TTF gas – furto legalizzato

Perché paghiamo il gas con il TTF

TTF – Title Transfer Facility – è un indice, trattato alla borsa olandese controllata dalla speculazione. Lo so che detto così suona male ma il TTF non è il prezzo del gas che gira nei tubi o viaggia per nave, ma di quello virtuale, tipo bitgas!

La piattaforma, creata da Gasunie, considerata un tempo la vera università del gas in quanto esperto operatore della trasmissione, è stata poi venduta alla borsa privata americana – Ice (IntercontinentalExchange) – che tra l’altro possiede anche l’indice NYSE.

I principali azionisti sono: Vanguard, Black Rock, State Street, Capital Research, Morgan Stanley, Geode e Lazard.

In sostanza, i prezzi dell’indice sono decisi a tavolino dagli speculatori e, in base a quell’indice, noi restiamo possiamo restare accesi e al caldo!

Ma il TTF ha anche un altro limite: il volume degli scambi rappresenta solo il 10% del totale e quindi, sono per il 90% ricoperture o scommesse finanziarie.

Non esserci accorti per tempo che affidarsi al TTF, tra la guerra in Ucraina e il gas russo che veniva a mancare, é stato devastante. Ma tant’è, siamo in mano ai norvegesi che hanno il gas e vogliono così.

Abbiamo importato GNL dagli americani, strapagandolo rispetto a quanto lo pagano là, e abbiamo riempito gli stoccaggi ( Mario Draghi con il suo “whatever it takes”) che ci sono costati 4,4 miliardi di euro.

Senza guerre, con i russi era andata bene per anni, anche se non si è mai saputo quanto gas girasse nei tubi, in forza degli ultrariservati contratti takeorpay,

Questo l’andamento dell’indice!

La brillante idea di affidarsi il TTF venne a Paolo Scaroni, AD dell’ENI nel 2012.

Al governo in quell’anno c’erano i tecnici di Mario Monti, e quando ci sono i tecnici bisogna stare attenti!

L’inverno precedente era stato molto complicato: a febbraio non arrivava il gas russo, faceva molto freddo e gli stoccaggi erano vuoti, come dichiarò lo stesso Scaroni.

I tecnici al governo, che di gas e di energia elettrica capivano poco o nulla, (al Mise c’era Corrado Passera) andarono nel panico e fecero riaccendere anche le vecchie centrali termiche a olio combustibile, che rimasero a disposizione, anche senza produrre, fino al luglio successivo, per la gioia dei consumatori che se le ritrovarono in bolletta.

Il comunicato che segue é del 10 ottobre 2012

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ROMA ( Reuters ) – L’Eni sta valutando l’eventualità di non rinnovare i contratti di approvvigionamento “take or pay” divenuti troppo onerosi, ma considerando il tema della sicurezza nazionale nell’approvvigionamento ha avviato su questo dossier un confronto con il governo e l’Autorità per l’energia.

Lo ha detto l’Ad della società Paolo Scaroni nel corso di una audizione in commissione Industria del Senato.

“Possiamo come Eni tentare di non rinnovare i contratti take or pay e risolvere quelli ancora in vigore perché divenuti eccessivamente onerosi.

Avremmo un netto miglioramento della nostra performance sia economica sia finanziaria abdicando al ruolo di fornitore di ultima istanza che ci viene attribuito per ragioni storiche”, ha detto Scaroni nel corso della sua introduzione all’audizione.

Per take or pay si intente la clausola inclusa nei contratti di acquisto di gas naturale in base alla quale l’acquirente è tenuto a corrispondere comunque, interamente o parzialmente, il prezzo di una quantità minima di gas prevista dal contratto, anche nell’eventualità che non la ritiri.

L’Ad ha proseguito che “oppure potremmo rinegoziare i contratti di lungo termine ma in questo caso la componente di sicurezza di approvvigionamento dovrebbe essere valorizzata. L’Eni ha già avviato un confronto sul tema con il ministero dell’Economia, il ministero dello sviluppo e l’Autorità per l’energia e il gas”.

Scaroni ha detto che i contratti in scadenza sono quelli con Norvegia e Olanda mentre quelli che si stanno rinegoziando sono con Russia e Algeria.

L’Ad ha precisato che “sono contratti nati negli anni 80 e oggi vorrei cercare di cancellarli”, ma in questo modo “si priverebbe il Paese della sicurezza nell’approvvigionamento”.

“Il capacity payment è quello che riconosce il valore alla sicurezza dell’approvvigionamento e quindi quello potrebbe essere una risposta. Possono essercene delle altre. Io credo che ci chiariremo le idee nei prossimi mesi proprio in questo dialogo con i ministeri e l’Autorità”, ha spiegato Scaroni.

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Alcune osservazioni:

1) che i contratti con i russi fossero diventati “troppo onerosi” lo sapeva solo ENI, e lo credettero i tecnici, senza poter controllare, perché i contratti erano e restano segreti!

3) non é mai stato chiaro se il “troppo oneroso“ si riferisca all’ENI o all’Italia.

