Il contatore non rileva consumo e la bolletta lo conferma: consumo zero.
Eppure paghiamo 50 € a bimestre.
A tutti gli effetti, sono false fatturazioni per operazioni inesistenti e la pretesa creditoria risulta gravata di falsità, come il titolo fiscale corrispondente.
La bolletta addebita infatti una quantitá fittizia di “materia prima energia”, per una cifra quasi sempre inferiore ai 10€, per addebitare gli oneri fissi.
Il consumo di energia elettrica è soggetto all’accisa e all’IVA nel momento in cui la si consuma, cioè quando viene azionato un apparato che l’assorbe e, come espone la stessa bolletta, il consumo è stato nullo.
Inoltre, se non c’è consumo, non c’è neppure il trasporto, altro addebito che invece viene esposto.
Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture, o di altri documenti, per operazioni inesistenti è trattato dall’articolo 2 del Decreto legislativo n. 74/2000, che così recita:
“È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria”.
Altro riferimento è l’art. 640 CP, reato di truffa, perseguibile a querela di parte, con due complicazioni:
- la sentenza della Cassazione n.42892 del 20.09.2017 secondo la quale non è necessario il conseguimento del fine evasivo. Non è necessaria l’evasione fiscale: la condanna per le fatture su operazioni inesistenti “scatta” anche se il destinatario non le utilizzi. È sufficiente, quindi, la mera emissione di una fattura falsa finalizzata a consentire a terzi l’evasione fiscale. Poco importa se l’evasione di imposta, poi, si verifichi o meno: il reato si considera comunque commesso. La Corte di Cassazione ha avuto modo di paragonare le fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti a delle «tossine» da reprimere «sin dalla loro emissione». Non importa, quindi, quale sia il destino di una fattura emessa per un’operazione inesistente. Non conta l’effettivo conseguimento del fine evasivo, essendo sufficiente che tale fine sussista al momento dell’emissione della fattura falsa. In altre parole perché si determini la reazione repressiva, dunque, non è richiesta la successiva utilizzazione del documento falso. D’altronde, ha precisato la Corte, il reato in questione è un reato di pericolo o di mera condotta, per la cui sussistenza non è nemmeno necessario che le fatture siano state annotate nella contabilità del destinatario, il quale – in astratto – potrebbe anche decidere di non avvalersi delle fatture. Ciò posto, ai fini dell’integrazione del reato non è necessario che l’autore cagioni un danno effettivo al fisco. A configurare l’illecito è sufficiente che il fine di consentire a terzi l’evasione (a prescindere che essa poi si verifichi o meno) sussista al momento dell’emissione della fattura.
- per l’esecuzione del contratto di fornitura di energia elettrica, il trasporto e la misurazione dell’energia elettrica sono a carico di soggetti terzi, rispetto al contratto di somministrazione, che insiste unicamente tra il venditore e il cliente finale. Per eseguire il contratto con il cliente, il venditore deve prima stipulare un contratto con il trasportatore.
Quindi i contratti si perfezionano con il contatore: serve al venditore per sapere quanta energia fatturare al cliente finale, al trasportatore per fatturare il servizio di trasporto, e al distributore per fatturare il servizio di distribuzione e misurazione di quel quantitativo d’energia trasportata, e consegnata all’utente finale, per adempiere all’obbligazione contrattata con il venditore.
Per il venditore, ovviamente, il trasporto rappresenta un costo e, in quanto tale, fiscalmente deducibile.
Inoltre la fattura di trasporto, emessa dal trasportatore al venditore, è il titolo fiscale in cui si riassume il corrispettivo dovutogli per il servizio reso al Venditore.
Poiché la fattura di vendita è emessa dal venditore verso l’utente finale, e la quantità consumata e trasportata per legge è comunicata dal trasportatore al venditore, i soggetti penalmente responsabili sarebbero sia il venditore che il trasportatore.
Quindi,anche se non ho consumato nulla, non solo pago una quota inesistente di materia prima, ma anche il suo trasporto e la sua misurazione, oltre agli oneri di sistema, le accise e l’IVA.
Con i risultato che il venditore incamera un corrispettivo falso di materia prima, paga i suoi impegni nei confronti del trasportatore e del distributore, che, assieme allo Stato, senza aver fatto nulla, incamerano la differenza.
Adesso moltiplicate i casi per decine di milioni di utenti!