Già nel 2018, ENI era ottimista sul potenziale del gas in Adriatico.
Dopo due governi nimby, spinto dall’emergenza e dai partiti che gridano a sproposito sul costo delle bollette, il nuovo governo ha deciso.
Con esclusione del golfo di Venezia che, se si perfora, sprofonda sono state individuate le aree da dare in concessione.
Tra gare, e valutazioni dell’impatto ambientale, ci vorranno un paio d’anni prima che chi vuole perforare possa iniziare i lavori per la costruzione e l’installazione delle piattaforme e di tutto il necessario per estrarre il gas e immetterlo nella rete nazionale: durata stimata dei cantieri un paio d’anni.
Si potrà quindi cominciare ad estrarre gas non prima del 2027.
Ma di quanto gas parliamo?
Ammettendo che le riserve siano di circa 70 miliardi m3, si potrebbero estrarre 6 miliardi di m3/anno, ai quali vanno aggiunti i 4 miliardi di m3 che già estraiamo annualmente.
Per una produzione totale di 10 miliardi di m3/anno, degli oltre 70 che consumiamo mediamente ogni anno. Un incremento importante, ma non così rilevante da comportare una riduzione apprezzabile del prezzo per il consumatore.
Va sfatato il mito del “se è italiano costa meno” perché il prezzo lo fa il mercato, come abbiamo purtroppo imparato in questi mesi.
Quali quindi i reali vantaggi?
- il beneficio ambientale, il gas che non deve essere trasportato dalla Russia, viene compensato dell’inquinamento, tutt’altro che trascurabile, che la produzione di gas comporta;
- la creazione di nuovi posti di lavoro;
- le royalties, che lo Stato intascherebbe ma che dovrebbero essere subito investite nel settore energetico e
- qualche prebenda ai comuni costieri interessati, come successo per il petrolio in Basilicata