quello italiano in particolare, alle prese con il passaggio al mercato libero da quello tutelato.

Cosa implica il passaggio al mercato libero?

Al di là del prezzo di vendita, di energia elettrica o di gas, il contratto di “mercato libero” non è più “tutelato” dalle clausole specifiche, che venivano imposte ai fornitori da Arera.

In sostanza i rapporti fornitore/cliente vengono lasciati alla libera contrattazione delle parti,che avranno come riferimento unico il Codice Civile.

Totalmente ignorato nei contratti, e non se ne conosce la ragione, il c.d. Codice di Consumo, cioè il Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206

Le nuove condizioni richiedono quindi che i consumatori siano in grado di reperire, e di comprendere tutte le informazioni, economiche e legali, prima di sottoscrivere un nuovo contratto.

E, siccome in Italia i contratti di luce e gas vengono sottoscritti quasi sempre senza capirli, e nel peggiore dei casi, senza neppure leggerli, ecco che 800 (!) fornitori, molti dei quali senza scrupoli, ne possono approfittare.

Già da un paio di mesi, ai clienti di mercato libero del gas, stanno arrivando le bollette relative ai consumi dei primi mesi freddi, quando cioè si comincia ad utilizzare il riscaldamento.

In migliaia di casi, segnalati in Liguria, le bollette del gas sembrano impazzite e il costo del riscaldamento raddoppiato, se non triplicato.

E questo non solo perché  governo ha deciso di:

1) ristabilire i due scaglioni originali dell’IVA – 10% applicato ai primi 480 m³ e il 22% sul restante –

2) rimettere gli oneri generali di sistema e

3) ridurre l’ISEE che dá diritto al bonus sociale.

La crisi del 2022 aveva fatto esplodere il prezzo all’ingrosso del gas  – da 20 a 300 €/MWh – e i fornitori, dopo aver realizzato cospicui extra profitti, tanto da costringere il governo Draghi a tassarli, hanno pensato di replicarli, offrendo prezzi fissi “abnormi” per due anni, con pesanti conseguenze per i consumatori.

I clienti di mercato libero devono necessariamente tenere sotto controllo le bollette e, in particolare, le scadenze indicate sulle bollette.

Curiosamente, è molto subdolamente, le scadenze sono distinte: una é del contratto, quasi sempre a tempo indeterminato, e l’altra è relativa alle condizioni economiche.

Nel 2023, ai clienti di mercato libero, a cui scadevano le condizioni commerciali, i fornitori hanno proposto modifiche di prezzo che restavano comunque soggette all’accettazione del cliente.

Le proposte, infatti, sarebbero state inviate mesi prima della scadenza delle condizioni economiche , ma  senza una prova di essere state realmente spedite, né tantomeno ricevute, non occorrendo una raccomandata.

Ammesso quindi che siano state regolarmente spedite, e ammesso anche che l’utente non le abbia, volutamente, o inavvertitamente cestinate, le proposte prevedevano prezzi fissi con durata di 24 mesi.

Le proposte spedite prima dell’estate 2023  non hanno avuto alcun effetto sulle prime bollette estive, quando il consumo di gas è nullo mentre il bubbone sta scoppiando ora, quando vengono fatturati i consumi dei primi mesi freddi.

Questo é un esempio dove il prezzo del gas é scandaloso.

Analizzando casi di tutto il territorio nazionale, si scopre così che il costo del riscaldamento a gas è raddoppiato, quando non triplicato, e non sono neppure possibili azioni correttive a meno di dare disdetta e pagare le eventuali relative penali, tipiche nei casi di prezzo fisso.

Quindi, mentre a fine anno il governo discuteva se prorogare o meno il mercato tutelato, i fornitori del libero mercato si erano già abbondantemente “coperti” da eventuali oscillazioni  del mercato internazionale.

Un mercato che paga oggi il gas all’ingrosso dieci volte meno che al dettaglio. Che poi è la stessa cosa che hanno fatto a Bruxelles stabilendo un price cap di 180 €/MWh quando oggi è a 25.

Il consiglio resta quello di prendere assolutamente coscienza dei propri consumi perché, in questa situazione, solo consumando meno si può risparmiare.

Dovrete inoltre verificare tutte le informazioni, reperibili su ogni bolletta, in merito alle letture dei contatori, al prezzo della materia prima e delle spese accessorie con particolare attenzione alle date di scadenza.

Il legislatore dovrebbe invece dedicarsi ad informare la popolazione dei consumatori e spiegare come si sia potuti arrivare ad una bolletta così complicata in totale spregio di quanto previsto all’art. 13 del Codice di consumo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono contatori o sono radio?

Per sostituire il contatore di energia elettrica, il distributore locale minaccia un avvocato di Catania di far intervenire i Carabinieri.

Si ripete così quanto già accaduto in Liguria e in Irpinia tanto da chiedersi se i Carabinieri sono a servizio di Enel.

A Catania l’utente diffida l’addetto dall’effettuare qualsiasi operazione presso un domicilio privato mentre edistribuzione (il distributore locale) trasmette, su richiesta,una dichiarazione di conformità.

Il documento però si riferisce a generiche apparecchiature di telecomunicazione e non ai contatori di energia elettrica.

La conformità metrologica deve necessariamente e unicamente riferirsi al decreto legislativo n° 22/2007, che recepisce la direttiva europea MID sugli strumenti di misura.

La marcatura CE, seguita dalla M e dall’anno di verifica, sono le uniche prove che si tratta di uno strumento di misura omologato.

La conformità alla normativa europea CE 0051 è inutile e fuorviante!

Il MISE, cui compete la metrologia legale, non ha mai confermato la legalità dei sistemi di misurazione di energia elettrica e, in particolare, se il contatore possa essere gestito o modificato da sistemi di controllo remoti.

Numerose interrogazioni e audizioni parlamentari non hanno portato a nulla.

Per Arera, alla quale non compete la metrologia legale, ma è stata coinvolta in questa commedia, il contatore è una radio!

PHOTO-2020-06-30-10-52-51

Controllo consumo gas (utenze industriali)

Come tenere sotto controllo il consumo di gas PMI

PDR – misuratori con calibro G >100 (160 m3/h)

Numero del PDR: intestazione del contratto,fornitore e distributore

Condizioni contrattuali: tariffe, scadenze e rinnovi

Controllo legale di ogni gruppo di misura:

  1. Dati di targa del misuratore > foto
  2. Dati di targa del convertitore associato al misuratore > foto
  3. Validità metrologica del misuratore
  4. Validità metrologica del convertitore > bollo verde di verifica
  5. Libretto d’impianto (https://www.arera.it/allegati/operatori/gas/istruzioni_atdg.pdf)
  6. Verbali d’installazione di tutti gli strumenti e successivi interventi
  7. Verbali di verificazione biennale del convertitore
  8. Comunicazioni con fornitore e/o distributore

Controlli tecnici:

  • Congruità del misuratore con utilizzo del gas a valle
  • Congruità impiantistica del gruppo di misura (foto)
  • Pressione di alimentazione (contrattuale ed effettiva) > manometro
  • Controllo verso del flusso in alimentazione
  • Lettura dato del volume sul misuratore
  • Lettura dati del convertitore
  • Allineamento misuratore/convertitore
  • Coerenza con i volumi addebitati con le bollette
  • Controllo consumo specifico e consumo storico

Registrazione settimanale delle seguenti letture:

  1. volume indicato dal contatore (m3);
  2. volume base – Vb – indicato dal display del convertitore (sm3);
  3. volume misurato – Vm – indicato dal convertitore (m3);
  4. pressione indicata dal convertitore (mbar).
  5. Pressione alimentazione su manometro addizionale

Anomalie tecniche ricorrenti, cause di errate misurazioni:

  • Macroscopici difetti impiantistici (foto)
  • Misuratori che sovramisurano perché non adatti
  • Misuratori obsoleti o difettosi non controllati
  • Mancata trasmissione dei dati di consumo > consumi stimati
  • Disallineamento contatore/convertitore
  • Macroscopici errori di lettura in fase di sostituzione
  • Vigilanza zero se non su segnalazione e manco quella
  • Responsabilità errate tra MISE e ARERA
  • Passaggi di proprietà impianti senza verifiche tecniche

 

 

 

 

La sbornia dei soldi delle bollette

Dove finiscono i soldi della bolletta? Chi controlla?

Materia (prima) energia:
PE Costo dell’energia
PD (Dispacciamento): per mantenere in equilibrio la rete in alta tensione
PPE : perequazione
PCV (Commercializzazione Vendita): spese di gestione dei contratti di vendita.
DispBT : Componente Dispacciamento Bassa Tensione.

Spesa per il trasporto e la gestione del contatore:
trasporto, distribuzione e misurazione
Componenti tariffarie UC3 e UC6: Costi per il miglioramento della qualità dei servizi.

Spesa per oneri di sistema:
ASOS : Oneri generali relativi al sostegno delle energie rinnovabili e alla cogenerazione.
ARIM (Rimanenti oneri generali): sicurezza nucleare, agevolazioni tariffarie, compensazioni territoriali, e altre attività di interesse generale.

Imposte:
IVA (Imposta sul Valore Aggiunto): Applicata su tutte le voci di spesa.
Accise: Imposte specifiche sull’energia.
Queste componenti sono stabilite e aggiornate periodicamente dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA).

Ovviamente ci sono esenzioni e agevolazioni.


La componente ASOS è suddivisa in diverse sottocomponenti che coprono i costi associati al sostegno delle energie rinnovabili e della cogenerazione.

Le principali sottocomponenti includono:

A3: Incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate.
A4: Agevolazioni tariffarie per il settore ferroviario.
A5: Sostegno alla ricerca di sistema.
A6: Compensazioni per le imprese elettriche minori.
A7: Promozione dell’efficienza energetica.


La componente ARIM copre una serie di costi associati a varie attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale.

Le principali sottocomponenti includono:

Incentivazioni alla produzione di energia tramite rifiuti non biodegradabili.
Messa in sicurezza del nucleare.
Misure di compensazione territoriale.
Agevolazioni tariffarie per il settore ferroviario.
Sostegno alla ricerca di sistema.
Integrazioni per le imprese elettriche minori.
Attività di promozione dell’efficienza energetica.
Bonus elettrico: Agevolazioni per le famiglie in condizioni di disagio economico.

Unità di misura all’italiana

A chi fa comodo la doppia misurazione?

Poco meno quanto?

La crisi energetica ci ha insegnato che il gas viene negoziato in MWh (megawattora) in base al TTF , un indice della borsa di Amsterdam, predisposto dagli speculatori su una quota di mercato minima.

E questo rappresenta la prima anomalia: non c’ènulla di fisico, come l’indice Brent per il petrolio, ma è tutto virtuale!

Quando il gas si mette a girare in Italia, l’unità di misura cambia: con la bolletta ci addebitano smc (standard metri cubi).

Lo standard metro cubo é un’unità di misura scientifica che, essendo mai stata legalizzata, non potrebbe essere utilizzata nelle transazioni commerciali che, per legge, esigono strumenti legali e unità di misura legali.

In tutta Europa il gas si paga in kWh, in Italia no.

Le unità di misura legali sono il kWh e il metro cubo.

In Italia il consumatore viene preso in giro con sei decimali dopo la virgola, possibili solo in un laboratorio.

Ma le anomalie non finiscono qui: anche i sistemi di misura che rilevano il consumo di gas non sono mai stati omologati. Sono omologati solamente alcuni componenti dei sistemi di misura ma non il sistema completo,quello che garantisce la misurazione.

Di solito siamo attenti alla pompa di benzina, al contatore in casa, alla bilancia del salumiere ma per la misurazione del gas accettiamo una farsa che dura da decenni.

Quante centinaia di milioni di metri cubi ballano con questo torbido sistema di misura? E a vantaggio di chi?

L’omologazione degli strumenti

Autovelox ed etilometri sono strumenti di misura? 

Gli Autovelox sono finalizzati all’accertamento della velocità di un’autovettura; gli etilometri quello del tasso alcolemico del sangue di chi la guida.

La Velocità (V) è il rapporto tra lo spazio (S), misurato in metri (m), ed il tempo (T), misurato in secondi (s), impiegato a coprire quello spazio. 

Il tasso alcolemico è il rapporto percentuale tra il peso dell’alcool presente nel campione di sangue del soggetto in esame e il volume, espresso in litri dello stesso.

Un trattato, sottoscritto da diciassette stati, il 20 maggio 1875, ha stabilito le linee guida da seguire per determinare le unità di misura e l’Italia è uno dei sottoscrittori.

L’Unione Europea, con la direttiva 80/181/CEE “Per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura”, stabiliva le unità di misura,obbligatorie nel circuito economico come nei settori della sanità e della sicurezza pubblica.

La direttiva viene recepita dall’Italia con il D.P.R. 12.08-1982, n. 802 e prevede sette unità di misura, tra le quali il metro (m), e il secondo (s).

Sono anche previste unità di misura derivate, come la velocità V = S/T.

La Metrologia Legale si occupa di tutte quelle attività di misurazione, svolte con strumenti di misura, finalizzate dalle norme vigenti, al conseguimento dei c.d. scopi legali.

In materia di pesi e misure la Metrologia Legale fa riferimento al Testo Unico (TU) delle Leggi Metriche 23.8.1890, n. 7088, all’art.11 che così dispone:

“Ogni convenzione di quantità che non sia di solo denaro, anche per privata scrittura, dovrà farsi in pesi e misure legali”.

Al successivo art.12:

“I pesi e le misure e gli strumenti, usati in commercio per pesare e per misurare, sono sottoposti a due verificazioni, la prima e la periodica; nell’una e nell’altra il verificatore pone un bollo sopra ogni oggetto da lui verificato”.

Pertanto, per gli strumenti di misura impiegati per finalità fissate dalla legge, il carattere di legalità si consegue attraverso l’applicazione della Verificazione Prima e di quella Periodica: superati con buon esito le due verificazioni, l’apposizione dei bolli metrici conferisce il crisma della legalità allo strumento in parola.  

I due articoli del Testo Unico sono tuttora vigenti e radicano, nel nostro ordinamento, il principio di legalità in materia di strumenti di misura.

Con l’art. 11 il legislatore prevede che, quando si conviene tra le parti – che stabiliscono nel negozio giuridico –  una quantità, questa dovrà essere necessariamente determinata con strumenti di misura legali, strumenti cioè che abbiano conseguito lo stato di legalità attraverso modalità stabilite dalla legge.

L’art. 12 del T.U. 7088/1890 fa riferimento a pesi, misure e strumenti usati in commercio – cioè quelli utilizzati nell’ambito di una transazione – allo scopo di determinare la quantità della cosa da scambiarsi contro il prezzo.

L’evoluzione legislativa, comunitaria e non, ha ampliato la fascia dei beni giuridici meritevoli di tutela, oltre a quello dell’ “uso di commercio”.

Sempre con riferimento al T.U. 7088/1890, il legislatore del tempo, previde alla Tabella A, quale “Tabella dei pesi e delle misure metrico-decimali, dei loro multipli e sottomultipli: partendo dal Metro, come unitá delle misure lineari, sino al Grammo per il peso”.

La Tabella B prevede la “Tariffa dei diritti da pagarsi per la verificazione prima dei pesi e delle misure e per ogni verificazione dei misuratori del gas illuminante, e dei manometri campioni”. 

La lungimiranza del legislatore del tempo – eravamo agli albori della società industriale – prevedeva agli artt. 6 e 7 -del Regolamento per la Fabbricazione degli strumenti metrici, approvato con R.D. 12.06.1902, n. 226 – la possibilità di esser ammessi negli usi di commercio, strumenti per pesare o per misurare diversi da quelli contemplati nella Tabella B annessa alla legge.

Anche per gli autovelox sarebbe stato quindi sufficiente presentare apposita domanda al Ministero dell’Industria e Commercio.

Udito il parere dell’allora Commissione Superiore metrica, sarebbe stato rilasciato il Decreto Ministeriale d’Ammissione alla Verificazione metrica ed alla legalizzazione di nuovi strumenti: ottemperando quanto previsto dagli artt. 11 e 12 del T.U. 7088/1890.

Al Ministero dell’Industria e Commercio – instituito con decreto luogotenenziale 23 febbraio 1946, n. 223, e s.m.i. , – Direzione Generale per l’armonizzazione e la tutela del mercato – è stata affidata la competenza in materia di “Metrologia e metalli preziosi”, ovvero: “Definizione  delle  iniziative normative, nonché studi e ricerche, nel  campo  della metrologia legale e della disciplina dei titoli dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, nonché Attività  normativa,  interpretativa  e di indirizzo in materia di servizi  metrici  e  del  saggio  dei  metalli  preziosi e relativi rapporti  con  le  Camere  di  Commercio e con ogni altro organismo operante nella materia”.

Con questa procedura, e con appositi Decreti Ministeriali sono stati fabbricati, e posti in commercio, le bilance elettroniche, i distributori elettronici di carburante, i sistemi di misura per il monitoraggio della “catena del freddo” installati su mezzi mobili che trasportano alimenti surgelati ed altri strumenti di tipo elettronico.

L’emanazione dei suddetti DD.MM. competeva al Ministero dell’Industria e Commercio, divenuto poi Ministero dello Sviluppo Economico (Mi.S.E), e successivamente Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT)

I DD.MM. venivano emessi a domanda del fabbricante, e/o dell’ Importatore – erano detti anche Decreti di Ammissione o Decreti di Approvazione – e consentivano agli strumenti o ai sistemi di misura di nuovo tipo, di essere ammessi alla Verificazione prima ed alle successive.

A tale incombenza provvedevano gli Ispettori degli uffici provinciali metrici i quali, svolto l’esame di conformità alla descrizione dello strumento, contenuta nel D.M. pertinente, eseguivano le operazione dirette al riscontro dei requisiti metrologici previsti dalle norme generali per la categoria dello strumento in esame, oltre a eventuali prove specifice previste dal D.M. d’ammissione.

Ad esito positivo, l’Ispettore Metrico imprimeva sulla “targa legale” dello strumento il bollo di Verificazione Prima, determinandone la legalizzazione.

