Gas a 35€/MWh, il doppio rispetto all’anno scorso; la quota energia vale un terzo del valore della bolletta e quindi l’aumento atteso a gennaio è del 15%.
Le prime piogge hanno spento le rinnovabili e placato i loro sostenitori e, come ogni inverno, il “fossile” passa alla cassa.
Patetico incolpare il freddo, perché siamo solo in dicembre, eccezionale invece il programma di manutenzione del gasdotto del nord, che dimezzerà il flusso del gas fino a marzo 2019.
Ecco allora lo stato di pre-allarme diramato dal ministero.
La manutenzione di un tubo del gas, o di un impianto nucleare in Francia ci stanno e non dovrebbero portare a situazioni di emergenza ma in Italia tutto è emergenza a cominciare dalle condizioni avverse del tempo che, statisticamente e fortunatamente, si risolvono sempre in una settimana.
Eppure riusciamo a dare il meglio anche in quelle occasioni perché le emergenze in Italia portano disagi al popolo ma enormi vantaggi ai furbi.
Facciamo allora un ulteriore passo indietro, al gennaio 2015 quando si pompava troppo gas dagli stoccaggi perché ne arrivava poco dalla Russia.
Il ministero spiegava : “La condizione di allarme prevede che siano gli operatori a mettere in campo tutte le azioni di mercato più opportune per consentire il ritorno alla normalità”.
Quello che non dicono è che il gas in allarme si paga molto di più, come è giusto che sia.
Il giorno dopo l’allarme si materializzava una metaniera al largo del gassificatore di Livorno dove scaricava 60.000 di m3 di gas liquefatto equivalenti a 36 milioni di m3 di gassoso.
Un nulla per la rete, ma un tempismo perfetto!
Un ulteriore salto indietro. Nel febbraio del 2012 faceva molto freddo e il consumo giornaliero era di 440 milioni di m3 al giorno senz’altro un record, stando alle dichiarazioni di Scaroni.
Tra l’ilarità generale di una sala d’albergo di Milano, l’AD di Eni disse che in Russia faceva freddo e che i russi si tenevano il loro gas se no sarebbero morti. Aggiunse, con grande serenità, che se i consumi fossero rimasti a quel livello ci sarebbe stato gas solo per tre giorni.
Cioè negli stoccaggi c’erano solamente 1,5 miliardi di m3. Spariti gli stoccaggi strategici che servono proprio per queste evenienze, già pagati profumatamente dalle bollette.
Monti non si chiese neppure come mai non ci fosse gas negli stoccaggi, e di chi fosse la colpa ma, da buon tecnico, andò subito nel panico e autorizzò l’accensione delle vecchie centrali a olio combustibile, che rimasero pronte a produrre fino al luglio, perché anche Enel doveva banchettare.
Il senatore Mucchetti, scrisse sul Corriere un pruriginoso articolo dove metaniere andavano e venivano e i conti del gas, presente o assente, non tornavano.
Gli attuali criteri per stabilire i gradi di allerta e di emergenza sono talmente obsoleti che il prezzo in emergenza può valere anche 4/5 volte quello di borsa.
Solo quando finisce l’emergenza diventa chiaro come è stata affrontata, non si sa mai chi ci ha profumatamente guadagnato, ma si sa con certezza chi ha pagato.
Il conto infatti arriva nei mesi successivi con le bollette, quando ormai dell’emergenza si sono dimenticati tutti e il sole è tornato a splendere.
La SEN, strategia energetica nazionale, avrebbe dovuto affrontare prima di tutto questo problema che si ripresenta puntuale ad inverni alterni per la felicità dei molti che sulle emergenze del paese sguazzano.