La storia dell’energia elettrica in Italia è una sequenza di scelte marcatamente errate che hanno causato, negli anni, un aggravio della spesa per tutti, consumatori e industrie.
Tutto prende inizio con il processo di liberalizzazione.
Il prof. Pippo Ranci, indimenticabile primo presidente di ARERA, dichiarò che l’industria italiana era destinata a chiudere a causa dei costi energetici ed era inutile tentare azioni correttive.
Quella profezia rischia di trovare riscontro nella realtà odierna e solo perché si è ostinatamente deciso di impedire,a tutti i costi, la sopravvivenza dell’industria primaria e manifatturiera italiana.
Le aspettative degli industriali italiani agli inizi della liberalizzazione dei mercati energetici europei, disposta poi con il decreto Bersani, erano semplici: volevano “autostrade” per l’energia prodotta all’estero.
Per chi non ha materie prime l’energia a buon mercato la scelta è obbligata: l’energia elettrica deve costare poco!
Ben presto si capì, e non si contestò il fatto che l’energia disponibile sulle reti di collegamento nazionali con l’estero dovesse essere messa a disposizione di tutte le categorie di consumatori.
Il contributo fondamentale delle professionalità, allora ai vertici del vecchio monopolista, fu essenziale.
Studiando le reti di interconnessione con l’estero, si ebbe la conferma che una parte della capacità di trasporto “di riserva” non veniva utilizzata, per poter affrontare le sempre possibili criticità sulla rete nazionale.
Così l’industria manifatturiera collaborò al progetto investendo e installando sistemi capaci di staccare ogni carico in 200 millisecondi.
Cosa che le consentì di acquistare energia estera, potendola rendere istantaneamente al gestore dell’interconnessione di rete in caso di necessità.
L’industria manifatturiera ebbe così accesso a un bene inutilizzato e senza che l’operazione generasse costi per gli altri consumatori.
Con l’avvio della borsa elettrica, voluta dalla UE, si ritenne che nessuna energia fosse titolata agli scambi, e quindi al consumo, senza che ci fosse una negoziazione pubblicamente nota.
Con la conseguenza che fu impedito agli stessi industriali l’accesso diretto alle forniture estere.
Ma, nessuna paura: a garanzia dell’economia energetica nazionale si sarebbe intervenuti con una misura particolare inventando misure protettive per i cosiddetti “energivori” e vennero reperite le risorse per pagare questa inutile spesa.
Ovviamente la spesa, economicamente molto rilevante, fu scaricata sugli Oneri Generali di Sistema e posta a carico di tutti i consumatori, domestici e industriali.
Si comincia così a scaricare sul consumatore domestico, che con il consumo industriale non c’entra per nulle, ciò che non era stato necessario finanziare sino ad allora.
Va da sé che quanto erogato all’industria, attraverso l’interrompibilità, graziosamente inserita negli OGS, era solo una frazione di quello che invece avrebbe potuto essere gratuitamente proposto all’industria nazionale, tutelandone la competitività.
E a chi dovesse pensare che, in fondo, si era trattato di una scelta anche solo lontanamente condivisibile, perché è democratico pensare che tutti possano godere del vantaggio dato dall’acquisto dell’energia internazionale, ecco com’è andata.
Ogni anno si stabilisce chi può disporre dell’energia internazionale, e chi è interessato a fruirne segue una procedura d’asta al rialzo partecipata da chi dispone di fonti di approvvigionamento estere ed è disponibile ad offrire un valore economico per garantirsi il diritto di passaggio.
Ovviamente il valore economico degli offerenti è tale da essere fissato sulla scorta di un meccanismo determinato dal prezzo dell’energia nazionale atteso per l’anno, a cui va sottratto il costo dell’energia internazionale contrattualizzata.
Il risultato verrà ridotto dall’offerente di un 5% per il servizio.
Bene, ma l’enorme massa di soldi raccolta dall’acquisto dei diritti di transito, e sono centinaia di milioni di euro all’anno, non illudetevi che vada in una cassa da utilizzare per tagliare le spese dei consumatori.
I gestori delle reti interconnesse hanno stabilito di dividersi il grisbi.
E del resto cosa possiamo aspettarci in un paese dove il monopolista concessionario della rete di trasmissione nazionale può annunciare di prevedere utili pari a 4 miliardi di euro e il distributore dominante, anch’esso di fatto monopolista concessionario, consolida bilanci con un MOL mediamente pari al doppio dei costi, complessivamente sostenuti per altri 5 miliardi di euro all’anno?
Cosa possiamo dire di governo che tace sui margini fatti dai concessionari in violazione del buon senso oltre che del diritto comunitario?
Cosa possiamo dire leggendo il bilancio della cassa conguagli del sistema elettrico che si chiude con disponibilità giacenti in banche per miliardi ?
Forse il consumatore domestico e l’industria nazionale hanno in comune l’essere maltrattati e inascoltati.
E lo sono al punto che l’industria se ne sta andando mentre all’utente domestico, alle prese con bollette sempre più care, deve decidere se guardare la televisione o tenere accesa la luce.
Facile dare la colpa ai venditori di energia mantenuti in vita dal nuovo monopolio solo perché serve qualcuno cui dare la colpa insieme alla speculazione internazionale.
Aveva proprio ragione il prof. Ranci ma poi a chi interessa l’industria italiana e del consumatore domestico che, con il commercio e la PMI stanno tra i cornuti e i mazziati?
E pensare che basterebbe voler fare ciò che abbiamo già fatto, tornare alle pratiche che funzionano, per tagliare la spesa azzerando avanzi di cassa creati sulla quella logica di Petrolini capace di ricordarci che
“Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco, ma sono tanti”
E poi ci dimentichiamo anche che la produzione di energia è un’industria.
Un’industria che produce e regola i propri prezzi di mercato con meccanismi divenuti antistorici, il sistema a prezzo marginale.
Un’industria dominata ormai esclusivamente da regole finanziarie, allontanata dalla percezione del mercato di destino del proprio prodotto.
Un’industria che, una volta svuotata la capacità di remunerazione dei consumatori che ne giustificano l’esistenza , finirà con l’essere strozzata dalle sua stessa ingordigia.
E gli Oneri Generali di Sistema, che con il referendum chiediamo vengano eliminati dalle bollette, sono l’esempio più forte di quello che non deve essere.
By Giuseppe Zanardelli – Terni presentazione referendum 13/6/2025
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