Lo strumento di misura così legalizzato poteva essere posto in commercio – e in uso di commercio – con le modalità di utilizzo e funzionamento previste dal D.M. d’ammissione in forza del quale era stato legalizzato.

Nel 1977, un’impresa italiana, mise in commercio, per la determinazione della velocità media ed istantanea degli autoveicoli, un’apparecchiatura utilizzata dagli Organi di vigilanza e controllo delle disposizioni in materia di rispetto dei limiti di velocità, previsti dal Codice della Strada all’epoca vigente.

Non si sa se sia stato rispettato il precetto normativo di cui all’art. 11 del vigente T.U. 7088/1890, trattandosi di strumento di misura destinato alla determinazione di un’unità di misura.

Ma non vi sono dubbi che si tratti di uno strumento di misura, soggetto alle disposizioni metrologiche legali previste dal più volte citato T.U. 7088/1890.

Lo strumento, denominato Autovelox, non poteva che essere di tipo Legale – ovvero conforme alle disposizioni di legge al tempo vigenti – per poter essere validamente utilizzato per l’applicazione di sanzioni, in caso di accertamenti della violazione dei limiti di velocità previsti, vigendo il principio giuridico generale che, per l’accertamento della commissione di un illecito nel quale sia necessario uno strumento di misura, lo stesso debba necessariamente essere di tipo legale.

Il Codice della strada, approvato con D. Lgs. 30.04.1992, n. 285, all’art. 45, comma 6, disponeva che: “Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all’approvazione ed omologazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione”.

Il successivo D.Lgs. 10.09.1993, n. 360, all’art.20, disponeva “All’articolo 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è apportata la seguente modificazione:

a) le parole: “ed omologazione” sono sostituite dalle seguenti: “od omologazione”. 

Ciò determina, da subito, una discrasia con la formulazione finale del testo originario precedente dello stesso articolo 45, comma 6, ove la disposizione finale recita: “Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione”.

Quel che lascia fortemente perplessi è il fatto che, per la prima volta, è stata devoluta alla competenza del Ministero delle Infrastrutture e trasporti, l’approvazione “od omologazione” di tali categorie di strumenti di misura che, come detto, competeva al Mi.SE, trattandosi di strumenti di misura.

In concreto, a legislazione vigente, quando alla formulazione di provvedimenti amministrativi quali quelli della omologazione “od approvazione” degli Autovelox e/o etilometri concorre la competenza di più Amministrazioni, sarebbe stato necessario indire la c.d. Conferenza di Servizi, ciò che invece non è avvenuto.

Comunque, proseguendo nella disanima del caso, con il P.P.R. 16.12.1992, n. 495 è stato emanato il Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada.

All’art. 192 del suddetto atto, di notevole importanza sono i primi tre commi che così dispongono:

“1. Ogni volta che nel codice e nel presente regolamento è prevista la omologazione o la approvazione di segnali, di dispositivi, di apparecchiature, di mezzi tecnici per la disciplina di controllo e la regolazione del traffico, di mezzi tecnici per l’accertamento e il rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, di materiali, attrezzi o quant’altro previsto a tale scopo, di competenza del Ministero dei lavori pubblici, l’interessato deve presentare domanda, in carta legale a tale dicastero, indirizzandola all’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, corredata da una relazione tecnica sull’oggetto della richiesta, da certificazioni di enti riconosciuti o laboratori autorizzati su prove alle quali l’elemento è stato già sottoposto, nonché da ogni altro elemento di prova idoneo a dimostrare l’utilità e l’efficienza dell’oggetto di cui si chiede l’omologazione o l’approvazione e presentando almeno due prototipi dello stesso. Alla domanda deve essere allegata la ricevuta dell’avvenuto versamento dell’importo dovuto per le operazioni tecnico-amministrative ai sensi dell’articolo 405”.

“2. L’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero dei lavori pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, la rispondenza e la efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole.L’interessato è tenuto a fornire le ulteriori notizie e certificazioni che possono essere richieste nel corso dell’istruttoria amministrativa di omologazione e acconsente a che uno dei prototipi resti depositato presso l’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale”.

“3. Quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, il Ministero dei lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2.

Dall’analisi dei suddetti commi è pertanto possibile rilevare, con criterio logico-giuridico, la differenza sostanziale tra Approvazione e Omologazione.

Per Approvazione deve intendersi la procedura prevista che fa riferimento a elementi che non necessitano di specifiche caratteristiche, ovvero per i quali il Regolamento non stabilisce particolari requisiti (art. 192 comma 2^). 

Da un punto di vista formale l’Approvazione è costituita da Determina Dirigenziale.

Per Omologazione deve intendersi la procedura che consente la produzione seriale di uno strumento in base ad un prototipo omologato, rappresentativo della produzione, il quale, a seguito di prove e test condotti in laboratori qualificati, dimostra la conformità alle relative norme tecniche di riferimento, sia nazionali che comunitarie, pertinenti alle specifiche funzioni svolte dallo strumento o dal sistema di cui è parte.

Da un punto di vista formale, l’omologazione si concretizza in un vero e proprio D.M. d’omologazione nel quale è descritta l’apparecchiatura cui si riferisce, unitamente all’indicazione del termine temporale di validità.

Al riguardo è illuminante la sentenza della Corte di Cassazione 10505, pubblicata il 18.04.2024 che, nelle premesse, così recita:

“E’, quindi, condivisibile la motivazione della sentenza impugnata che ha operato la distinzione tra i due procedimenti di approvazione e omologazione del prototipo, siccome aventi caratteristiche, natura e finalità diverse, poiché l’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato In laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo sviluppo economico, (e non del M.I.T. n.d.r.) nel mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o particolari prescrizioni previste dal regolamento”.

“L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che – pur essendo amministrativa (come l’approvazione) – ha anche natura necessariamente tecnica e tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato, requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento stesso, a cui pone riguardo la norma generale di cui al comma 6 dell’art. 142 c.d.s. (funzionalità che, peraltro, a fronte di contestazione del contravventore, deve essere comprovata dalla P.A. dalla quale dipende l’organo accertatore, secondo l’ormai univoca giurisprudenza di questa Corte: cfr., da ultimo, Cass. n. 14597/2021)”.

“Oltretutto, anche recentemente, è stato precisato che in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocità, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate, puntualizzandosi – si badi – che detta prova non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità né la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità e sulla stessa affidabilità dello strumento di rilevazione elettronica è ricavabiledal verbale di accertamento (cfr. Cass. n. 3335/2024)”.

Lo sconcertante quadro che si ritrae da tale situazione è che le norme che si sarebbero dovute emanare – ovvero la procedura per conseguire l’omologazione attraverso l’emanazione dei relativi DD.MM. e quelle per l’emanazione dell’Approvazione – non sono state ancora emanate.

Conseguenza diretta ed immediata di tale stato di fatto è che tutti gli Autovelox, gli Etilometri ed altre apparecchiature utilizzate per l’accertamento delle violazioni al Codice della Strada risultano non legali e gravate dal fatto di non essere commercializzabili né impiegabili per gli scopi cui sono destinate.

Con l’emanazione della direttiva comunitaria 2004/22/CE del 31.3.2004 relativa agli Strumenti di Misura – meglio conosciuta come direttiva MID (Measuring Instruments Directive) -, recepita con D.Lgs. 2.2.2007, n. 22, in vigore dal 18.3.2007, poi novellata dalla Direttiva 2014/32/UE del 26.02.2014, attuata a mezzo del D.Lgs. 19.05.201, n. 84, è stato introdotto nel vigente ordinamento, il principio dei “controlli metrologici legali”, i controlli per motivi di interesse pubblico, sanità pubblica, sicurezza pubblica, ordine pubblico, protezione dell’ambiente, imposizione di tasse e diritti, tutela dei consumatori e lealtà delle transazioni commerciali, intesi a verificare che uno strumento di misura sia in grado di svolgere le funzioni cui è destinato (art.4, comma c) della direttiva MID.

La notevole novazione introdotta dalla direttiva MID, non è pertanto incentrata sullo strumento di misura, ex se, quanto alla sua specifica destinazione d’uso; l’Allegato I dispone i Requisiti essenziali degli strumenti di misura e dieci allegati specifici determinano le caratteristiche degli strumenti per categoria.

Sia gli Autovelox, che gli Etilometri, sono strumenti finalizzati agli “scopi legali”previsti dalla direttiva MID, in quanto destinati ai controlli per motivi di interesse pubblico, sicurezza pubblica, ordine pubblico, e sono pertanto soggetti all’osservanza dei vigenti canoni della Metrologia legale applicabili.

Per definizione di ordinamento giuridico, non essendo tali categorie contemplate in alcuno dei dieci allegati specifici della MID, essi dovranno essere approvati e legalizzati secondo i vigenti canoni metrologico-legali nazionali.

Al riguardo, lo stesso MIMIT, all’indirizzo Web: https://www.mimit.gov.it/it/metrologia/sistema-di-garanzia-della-qualita-82896365, fornisce una dettagliata e precisa procedura, ivi compreso il fac-simile di domanda di ammissione alla Verificazione metrica ed alla legalizzazione, da presentarsi ai sensi dei già citati artt. 6 e 7 del R.D. 226/1902.

Verrebbe così risolto tutto il “bailamme” esistente mediante l’applicazione di disposizioni normative e procedure esistenti.

Cav. Claudio Capozza

3 agosto 2024

 

 

                                                         

Batterie e accumuli

Le batterie sono concorrenti dell’energia solare.

L’attività di accumulo trae profitto dall’acquisto di energia elettrica,quando è a buon mercato, e dalla sua vendita, di sera, quando quando il prezzo sale.

I sostenitori del solare sono convinti che le batterie possano risolvere il problema dell’intermittenza, ma la realtà è diversa.

Sembra più redditizio caricare le batterie di notte quando i prezzi dell’energia all’ingrosso sono più bassi.

La California, uno dei primi ad adottare l’implementazione delle batterie di rete, ha raddoppiato la capacità di stoccaggio, da 6 a 12 GW, in soli due anni.

Lo stoccaggio rappresenta ora il 25% del picco della domanda.

Tutti si aspettavano una riduzione significativa del costo dell’energia elettrica al dettaglio.

Al contrario, il costo è aumentato del 62% negli ultimi due anni, mentre la produzione solare ed eolica è rimasta ferma al 26% della produzione di energia della California dal 2021.

La linea di fondo è chiara: le batterie si finanziano attraverso l’arbitraggio energetico, indifferenti dalla fonte di produzione, la maggior parte della quale proviene dal gas, il vero beneficiario di tale situazione.

Una soluzione più economica ed efficace contro il fossile sarebbe una combinazione di energia nucleare, idroelettrica e geotermica.

Francia, Norvegia, Svezia e Islanda hanno reti più “pulite” e nessuna di esse si basa pesantemente su fonti di energia intermittenti.

Quanto tempo ci vorrà perché l’Europa riconosca che ha intrapreso la via sbagliata?

Una bolletta texana

I texani sanno dove finiscono i soldi delle bollette, fino all’ultimo centesimo.

Non c’è una sigla incomprensibile come da noi e sta tutto in una pagina.

161.000 kWh costano 13.600 dollari.

3,8 centesimi di dollaro/kWh la materia prima.

Le anomalie: Terna

Terna – Trasmissione Elettrica Rete Nazionale SpA – nasce dall’ENEL il 31 maggio 1999, a seguito del decreto Bersani.

Dopo numerose operazioni societarie la situazione ad oggi è questa é la seguente:

Dal 2010 Terna fa parte del Progetto Desertec che ha come obiettivo la produzione e la trasmissione di energia rinnovabile nelle aree del Medio Oriente e del Nordafrica per soddisfare sia il fabbisogno locale che quello europeo.[6]

Nel 2011 modifica il proprio assetto societario costituendo una holding da cui dipendono due società operative interamente controllate: Terna Rete Italia e Terna Plus, ciascuna con proprio AD e CDA.

Nell’agosto 2014 il gruppo pubblico di Pechino, State Grid Corporation of China, entra con il 35% in CDP Reti, l’azienda controllata da Cassa Depositi e Prestiti che detiene il 30% di Snam e il 30% di Terna[11].

Nel 2015 Terna acquisisce la rete in Alta Tensione del Gruppo Ferrovie dello Stato.[12] 

Ha inoltre avviato la realizzazione di infrastrutture di interconnessione nazionale, quali il SA.CO.I.3 (Italia-Corsica-Sardegna),[13] e verso l’estero, tra cui i collegamenti con il Montenegro (inaugurato nel 2019)[14] e con l’Austria (operativo dal 2023).

Oggi Terna gestisce, tramite Terna Rete Italia, la rete di trasmissione nazionale: 75.000 Km di linee elettriche in alta tensione.

Delle attività di Terna Plus,il ramo internazionale, si legge solo che gestisce linee in Perù, Uruguay e Brasile.

Il fatturato di Terna Rete Italia si basa sul sistema tariffario stabilito dall’Autorità di Regolazione (ARERA).

Le tariffe vengono aggiornate, sempre in positivo, ogni quattro anni e vengono caricate sulle bollette dei consumatori italiani.

La costituzione di Terna è stata una privatizzazione molto “controllata” dal sistema politico, contrariamente a quanto successo nel settore delle telecomunicazioni.

La tabella che segue indica i principali dati economici dai quali si evince una crescita costante senza sbalzi.

Terna, e i suoi azionisti, risultano particolarmente tutelati, non esistendo rischi particolari tali da compromettere il sistema economico dell’azienda.

Ulteriori informazioni dai dati di bilancio:

– Oneri finanziari: 82,8 (2019) e 88,9 ( 2020)

– Finanziamenti a lungo e a breve nel 2020: 11,5 miliardi vale ( quattro volte il fatturato).

– immobili e impianti hanno un valore dichiarato di 12,7 miliardi nel 2020.

– Il valore di borsa nel gennaio 2022 è di circa 13,5 miliardi.

È evidente che Terna, società quotata in borsa, rappresenta un’anomalia ed è lecito ipotizzare che la politica ne chieda finalmente una ristrutturazione.

Il monopolio, tuttora in vigore, della trasmissione dell’energia elettrica in alta tensione, permette a Terna di distribuire dividendi in crescita programmata e certa, poiché ricavi e profitti sono garantiti da Arera.

La ristrutturazione di Terna sarebbe solo il primo tassello del processo di riforma del settore elettrico del paese che presenta ulteriori eclatanti anomalie.

La riforma dovrà essere attuata prima della scadenza della concessione.

La riforma dovrebbe inoltre per la prima volta, definire il reale ruolo del consumatore industriale.

La flessibilità, ricavabile dall’industria, porterebbe notevoli vantaggi per il sistema energetico, con conseguente minor costo per le imprese, miglioramento della competitività e consistente risparmio di CO2.

Si arriverebbe, finalmente, ad un allineamento alla Direttiva Europea 944 del 5 giugno 2019 e al regolamento europeo 943 di pari data.

Incendi? Tutti zitti, parla l’esperto!

C’è un nuovo “esperto” alla Stampa che ha sentenziato così: «I roghi californiani (sono) uno dei sintomi più evidenti che la crisi climatica che ci attanaglia non accenna certo a placarsi».


L’esperto dice «crisi climatica» che è la stessa espressione che hanno adottato a The Guardian, i cui i giornalisti sono tenuti a scrivere «emergenza climatica», «crisi climatica» o «collasso climatico» mentre, al posto di «riscaldamento globale», dovrebbero scrivere «arroventamento globale».


Il titolo della Stampa riporta «Il clima malato piega la California». Un po’ poco.

In compenso ecco altre due sentenze dell’esperto: «E’ facile prevedere che un’era del fuoco è vicina», «Il punto reale è perché gli incendi stanno periodicamente flagellando regioni così diverse del globo con una frequenza sconosciuta in passato».

(E qui forse ha ragione Gianrico Carofiglio, che, in un saggio per Einaudi, ha citato un’analisi statunitense su 28mila pronostici a opera di 284 «esperti» in dieci anni, e notava, l’analisi, che «le previsioni più scadenti venivano dai soggetti più famosi e più spesso presenti sui mezzi di informazione»).

L’esperto della Stampa si chiama Mario Tozzi, e sulla sua celebrità e mediaticità, nostro limite, non sapremo esprimerci: ma qualche verifica su quanto scrive si potrebbe azzardare.

Sul fatto che gli incendi siano tra gli esempi ricorrenti in chi cerca un collegamento tra eventi meteorologici e riscaldamento globale, per cominciare, non ci sono dubbi.

Sull’«era del fuoco», che sarebbe «vicina», possiamo solo dire che la distanza è tra 1,4 e 2,3 milioni di anni, ma guardando al passato: per il futuro non sappiamo.

Sul fatto che gli incendi starebbero «flagellando regioni così diverse del globo con una frequenza sconosciuta in passato» possiamo solo dire che è falso: dal 1870 a oggi gli incendi sono nettamente calati in tutto il Pianeta, come è stato scoperto grazie all’esame degli strati sedimentari di carbone sparsi su sei continenti e che coprono l’arco di due millenni.

La ragione è banale: l’uomo ha smesso di ardere la legna e ha iniziato a bruciare i combustibili.

Si chiama transizione pirica.

L’esperto della Stampa cita dei fantomatici aumenti di incendi in varie zone del mondo, ma sono falsi: avrebbe ragione se parlassimo del solo Canada, che nel 2023 ha visto andare a fuoco il più alto numero di aree mai registrato prima; i media ne hanno dato ampio spazio.

Non hanno invece dato spazio, perché così funziona, al fatto che negli Stati Uniti, sempre nel 2023, si è registrato il più basso numero di aree bruciate dall’inizio di questo secolo.

Va da sé che a contare è la tendenza globale, certo: è per questo che la Nasa, per capirne di più, dal 2001 ha fatto orbitare dei satelliti attorno alla Terra identificando gli incendi di ogni dimensione.

Risultato: dal 2001 al 2015 (lo studio è del 2017) i roghi su scala globale sono diminuiti in maniera significativa.

Il 2022, l’ultimo anno con informazioni complete, è stato quello coi valori più bassi in assoluto: la superficie terrestre divorata dal fuoco si è ridotta dal 3,2 al 2,2 per cento.