Ambiguità confermata dalla questua di gas dello scorso anno del governo Draghi in giro per il mondo, con i ministri sempre al traino di ENI;

2) Le condizioni dei contratti take-or-pay sono appunto segrete ma si ipotizza che il prezzo del gas sia, in qualche modo, legato a prezzo del petrolio, molto più stabile di un indice come il TTF;

4) le forniture di gas russo sono sempre state essenziali per la sicurezza nazionale. Lo erano nel 2012, lo sono rimaste dopo l’invasione della Crimea nel 2014 e anche durante l’invasione dell’Ucraina. I contratti quindi erano e restano validi, ma chi può verificarlo?

5) nel 2012, cioè 12 anni dopo il decreto Letta – liberalizzazione del mercato del gas – ENI restava il fornitore “storico” di ultima istanza al quale competeva la sicurezza nazionale che Scaroni, voleva maggiormente valorizzata per riempire gli stoccaggi;

6) la Russia ha avuto quasi un anno per prefinanziarsi la guerra in Ucraina con il TTF (vedi grafico) mentre norvegesi e olandesi, sponsor del TTF, diventavano ricchi come i sauditi;

7) la domanda attuale di gas é crollata anche perché la speculazione sul TTF é per ora sospesa e ha lasciato il posto al mercato del gas “fisico”, che sembra non volere più nessuno. Il TTF vale comunque il doppio dell’estate 2021.

Il gas da scisto

Il gas più economico della terra si trova in Texas, è il gas del Permiano e costa zero!

In Italia lo pagheremo comunque quattro volte quello che pagavamo il gas russo da tubo, e sembra saremo obbligati ad acquistarlo anche dagli USA, per il problema dazi.

Ma cosa stanno combinando gli americani, e qual’è il motore di tutto questo casino che nasconde problemi ambientali non trascurabili?

Come sempre il petrolio, la cui ricerca nelle pietre bituminose del sottosuolo, ha scatenato una crescita senza precedenti della produzione di gas associato, aumentata di otto volte negli ultimi dieci anni.

L’aumento ha messo in crisi la capacità di asporto, sia in termini di impianti di lavorazione che di gasdotti. Le infrastrutture sono saturate, e i prezzi del gas sono andati per mesi in territorio negativo, il che significa che i produttori hanno dovuto pagare, per farsi portare via il gas, e per continuare a produrre qualcosa di molto più prezioso: il greggio.

Le altre cause concomitanti sono:

(1) stoccaggio completo: i siti di stoccaggio del gas in Texas erano già pieni al 70% all’inizio di aprile, il che significa che la domanda di iniezione è stata limitata durante l’estate;

(2) la manutenzione del gasdotto durante l’estate ha ulteriormente limitato la capacità di asporto, anche attraverso il sistema di gasdotti di El Paso;

(3) ritardi del gasdotto: il gasdotto Matterhorn è stato ritardato più volte, anche dopo l’uragano Beryl, che ha ulteriormente depresso i prezzi del gas.

Previsto un maggiore utilizzo del gasdotto Matterhorn (25 miliardi di metri cubi/anno), anche se un’interruzione non pianificata di un gasdotto potrebbe facilmente riportarli in territorio negativo.

Ci sono nuovi progetti di gasdotti in fase di sviluppo, tra cui l’Hugh Brinson Pipeline (15 miliardi di metri cubi/anno) che ha appena ricevuto il FID e dovrebbe iniziare le operazioni entro la fine del 2026.

Il gas del Permiano, incredibilmente economico, è l’abbinamento perfetto per servire la rivoluzione dell’intelligenza artificiale alimentando i data center affamati di energia.

Quanto gas entra in Italia?

Sicuri di quanto gas arriva in Italia?

Valido dal 1/1/2022 il nuovo

TESTO INTEGRATO DELLE ATTIVITÁ DI VENDITA AL DETTAGLIO DI GAS NATURALE E GAS DIVERSI DA GAS NATURALE DISTRIBUITI A MEZZO DI RETI URBANE (TIVG).

emesso da ARERA come ennesima variante – al momento sono 103 – di una delibera del 2009. La prima pagina è imbarazzante oltre che scandalosa!

Arera, istituita per regolare il mercato, lascia alcuni “buchi” che solo il MASE – Ministero dell’ Ambiente e della Sicurezza Energetica – può correggere.

Il dato di misura non è più quello che leggiamo sul contatore – valore legale univoco della quantità della res che paghiamo – ma il risultato di una nuova attività, la “validazione”.

In Metrologia legale, che dipende dal ministero, il dato di misura è il risultato di un’operazione effettuata con uno strumento di misura legale e, siccome per uno strumento legale vale la presunzione che lo stesso strumento possegga tutti i requisiti richiesti dalla legge, l’attività di validazione é inutile.

Le bollette del gas esprimono il volume di gas fornito in Smc – acronimo di Standard metri cubi – e non in metri cubi come invece la legge prevede.

Prima di ricercare nuovo gas in giro per il mondo, sarebbe opportuno verificare, quanto gas entra e esce dal nostro paese.

La legge 166 del 20 novembre 2009, con il fine di “consentire la semplificazione degli scambi”, ha sottratto all’obbligo di controllo i sistemi di misurazione installati presso gli arrivi dei gasdotti dall’estero. Sistemi che non sono riconosciuti dalla Direttiva 2004/22/CE con rischio di denuncia d’infrazione.

Sarà facile, per le società che il governo vuole perseguire per gli extra-profitti difendersi dicendo che la misurazione non viene effettuata legalmente e che quindi non è possibile definire legalmente il volume di gas importato.