Ignari delle opinioni di Mario Tozzi, i satelliti Nasa hanno registrato che negli ultimi 18 anni c’è stato un calo del 25 per cento delle aree bruciate: sono diminuite di oltre 1.300.000 chilometri quadrati, passando da 4,9 milioni di chilometri quadrati (nella prima parte del secolo scorso) agli attuali 3,6 milioni.

Nell’articolo dell’esperto, infine, si dice poi che gli Stati Uniti hanno le più alte emissioni di gas serra pro capite al mondo (a noi risulta che in Australia siano più alte, ma chi se ne frega) e non poteva mancare un finalone contro Trump, «un presidente che vorrebbe trivellare anche il Polo Nord».

Informiamo che al Polo Nord sono già presenti 599 siti di estrazione di gas e petrolio.

Non è che l’esperto, forse, intendesse la Groenlandia?

Nel caso c’è Kvanefjeld, il sito più ricco di terre rare di tutto il globo, elementi fondamentali per la transizione energetica globale perché trovano impiego, tra l’altro, nelle auto elettriche e nelle turbine eoliche.


Bene: il partito di sinistra Inuit Ataqatigiit, nel 2021, ha deciso di chiudere il giacimento di Kvanefjeld.

Bollette spagnole e portoghesi

“Le bollette di Portogallo e Spagna sono le più basse d’Europa grazie alle rinnovabili”

Un’affermazione clamorosamente falsa!

Spagna e Portogallo, oltre ad aver rinegoziato il prezzo del gas algerino che arriva attraverso il Marocco, nel 2022 sono riusciti a ottenere da Bruxelles, il permesso di mettere un tetto al prezzo del gas dedicato alla produzione di energia elettrica.

Il permesso entra in vigore a giugno 2022 – 40 €/MWh – fino ad aprile 2023; poi il tetto é salito per arrivare, a fine ‘23, a 65 €/MWh, data in cui la misura è terminata.

Inoltre la Spagna, nel 2022 e nel 2023, ha registrato una percentuale di energia rinnovabile prodotta inferiore a quella della Germania, che però ha registrato prezzi nettamente più alti.

A partire da gennaio 2024 l’andamento dei prezzi di Spagna e Portogallo si allinea al mercato degli altri Paesi europei non protetti da tutele.

Si può vedere un effetto della minor dipendenza dal gas da febbraio ad aprile, come in Francia, che va a nucleare.

Non imitiamo la California

La transizione energetica implica:

1) continuare a bruciare combustibili fossili e inquinanti, che rappresentano l’82% dell’energia globale;

2) credere che le energie rinnovabili – solare, eolico e,impropriamente, la idroelettrico – siano la migliore soluzione per cambiare.

I cinque paesi europei, con le più basse emissioni di gas serra per unità di produzione di energia elettrica, sono Norvegia, Francia, Svezia, Svizzera e Finlandia.

Tutti hanno raggiunto l’obiettivo utilizzando l’energia nucleare, quella idroelettrica o entrambi.

Al contrario, i cinque paesi che hanno più investito nel solare e nell’eolico – Germania, Danimarca, Portogallo, Spagna e Irlanda – hanno emissioni e prezzo dell’energia elettrica molto più elevati.

La ragione è che, quando cala l’oscurità, o non c’è vento, le batterie non sono assolutamente in grado di fornire l’energia necessaria.

Così i paesi “ossessionati” dal solare e dall’eolico sono costretti ad accendere le centrali a gas naturale, e tenere accese sempre quelle a carbone, aggiungendo costi, che i fans delle energie rinnovabili, più o meno inconsapevolmente, ignorano.

Solare ed eolico richiedono più di un intero sistema di generazione di backup parallelo, una ridondanza estremamente costosa che costringe gli utenti a pagare più del doppio di quanto pagherebbero per garantire l’affidabilità del sistema senza le rinnovabili.

Con l’aggravante che i frequenti arresti e avviamenti delle centrali di riserva, siano esse a gas o a carbone, presentano un rendimento peggiore e quindi consumano più combustibile a parità di energia prodotta.

Basta veder cosa succede in California, l’autoproclamatosi paradiso dell’energia verde, dove le emissioni sono in costante aumento anche se lo stato è stato tappezzato con pannelli solari e gli utenti pagano bollette energetiche astronomiche.

Sicurezza energetica e FER

Terna non può conoscere il consumo nazionale perché non distribuisce energia ma la trasporta in alta e altissima tensione.

Senza essere integrate al consumo industriale, le FER diventeranno un problema di sicurezza nazionale.

È molto più semplice, per Terna, far pagare ai consumatori gli sbilanciamenti della rete: nel quarto trimestre, l’aumento dell’uplift sarà di 1,95 €/MWh.

Per garantire la sicurezza energetica, se s’incrementano le FER, si devono installare centrali a gas di backup, con relativo aumento di CO2.

Pretendere di migliorare la sicurezza con le batterie, per miliardi di euro d’investimento pagati sempre dalle bollette, è pura follia ma è un grande affare per alcuni produttori, che già le istallano con i soldi del PNRR, nei siti delle vecchie centrali termiche.

L’incremento delle FER, come si vorrebbe imporre alla Sardegna senza fare, prima, i conti, per accumulare energia elettrica, e usarla la sera, è un’altra scemenza.

Siccome in Italia c’è sole ( ma molto più sole che vento) l’ordine di scuderia sembra essere quello di produrre energia elettrica, a qualunque costo!

La Sardegna diventerebbe così solo un ottimo test su sul futuro elettrico del paese.

Attendiamo che il consumo dei distretti industriali entri nel dispacciamento, rendendo il sistema elettrico meno dipendente dalla Francia, che ci fornisce 50 TWh sui 300 che consumiamo, e dalla Cina, che produce le batterie.

Il ruolo delle Istituzioni dovrebbe essere quello di valutare il meglio per il sistema,nell’interesse della sicurezza nazionale.

Secondo Terna invece la “flessibilità industriale è una cavolata” (cit. di un funzionario di Terna)

Dovrebbe provvedere il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che invece latita.

Negli interessi di chi?

Assimetrie contrattuali mercato energia

Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
Università degli Studi di Salerno

ASIMMETRIE CONTRATTUALI NEL MERCATO LIBERO DELL’ENERGIA:
ONERI DI SISTEMA E FORME DI TUTELA DEI “TRADERS”
Gisella Pignataro*


SOMMARIO: 1. – Rapporto privato e pubbliche funzioni: il contratto di erogazione di energia elettrica;

  1. – Conformazione del contenuto contrattuale nel rapporto tra distributore e “traders”; 3. – Oneri di
    sistema non riscossi e contenzioso giurisprudenziale: limiti al potere conformativo; 4. – Oneri di
    sistema e corrispettivo nelle pronunce della Cassazione a Sezioni unite; 5. – Squilibri contrattuali tra
    distributori e “traders”: possibili forme di tutela.
  2. – Rapporto privato e pubbliche funzioni: il contratto di erogazione di energia elettrica
    L’energia elettrica è un bene immateriale di rilevante valore economico, la cui produzione e vendita è
    a un passo dalla piena liberalizzazione, che si inserisce nel processo di libera circolazione dei beni e
    dei servizi in Europa, dopo la stagione del monopolio statale e della nazionalizzazione1. In quanto bene
    primario per lo sviluppo economico della Nazione, il concetto di libero mercato non può essere
    sinonimo di piena autonomia negoziale: l’interesse pubblico al completo sostentamento energetico
    resta “asset” statale strategico, ma si realizza assegnando allo Stato il ruolo di regolatore al posto del
    pregresso diretto intervento in sostituzione dei privati2
    . Nell’attuale sistema di mercato, l’erogazione
    dell’energia elettrica risulta dunque strutturalmente operazione commerciale complessa sul piano
    soggettivo e oggettivo: soggettivo, per il necessario collegamento di una pluralità di relazioni negoziali
    con soggetti in parte pubblici e in parte privati, di cui taluni ancora operano in regime di monopolio;
  • Professore associato di Diritto privato comparato presso l’Università degli Studi di Salerno.
    1 Il ruolo strategico del mercato dell’energia elettrica nell’economia nazionale, palese già al termine della prima guerra
    mondiale, si affermò soprattutto dopo la seconda guerra mondiale quando, per evidenti esigenze di ricostruzione, aumentò
    in modo consistente la domanda di elettricità, gas e petrolio da parte delle industrie. Incremento della domanda e presenza
    del capitale pubblico nel settore energetico rappresentano l’input per la nazionalizzazione delle imprese elettriche di
    proprietà privata. Pertanto, con L. 1643 del 06/12/1962, n. 1643, in applicazione dell’art. 43 Cost., sono state riservate
    all’ente pubblico ENEL l’attività di produzione, importazione, esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e
    vendita dell’energia elettrica su tutto il territorio nazionale, salvo talune specifiche eccezioni. Per legge è stato altresì
    disposto il trasferimento coattivo dalle imprese titolari all’Ente pubblico, previo indennizzo, dei beni organizzati per
    l’esercizio di tali attività e dei relativi rapporti giuridici. La nazionalizzazione ha reso possibile la quasi totale
    elettrificazione dell’Italia e l’unificazione della struttura tariffaria sul territorio nazionale, grazie all’attività di vigilanza e
    indirizzo del Governo sull’Ente, funzionale al conseguimento degli obiettivi indicati nei programmi di politica energetica
    nazionale e di politica tariffaria. Si crea così un regime di monopolio naturale. Per maggiore approfondimento, F.
    Smerchinich, Il mercato dell’energia elettrica: descrizione, funzionamento e dinamiche, in Riv. it. Dir. pubbl. comunitario
    5 (2017) 1269ss.
    2In attuazione dell’art. 41 Cost. a protezione della libertà dell’iniziativa economica, già con L. 278 del 10/10/1990 è stato
    introdotto un sistema di regole volte alla tutela della concorrenza e del mercato a vantaggio del consumatore in quanto
    utente finale, rafforzate nel campo dell’energia elettrica dalla normativa sovranazionale con le direttive 90/377/CEE del
    29/06/1990 sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale; direttiva 90/547/CEE del 29/10/1990, relativa al
    transito di energia sulle grandi reti e direttiva 96/92/CEE per il completamento del mercato interno dell’energia, attuato
    con il D. Lgs. 79 del 31/03/1999. Il nuovo assetto doveva permettere agli imprenditori qualificati di presentarsi sul mercato
    energetico ed operare in regime di concorrenza, sotto il controllo dell’Autorità per l’Energia elettrica ed il gas, istituita con
    D. Lgs. 481 del 14/11/1995, di cui vengono ampliate le funzioni. Il rischio del perpetuarsi di posizioni dominanti e di
    comportamenti scorretti degli operatori del mercato ha però indotto il legislatore europeo ad intervenire nuovamente prima
    con le direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, attuate con il D. Lgs. 73 del 18/06/2007 e poi con le direttive 2008/92/CE e
    2009/72/CE e 2009/73/CE, abrogative delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, attuate con il D. Lgs. 93 del 01/06/2011
    ed il successivo regolamento 1227 del 25/10/2011, in attuazione del quale con l’art. 22, L. 161 del 30/10/2014 vengono
    anche ampliati i poteri dell’Autorità indipendente nella sua funzione di garanzia.
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    2
    oggettivo, per il concorso di prestazioni di diversa natura e il carattere oltremodo specialistico del
    settore.
    I produttori, compresi i privati che abbiano realizzato impianti di produzione di energia tradizionale o
    alternativa, immettono il bene nella rete elettrica cui sono connessi di bassa, media o altra tensione; la
    trasmissione al cliente finale ha luogo tramite gli impianti dei Gestori di rete (Terna e/o Distributori)
    interessati. La gestione commerciale dell’energia spetta al distributore competente per territorio, che
    tale attività svolge in regime di monopolio, quale titolare e/o concessionario esclusivo della rete di
    distribuzione, nel cui ambito territoriale è posto il sito di consumo del cliente3
    . L’attività di vendita
    dell’energia elettrica è svolta da società nazionali ed estere, denominate “traders”. I “traders” sono
    parte di due distinti rapporti contrattuali, tra loro collegati: il contratto di vendita con l’utente finale,
    un normale contratto di compravendita dove la peculiarità dell’oggetto, il bene-energia elettrica, può
    esser consegnato soltanto tramite il diverso contratto di trasporto ad esso collegato. Il contratto di
    trasporto con la società di distribuzione non è difatti stipulato direttamente dall’utente finale, bensì dal
    “trader” in qualità di mandatario senza rappresentanza, il quale è libero di acquistare energia presso la
    borsa elettrica e/o da un qualsiasi produttore al prezzo pattuito, energia che viene resa disponibile per
    il trasporto all’utente finale indicato dal “trader”.
    Il trasporto dell’energia elettrica utilizza reti di distribuzione a media e bassa tensione che sono in
    proprietà pubblica mentre le società di distribuzione gestiscono il pubblico servizio in regime di
    concessione a favore dei “traders” (società di vendita)4; la disciplina fondamentale è nel c.d. decreto
    Bersani, con cui si è avviato il processo di liberalizzazione del mercato elettrico in attuazione della
    direttiva 96/92/CE5
    . Il contratto per il servizio di trasporto, distinto ma collegato al contratto di
    compravendita di energia, è funzionale alla gestione del servizio di trasporto di energia dal punto di
    prelievo al luogo di consumo. In particolare, è un contratto imposto al distributore, in ragione
    dell’obbligo di connettere i soggetti interessati alle proprie reti6; analogo obbligo grava sul Gestore
    della rete di trasmissione nazionale, il soggetto pubblico cui sono affidate le funzioni strumentali, quali
    la connessione alla rete di trasmissione nazionale di tutti i soggetti che ne facciano legittima richiesta,
    senza compromettere la continuità del servizio7. La normativa prevede altresì la costituzione di una
    3 Enel Distribuzione ha una competenza a livello nazionale, esclusa soltanto dalla presenza di società di distribuzione a
    livello municipale (es. A-Distribuzione a Roma (ex ACEA distribuzione); UNA RETI (ex AEM Milano Distribuzione) a
    Milano; I-RETI (ex AEM Torino Distribuzione), per citare soltanto le principali).
    4 La concessione, da atto unilaterale per eccellenza, diventa contratto di concessione con cui il privato assume responsabilità
    dirette nella cura di interessi pubblici. Si passa dall’autoritatività nell’organizzare servizi pubblici alla “light regulation”
    :
    S. Cassese, Verso un diritto europeo italiano, in Riv. it. Dir. pubbl. comunitario 2 (2017) 303ss.
    5 D. Lgs. 79 del 16/03/1999. Il decreto prevede la partecipazione al mercato elettrico di diversi operatori: i produttori di
    energia, che poi la vendono ai “traders” in regime liberalizzato; il gestore della rete di trasmissione nazionale, cui spetta
    gestire la rete per portare l’energia ad un livello di tensione elevato sino alle reti locali di distribuzione, in base a
    concessione; i distributori di energia, che trasportano energia fino al punto di consumo, attraverso le reti locali, in base a
    concessione; i “traders”, che acquistano energia elettrica dai produttori e la vendono ai clienti finali, in regime liberalizzato;
    i clienti finali idonei, che acquistano energia elettrica dai traders”. A fronte di comportamenti anticoncorrenziali, il
    legislatore europeo riduce il rischio di posizioni dominanti abrogando la direttiva 96/92/CE con la direttiva 2003/54/CE: i
    poteri di bilanciamento esercitati dal gestore della rete e di controllo dell’Autorità indipendente preposta diventano
    strumento per garantire un corretto esercizio dell’attività di concorrenza sul mercato e tutelare il consumatore finale. La
    direttiva è stata attuata con D. Lgs. 73 del 18/06/2007. Per il miglior funzionamento del mercato libero dell’energia elettrica
    segue il Reg. (UE) 1227/2011 del 25/10/2011, c.d. “Remit” (Regolamento per l’integrità e la trasparenza del mercato
    dell’energia all’ingrosso).
    6 D. Lgs. n. 79/1999, art. 9, co. 1 cit.: «Le imprese distributrici hanno l’obbligo di connettere alle proprie reti tutti i soggetti
    che ne facciano richiesta, senza compromettere la continuità del servizio e purché siano rispettate le regole tecniche nonché
    le deliberazioni emanate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas in materia di tariffe, contributi ed oneri».
    7 D. Lgs. 79/1999, art. 3, co. 1: «Il gestore della rete di trasmissione nazionale, di seguito “gestore”, esercita le attività di
    trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, ivi compresa la gestione unificata della rete di trasmissione nazionale.
    Il gestore ha l’obbligo di connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti che ne facciano richiesta, senza
    compromettere la continuità del servizio e purché siano rispettate le regole tecniche di cui al comma 6 del presente articolo
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    3
    società per la stipula e gestione dei contratti di fornitura a garanzia dei clienti vincolati, che a decorrere
    da luglio 2024 sono stati definitivamente dirottati sul mercato libero (Acquirente unico)8
    , e
    regolamenta la contrattazione bilaterale (art. 6) e gli obblighi a carico del distributore (art. 9).
    In questa relazione soggettivamente complessa, necessaria al collegamento delle distinte prestazioni
    di vendita e trasporto dell’energia a soddisfazione dell’interesse del cliente finale, si inserisce il
    legislatore con l’integrazione della composizione della tariffa per il perseguimento di ulteriori interessi
    pubblici connessi all’energia. Accanto al costo di somministrazione dell’energia elettrica e ai costi di
    trasporto, nella composizione della tariffa vengono inclusi oneri di varia natura, denominati oneri di
    sistema, che rispondono alla differente esigenza di socializzazione efficiente dei costi di attività
    connesse (incentivi per le fonti rinnovabili e i costi da destinare a finalità sociali), agganciate al bene
    principale indispensabile. In altri termini, la controprestazione, ovvero il pagamento dell’energia da
    parte dell’utente, ha una struttura composita, comprensiva di voci che si aggiungono al costo del
    consumo reale, energia e trasporto, calcolate in proporzione al consumo; una volta corrisposta la
    somma al “trader” e, per suo tramite, alla società di distribuzione, sarà quest’ultima a corrispondere al
    Gestore dei Servizi elettrici (GSE) o alla Cassa per i Servizi energetici e ambientali (CSEA) gli importi
    delle altre componenti tariffarie9. Negli ultimi anni il meccanismo è stato utilizzato anche per coprire
    costi per l’erogazione di servizi totalmente estranei, come il pagamento del canone RAI10, con un
    vincolo di destinazione delle somme che fino ad allora è stato funzionale soltanto al mantenimento
    dell’intero sistema elettrico11
    .
    e le condizioni tecnico-economiche di accesso e di interconnessione fissate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.
    L’eventuale rifiuto di accesso alla rete deve essere debitamente motivato dal gestore. Il gestore della rete di trasmissione
    nazionale fornisce ai soggetti responsabili della gestione di ogni altra rete dell’Unione europea interconnessa con la rete di
    trasmissione nazionale informazioni sufficienti per garantire il funzionamento sicuro ed efficiente, lo sviluppo coordinato
    e l’interoperabilità delle reti interconnesse».
    8 D. Lgs. 79/1999, art. 4, co. 1: «Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il gestore della rete di
    trasmissione nazionale costituisce una società per azioni denominata “acquirente unico”. La società stipula e gestisce
    contratti di fornitura al fine di garantire ai clienti vincolati la disponibilità della capacità produttiva di energia elettrica
    necessaria e la fornitura di energia elettrica in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio nonché di parità
    del trattamento, anche tariffario».
    9 La distribuzione delle somme imputate alle altre componenti tariffarie è regolata dall’art. 39, co. 2, TIT 2016-2019 (Testo
    integrato dei servizi di trasmissione e distribuzione): «Le componenti tariffarie A, di cui al comma 39.1, sono: a)
    componente tariffaria A2, per la copertura dei costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse,
    alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera
    c), del decreto 26 gennaio 2000; b) componente tariffaria A3, per la copertura degli oneri sostenuti dal Gestore dei servizi
    energetici per l’incentivazione della produzione di energia elettrica degli impianti da fonti rinnovabili e assimilate, ivi
    inclusi i costi riconosciuti per il funzionamento del medesimo Gestore dei servizi energetici; c) componente tariffaria A4,
    per la perequazione dei contributi sostitutivi dei regimi tariffari speciali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto
    26 gennaio 2000; d) componente tariffaria A5, per la copertura dei costi relativi all’attività di ricerca e sviluppo finalizzata
    all’innovazione tecnologica di interesse generale del sistema elettrico di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto
    26 gennaio 2000; e) componente tariffaria AS, per la copertura degli oneri derivanti dall’adozione di misure di tutela
    tariffaria per i clienti del settore elettrico in stato di disagio, di cui al decreto 28 dicembre 2007; f) componente tariffaria
    AE, per la copertura delle agevolazioni riconosciute alle imprese a forte consumo di energia elettrica di cui al decreto 5
    aprile 2013». La stessa norma al co. 4 definisce tali somme come maggiorazioni ai: a) corrispettivi del servizio di
    distribuzione; b) agli usi finali delle imprese distributrici.
    10 Ministro dello Sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle Finanze, Decreto 94 del 13/05/2016,
    Regolamento recante attuazione dell’art. 1, co. 154, della L. 208 del 28/12/2015 (Canone Rai in bolletta), in Gazz. Uff. 129
    del 4/06/2016.
    11 Suddivide il costo dell’energia elettrica in quattro macroaree per una rappresentazione grafica delle sue componenti
    Smerchinich, Il mercato cit. 1269ss. Tali sono: 1. Il prezzo dell’energia e del dispacciamento, comprensivo anche dei costi
    per la commercializzazione e vendita al dettaglio del bene, la cui entità è affidata alla libera concorrenza tra gli operatori
    del mercato; 2. Gli oneri infrastrutturali, che remunerano i servizi trasmissione, distribuzione e misura, la cui entità è fissata
    dall’Autorità nell’importo massimo, che sono parametrati in relazione alle caratteristiche fisiche della fornitura (la tensione
    di allacciamento alla rete elettrica e/o la potenza impegnata); 3. Gli oneri di sistema e degli oneri impropri, introdotti dal
    legislatore per reperire risorse necessarie alla copertura di oneri non correlati alla fornitura di energia, nonché dipendenti
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    4
    La confluenza di plurime funzioni è all’apice dei problemi di regolamentazione degli obblighi
    rispettivamente nei rapporti tra distributori e “traders” e tra “traders” e clienti finali, su cui incide
    l’affidamento del potere regolatorio all’Autorità indipendente di settore (Autorità di regolazione per
    energia, reti e ambiente, acronimo ARERA, denominata in seguito soltanto Autorità)12
    . Come
    acutamente rilevato in dottrina13, il termine Autorità indica una fonte autoritativa che incide
    sull’autonomia dei privati e l’indirizza quale fonte eteronoma non negoziale14; il carattere autoritativo
    della fonte, però, non necessariamente si riflette sulla natura giuridica della regola, che potrebbe essere
    dispositiva, e dunque derogabile con una contraria manifestazione di volontà15. In questa funzione,
    duplice può essere la tipologia di intervento dell’Autorità: concorrere alla formazione di clausole d’uso
    ovvero sollecitare modelli contrattuali favorendone la diffusione. L’ARERA ha optato per
    quest’ultima tipologia con un intervento regolamentare cogente.
    La progressiva conformazione del contenuto contrattuale con l’inserimento di nuovi oneri, tipizzati nel
    Codice di rete tipo per il trasporto dell’energia elettrica16
    , è ragionevole: nasce infatti dall’esigenza di
    razionalizzazione e sistematizzazione della disciplina sul servizio di trasporto, con una normativa
    dettagliata su profili cardine, in modo da definire un quadro regolatorio uniforme integrativo delle
    condizioni generali praticate dalle società di distribuzione. L’intervento si è reso necessario per
    conciliare la libertà di accesso al servizio con la parità di trattamento degli utenti, una volta rilevata la
    presenza, nel territorio nazionale, di un numero relativamente elevato di imprese distributrici e la
    conseguente diffusione di differenti condizioni generali di contratto ed altrettante variegate prassi
    contrattuali. L’attribuzione del potere regolatorio all’Autorità amministrativa indipendente risponde
    dunque alla ratio di assicurare un intervento celere ed efficace in contesti caratterizzati da elevato
    tecnicismo; la rigorosa predeterminazione dei contenuti della funzione amministrativa avrebbe causato
    invero pregiudizi alla finalità pubblica.
    Nelle delibere emanate dall’Autorità problemi hanno sollevato gli oneri di sistema: taluni sono
    destinati a remunerare le fasi della distribuzione17, altri hanno carattere parafiscale, in quanto introdotti
    dall’impianto regolatorio; 4. Il costo della fiscalità, ovvero le imposte che gravano sui consumi finali di energia elettrica,
    introdotte con norme primarie dello Stato.
    12 L’Autorità, oggi denominata con l’acronimo ARERA, che sostituisce le precedenti denominazioni AEEG (Autorità per
    l’energia elettrica e il gas) e poi AEEGSI (Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico).
    13 N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, Bari 1998, 41.
    14 Superato il problema della legittimità costituzionale di questa attività normativa, una volta messo in discussione il dogma
    della legge formale dello Stato come unica fonte di regolazione delle situazioni giuridico soggettive dei privati, si conferma
    la complessità del sistema delle fonti del diritto privato. Sulle principali questioni relative alla copertura costituzionale
    della potestà normativa dell’Autorità, M. Manetti, Autorità indipendenti (dir. cost.), in Enc. giur. Treccani 4 (1997) 1ss.;
    sulla necessità di una differente analisi della teoria delle fonti nel diritto privato, già U. Breccia, L’immagine che i privatisti
    hanno del diritto pubblico, in Riv. crit. dir. priv. (1989) 202.
    15 F. Addis, La produzione di clausole d’uso e la loro efficacia nei settori di mercato sottoposti al controllo di autorità
    indipendenti, in L’autonomia privata cit. 111.
    16 Il Codice è stato adottato con delibera 268 del 4/06/2015, in attuazione della delibera 612 del 19/12/2013, con cui
    l’Autorità già autorizzava le imprese distributrici a richiedere agli utenti del servizio di trasporto “opportune garanzie” a
    copertura degli obblighi derivanti dalla stipula del contratto di trasporto, tenendo conto tra l’altro anche degli oneri a carico
    del cliente finale (punto 4 della delibera, che rinvia al precedente punto 3) e si compone di 3 allegati: l’allegato A contiene
    il Glossario; l’allegato B disciplina le forme di garanzie ammesse e la gestione dell’inadempimento; l’allegato C uniforma
    le modalità di fatturazione, relativamente all’oggetto, tipologie e termini di adempimento.
    17 Sono componenti tariffarie con tale funzione gli oneri di trasmissione, che remunerano i costi sostenuti dal gestore della
    rete elettrica (Terna) per il trasporto dell’energia lungo la rete di trasmissione nazionale, definiti annualmente dall’Autorità;
    di misura, che remunerano i costi relativi all’installazione dei contatori e alla rilevazione dei consumi, anch’essi determinati
    annualmente dall’Autorità; di distribuzione, per remunerare il servizio di trasporto dell’energia elettrica sulle reti di
    distribuzione e le relative attività commerciali (fatturazione, gestione contratti, ecc., i cui importi sono differenziati secondo
    una struttura trinomia, correlata cioè al volume di consumo registrato, al valore della potenza impegnata e in quota fissa
    per ciascun punto presa allacciato alla rete elettrica. Le tre quote sono differenziate altresì a seconda della tensione di
    allacciamento e, per ciascun livello di tensione, in base alla potenza disponibile: Smerchinich, Il mercato cit. par. 5.3 e 5.4.
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    5
    con norme primarie dello Stato e non associabili alla fornitura dell’energia elettrica18
    , destinati nel
    tempo ad assumere un valore multiplo rispetto ai costi del servizio. Nel concetto di corrispettivo
    vengono dunque sintetizzati obblighi con diverso titolo costitutivo, unitariamente posti a carico delle
    società di distribuzione ma trasferiti ai clienti finali tramite i rapporti tra distributori e “traders”, con
    effetto limitativo e conformativo dell’autonomia negoziale. Accanto ai tratti tipici del contratto
    imposto, ovvero l’obbligo di stipula del contratto di trasporto con chiunque ne faccia richiesta e a parità
    di condizioni in quanto erogazione di un servizio pubblico in regime di monopolio nell’ambito
    territoriale di competenza (art. 9, co. 3), e all’obbligo di non compromettere la continuità del servizio,
    viene pertanto attribuito all’Autorità il potere di rideterminazione dei corrispettivi, ma nel rispetto dei
    criteri normativamente previsti19
    .
    Se è indiscusso il potere legislativo e regolatorio conformativo dell’autonomia negoziale, dubbi ha
    sollevato l’ampliamento dei suoi contenuti, oggetto di un ricco contenzioso giurisprudenziale, che
    investe la natura, pro soluto o pro solvendo, dell’obbligo di pagamento degli oneri di sistema a carico
    dei “traders”. Alla natura pro soluto infatti l’Autorità aggancia l’esigibilità di garanzie a copertura dei
    costi e la possibilità di risoluzione del rapporto in caso di inadempimento. In altri termini, discussa non
    è la legittimità di un potere regolatorio, ma il progressivo rinforzo della posizione dei distributori con
    il trasferimento di costosi oneri a carico dei “traders”. Il potere conformativo opera nella cornice della
    disciplina primaria che istituisce l’Autorità e va interpretata in coerenza con i principi costituzionali e
    la normazione primaria, interna e comunitaria20, nell’ambito di un rapporto che resta negoziale
    nonostante l’intervento sussidiario. In questa ottica va valutata l’imposizione ai “traders”, a favore
    delle società di distribuzione, di obblighi di garanzia per coprire il rischio di inadempimento degli
    oneri di sistema, che la legge pone a carico dei consumatori finali.
  1. – Conformazione del contenuto contrattuale nel rapporto tra distributore e “traders”
    Il rapporto contrattuale si costituisce con un contratto per adesione stipulato con un concessionario
    monopolista, il cui contenuto non è determinato dall’impresa di distribuzione, bensì dall’ARERA,
    almeno con riferimento alle clausole indispensabili al corretto funzionamento dell’intero sistema
    elettrico, che gli attori di questo mercato devono recepire per conformarne il funzionamento21
    . La
    prospettiva seriale e la posizione di concessionario implica un processo di osmosi nel rapporto
    contrattuale dei principi elaborati per i provvedimenti amministrativi quali parità di trattamento, non
    discriminazione e rilevanza dei diritti fondamentali22
    .
    Prestazione principale è il servizio di trasporto, consistente nel servizio di distribuzione e misura
    dell’energia elettrica, cui si affianca il servizio di trasmissione contrattualizzato e fatturato per conto
    di Terna s.p.a., in conformità alla
    18 Il rinvio è all’art. 39, co., 2, TIT 2016-2019 di cui alla nt. 9.
    19 D. L. 83 del 22/06/2012, art. 39., co.3.
    20 E. Del Prato, Principio di sussidiarietà e regolazione dell’iniziativa economica privata. Dal controllo statale a quello
    delle Autorità amministrative indipendenti, in Riv. dir. civ. 3 (2008) 10257ss. L’Autore, in particolare rileva «poiché la
    norma primaria delimita l’ambito della disciplina secondaria, questa vige solo se coerente a quell’ambito, mentre la
    configurazione di poteri normativi o autoritativi privi di copertura legislativa è inficiata da incostituzionalità».
    21 Sul punto, E. Battelli, I contratti-tipo, Napoli 2017, 8ss. evidenzia le peculiarità di un’operazione negoziale non più
    individuale, ma seriale con riferimento a operazioni con caratteri analoghi, destinate a ripetersi sul mercato dove opera.
    22 D. Wielsch, The Function of Fundamental Rights in EU Private Law – Perspectives for the Common European Sales
    Law, in European Contract Law Review (2014) 365 s.; A. Zoppini, Il diritto privato e le “libertà fondamentali” (Principi
    e problemi della Drittwirkung nel mercato unico), in Riv. dir. civ. (2016) 732, relativamente alle libertà fondamentali
    tutelate dai Trattati europei e all’impatto sul funzionamento del mercato.
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    6
    zione dell’Autorità23
    . Il corrispettivo non è determinato, ma determinabile con clausola di rinvio alle
    delibere con cui l’Autorità fissa a cadenza trimestrale il valore delle componenti tariffarie, ed è a
    contenuto composito24, in quanto comprensivo del consumo mensile e degli oneri di sistema che il
    Distributore addebita al cliente alle scadenze pattuite, in attuazione della normativa che conforma la
    disciplina contrattuale.
    Contratti bilaterali in deroga, pur possibili, devono essere richiesti dagli interessati, autorizzati
    dall’Autorità previo parere del Gestore della rete, e sono a carattere oneroso, nel senso che prevedono
    un costo aggiuntivo da versare allo stesso Gestore o ai distributori interessati. Il parere del Gestore,
    che può condizionare l’autorizzazione o negarla, è funzionale alla verifica se le differenti clausole
    negoziali possano incidere sullo svolgimento delle proprie funzioni, se alterino la parità di condizioni,
    l’imparzialità e neutralità del servizio di trasmissione e dispacciamento o comunque se pregiudichino
    gravemente la concorrenza o la sicurezza ed efficienza del servizio elettrico25
    .
    Diversificato e cospicuo è l’intervento conformativo nella regolamentazione negoziale del trasporto di
    energia elettrica: l’Autorità, con un sistema articolato di atti e delibere, ha incisivamente modulato il
    contratto di trasporto che i “traders” stipulano con i distributori, in qualità di mandatari senza
    rappresentanza dei clienti finali. L’attuale disciplina costituisce dunque il risultato di un “work in
    progress” nel solco della politica comunitaria, che ne definisce i macro-obiettivi, con l’introduzione
    forzosa di meccanismi posti a garanzia del buon funzionamento del mercato a beneficio degli utenti.
    Il rispetto dei criteri di mercato imposti dalle direttive comunitarie deve guidare l’intervento
    regolatorio indipendente, in una prospettiva che supera la dimensione meramente bilaterale del
    fenomeno contrattuale per il suo impatto trasversale sull’insieme dei rapporti riconducibili a quel
    determinato assetto di interessi. In altri termini, l’impatto seriale del potere regolatorio dell’Autorità,
    a dispetto delle condizioni generali di contratto con cui il singolo imprenditore regola unilateralmente
    la propria posizione nel settore economico in cui opera26
    , produce effetti conformativi del mercato27 e,
    nella specie, del mercato elettrico.
    Il crescente interventismo condiziona in prima battuta le modalità di esercizio dell’autonomia
    contrattuale, nonché l’oggetto e il contenuto. Incidendo in contesti di mercato preesistenti, concorre
    alla ricognizione e ridefinizione di usi negoziali che, con la predisposizione di modelli contrattuali,
    ridimensionano lo spazio riservato all’autonomia dei privati. La funzione conformativa insita
    23 Trattasi della delibera 111 del 9/06/2006 e sue successive modifiche e integrazioni, con cui sono state fissate le
    “Condizioni per l’erogazione del pubblico servizio di dispacciamento dell’energia elettrica sul territorio nazionale e per
    l’approvvigionamento delle relative risorse su base di merito economico”, oggetto di aggiornamento periodico.
    24 La fattura mensile è denominata fattura di ciclo e viene emessa per il pagamento delle partite relative al servizio di
    trasporto del mese, con rettifica eventuale di dati di misura effettivi in sostituzione di quanto stimato in precedenza; essa
    comprende tutte le voci attinenti ai servizi di trasmissione, distribuzione e misura dell’energia elettrica, nonché gli oneri
    generali di sistema e i corrispettivi per prelievi di energia reattiva. La sua regolamentazione è oggetto del Codice di rete
    tipo per il servizio di trasporto dell’energia elettrica, all. C, delibera 609 del 11/12/2015.
    25 Il problema si è posto per gli oneri di sbilanciamento, anch’essi inclusi come voce di costo della bolletta elettrica, dovuti
    a politiche imprenditoriali non sempre prudenti e virtuose, dove si solleva un problema di trasparenza in funzione di
    concorrenzialità del mercato: R. Alessi, Distribuzione di energia elettrica e oneri di sbilanciamento: un caso emblematico
    di difficile compatibilità tra diritti dei consumatori e regole di mercato, in Europa e dir. priv. 3 (2017) 701ss.
    26 Evidenzia il superamento della dimensione volontaristica nel ricorso alle condizioni generali di contratto, vincolanti se
    conoscibili e dunque indipendentemente dalla conoscenza effettiva del soggetto aderente, quasi come una norma di legge,
    in quanto regola privata destinata a trovare applicazione per una generalità di rapporti, A. Nervi, Il contratto come
    strumento di conformazione dell’assetto di mercato, in Europa e diritto privato 1 (2018) 95ss.
    27 Qualifica la regolazione delle Autorità indipendenti «atti sostitutivi di negozi privati», F. Merusi, Il potere normativo
    delle autorità indipendenti, in G. Gitti (cur.), L’autonomia privata e le autorità indipendenti, Bologna 2006, 46;
    analogamente, sulla natura normativa del potere G. Gitti, Autorità indipendenti, contrattazione collettiva, singoli contratti,
    ivi 92, la cui copertura costituzionale indiretta, assicurata dal diritto comunitario, appare acquisita dai pubblicisti. Invece
    per G. De Nova, Le fonti di disciplina del contratto e le autorità indipendenti, ivi 60ss., le Autorità non hanno un potere
    normativo o regolamentare, ma le loro dichiarazioni sono considerate norme da chi svolge attività soggette a quell’Autorità
    indipendente. Pertanto, il contratto, più che regolato, sembra scritto per le parti dall’Autorità indipendente.
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    7
    nell’etero-regolamentazione del rapporto nonostante il modello partecipativo28, lungi dal configurarsi
    come limite a carattere eccezionale dell’autonomia negoziale, mira a garantirne il corretto
    svolgimento, nella misura in cui opera in conformità ai valori pervasivi del sistema volti a garantire
    riequilibrio, correttezza degli operatori ed equità nei rapporti.
    Indubbiamente, nel concorrere a definire i confini del potere paralegislativo nel processo di
    liberalizzazione dei mercati per il servizio di pubblica utilità, la legislazione segna il passaggio da una
    disciplina derogatoria di favor per il monopolista nel superiore interesse pubblico ad un’autonomia
    contrattuale regolamentata con atti amministrativi negoziati, oggetto delle direttive a contenuto
    normativo adottate dall’Autorità. I principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti si applicano
    nei limiti di compatibilità29
    . Costituisce scelta pragmatica del legislatore maggiorare il corrispettivo
    del servizio di trasporto con oneri fiscali e somme calcolate in proporzione ai consumi che il
    distributore deve addebitare ai clienti in applicazione di leggi, regolamenti e delibere dell’Autorità; tra
    le maggiorazioni rientrano gli oneri generali di sistema, il cui valore viene fissato a cadenza trimestrale
    dall’Autorità nell’esercizio del suo potere di etero-integrazione suppletiva e cogente del contratto. La
    delibera dell’Autorità, dunque, nell’esercizio di un potere attribuito da una norma imperativa, integra
    il contenuto del contratto e rende nulla ogni clausola difforme per contrarietà a norma imperativa.
    La questione di principio, con conclusioni speculari tra le società di distribuzione e le società di
    vendita, è se la maggiorazione possa qualificarsi corrispettivo del contratto di trasporto o conservi una
    sua autonomia in ragione della funzione di redistribuzione degli oneri connessi a scelte politiche di
    sostegno o di incentivo tramite imposizione di imposte indirette di scopo30
    . Alla natura giuridica viene
    infatti collegato il discrimine nella imputazione delle responsabilità in caso di inadempimento. Se la
    semplificazione dei rapporti ha giustificato il conferimento obbligatorio di un mandato senza
    rappresentanza al “trader” per i rapporti con la società di distribuzione dell’energia31, discusso è
    l’ampliamento del concetto di corrispettivo agli oneri di sistema, concettualmente e per natura distinti
    dalla prestazione di trasporto. Altro punto delicato riguarda la tutela giurisdizionale: la natura
    contrattuale del rapporto indica nel giudice ordinario l’autorità competente a giudicare; la definizione
    dei contenuti con delibere, come per gli oneri di sistema e clausole collegate, designa come
    funzionalmente competente il giudice amministrativo le cui decisioni, non soggette alla funzione
    nomofilattica della Cassazione, attualizza il rischio di valutazioni discordanti rispetto al giudice
    ordinario. Il problema dell’imputazione degli oneri di sistema non riscossi ne rappresenta un esempio
    paradigmatico.
  2. – Gli oneri di sistema non riscossi nel contenzioso giurisprudenziale: limiti al potere
    conformativo
    28 Trattasi del modello applicato nella normazione secondaria e prevede la consultazione degli interessati, benché non
    annulli i rapporti di forza rispetto ai soggetti meglio organizzati.
    29 A conferma, Gitti, Autorità indipendenti cit. 102ss., richiama le condizioni contrattuali del servizio di vendita, che
    l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha definito con una direttiva negoziata con le parti interessate – esercenti il servizio
    e le associazioni maggiormente rappresentative degli utenti e consumatori – che sono inderogabili soltanto in pejus per i
    clienti del mercato vincolato, mentre rappresentano condizioni contrattuali di riferimento nel mercato libero. Per l’Autore
    tali atti producono clausole d’uso con la peculiarità che l’usualità non deriva dalla reiterazione ed uniformità del
    comportamento, bensì dalla rappresentatività dei soggetti che elaborano quelle clausole. Tale modalità di normazione non
    soltanto è idonea a convivere con l’autonomia privata, ma ne adatta la funzione a contesti nuovi.
    30 Le finalità delle singole componenti tariffarie sono descritte all’art. 39, co. 2, TIT 2016-2019 (v. nt. 9).
    31 Dispone l’art. 4.4 delle Condizioni per l’erogazione del pubblico servizio di dispacciamento dell’energia elettrica
    (delibera 111 del 9/06/2006, all. A, come successivamente modificata ed integrata): «L’interposizione di un terzo ai fini
    della conclusione dei contratti per il servizio di trasmissione e di distribuzione e per il servizio di dispacciamento ha la
    forma di un mandato senza rappresentanza: il soggetto che stipula i due contratti deve essere il medesimo».
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    8
    Gli orientamenti interpretativi discordanti vertono sul ruolo che il “trader” è chiamato a svolgere in
    sede di riscossione. Secondo le società di distribuzione dalla causale, l’interesse generale al
    mantenimento del sistema elettrico, si evince la natura di obbligazione pro soluto e non pro solvendo,
    in quanto l’importo è determinato in relazione a quanto fatturato dai “traders” e non a quanto
    effettivamente incassato. In senso contrario, i “traders” oppongono che il mandato senza
    rappresentanza, che il cliente finale conferisce per la stipula del contratto con le società di distribuzione
    secondo la normativa regolatoria, determina un’interposizione reale limitata al contratto di trasporto,
    non estensibile agli oneri di sistema, almeno quelli a carattere parafiscale. Dalla soluzione accolta
    deriva l’esigibilità della prestazione nei confronti dei “traders” indipendentemente dall’adempimento
    da parte del cliente finale, prestazione che i distributori devono comunque versare al G.S.E. e alla
    Cassa per i Servizi energetici e ambientali sulla base di quanto fatturato.
    Il meccanismo di sovvenzione economica con ricorso ad imposte indirette di scopo non è una novità
    ma, a dispetto di altri settori in cui la relazione con l’utente finale è diretta come per le accise sulla
    benzina, l’erogazione di energia elettrica in un mercato liberalizzato richiede l’intermediazione delle
    società di vendita per le quali l’inclusione delle maggiorazioni nel corrispettivo rappresenta un fattore
    moltiplicatore di costi. Il contratto che intercorre tra distributore e “traders” include infatti una clausola
    di garanzia, bancaria o assicurativa, a prima richiesta con cui pattiziamente il distributore trasferisce il
    rischio di eventuale insolvenza della società di vendita o del cliente, successivamente tipizzata
    dall’Autorità nel Codice di rete tipo per il servizio di trasporto dell’energia elettrica. Pur registrando
    l’opinione contraria di qualche utente in sede di confronto con le parti interessate32
    , l’Autorità ha
    incluso gli oneri generali di sistema tra le voci di costo per la determinazione dell’importo delle
    garanzie da prestare, oltre alle componenti ulteriori e alle imposte33, rendendo vincolante con il Codice
    di rete una prassi contrattuale consolidata da clausole unilateralmente predisposte dal concessionario
    del servizio di distribuzione. Discusso è se tale potere rientri nelle sue legittime attribuzioni.
    Sull’interrogativo se l’Autorità abbia il potere di imporre ai “traders” queste garanzie e le voci di costo
    si è pronunciato ripetutamente il TAR Lombardia. Mentre inizialmente aveva rigettato il ricorso34
    , in
    seguito ha sistematicamente qualificato illegittima la delibera in merito e definito la natura giuridica
    degli oneri generali di sistema35
    . Costituiscono un debito di natura parafiscale che i “traders” si
    32 Sul dimensionamento delle garanzie «un utente e una loro associazione ribadiscono la contrarietà all’inclusione nella
    determinazione della garanzia delle voci diverse da quelle relative alle tariffe per i servizi di rete, in particolare agli oneri
    generali di sistema, sostenendo, in particolare, che le garanzie potrebbero coprire solo il rischio di inadempimenti di
    obbligazioni e di prestazioni oggetto del servizio, mentre gli oneri generali di sistema sarebbero estranei a tale ambito, in
    quanto graverebbero sui clienti finali rispetto ai quali gli utenti svolgerebbero mera attività di riscossione», giustificato
    dall’Autorità dalla necessità di «tenere conto del duplice obiettivo di permettere il contenimento del rischio connesso al
    potenziale mancato adempimento da parte dell’utente alle obbligazioni derivanti dal contratto per il servizio di trasporto e
    di non ostacolare l’accesso al servizio da parte degli utenti, anche di dimensioni minori»: delibera A.E.E.G.S.I.
    268/2015/R/EEL.
    33 Documento 263/2014/R/EEL, punto 5 «le imprese distributrici, nel richiedere forme di garanzie agli utenti, sono tenute
    ad accettare garanzie nella forma di fideiussione bancaria o assicurativa con clausola a prima richiesta ovvero di deposito
    cauzionale, accettando altresì, nel caso in cui ricorrano determinati requisiti di puntualità nei pagamenti delle fatture di
    ciclo, un giudizio di rating adeguato, ovvero una parent company guarantee, rilasciata, appunto, dalla società controllante
    dell’utente del trasporto, a condizione che essa sia a sua volta in possesso di un giudizio di rating adeguato» e 6 «l’importo
    delle garanzie da versare è determinato considerando tutte le voci di costo che caratterizzano il servizio, inclusi quindi gli
    oneri generali di sistema, le ulteriori componenti e le imposte»; l’orientamento è confermato dal successivo documento
    618/2014/R/EEL.
    34 TAR Lombardia, 27/03/2015, n. 854, in dejure.it, pronuncia poi riformata in sede di appello da Cons. Stato, 24/05/2016,
    n. 2182, in Foro Amm., (2016), f.5, 1206ss.
    35 TAR Lombardia, 31/01/2017, n. 237, 238, 243, 244, in ApertaContrada, Osservatorio Energia, 28 Febbraio 2017, ha
    dichiarato illegittimo il Codice di rete tipo per il trasporto dell’energia elettrica nella parte in cui obbliga i traders a garantire
    ai distributori il pagamento degli oneri generali di sistema da parte dei clienti finali, ribadendo quanto già censurato dal
    Consiglio di Stato, 24/05/2016, n. 2182, in Foro amm., (2016), f. 5, 1206ss., in occasione dell’annullamento della
    precedente delibera dell’AEEGSI 612/2013/R/EEL, motivata dall’assenza di norme che autorizzino la traslazione ai
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    9
    limitano a riscuotere presso i clienti finali; l’eventuale vuoto normativo non può essere colmato
    dall’Autorità imponendo ai venditori l’obbligo di prestare garanzie a favore dei distributori.
    Analogamente è illegittimo il riconoscimento ai distributori del potere di risoluzione del contratto per
    inadempimento del versamento degli oneri di sistema dovuti dal cliente finale36, in quanto introduce
    una responsabilità per fatto altrui non prevista da un atto legislativo37
    .
    Di opinione contraria, il giudice civile ha sanzionato i “traders”, obbligati per contratto a corrispondere
    anche gli oneri di sistema38
    , individuando un generico fondamento legale al potere impositivo
    dell’Autorità39
    , che successivamente il Consiglio di Stato nega con articolate motivazioni. Innanzi tutto
    nessuna noma attribuisce la potestà di traslare ai “traders” l’obbligazione gravante sui clienti finali, ma
    soltanto di individuare gli oneri di sistema per l’adeguamento del corrispettivo40; né tale obbligazione
    traders dell’obbligazione gravante sui clienti finali e conseguente impossibilità per l’AEEGSI di ricorrere al proprio potere
    di eterointegrazione dei contratti con le parti della filiera elettrica in materia. In merito alla natura fiscale degli oneri di
    sistema, si veda anche Corte dei Conti, Sez. riunite, 13/05/2020, n. 15, in
    https://www.corteconti.it/Download?id=b5a8524f-5b36-4e71-af9b-755bbf1a80f4: «Se è vero che la natura della
    componente tariffaria A2 [della tariffa elettrica] non può essere tributaria, è anche vero che appare indubbia la natura
    parafiscale degli oneri generali di sistema, così come definiti dalla stessa ARERA…e la sua caratterizzazione quale
    prestazione patrimoniale imposta in virtù dell’imminente carattere di coattività immediatamente legata al pagamento della
    bolletta elettrica e, quindi, gravante automaticamente sui soggetti tenuti al suo pagamento»; inoltre «la circostanza che i
    corrispettivi a copertura degli oneri generali del sistema elettrico non siano versati al bilancio generale nazionale
    bensì…siano trasferiti sui conti di gestione istituiti dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico, al fine di essere destinati
    a determinate categorie di operatori per utilizzi specifici, non può, di per sé, escludere che gli stessi rientrino nell’ambito
    del settore della fiscalità»; Corte UE, 8/01/2017, C-189/2015, in Foro it., 4 (2017) 58ss.: alla luce di tutte le considerazioni
    che precedono sul carattere obbligatorio, le finalità di interesse generale e il collegamento con l’elettricità consumata, «si
    deve constatare che i corrispettivi a copertura degli oneri generali del sistema elettrico costituiscono imposte indirette, ai
    sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2003/96» (punto 40), per poi demandare al giudice del rinvio la verifica
    «se i corrispettivi a copertura degli oneri generali del sistema elettrico soddisfino le menzionate condizioni» (punto 43). Il
    giudice amministrativo, infatti, parla di natura parafiscale del tributo, che non viene versato al bilancio generale nazionale,
    bensì su conti di gestione istituiti dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico in funzione del perseguimento delle finalità
    normate.
    36 delibera A.E.E.G.S.I. 268/2015/R/EEL: «in relazione alla risoluzione del contratto per inadempienza dell’utente viene
    previsto che la procedura di risoluzione si attivi solo superato un livello di esposizione massima consentita e che, ai fini
    della sua determinazione, siano comunque esclusi i casi di ritardo nei pagamenti non imputabili all’utente». Ma «nei casi
    in cui l’utente, in seguito alla richiesta dell’impresa distributrice, non provveda a integrare la garanzia versata, non si
    proceda alla risoluzione del contratto, come previsto dal citato documento per la consultazione, ma sia impedito all’utente
    di acquisire nuovi punti di prelievo fino all’avvenuto adeguamento delle garanzie versate».
    37 Cons. Stato, 30/11/2017, n. 5620, cit.: «L’ordinamento, al di fuori di specifiche e tassative ipotesi che qui non ricorrono,
    non conosce la risoluzione del contratto per inadempimento di obbligazioni altrui; né, qualora si qualifichi tale potestà
    come recesso, consente l’attribuzione – praeter legem ed in via eterointegrativa – di un diritto potestativo di recesso ad
    nutum c.d. sanzionatorio per il mancato rispetto della parte ad una prescrizione imposta iure imperii. Il contratto, va
    ricordato, ai sensi dell’art. 1372 c.c. ha forza di legge fra le parti: solo una norma di pari rango – nei casi da essa ammessi
    (cfr. art. 1372, comma 1, secondo periodo, c.c.) – è abilitata a sciogliere il vincolo contrattuale».
    38 Trib. Roma, ord. 9/10/2017, inedita.
    39 Il riferimento è all’art. 2, co. 12, lett. d), e), h), l. 48171995 e all’art. 9, D. Lgs. 79 del 1999; inoltre, l’art. 3, D. Lgs. 79
    del 1999 al co. 10, statuisce che «per l’accesso e l’uso della rete di trasmissione nazionale è dovuto al gestore un
    corrispettivo determinato indipendentemente dalla localizzazione geografica degli impianti di produzione e dei clienti
    finali» e al co. 11 che la misura è determinata dall’Autorità, che provvede anche all’adeguamento del corrispettivo. Da ciò
    si desume l’inserimento degli oneri di sistema tra i corrispettivi dovuti dai “traders”
  • quali utenti della rete – alle imprese
    di distribuzione, a prescindere dalle vicende del diverso rapporto tra “traders” e cliente finale. Secondo questa lettura,
    dunque, se l’art. 3, co. 10 e 11, pone a carico dei venditori le obbligazioni relative agli oneri di sistema, non di traslazione
    si tratterebbe bensì di obbligazione per legge attribuita ab origine ai “traders”.
    40 Cons. Stato, 30/11/2017, n. 5619 e 5620, in dejure.it: a tal fine richiama l’art. 39, co. 3, D. L. 83 22/06/2012. Per il
    giudice le norme richiamate fissano la cornice dei criteri e principi cui obbedisce l’intero sistema ma, lungi dal fondare un
    potere impositivo, sono dirimenti nel limitare il potere dell’Autorità alla mera individuazione degli oneri generali di
    sistema, con conseguente adeguamento del corrispettivo. Il meccanismo, data la componente sociale del costo incluso nel
    sintagma “oneri generali di sistema” e la sua ontologica indeterminatezza a priori, consente di traslare al consumatore
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    10
    trova fondamento nel contratto di mandato senza rappresentanza ex art. 1705 c.c., sia per la discutibile
    natura giuridica dell’attività di riscossione e versamento di somme dovute ex lege, sia perché
    obbligazioni non connesse all’adempimento del contratto di mandato, ma preesistenti. La vincolatività
    del potere di etero-integrazione del contenuto contrattuale, di cui all’art. 9, co.1, d. lgs. 79/1999, è
    limitata dal suo perimetro applicativo e dai principi che governano il diritto pubblico dell’economia.
    Il principio di legalità direziona l’attività ermeneutica nel rispetto del contenuto testuale e della
    collocazione sistematica della norma nel sistema delle fonti; i principi di economicità e ragionevolezza,
    di derivazione europea, concorrono ad una lettura equilibrata. In conformità al principio di legalità
    formale e sostanziale, spetta alla legge individuare direttamente o indirettamente lo scopo pubblico da
    perseguire e i presupposti procedimentali e sostanziali per l’esercizio dell’attività amministrativa.
    Ampliare l’oggetto del mandato agli oneri di sistema contrasta sia con il principio di legalità, in quanto
    la norma circoscrive l’interposizione ai soli oneri di concessione, ovvero i costi sostenuti dalla società
    di distribuzione per allacciarsi alla rete; sia con i principi di economicità e ragionevolezza, non essendo
    la garanzia funzionale né all’andamento del mercato, né al livello di qualità delle prestazioni secondo
    le ragionevoli esigenze dell’utente.
    La ratio dell’obbligo di garantire l’eventuale inadempimento del cliente finale, imposto ai traders in
    ragione del legame contrattuale che soltanto loro e non i distributori hanno con il cliente finale,
    risponde alla necessità di evitare che questi ultimi siano lasciati privi di tutela giurisdizionale rispetto
    agli oneri generali di sistema, mentre sono comunque obbligati a versare al GSE e alla Cassa la somma
    anche non riscossa, in assenza di socializzazione del danno. Premesso che adducere inconveniens non
    est solvere argumentum, per il giudice amministrativo la soluzione contrattualmente imposta non è
    equa, oltre a causare uno squilibrio ai danni della parte debole della catena distributiva41
    . Per questa
    componente non opera il mandato senza rappresentanza, perché unico obbligato è il cliente finale42:
    data la natura parafiscale degli oneri di sistema, l’obbligazione non può essere pro soluto, al pari
    dell’ordine di pagamento delle tasse tramite la banca quale intermediario che adempie soltanto se la
    somma esiste sul conto.
    La soluzione del contenzioso è di rilevante interesse per il mercato libero dell’energia elettrica.
    L’imputazione ai “traders” della responsabilità per il pagamento degli oneri di sistema ai distributori
    anche in caso di insolvenza dei clienti finali, come l’entità delle garanzie da prestare ai distributori in
    proporzione a un fatturato potenziale inclusivo degli oneri di sistema, hanno generato criticità
    concorrenziali a danno della parte liberalizzata del mercato, con crescente esposizione debitoria dei
    venditori nei confronti dei distributori, risoluzione del contratto di trasporto ed uscita delle società dal
    mercato43
    .
    . L’effetto è una selezione degli operatori non ascrivibile a una scarsa capacità competitiva
    dovuta a carenze in efficienza, ma a clausole contrattuali non negoziate che attuano una ripartizione
    del tutto squilibrata del rischio di insolvenza dei clienti finali e per costi estranei alla gestione
    industriale del servizio, rispetto ai quali il ruolo ricoperto è un incarico di esazione. I correttivi
    soltanto i costi riferibili al consumo. L’interpretazione conferma quanto già sostenuto da Cons. Stato, 24/05/2016, n. 2182,
    cit.
    41 Cons. Stato, 30/11/2017, n. 5620, cit.: «il brocardo che adducere inconvenies non est solvere argumentum, l’imposizione
    ai “traders” di prestare garanzie alle imprese distributrici di energia elettrica, ovvero di fare gravare su di esse
    l’inadempimento degli utenti, è foriera d’asimmetria contrattuale, di squilibrio del rapporto, onerando la parte debole della
    catena distributiva di un rischio improprio e del peso economico conseguente, in violazione dei principi di logicità,
    proporzionalità ed adeguatezza».
    42 Art. 39, co. 3, D. L. 83 del 2012, conv. in L. 134 del 2012.
    43 AS1397, Oneri generali di sistema per il sistema elettrico, in Boll., 24/07/2017, n. 28, in https://www.controllabolletta.it/
    wp-content/uploads/2017/07/Antitrust_su_oneri.pdf, richiamata in sede di audizione al Senato della Repubblica dal Cons.
    E. Quaranta, Garante della concorrenza e del mercato, 9/07/2020, atto n. 397.
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    11
    individuati dall’Autorità44
    , non risolutivi, eludono il vero problema, il difetto di una previsione
    legislativa sul soggetto che subisce le conseguenze dell’insolvenza del consumatore finale.
  1. – Oneri di sistema e corrispettivo nelle pronunce della Cassazione a Sezioni unite
    Nelle more di un intervento legislativo di sistema45
    , sono state adite le Sezioni unite della Cassazione
    nel tentativo di individuare una forma di tutela giurisdizionale alla posizione dei distributori. Il
    sindacato in sede di impugnazione della pronuncia del giudice amministrativo va circoscritto alle sole
    questioni di giurisdizione, laddove il rifiuto sia attribuibile ad un erroneo convincimento sull’ambito
    di giurisdizione ad esso devoluto.
    Alcuna divergenza interpretativa emerge dall’impugnazione per eccesso di potere giurisdizionale: la
    Cassazione rigetta tutti i motivi di censura della pronuncia del Consiglio di Stato46
    . L’inesistenza di
    una norma che attribuisca all’Autorità il potere di trasferire il costo degli oneri di sistema dal
    consumatore finale al “trader” e di obbligarlo a prestare garanzia per l’adempimento è effetto di una
    mera attività ermeneutica del quadro normativo di riferimento, non qualificabile come negazione di
    tutela. L’eventuale inesatta applicazione della norma di legge costituisce tutt’al più error in iudicando,
    non invasione della sfera di attribuzione del potere legislativo, sindacabile; né è configurabile eccesso
    di potere, essendosi il giudice limitato a escludere la legittimità del provvedimento dell’Autorità, senza
    alcun giudizio di merito sulla sua opportunità o convenienza, riservato alla pubblica Amministrazione.
    Il giudice amministrativo, nel verificare la conformità alla legge del provvedimento adottato
    dall’Autorità, ha rilevato modalità di etero-integrazione in contrasto con i principi amministrativi di
    logicità, proporzionalità e adeguatezza. L’illegittimità delle clausole di garanzia a copertura dei costi
    e di risoluzione del rapporto in caso di inadempimento risulta dunque confermata.
    Nonostante la linearità e consonanza degli orientamenti interpretativi, il problema si è riproposto nella
    diversa prospettiva della competenza giurisdizionale. Alle Sezioni unite della Cassazione ricorre
    d’ufficio il giudice amministrativo in sede di regolamento di giurisdizione, dopo che sia la
    Commissione tributaria provinciale di Catania che il TAR Sicilia declinano la propria giurisdizione su
    una cartella esattoriale di pagamento per il recupero di somme dovute a titolo di oneri generali di
    sistema. Per la Commissione tributaria le somme non rappresentano entrate pubbliche destinate al
    bilancio dello Stato, né sono suscettibili di prelievo coattivo mediante procedure di diritto pubblico47;
    per il TAR, in assenza di esercizio di un potere amministrativo o di ipotesi di giurisdizione esclusiva,
    non sono configurabili posizioni di interesse legittimo sindacabili dal giudice amministrativo48, bensì
    posizioni di diritto soggettivo relativo alla sussistenza di crediti che rientrano nella giurisdizione del
    giudice ordinario.
    44 Con delibera 109 del 2017 l’ARERA introduce in via cautelare una disciplina transitoria che rivaluta il problema delle
    garanzie, senza eliminarle, per risolvere il problema degli oneri generali di sistema non recuperabili per il mancato incasso.
    Prevede infatti che la quantificazione delle garanzie prestate sia ridotta di una quota pari alla stima degli importi non riscossi
    con riferimento al tasso medio di insolvenza della clientela c.d. “unpaid ratio” riconosciuto nel mercato libero nel calcolo
    delle garanzie, con successivi meccanismi di compensazione per le imprese di distribuzione. Con successiva delibera 50
    del 2018, integrata dalla delibera 300 del 2019, fissa le condizioni di riconoscimento dei crediti non recuperabili e le
    modalità di quantificazione e liquidazione delle somme, considerato che le imprese distributrici sono comunque tenute a
    esperire azioni di recupero del credito in sede stragiudiziale, giudiziale o con accordi transattivi per preservare una gestione
    efficiente del credito e minimizzare le morosità.
    45 Tale non è l’azzeramento degli oneri generali di sistema per il settore elettrico disposto con art. 1 ter, D. L. 50 del
    17/05/2022, Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli
    investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina, provvedimento a carattere occasionale per contrastare
    l’impennata dei costi di energia a causa della guerra. In materia, C. De Stefanis, Contenimento dei prezzi dell’energia
    elettrica e del gas, in Pratica Fiscale e Professionale, 31 (2022) 26ss., part. 28.
    46 Cass. Sez. Un., 26/11/2019, n. 30804, in dejure.it.
    47 Commissione tributaria Catania, 22/06/2020, n. 2601, inedita.
    48 TAR Sicilia, 30/03/2022, n. 904, inedita.
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    12
    In questa recente controversia muta la prospettiva di analisi, incentrata sul rapporto obbligatorio che
    ha titolo nei contratti collegati di compravendita e trasporto con contenuti legittimamente conformati
    dall’Autorità49
    . Gli oneri di sistema, quali maggiorazioni del corrispettivo del servizio di trasporto
    dell’energia elettrica differenziate per tipologia di utenza, rappresentano una componente tariffaria da
    corrispondere ai venditori; costoro, con il pagamento delle fatture del servizio di trasporto, le girano
    ai distributori che a loro volta li corrispondono alla Cassa per i servizi energetici e ambientali, cui
    spetta l’erogazione per la realizzazione delle finalità di interesse pubblico secondo le regole indicate
    da ARERA. Il vincolo di destinazione impresso legittima la loro riscossione coattiva con iscrizione al
    ruolo, come titolo esecutivo in funzione dell’esecuzione forzata, a conferma della natura parafiscale
    degli oneri50
    .
    Il problema di giurisdizione, sottoposto alla competenza regolamentare delle Sezioni unite della
    Cassazione, è interessante come contributo alla definizione dei rapporti tra i soggetti che partecipano
    all’operazione commerciale complessa, stante gli aspetti peculiari del sistema di riscossione degli oneri
    di sistema. L’annullamento delle disposizioni del Codice di rete tipo, con cui l’ARERA tutelava i
    distributori tramite l’introduzione di un obbligo di garanzia contrattuale a carico dei venditori, implica
    che ai venditori non può essere richiesto più di quanto effettivamente incassato dal cliente finale.
    L’individuazione del giudice legittimato a pronunciarsi dipende dalla qualificazione degli oneri di
    sistema. Soltanto se possono essere inseriti nella categoria dei tributi è configurabile la giurisdizione
    del giudice tributario, per non incorrere nella violazione del divieto costituzionale di istituire giudici
    speciali. Nonostante l’ampia nozione accolta, che consente di prescindere dal nomen iuris utilizzato
    dalla normativa, gli elementi di identificazione del tributo indicati dalla Corte costituzionale sono
    sintetizzabili in doverosità della prestazione, nesso con una pubblica spesa e fonte legale e non
    contrattuale dell’obbligazione51; in difetto di uno di tali elementi, gli oneri rientrano nel novero dei
    corrispettivi di altra natura.
    La Cassazione, seguendo tali indicazioni metodologiche, riscontra negli oneri generali di sistema
    soltanto il requisito della doverosità: essi gravano ex lege sul cliente finale, giacché le imprese di
    49 Cass. Sez. Un., 18/12/2023, n. 35282, in dejure.it.
    50 Decreto MEF, 12/04/2018, in Gazz. Uff., 93 del 21/04/2018: «Ravvisata la rilevanza pubblica dei crediti vantati dalla
    Cassa per i servizi energetici e ambientali, in quanto relativi all’attività di erogazione di contributi agli operatori dei
    settori interessati secondo le regole emanate dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, nonché in
    considerazione delle finalità richiamate nel citato art. 1, comma 670, della legge n. 208 del 2015», «è autorizzata la
    riscossione coattiva mediante ruolo dei crediti vantati dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali, relativi alle
    componenti tariffarie e agli oneri di sistema, nei confronti degli operatori dei settori interessati» (art. 1).
    51 Da ultimo, Corte cost., 14/12/2017, n. 269, in Gazz. Uff., 20/12/2017, n. 51: «In proposito va rilevato che la
    giurisprudenza costituzionale è costante nel ritenere che «gli elementi indefettibili della fattispecie tributaria sono tre: la
    disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una (definitiva) decurtazione patrimoniale a carico del
    soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un
    presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, devono essere destinate a sovvenire
    pubbliche spese» (sentenza n. 70 del 2015). Si deve cioè trattare di un «prelievo coattivo che è finalizzato al concorso alle
    pubbliche spese ed è posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva (sentenza
    n. 102 del 2008). Tale indice deve esprimere l’idoneità di tale soggetto all’obbligazione tributaria» (ancora sentenza n. 70
    del 2015)». Ma già Corte cost.,10/04/2015, n. 58, in Gazz. Uff., 15/04/2015, n. 15, precisa: «è necessario muovere
    dall’esame degli elementi di identificazione dei tributi, come enucleati dalla giurisprudenza costituzionale, vale a dire:
    l’irrilevanza del nomen iuris usato dal legislatore, «occorrendo riscontrare in concreto e caso per caso se si sia o no in
    presenza di un tributo» (sentenze n. 141 del 2009, n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005); la matrice legislativa della prestazione
    imposta, in quanto il tributo nasce «direttamente in forza della legge» (sentenza n. 141 del 2009), risultando irrilevante
    l’autonomia contrattuale (sentenza n. 73 del 2005); la doverosità della prestazione (sentenze n. 141 del 2009, n. 335 e n.
    64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che comporta una ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un
    ente pubblico (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n. 26 del 1982); il nesso con la spesa pubblica, dovendo
    sussistere un collegamento della prestazione alla pubblica spesa «in relazione a un presupposto economicamente rilevante»
    (sentenza n. 141 del 2009), nel senso che la prestazione stessa è destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno
    finanziario dell’ente impositore (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982)».
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    13
    distribuzione e vendita non possono esimersi dall’applicare queste maggiorazioni, né i clienti finali
    possono sottrarsi al pagamento, se non congiuntamente alla fornitura di energia. Manca tuttavia un
    sistema di riscossione che consenta ai professionisti di rivalersi nei confronti della controparte
    contrattuale per la maggiorazione, né è disposto il loro inserimento normativo tra le categorie di
    soggetti coinvolti nell’adempimento di una prestazione fiscale, come sostituti o responsabili
    d’imposta.
    Gli oneri di sistema non rientrano neppure nella categoria dei corrispettivi in assenza
    dell’interdipendenza genetica e funzionale tra le prestazioni, se non in maniera indiretta. Gli oneri
    generali di sistema consentono infatti di coprire i costi di funzionamento del sistema energetico
    nazionale e di assicurare regolarità, economicità ed efficienza del servizio richiesto dall’utente,
    interesse individuale e non della generalità dei consociati52
    . Assente è il collegamento teleologico con
    la spesa pubblica, non rientrando nel bilancio dello Stato le somme corrisposte a tale titolo, che invece
    sono gestite direttamente dalla CSEA, il cui impiego per scopi di interesse pubblico non può essere
    decisivo per la qualificazione giuridica come tributo, stante il carattere settoriale, in quanto destinate
    per lo più a categorie di operatori del settore elettrico.
    Esclusa la natura di tributo, la somma si aggiunge al corrispettivo; il titolo è il contratto non il
    provvedimento dell’Autorità, il che giustifica la giurisdizione riconosciuta al giudice ordinario; restano
    però invariati i limiti di conformazione dei contenuti normativamente fissati, secondo quanto
    correttamente ribadito dal giudice amministrativo. I poteri autoritativi di ARERA vincolano le parti
    nei limiti della regolazione delle tariffe e determinazione degli incentivi; le deliberazioni, con cui tali
    poteri si esercitano, sono atti normativi secondari, di natura regolamentare, strumentali alle funzioni
    amministrative in un ambito economicamente sensibile ad alto contenuto tecnico che l’Autorità
    indipendente adotta ma nel rispetto della cornice normativa fissata dal legislatore. L’intervento
    conformativo non è dunque libero, ma legato alla competenza tecnica e avvalorato dalla posizione di
    autonomia e indipendenza, garante della necessaria imparzialità rispetto agli interessi coinvolti.
  2. – Squilibri contrattuali tra distributori e “traders”: possibili forme di tutela
    Dal ricco contenzioso giurisprudenziale risulta confermato il principio amministrativo di nominatività,
    che orienta a una finalità precisa e predeterminata ogni potere di emanare un atto o compiere un’azione,
    per non creare centri di potere liberi da ogni vincolo; ciò vale soprattutto per le Autorità indipendenti,
    chiamate a ricoprire una posizione di garanzia. Nell’intento di fronteggiare difficoltà del mercato,
    l’esercizio dei poteri regolatori dell’ARERA in tema di oneri generali di sistema ha inciso sulla parità
    formale nel rapporto tra distributori e “traders” nell’esercizio del potere negoziale, che invero
    spetterebbe ad entrambi i contraenti secondo il principio di autonomia contrattuale. L’asimmetria tra
    le parti, legittimata in passato per la pubblica Amministrazione quale portatrice di un interesse
    pubblico, è stata progressivamente ridotta con il recupero del diritto generale dei contratti53 e non può
    riproporsi a favore di concessionari di un pubblico servizio dove l’Autorità indipendente ha il compito
    conformare il mercato elettrico nel rispetto della parità di trattamento e non discriminazione.
    Il contenuto tecnico delle delibere dell’Autorità rappresenta un corpus normativo vincolante, insieme
    di regole speciali adatte a mercati specifici e confluite in codici di settore come il Codice di rete tipo
    per il trasporto dell’energia elettrica. Pur introducendo nuclei normativi di rilievo e derogatori delle
    norme codicistiche, la funzione resta di adattamento e di integrazione della disciplina generale. La
    rimodulazione della normativa tipicamente dispositiva con una regolamentazione di tipo imperativo
    52 Cass. Sez. Un., 18/12/2023, n. 35282, cit.: «la “maggiorazione” in oggetto, ancorché determinata nel suo ammontare
    dalla legge, attraverso un atto autoritativo dell’ARERA, finisce per incidere su una delle prestazioni del contratto di utenza
    e seppure non destinata a remunerare direttamente la controprestazione ricevuta, appare volta, quantomeno indirettamente,
    a soddisfare gli specifici, ancorché diversificati, interessi dei soggetti che a quel ristretto sistema partecipano in quanto
    utenti, una platea che, in ogni caso, non coincide con quella della generalità dei consociati».
    53 G. D’Amico, Il contratto o i contratti?, in Riv. dir. civ. (2023), f. 3, 415ss.
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    14
    rientra nell’esercizio delle funzioni istituzionali dell’Autorità e gli attori del mercato elettrico devono
    recepire quei contenuti negoziali nei contratti utilizzati, ma nei limiti della ratio conformativa del
    funzionamento del mercato stesso.
    In altri termini, la legittimità di questo intervento para-legislativo sulla disciplina contrattuale è
    subordinata alla capacità funzionale delle regole imposte a realizzare obiettivi e finalità di interesse
    generale, ovvero il funzionamento del mercato, per bilanciare eventuali situazioni di debolezza di
    natura economica connesse alla tipologia negoziale; soltanto la presenza di questo presupposto
    giustifica l’obbligo dell’imprenditore a rispettare contenuti e termini prefissati per poter operare nel
    mercato elettrico. Sottrarre ai privati la disciplina del rapporto si giustifica con l’esigenza di
    riequilibrare posizioni istituzionalmente disomogenee a tutela della parte incapace di influenzare il
    regolamento negoziale o di formare una prassi; diversamente, occuperebbe lo spazio degli usi
    normativi o negoziali con la particolarità che, a dispetto degli usi negoziali, la etero-regolamentazione
    del rapporto non ha funzione suppletiva al pari delle clausole d’uso, che concorrono a definire il
    contenuto contrattuale soltanto se non risulta che le parti non le abbiano volute, ma impedisce alle parti
    una differente regolamentazione. Clausole che diventano fonte autoritativa di obblighi contrattuali.
    Tale è la condizione dei “traders” in attesa di una delibera dell’Autorità che recepisca le pronunce del
    giudice amministrativo: il riproporsi di clausole qualificate abusive in tema di oneri generali di sistema,
    espressione di un potere non conferito dalla legge, perpetua lo squilibrio ai danni del professionista
    debole, costretto a sostenere i cospicui costi di una garanzia a copertura di oneri parafiscali dei clienti
    finali per non essere escluso dal mercato. In difetto, il distributore ha infatti il potere di non stipulare
    il contratto di distribuzione, essenziale alla vendita dell’energia nell’operazione commerciale descritta.
    L’effetto è la negazione ai “traders” di ogni tutela civilistica: in assenza di garanzia, sono privati
    dell’accesso al mercato elettrico; prestata la garanzia, il titolo negoziale – contratto tra professionisti –
    preclude il ricorso alla pars destruens del giudice ordinario, ovvero la possibilità di avvalersi dello
    strumento rimediale di rimozione delle clausole illegittime nonché dell’azione inibitoria, funzionale
    alle esigenze del mercato per impedire ai professionisti di settore di avvalersi in futuro di tali clausole.
    Una tutela è ipotizzabile se il distributore risolve il contratto per assenza o mancato adeguamento delle
    garanzie, ma in tal caso il danno si è già prodotto. Ben più incisivo nei rapporti tra professionisti54 è
    configurare un abuso di dipendenza economica, che consenta di articolare la tutela giurisdizionale su
    tre ordini di rimedi: l’invalidazione della clausola abusiva, il risarcimento del danno e l’inibitoria55
    .
    Discutibile è invece il ricorso alla buona fede come strumento di eterointegrazione giudiziale del
    contratto56
    .
    La diversa dimensione tra i “traders” non è in sé indice di distorsione del mercato, specie se la crescita
    dipende dal comportamento virtuoso dell’impresa nel soddisfare il consumatore per qualità e prezzo
    del servizio offerto. Ma è questo il punto debole: non c’è alcuna competizione se la regolazione del
    mercato condiziona illegittimamente l’ingresso ai “traders”, causa di alterazione della concorrenza e
    indirettamente di un conseguenziale danno ai consumatori. A ciò si aggiunga che l’inclusione della
    “parent company guarantee” tra le forme di garanzia ammesse, attestante il “rating” creditizio della
    54 Secondo E. Navarretta, Il contratto “democratico” e la giustizia contrattuale, in Riv. dir. civ. (2016)1277, la diversa
    struttura dei contratti B2C rispetto a quelli B2B non consente di estendere ai secondi gli strumenti di controllo previsti a
    tutela dei consumatori.
    55 Nervi, Il contratto cit. 111.
    56 Il tema è controverso in dottrina, ma le posizioni più scettiche evidenziano, oltre al carattere esogeno della solidarietà
    rispetto alla logica del contratto e del mercato, la funzione della clausola generale di buona rafforzativa o integrativa e non
    demolitoria delle pattuizioni negoziali: G. D’Amico, Applicazione diretta dei principi costituzionali e integrazione del
    contratto, in Giust. civ. (2015) 270. Diversamente se la norma primaria non offra più gli strumenti adeguati a contrastare
    lo strapotere dei soggetti forti del mercato: mezzi più incisivi, ricavati dalla Costituzione quale fonte sovraordinata, o più
    opportunamente la causa per controllare la razionalità mercantile delle singole operazioni negoziali consentono al giudice
    di assicurare la coerenza tra l’operazione negoziale ed il criterio per risolvere la controversia, contemperando le istanze del
    singolo contraente con le esigenze generali del mercato di riferimento: Nervi, Il contratto cit. 118ss.
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    15
    società controllata, è idonea a creare un ulteriore squilibrio nell’accesso al mercato a vantaggio delle
    società storicamente operanti nel settore dell’energia e dedite ad attività di produzione e distribuzione
    oltre che di vendita dell’energia elettrica. Un “surplus” economico non indifferente rispetto alle società
    di sola vendita tenute a ricorrere alla garanzia bancaria o assicurativa per poter operare nel mercato, in
    ragione di un uso negoziale imposto e peraltro giudicato abusivo.
    Occorre però riscontrare i tratti dell’abuso di posizione dominante e, nella specie, di dipendenza
    economica. Il persistere della prassi di richiedere una garanzia a prima domanda è certamente una
    forma di scorrettezza di mercato in danno delle microimprese, una delle possibili sfaccettature del
    concetto di vulnerabilità nell’accesso al mercato; nel contesto della regolamentazione del mercato e
    della sua concorrenzialità57
    , per assumere rilevanza deve però rientrare nella portata precettiva della
    clausola generale, che definisce la categoria delle pratiche sleali. Il rischio da arginare è sovraestendere
    la disciplina oltre l’intento del legislatore europeo, avvalendosi dell’elasticità dei concetti aperti58
    .
    Nel bilanciamento tra gli opposti interessi, il concetto normativo di pratica sleale non è generico, ma
    integrato dall’analitica indicazione dei tratti qualificanti la condotta scorretta tramite elementi di
    rigidità non soltanto rispetto alle condotte presuntivamente scorrette, tipizzate e non suscettibili di
    correzione con valutazioni attenuanti lo stigma legislativo (pratiche ingannevoli e aggressive), ma
    anche rispetto alle pratiche atipiche dove devono concorrere i due parametri della diligenza
    professionale e del comportamento economico del consumatore medio, che marginalizzano la clausola
    generale senza impedire al giudice di scorgere nuove ipotesi di concretizzazione di abusi59
    .
    Riproporre nel regolamento contrattuale clausole ripetutamente sanzionate come illegittime, seppur
    non ancora rimosse dall’Autorità nel contratto tipo, può essere intesa come condotta contraria alla
    diligenza professionale quale standard comportamentale che preservi la libertà di scelta ai “traders” a
    norma dell’art. 18, lett. h) e 20 cod. cons.60, in quanto il servizio di distribuzione è svolto in regime di
    monopolio dal concessionario in un dato ambito territoriale, escludendo a priori la reperibilità di valide
    alternative commerciali. La debolezza di natura economica, legata al tipo di mercato, consente altresì
    di riscontrare l’idoneità a falsare il comportamento decisionale, in ragione di una condizione di
    vulnerabilità tipica del consumatore medio, con cui i “traders” concorrono a migliorare il livello di
    efficienza del mercato elettrico. Equivalenti sono i tratti tipici di agente razionale, responsabile,
    informato e consapevole; a differenza del consumatore medio, la debolezza economica
    dell’imprenditore non è prevedibile a priori, in astratto, ma va accertata a posteriori e in concreto.
    Potrebbe dunque rientrare nei limiti ermeneutici riconosciuti all’interprete includere nel dispositivo
    della clausola generale – il divieto di pratiche commerciali scorrette – le criticità evidenziate dai giudici
    nel rapporto tra distributori e “traders” in ragione sia della “fairness” delle relazioni di mercato che
    della prospettiva macroeconomica e concorrenziale di regolazione del mercato elettrico. Nel rapporto
    tra diritto della concorrenza e diritto regolatorio i giudici amministrativi in più occasioni hanno
    57 A. Genovese, Ruolo dei divieti di pratiche commerciali scorrette e dei divieti antitrust nella protezione (diretta e indiretta
    della libertà di scelta) del consumatore, in AIDA (2008) 303.
    58 Obiettivo della repressione della scorrettezza delle pratiche commerciali è la promozione della concorrenzialità del
    mercato e la sua regolazione; la prospettiva è quella macroeconomica, il raccordo tra offerta e domanda, mentre soltanto
    indirettamente rileva la prospettiva la microeconomica del singolo contratto: Genovese, Ruolo cit. 300.
    59 La volontà di compromesso del legislatore comunitario lo ha indotto ad adottare una clausola generale, in continuità con
    la tradizione in materia di concorrenza sleale, per poi depotenziarne il contenuto con la proliferazione di regole di dettaglio,
    che non impedisce all’interprete tentativi di razionalizzazione: M. Libertini, Clausola generale e disposizioni particolari
    nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in Contr. e impresa (2009) 83.
    60 Alla diligenza professionale come specifica competenza e attenzione che ragionevolmente i consumatori si attendono da
    un professionista, rispetto ai principi di correttezza e buona fede si riferisce Cons. Stato, 7/10/2022, n. 8614, in dejure.it:
    una pratica «per potere essere considerata scorretta, deve, in primo luogo, essere contraria alle norme di diligenza
    professionale, locuzione da intendere come richiamo (non alla colpa ma) alla buona fede quale regola di condotta oggettiva
    alla quale la parte professionale deve conformare la propria attività concreta».
    Iura & Legal Systems – ISSN 2385-2445 XI.2024/3, B (1): 1-16
    Università degli Studi di Salerno
    16
    ribadito spettare all’antitrust la garanzia a presidio della gara economica61
    , per assicurare alle imprese
    la libertà di confrontarsi nell’arena competitiva; la regolazione economica del mercato elettrico non
    può canalizzare tale libertà e al contempo negare ogni forma di tutela.
    Abstract.
  • Il mercato elettrico è strutturalmente complesso e regolamentato. Richiede la
    partecipazione di una pluralità di soggetti pubblici e privati, parti di distinte relazioni negoziali,
    contratti collegati e contenuti conformati dall’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente. Il
    passaggio al mercato libero ha evidenziato asimmetrie non soltanto nei rapporti con i consumatori, ma
    anche nei confronti dei “traders”, il cui accesso al mercato risulta ostacolato da una conformazione dei
    contenuti contrattuali inclusiva di onerosi obblighi accessori verso i distributori. Il tema degli oneri
    generali di sistema, al centro di un’animata disputa giurisprudenziale, consente di far emergere un
    persistente vuoto di tutela, nonostante la declaratoria di illegittimità delle clausole in tema di garanzia,
    arginabile soltanto dall’ampliamento della nozione di abuso di dipendenza economica.
  • Abstract.- The electricity market is complex and regulated. It requires the participation of public and
    private entities, parties to distinct relationships, of related contracts and implied terms of OFGEM
    (Office of Gas and Electricity Markets). The transition to the free market has highlighted asymmetries
    not only in relations with consumers, but also with traders, whose access to the market is hindered by
    a contract with ancillary obligations towards distributors. In Italy, the general charges of system are
    the object of a lively jurisprudential dispute: the inlawfull clauses of guarantee, declared by the
    administrative judge, receives no protection without the expansion of the notion of abuse of a superior
    bargaining position.
    61 Cons. Stato, 15 luglio 2019, n. 4990, in Foro it. (2019), f. 10, III, 498ss.

Metrologia legale

I limiti dei controlli degli strumenti di misura di tipo elettronico posti dal D.M. 21 aprile 2017, n.93: vizi, contrasto con la MID e mancata tutela.

 1) I vizi

2) I contrasti con la MID

Approfondimento su varie criticità emerse dalla formulazione del D.M. 93/2017: sia in relazione alle “Definizioni” di cui all’art. 2 che del livello di effettività della tutela della Fede pubblica, come scaturenti dalle disposizioni dell’articolato relativo ai Controlli previsti all’art. 3, commi b) e c) del D.M. 21 aprile 2017, n.93.

I Vizi

L’art. 2, comma g) del citato D.M. 93/2017, così dispone: «titolare dello strumento», la persona fisica o giuridica titolare della proprietà dello strumento di misura o che, ad altro titolo, ha la responsabilità dell’attività di misura. 

Successivamente, all’art. 9, dispone l’Elenco titolari degli strumenti di misura secondo quanto previsto e con le modalità di cui ai commi successivi:

1. La Camera di commercio raccoglie su supporto informatico le informazioni ottenute sulla base delle comunicazioni di cui all’articolo 8, comma 1, e delle trasmissioni da parte degli organismi riguardanti le attività di verificazione periodica e degli esiti dell’attività relativa ai controlli casuali, provvedendo a trasmetterle ad Unioncamere.

2. Le Camere di commercio formano altresì l’elenco dei titolari degli strumenti di misura, consultabile dal pubblico anche per via informatica e telematica ai soli fini dell’applicazione delle disposizioni del presente regolamento e della vigente normativa in materia di metrologia legale …

Giova preliminarmente precisare l’ambiguità semantica insita nella definizione di “titolare dello strumento” in funzione del fatto che: è il titolare della proprietà dello strumento o che, ad altro titolo ha la responsabilità dell’attività di misura; l’ambiguità radica la propria genesi nella stessa disposizione – che è la lettera con la quale è espressa la norma giuridica – laddove utilizza la lettera “o” come elemento disgiuntivo – senza però fissare un criterio univoco di individuazione del “Titolare dello strumento” tra: colui che è titolare della “proprietà dello stesso” o che è il soggetto cui attribuire, comunque, “la responsabilità dell’attività di misura”.

E’utile sapere che, nel periodo precedente l’emanazione del D.M. 93/2017, è sempre esistito un Elenco di coloro che utilizzavano strumenti di misura per l’esercizio della loro attività, detto “Elenco degli Utenti metrici”, es. Rivenditori al minuto di generi alimentari, di carburanti, di gas, elettricità, ecc; ciascuna delle categorie commerciali elencate, utilizzava uno strumento di misura – allo scopo di determinare la quantità della merce, elemento fondamentale del contratto di compravendita – da scambiarsi contro il corrispettivo.

Non rilevava il titolo giuridico di possesso dello strumento metrico utilizzato, ovvero il commerciante di generi alimentari poteva essere titolare del diritto reale di proprietà delle bilance utilizzate, oppure possederle in leasing (quindi mero possessore); il rivenditore di carburanti, eserciva la Stazione di Servizio in forza di un contratto di Comodato d’uso gratuito delle attrezzature dell’impianto con la Compagnia petrolifera proprietaria delle suddette: tra queste, i distributori di carburanti utilizzati per determinare i quantitativi di carburante da scambiarsi contro il corrispettivo; i rivenditori di gas ed elettricità utilizzavano i contatori di gas e di energia elettrica per quantificare le rispettive quantità delle 2 diverse forme di energia ai Consumatori finali, elencate nelle rispettive Bollette/Fattura per l’esazione del corrispettivo dell’energia ceduta. I contatori, però, sono di proprietà dei Distributori delle 2 forme di energia. 

In buona sostanza, quanto precede, serve ad evidenziare che non è tanto il Titolo di proprietà dello strumento di misura che rileva ai fini della Titolarità dello strumento, quanto il fatto che è il possessore dello strumento di misura a determinare mediante l’utilizzo del medesimo, la “quantità della cosa da scambiarsi contro il prezzo”, e quindi ad incamerare il “mark-up” quale differenza tra il prezzo delle quantità di merci vendute con quelle acquistate. 

In concreto quindi, è colui che si avvale dello strumento metrico ai fini di svolgere l’attività di vendita a peso e/o a misura che ha la responsabilità giuridica del corretto funzionamento dello strumento impiegato, indipendentemente che sia proprietario o meno dello strumento stesso; è pertanto il soggetto che, ex lege,deve utilizzare strumenti legali, e ha la responsabilità del corretto funzionamento dello strumento metrico.

Nella realtà invece, assistiamo al fatto secondo il quale, a seconda del genere del bene ceduto contro il prezzo, “il titolare dello strumento” in certi casi, come quello del Rivenditore di generi alimentari o quello di carburanti è il legale rappresentante dell’Impresa di Vendita: tutti hanno, nell’esecuzione del contratto, la responsabilità dell’attività di misura.

In altri casi, come quello della rivendita di gas e/o di elettricità, i proprietari dei contatori impiegati per la contabilizzazione delle 2 diverse forme di energia, essendo proprietari dei contatori e responsabili dell’attività di misura sono stati individuati quali “Titolari degli strumenti di misura”: sono i c.d. Distributori, i quali in forza dell’obbligo del principio giuridico di separazione dal Venditore, consentono a quest’ultimo l’esecuzione del contratto di somministrazione. Ovviamente, il Consumatore finale riceve dal Venditore – che incamera i frutti dell’attività di vendita – le Bollette/Fatture recanti i dati delle quantità consumate a lui comunicate dal distributore: rimanendo libero, in apparenza, dalla responsabilità del corretto funzionamento dei contatori.   

Questa irragionevole disparità di individuazione del “Titolare dello strumento” è fonte di 2 forti distorsioni:

a) vìola in radice, i principi civilistici fissati dal vigente ordinamento in tema di contratti di compravendita, ovvero contratto di natura sinallagmatica, ove l’esecuzione del contratto è finalizzata al trasferimento del diritto reale di proprietà del bene contro un corrispettivo;

b) vìola, in taluni casi, il principio di responsabilità del venditore in ordine alla “recta mensura” del bene oggetto del contratto di somm.ne stesso: il Rivenditore di energia elettrica e/o gas fattura ai propri Clienti/Consumatori iquantitativi delle 2 diverse forme d’energia, rimanendo immune da responsabilità che grava – per definizione attestata dal legislatore del D.M. 93/2017 – sul Distributore, il quale è il “Titolare dello strumento di misura” in quanto proprietario dello stesso e responsabile dell’attività di misura. 

Il mostro giuridico, scaturente da tale stato di cose, in settori così importanti della vita quotidiana, travisa in modo assolutamente inescusabile – offendendone l’istituto stesso – la figura della responsabilità presente in diversissime declinazioni presenti nell’ordinamento civile, penale, fiscale ed amministrativo.

Nel vigente ordinamento, responsabile è una persona fisica o giuridica per la quale l’ordinamento stesso appresta la potestà giuridica di muovergli un rimprovero.

 

I contrasti con la MID

L’art. 1, comma 2 del citato D.M. 93/2017, così dispone: “Resta ferma l’esclusione dei sistemi di misura di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166”. 

E’ intanto necessario chiarire 2 questioni:

1. è importante chiarire che i sistemi di misura di cui sopra -trattasi di sistemi di misura del gas – non hanno cittadinanza né nella normativa interna (nazionale), né in quella CE (comunitaria): in entrambi gli ordinamenti sono normati i soli Contatori del Gas (All. MI-002 della MID) e non i sistemi di misura del gas. Potremmo risolvere il problema, definendo i sistemi di misura del gas come “res nullius” in quando giuridicamente mai definiti come tali, ma così facendo si estinguerebbe pure, ex se, un più grave problema giuridico sotteso dall’affermata esclusione dalla verificazione periodica;

2. tali “sistemi” furono sottratti “dall’applicazione della normativa di metrologia legale, al fine di semplificare gli scambi sul mercato nazionale ed internazionale del gas naturale”. 

E’ appena il caso di soffermare l’attenzione del lettore che:

La direttiva MID, ovvero la direttiva 2004/22/CE del 31 marzo 2004 è stata recepita con D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 22, entrato in vigore il 18 marzo 2007. In piena vigenza della direttiva in questione, il Governo con D.L. 25.9.2009, n. 135, convertito con legge 20.11.2009 n. 166, sancisce che a “al fine di semplificare gli scambi sul mercato nazionale ed internazionale del gas naturale”,i sistemi di misura del gas non sono soggetti all’applicazione della normativa di metrologia legale: in ciò però vengono poste le premesse giuridiche per il promovimento dell’ennesima procedura d’infrazione comunitaria.

Non è giuridicamente possibile recepire una direttiva comunitaria, nella quale, all’allegato MI-002 sono previsti i Contatori di gas e poi, ad appena 2 anni dal recepimento, con procedura d’urgenza, attuata con D.L. dal titolo “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee – Procedura d’infrazione n. 2007/4915”, si legifera ai fini di espungere dall’ordinamento nazionale i controlli metrologici sui Sistemi di misura del gas: che non sono nemmeno previsti né dall’ordinamento interno e né da quello comunitario, ove però detti sistemi contengono i contatori di gas previsti invece nei suddetti ordinamenti.

Siamo alla farsa: allo scopo di ovviare alla Procedura d’infrazione di cui sopra, si emette una serie di atti che ben integrano le premesse necessarie per il promovimento di un’altra e diversa procedura d’infrazione. 

Conseguenza della vigente legge 166/2009 è pure il fatto che non si conosce il dato legale dei quantitativi di gas naturale in ingresso nel ns. Paese, nonché quello in esportazione e neanche quello in solo transito.

Altro contrasto con la MID è il fatto che, il D.M. 93/2017 esclude in sede di verificazione periodica l’esame comparativo del software di alcune categorie di strumenti di misura, quali ad esempio i distributori di carburanti ed i contatori di energia elettrica attiva.

La MID, al punto 7.6 dell’Allegato I – Requisiti Essenziali – dispone invece che: Uno strumento di misura deve essere concepito in modo da consentire il controllo delle sue funzioni successivamente alla sua commercializzazione e al suo impiego. Se necessario dovranno essere previsti come parte dello strumento un’attrezzatura speciale o un software ai fini di tale controllo. La procedura di prova va descritta nel manuale d’istruzioni. Se a uno strumento di misura è collegato un software, che svolge altre funzioni oltre alla misurazione, il software che risulti critico ai fini delle caratteristiche metrologiche deve essere identificabile e non può essere influenzato in modo inammissibile dal software collegato. Il contrasto con la MID è palese.

 

Claudio Capozza

 

Controllo degli strumenti di misura

D.M. 21 aprile 2017, n.93: contrasto con la MID e mancata tutela per certe categorie di strumenti per assente definizione dei controlli

 

• I contrasti con la MID

• Sfruttamento degli errori quando sempre a favore di una “parte” della transazione

• Mancata definizione dei controlli 

L’art. 1, comma 2 del citato D.M. 93/2017, così dispone: “Resta ferma l’esclusione dei sistemi di misura di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166”. 

La direttiva MID, ovvero la direttiva 2004/22/CE del 31 marzo 2004 è stata recepita con D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 22, entrato in vigore il 18 marzo 2007. In piena vigenza della direttiva in questione, il Governo con D.L. 25.9.2009, n. 135, convertito con legge 20.11.2009 n. 166, sancisce che a “al fine di semplificare gli scambi sul mercato nazionale ed internazionale del gas naturale”,i sistemi di misura del gas non sono soggetti all’applicazione della normativa di metrologia legale: in ciò però vengono poste le premesse giuridiche per il promovimento dell’ennesima procedura d’infrazione comunitaria.

E’ altresì noto che la direttiva 2004/22/CE – o MID – è stata novellata dalla direttiva 2014/32/UE del 26 febbraio 2014, avente ad oggetto aggiunte e lievi modificazioni alla direttiva 2004/22/CE: tutte aventi ad oggetto l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’utilizzo degli strumenti di misura relativamente a funzioni di misura, ove lo ritengano giustificato, per motivi di interesse pubblico, sanità pubblica, sicurezza pubblica, ordine pubblico, protezione dell’ambiente, tutela dei consumatori, imposizione di tasse e di diritti e lealtà delle transazioni commerciali.

All’allegato IV, avente ad oggetto i CONTATORI DEL GAS E DISPOSITIVI DI CONVERSIONE DEL VOLUME (MI-002)sono appunto previsti i Contatori del gas qualora utilizzati perscopi di misura legali. 

Orbene, pur a voler concedere efficacia alla legge 20.11.2009, n. 166 che aveva sancito (illegittimamente) la sottrazione agli obblighi metrologici a siffatta categoria di strumenti di misura, la direttiva 2014/32/UE li aveva pertanto reintrodotti al suo Allegato IV. Per il principio giuridico della successione delle leggi nel tempo, la più “recente” abroga implicitamente leggi e/o disposizioni di legge entrate in vigore in precedenza e con essa contrastanti: ovvero la legge 20.11.2009, n. 166 deve intendersi abrogata.

La qual cosa invece è stata completamente ignorata: tant’è che con il D.M. 93/2017, è stato egualmente disposto che: “Resta ferma l’esclusione dei sistemi di misura di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166”: pertanto in violazione dei principi generali dell’ordinamento, con un mero D.M., il 93/2017 del Mi.S.E., si decreta contro la disposizione prevista nella direttiva 2014/32/UE. Chapeau.

 

 

Per dovere di conoscenza del lettore, è d’obbligo esplicitare un’altra questione fondamentale e di delicatissima ricaduta sul sistema dei Consumatori, Utenti ed Imprese.

Tra le varie direttive emanate in materia di strumenti di misura, ovvero tra la più volte citata direttiva 2004/22/CE del 31 marzo 2004 e la direttiva 2014/32/UE del 26 febbraio 2014: entrambe del Parlamento europeo e del Consiglio, è stata altresì licenziata la Direttiva 2009/137/CE della COMMISSIONE del 10 novembre 2009 che modifica la direttiva 2004/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli strumenti di misura per quanto riguarda lo sfruttamento degli errori massimi tollerati di cui agli allegati specifici relativi agli strumenti da MI-001 a MI-005.

In via preliminare è doveroso subito premettere che, ai fini dell’efficacia, le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio, acquistano esecutività ed efficacia nei Paesi Membri, a mezzo dell’emanazione di adeguati atti legislativi che sono, D.P.R. o D. Lgs.vi: le direttive della Commissione sono immediatamente efficaci.

In buona sostanza, la Commissione europea, si era resa conto di farsi carico di dovere impedire che gli errori di cui sono affetti tutti gli strumenti di misura, segnatamente quelli utilizzati per l’erogazione dei servizi forniti da imprese di pubblica utilità: ovvero quelli dettagliati negli Allegati da MI-001 a M005, non favorissero sistematicamente una Parte della transazione svolta appunto con tali strumenti.

Pertanto la direttiva ha così disposto: per tutti gli strumenti di cui agli Allegati da MI-001 a MI-005, Il contatore non deve sfruttare l’errore massimo tollerato o favorire sistematicamente una delle parti.

In concreto, la Commissione all’art.2 della suaccennata direttiva così dispose: Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o dicembre 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Non ho notizia di come il ns. Paese abbia adottato gli atti conseguenti allo scopo di rendere efficaci le suddette disposizioni emanate dalla Commissione. Ma tant’è. 

 

E qui, da ultimo, duole rimarcare la mancata definizione dei controlli previsti, in teoria, dalle disposizioni del più volte citato D.M. 93/2017: ma non ancora pubblicati.

Mentre nell’allegato IV al D.M. in parola è fissata la periodicità della verificazione degli strumenti in servizio (art.4, comma 3) fisando per ogni tipo di strumento, la periodicità, in anni, entro i quali devono essere sottoposti alla Verificazione Periodica da parte dei Laboratori accreditati, vi è una situazione da vero e proprio “Far West”, che vado di seguito ad elencare.

– Per i contatori dell’acqua (ALL. MI-001 della MID): è fissata la periodicità, ma non le procedure di prova e correlate liste di controllo); le Verifiche vengono svolte dal gestore idrico non accreditato da Accredia;

– Per i contatori di calore (ALL. MI-004 della MID): è fissata la periodicità, ma non le procedure di prova e correlate liste di controllo);

– Per i tassametri (ALL. MI-007 della MID): è fissata la periodicità, ma non le procedure di prova e correlate liste di controllo); in compenso le Verifiche periodiche vengono svolte dai Comuni che abilitano dei Laboratori di prova non accreditati da ACCREDIA;

– Per gli strumenti di misura della dimensione (ALL. MI-009della MID): è fissata la periodicità, ma non le procedure di prova e correlate liste di controllo; 

– Per gli analizzatori dei gas di scarico (ALL. MI-010 della MID): è fissata la periodicità, ma non le procedure di prova e correlate liste di controllo; in compenso le Verifiche vengono svolte dai laboratori di taratura e prove del CSRPAD, dipendenti dal MIT; essi sono Laboratori di prova non accreditati da ACCREDIA e quindi mancanti della riferibilità metrologica; è appena il caso di aggiungere che gli analizzatori di gas di scarico costituiscono gli strumenti necessari per l’esecuzione delle prove necessarie per la Revisione Periodica degli Autoveicoli prescritte dal vigente Codice della Strada: qui i beni giuridici meritevoli di tutela sono la sicurezza e la tutela della salute pubblica.

In buona sostanza, a distanza di quasi 20 anni da quando è entrata in vigore la direttiva 2004/22/CE e s.m.i., per circa il 50% delle categorie degli strumenti compendiati, non sono state emanate le procedure per l’esecuzione della Verificazione Periodica.

Lascio alla sensibilità del lettore, ritrarne le relative considerazioni e valutazioni. Stiamo parlando di beni giuridici di natura patrimoniale, della scurezza, della salute e dell’ordine pubblico tutelati da direttive comunitarie cui l’Italia ha dato attuazione recependole solo formalmente: se non addirittura violate.

Cav. Claudio Capozza

 

La verifica dei contatori elettronici di energia elettrica

Il decreto ministeriale 93/2017 del MISE stabilisce le regole per la verifica periodica, e per quella in contraddittorio in caso di contestazione, degli strumenti di misura.

Il consumatore, che chiede al suo fornitore, la verifica del contatore di energia elettrica, dovrà anticiparne le spese e questo rappresenta forse un primo ostacolo perché dissuade buona parte di quelli che rilevano il problema.

Sarebbe meglio specificare che, in funzione dell’esito della verifica, le spese verranno supportate dal soccombente.

Ma c’è una sorpresa : la verifica non si può fare perché il contatore deve essere provato “stand alone” – cioè staccato dalla rete – prova che risulta impossibile perché, una volta tolto dalla rete, il contatore va in allarme e si spegne.

Visti i tentativi di qualche distributore di effettuare la verifica sul contatore ancora installato, che dialoga con il centro operativo remoto, va denunciato un ulteriore e clamoroso baco, nella procedura di verifica, cioé la mancanza dell’esame comparativo dei due software, quello presente sul contatore con quello depositato all’atto dell’omologazione dello stesso contatore.

La prova sulle bilance, per esempio, lo prevede mentre il software dei contatori di energia elettrica può essere addirittura modificato da remoto – e può farlo solo il distributore, senza doverne rendere conto a nessuno.

Si può quindi ragionevolmente concludere che la prova del contatore é impossibile e il consumatore non é certo di pagare il giusto.

Si fa presto a dire accumuli

Siccome sono finanziati dal PNRR non ci chiediamo quanto costa accumulare energia elettrica.

Lo scenario 100% FER richiede un massiccio adeguamento della rete e l’installazione di una notevole quantità di accumuli.

La tipologia su cui si punta in Italia è la batteria elettrochimica (BESS, Battery Energy Storage System) che ha limiti operativi e notevoli costi correlati.

La vita utile di una batteria dipende dalla quantità di energia scaricata a ogni ciclo – DoD (Depth of Discharge).

Le batterie LFP sono quelle che offrono la maggiore vita utile in funzione del DoD:


DoD 100%, 1500 cicli
DoD 80%, 2500 cicli
DoD 50%, 5000 cicli

Il rendimento di carica/scarica è circa il 92%.

L’energia rilasciata sul singolo ciclo dagli accumuli è definita come segue: capacità×DoD×rendimento.

Quindi per un accumulo da 1 GWh, sull’intero ciclo di vita (LCA), per diversi profili di scarica l’energia rilasciata è:
DoD 100%, 1,38 TWh
DoD 80%, 1,84 TWh
DoD 50%, 2,30 TWh

Per le batterie utility scale, cioè su scala di rete, i soli costi di capitale (Capex) variano tra 446 e 358 $/kWh, rispettivamente per impianti da 4 e da 8 ore di autonomia.

Perciò il costo dell’energia dovuto al solo capitale investito è pari al rapporto tra questo e l’energia totale rilasciata nell’intero ciclo di vita dall’accumulo: Capex / energia LCA.

Nel caso di batterie da 8h di autonomia questo costo varia tra 259,4 $/MWh (DoD 100%) e 155,7 $/MWh (DoD 50%).
Nel caso di batterie da 4h di autonomia invece, varia tra 323,2 $/MWh e 193,9 $/MWh.

Se si aggiungono i costi operativi, ipotizzando nulli quelli variabili (VOM), non si possono trascurare quelli fissi (FOM). Questi, per un impianto da 1 GWh e 60 MW di potenza, sono circa 50 $/kW l’anno (365 cicli), variabili quindi tra 8,9 $/MWh (DoD 100%) e 17,9 $/MWh (DoD 50%).
Non contiamo i costi di smaltimento, stimabili al 5% del Capex.

Da quanto visto sopra, l’utilizzo ottimale degli accumuli (DoD 50%) comporta un costo dell’energia compreso tra 173,6 e 211,8 $/MWh.
Con un cambio dollaro-euro pari a 0,92, in Italia corrisponde a 159,7 e 194,9 €/MWh.

Tantissimo!

Soltanto al 2050 è prevista una riduzione del 40% sul Capex, con i costi dell’energia da accumuli a 95,8 e 116,9 €/MWh. Sempre alti, e sono i costi al produttore: al consumatore arrivano maggiorati dell’utile d’impresa.

Per le soluzioni commerciali o residenziali, i costi sono ancora più elevati.

Questo è solo uno dei costi obbligatori che comporta un sistema 100% FER ed è solo una parte di quello che ci verrà chiesto in bolletta se ci affideremo solo a FER e batterie.
Ecco perché il baseload non può essere coperto solo dalle FER.
Ecco perché serve un mix energetico.

Ecco perché serve il nucleare!